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Dario Pergolizzi
L'Italia ha vinto d'esperienza
17 giu 2019
17 giu 2019
Contro una Spagna molto organizzata, la Nazionale di Di Biagio ha fatto girare a proprio favore i momenti decisivi della gara.
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Dario Pergolizzi
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L’

si è presentata ieri al Dall'Ara di Bologna da padrona di casa all’Europeo di categoria ed è riuscita ad iniziare nel migliore dei modi l’avventura

per 3-1. Una vittoria importante, perché ottenuta contro una delle favorite alla vittoria finale e a seguito di una partita, a dir la verità, abbastanza caotica e mai del tutto in controllo. Importante, quindi, perché l'Italia ha molto da imparare e ha ancora margini di miglioramento.

 

Le due squadre si sono affrontate a specchio, come si dice, optando entrambe per il 4-3-3. Per l'

, però, il 4-3-3 dell’Italia rimaneva solo sulla lavagnetta perché in fase di non possesso assumeva in realtà la forma di un 4-3-1-2, con Zaniolo che scalava dietro le punte per cercare di disturbare le ricezioni di Zubeldia durante la costruzione dal basso. La Spagna, invece, si scaglionava alzando entrambi i terzini e lasciando prevalentemente i due centrali e il mediano sotto la linea del pallone.

 



Al di là dei meccanismi tattici, comunque, Di Biagio più che altro ha puntato su una partita di pura intensità e nervi. Il pressing dell’Italia, però, non è stato particolarmente aggressivo né soprattutto efficace, nonostante la parità numerica creata da trequartista e punte contro i difensori e il centrocampista spagnoli. La Spagna ha incanalato immediatamente la partita sui binari desiderati, mantenendo agevolmente il controllo del possesso, senza forzare eccessivamente le giocate. Una sicurezza che ha incrinato le certezze degli "Azzurri", che dopo qualche minuto sono apparsi timorosi nella fase di pressing e nell'applicazione del piano gara.

 

Alla squadra di De La Fuente bastava abbassare uno tra Ceballos e Ruiz per aggirare senza ostacoli il pressing dell’Italia; l’abbassamento del centrocampista non veniva mai seguito con convinzione, probabilmente per una generale riluttanza delle mezzali nell’abbandonare la zona di competenza, concedendo parità numerica sugli esterni a Soler e Oyarzabal contro Calabresi e Dimarco. Di conseguenza, con i due interni spagnoli abilissimi a portare palla e leggere gli spazi, si innescava un palleggio parecchio complicato da contrastare per gli uomini di Di Biagio, che finivano schiacciati rapidamente di fronte alla loro porta.

 

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Il rombo passivo dell’Italia in fase di non possesso. L’idea era probabilmente quella di schermare Zubeldia con Zaniolo, e Ceballos e Ruiz con di Kean e Chiesa in aggiunta alle aggressioni di Pellegrini e Barella. La circolazione calma della Spagna è riuscita però facilmente a scardinare questo tipo di pressing e creare spazi per risalire.


 

Lo straordinario gol di Ceballos, in questo senso, è stato solo una conseguenza naturale dell’andamento della partita nella sua prima parte. La giocata di per sé è un assolo estemporaneo, un trionfo di preparazione e finalizzazione, ma il giocatore del Real Madrid ancora una volta si è mostrato fuori scala rispetto al contesto Under 21, esattamente così come accaduto all’Europeo di due anni fa. Ceballos ha avuto per la Spagna Under 21 un’importanza molto simile a quella avuta da Isco (un giocatore a cui viene spesso associato) nella Nazionale maggiore di Lopetegui nella fase immediatamente precedente al mondiale di Russia: una libertà di azione e movimento all’interno dell’ampia impalcatura rossa, con i compagni concentrati a garantire ampiezza e profondità mantenendo una struttura sempre ordinata (ma senza rinunciare alla fluidità) e Ceballos come riferimento principale in fase di possesso con licenza di ricezione a tutto campo. Ceballos ha disordinato quasi da solo gli uomini di Di Biagio, che, cercando di non concedergli spazio tra le linee, lasciavano spazio alle rifiniture degli spagnoli.

 

L’Italia, insomma, è riuscita poco a tenere il pallone e anche quando lo riconquistava ha faticato parecchio a risalire il campo e a trovare la serenità nella circolazione che potesse consentire di scaglionarsi in maniera ottimale per organizzare l’azione offensiva. In definitiva, la manovra della Nazionale di Di Biagio finiva per ridursi ad una verticalizzazione rapida verso Kean e Chiesa, che sono stati per buona parte del match l’unica opzione credibile per guadagnare campo.

 

Kean non è stato granché fortunato né perfetto nelle occasioni avute, ma il suo impatto sulla partita, date le condizioni imposte dall’avversario, non è stato di poco conto. A brillare, però, è stato soprattutto Chiesa, aiutato dal contesto elettrico e confuso della partita, grazie alla sua capacità di isolare, nel complesso della prestazione, alcuni singoli momenti memorabili sull’onda delle sue migliori qualità: la rapidità di pensiero, la capacità d'improvvisare e l’elasticità muscolare.

 

Nel gol propiziato dal grave errore del portiere avversario, l'attaccante della Fiorentina ha sfruttato un bellissimo lancio di Barella bruciando Aguirregabiria dopo uno stop magistrale, ed entrando in area con un’inerzia sorprendente che probabilmente ha sorpreso anche lo stesso Unai Simon, che si era portato troppo in fretta fuori dai pali per provare ad anticipare la traiettoria del cross. È difficile stabilire con certezza se Chiesa volesse concludere in porta o crossare: per tutta l’azione non stacca mai gli occhi dal pallone ed è possibile che volesse mettere il pallone in mezzo. Ciò che è più importante, però, è la sua capacità di riuscire a creare qualcosa di pericoloso praticamente ad ogni azione, con un'elettricità che appartiene a pochi calciatori. La prestazione di Chiesa è stata impreziosita dall’applicazione senza palla e dalla quantità di corsa e partecipazione in generale, al limite della maniacalità. Oltre ai preziosi recuperi in pressione, all’85esimo si è reso protagonista di una cavalcata sul velluto che ha fatto guadagnare 50 metri alla squadra in pochi secondi.

 

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Uno dei problemi dell’Italia è stato lo scarso accompagnamento alla manovra offensiva. Nelle prime due immagini vediamo gli attimi precedenti all’infortunio di Zaniolo, che costringeranno Chiesa a cercare una rifinitura ad alto tasso di difficoltà crossando da lontano sul secondo palo. Nella terza un esempio successivo, analogo.






L’ingresso precoce di Orsolini, entrato al posto dell'infortunato Zaniolo, ha avuto il merito di occupare con più costanza l’ampiezza, allargando le maglie della difesa avversaria, ma non ha cambiato molto il piano gara di Di Biagio: l’attaccante del Bologna si è posizionato nella stessa zona di Zaniolo, dietro le punte, defilandosi in fase di possesso. Anche con Orsolini, l’Italia non è mai riuscita a costruire delle fasi di possesso pienamente convincenti, anche se nei quarti d’ora finali dei due tempi è arrivata più facilmente nella metà campo avversaria. Per la maggior parte della gara l'Italia ha continuato ad attaccare con pochi uomini, preferendo la verticalità a un accompagnamento più organico dell'azione, e la Spagna è riuscita comunque a recuperare il pallone agevolmente grazie alla superiorità numerica.

 


L’indole di Orsolini nell’attacco della profondità in ampiezza potrebbe essere un’arma interessante nelle prossime partite, anche per creare spazi ai compagni.


 

L’impressione è che l’Italia avrebbe anche potuto sfruttare con profitto lo sbilanciamento spagnolo con delle transizioni offensive corte, ma non è quasi mai riuscita a recuperare il possesso in zone adeguate, o quando lo ha fatto si è ritrovata coi propri riferimenti offensivi principali troppo defilati e circondati da tanti avversari. La Nazionale ha però mostrato un alto grado di maturità, mantenendo una buona coesione difensiva arretrata nonostante le difficoltà di Dimarco e Calabresi, grazie a una prestazione eccellente di Mancini, a tratti

con gli anticipi messi a segno oltre la linea di centrocampo, ormai marchio di fabbrica.

 

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Qui un esempio di ripartenza sprecata. Barella serve Chiesa di testa, ma quest’ultimo invece di appoggiarla sull’accorrente Zaniolo la restituisce al cagliaritano, che perderà il controllo a causa del pressing spagnolo. Con una scelta differente l’Italia si sarebbe trovata ad attaccare in campo aperto sfruttando le rotazioni dei suoi offensivi (da notare Kean a sinistra, Zaniolo centrale e Chiesa a destra).


 

Dopo il vantaggio, l’Italia ha subito un ritorno di fiamma spagnolo con l’ingresso di Fornals per Zubeldia e Merino per Ruiz, a causa del cambio di assetto di De La Fuente, che ha disposto i suoi con un 4-2-3-1 per favorire la triangolazione tra le linee e cercare di sfruttare un'Italia più schiacciata. I maggior spazi non sono stati però facili da gestire per gli spagnoli; lo stesso rigore del 3-1 nasce da un ripiegamento approssimativo di Soler sull’inserimento in area di Pellegrini.

 

Italia-Spagna, insomma, è stata una partita strana, caotica, in cui il predominio calmo degli spagnoli non ha trovato il coronamento nell’ultimo terzo di campo, e la sofferenza generale dell’Italia non ha intaccato la sicurezza di poterla riaprire e chiudere. Gli azzurri non hanno giocato una partita perfetta, anzi, collettivamente in entrambe le fasi sono emerse molte incongruenze e imperfezioni che andranno corrette nelle prossime partite se si vorrà continuare il percorso.

 

Rimangono però negli occhi soprattutto alcune prestazioni e giocate individuali forse estranee dal contesto tecnico-tattico collettivo, e derivanti dalla carica emotiva della squadra di Di Biagio che ha comunque dimostrato di voler vincere la partita a tutti i costi. Per quanto riguarda la Spagna, se vorrà riprendersi in fretta dalla sconfitta, dovrà fare qualcosa di più per concretizzare la mole di gioco prodotta, non aggrappandosi troppo alla creatività sublime di Ceballos, e magari trovando il modo di inserire in pianta stabile un elettrico Fornals, che ieri ha dimostrato di poter dare molto in termini di pericolosità offensiva.

 

In definitiva, quello che ha fatto la differenza tra le due squadre è stata l'esperienza. L’Italia è una squadra coesa, con molti giocatori che hanno collezionato tanti minuti di gioco in Serie A e persino nelle coppe europee; rispetto alle precedenti selezioni è un notevole passo avanti e non è un caso se poi questo si rifletta anche nel risultato finale di una partita che poteva persino essere giocata meglio, contro un avversario forse superiore tecnicamente. L'esperienza, alla fine, è una qualità che non si migliora in allenamento e che non si può studiare sulla lavagnetta: forse quando si parla di "crescita del movimento" ci si riferisce soprattutto a questo.

 

 

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