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Mauro Mondello
A che punto è l'Italia del rugby
03 nov 2018
03 nov 2018
Uno sguardo alla nazionale italiana alla vigilia dei test match.
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Mauro Mondello
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L’Italia si trova a un bivio cruciale della sua storia rugbystica. Il ciclo tecnico aperto dall’irlandese Conor O’Shea, alla guida degli azzurri dal luglio 2016, è ormai entrato nel suo terzo anno e ci si aspetta adesso di raccogliere, dopo tante promesse, qualche risultato concreto.

 

Nonostante alcuni spunti tattici interessanti e tenendo in grande considerazione il lavoro di allargamento di una rosa oggi molto più profonda rispetto a due anni fa, l’ex allenatore degli Harlequins di Londra non è ancora riuscito ad alzare il livello e deve confrontarsi con una crisi di risultati che ha visto l’Italia vincere soltanto due partite in due anni: un risicato 19-10 contro le Fiji nel novembre del 2017 e la vittoria al cardiopalma contro il Giappone, 25 a 22, nell’ultimo match giocato dagli azzurri, lo scorso 16 giugno.

 

L’inevitabile effetto di un ruolino di marcia che conta sedici sconfitte e due sole vittorie in 24 mesi si è concretizzato nel crollo nel ranking mondiale IRB: oggi l’Italia è quattordicesima e si trova scavalcata da Georgia, Tonga, Giappone e Fiji, squadre che in linea teorica dovrebbero essere ampiamente alla portata degli azzurri, ma contro le quali sul campo fatichiamo terribilmente.

 

Il calendario dei test match autunnali vedrà l’Italia debuttare contro l’Irlanda, il 3 novembre a Chicago, in una partita fuori dal calendario internazionale. Sabato 10 novembre, allo stadio Artemio Franchi di Firenze, sarà la volta della Georgia, seguita poi dall’Australia, a Padova il 17 novembre, e, in chiusura, dagli All Blacks, per una partita evento allo stadio Olimpico di Roma, sabato 24 novembre.

 

https://www.youtube.com/watch?v=u6EheWi4DL0

Gli highlights dell’ultimo incontro ufficiale giocato dall’Italia, contro il Giappone, lo scorso 16 giugno, vinto dagli azzurri per 25 a 22.



 

L’Italrugby si giocherà gran parte della sua credibilità sportiva contro la Georgia. La sfida con i georgiani, atipica in una finestra di test match in cui, di prassi, le formazioni europee si scontrano solo contro XV dell’emisfero Sud, costituisce il coronamento finale di un inseguimento che da Tblisi programmano da ben quindici anni. Da tempo la Georgia cerca di mettere pressione sulla Rugby Europe, la federazione internazionale rugbystica in Europa, per ottenere un posto nel Sei Nazioni, allargando il torneo o sostituendo l’Italia. Una vittoria contro gli azzurri renderebbe evidentemente molto difficile tenere ancora fuori il XV georgiano dal rugby che conta e aprirebbe una discussione molto seria sulla necessità di riconsiderare il peso dell’Italia nel rugby di elitè, un peso che in molti, fra Regno Unito e Francia, mettono in discussione da tempo.

 

Anche per questo motivo, a lungo l’Italia ha cercato di evitare uno scontro diretto con la Georgia. L’unico precedente ufficiale risale al 6 settembre 2003, quando l’Italia, allora allenata da John Kirwan, vinse per 31 a 22, ad Asti, una partita durante la quale la nazionale della ex repubblica sovietica mise a dura prova un gruppo che poteva contare sugli allora giovanissimi Parisse e Castrogiovanni, oltre che su giocatori come Troncon, Stoica, Bortolami, De Rossi, fra i grandi nomi della palla ovale italiana.

 

La sfida del prossimo 10 novembre sarà una partita molto diversa da quella di quindici anni fa. I georgiani, allenati dal 2011 dall’australiano Milton Haig, hanno fatto passi da gigante nell’organizzazione di gioco e anche se orfani della loro figura di riferimento, il leggendario numero 8 Mamuka Gorgodze, ritiratosi dalla nazionale lo scorso luglio, possono contare su un pacchetto di mischia straordinario, un reparto che Eddie Jones, l’allenatore della nazionale inglese, ha definito “the biggest, ugliest, strongest scrum pack in the world”, tanto da imporre ai suoi giocatori, lo scorso febbraio, durante la prima pausa del Sei Nazioni, uno stage di due giorni a Tbilisi con i Lelos (il soprannome con cui vengono chiamati i rugbysti georgiani in patria), nella speranza di migliorare l’approccio fisico e mentale in mischia chiusa.

 

https://www.youtube.com/watch?v=z1lWP0q1M_s

La mischia georgiana fa a pezzi il pack degli All Blacks ai mondiali inglesi del 2015.



 

Nell’ambiente azzurro si tende a minimizzare l’importanza della partita, ma Conor O’Shea sa bene di giocarsi molto nel match contro la Georgia. Anche per questo il tecnico irlandese ha deciso di tenere a riposo gran parte dei giocatori considerati insostituibili per l’esordio autunnale contro l’Irlanda, sabato 3 novembre. Nel XV che sfiderà, a Chicago, la formazione vincitrice dell’ultimo Sei Nazioni, non figurano i nomi di Parisse, Ghiraldini, Zanni, Polledri, Negri, Benvenuti, Castello, Hayward, quasi tutti certamente titolari per la sfida di Firenze.

 

La partita, organizzata principalmente a fini commerciali e che verrà giocata con tutte le principali competizioni europee per club ancora in corso, sarà utilizzata da entrambe le squadre per dare minuti ai giocatori più giovani o al rientro da alcuni infortuni e verificare il livello di alcuni elementi che potrebbero nel corso dei test di novembre ritagliarsi uno spazio importante.

 

Da questo punto di vista, sarà interessante vedere all’opera la coppia di centri composta da Luca Morisi e Michele Campagnaro (nominato anche capitano in assenza di Sergio Parisse) nella partita contro l’Irlanda. A lungo si è pensato di poter costruire la linea di trequarti azzurra facendo affidamento sul loro talento, ma il progetto è sempre naufragato di fronte agli infortuni che ne hanno contraddistinto la carriera, soprattutto per quanto riguarda lo sfortunatissimo Morisi.

 

Sulle accelerazioni di Campagnaro, il cui contratto a Exeter è stato rescisso pochi giorni fa e che è in procinto di accasarsi agli Wasps di Londra, e sulla sua dinamicità difensiva punta moltissimo O’Shea, che spera di poter incrementare l’imprevedibilità della linea di back grazie alle qualità tecniche del giocatore più talentuoso della rosa italiana.

 

Contro gli irlandesi la linea verrà completata da Tebaldi e Canna in mediana, Bellini e Bisegni alle ali e dal giovane Luca Sperandio, adattato nel ruolo di estremo dopo l’infortunio che ha rimandato a casa Edoardo Padovani. Quello proposta da O’Shea per la sfida ai suoi connazionali è uno schieramento di trequarti molto tecnico, che potrebbe subire l’impatto fisico degli irlandesi ma che sarà interessante vedere all’opera sia per verificare la crescita di giocatori come Canna e Bellini, ormai attesi dal salto di qualità definitivo, che per permettere a giovani come Sperandio di misurarsi su un palcoscenico internazionale.

 

In mischia, a completare un XV giovane e sperimentale, i nomi da seguire con grande interesse sono quelli di Giammarioli, ventitreenne delle Zebre al terzo cap che avrà il duro compito di sostituire il capitano italiano Parisse, di John Meyer, terza linea sudafricana equiparata all’esordio con la maglia azzurra, protagonista di un ottimo avvio di stagione con le Zebre e il cui minutaggio potrebbe diventare importante col passare delle settimane, e di Tiziano Pasquali: il pilone romano rientrato in Italia, a Treviso, ormai da due anni dopo l’esperienza nella Premiership inglese, deve dimostrare di poter essere un’alternativa valida a Ferrari nel ruolo di pilone destro.

 

Dalla partita contro l’Irlanda Conor O’Shea cercherà di trarre indicazioni importanti per il prosieguo dei test match di novembre. Contro Australia e Nuova Zelanda arriveranno, al di là del risultato, indicazioni fondamentali per capire la tenuta mentale della squadra. Agli azzurri farà bene respirare l’aria del rugby australe, soprattutto guardando a un mondiale nel quale bisognerà vedersela, dopo un sorteggio poco fortunato, con Nuova Zelanda, Sudafrica, Namibia e la vincitrice del torneo di ripescaggio che, molto probabilmente, includerà nel gruppo una fra Canada e Samoa.

 

La sensazione è che ci sarà un’Italia prima e dopo la Georgia. Troppo difficile immaginare adesso le condizioni fisiche e mentali degli azzurri dopo il doppio confronto contro irlandesi e Lelos.

 

I punti fermi dei test match autunnali saranno Parisse, intorno a cui continuerà a gravitare il gioco azzurro in difesa e che cercherà di trascinare la squadra con il suo carisma, e Ghiraldini, la cui esperienza nella delicata posizione di tallonatore sarà imprescindibile in touche e mischia chiusa. Hayward, che è in questo momento l’unico estremo di ruolo in rosa, dovrà cercare di rendere più costante il suo piano partita e dare sicurezza al reparto di trequarti, soprattutto nelle ripartenze al piede, su cui non è stato sempre brillante nelle sue precedenti apparizioni in maglia azzurra.

 

Riflettori puntati anche su Jake Polledri. Dopo l’esordio nello scorso Sei Nazioni contro la Scozia e l’ottimo tour estivo in Giappone, il ragazzo italo-inglese si è conquistato un posto da titolare a Gloucester e sta mantenendo in terza linea prestazioni di altissimo livello: in molti in Inghilterra cominciano a pensare che un giocatore con questo ritmo avrebbe potuto far comodo anche nelle rotazioni del XV della Rosa.

 

https://www.youtube.com/watch?v=DvWNYmdLjjc

Il promettente esordio in maglia azzurra di Jake Polledri, nel Sei Nazioni 2018, contro la Scozia.



 

Conor O’Shea sta provando a costruire una squadra giovane e con alternative credibili in ogni ruolo, un lavoro lento e difficile ma che alla lunga potrebbe permettere all’Italia di poter finalmente contare su un gruppo di giocatori tecnicamente omogeneo, aprendo un ciclo di prospettiva.

 

La media dei caps della rosa scelta per i test match autunnali, tolti Zanni, Parisse e Ghiraldini (che da soli contano 336 presenze) è di appena 13 gettoni.

 

Ma quella di O’Shea non è una scommessa alla cieca. Il tecnico irlandese sta infatti inserendo i volti nuovi in maniera graduale, a partire da una assetto di base molto solido, che vede delle scelte chiarissime nei ruoli chiave.

 

In prima linea si stanno costruendo due blocchi fissi e che possano crescere nel tempo, alternandosi e accumulando esperienza. Già detto di Ferrari e Pasquali a sinistra, cui si aggiunge il ventunenne Giosué Zilocchi (anche lui troverà minutaggio nei test di novembre dopo il buon esordio giapponese di giugno), nel ruolo di pilone destro, dietro il titolare Lovotti, ci sono Quaglio, che partirà titolare contro l’Irlanda sabato 3 novembre, e Cherif Traorè, che subentrerà sicuramente a partita in corso contro i Verdi e accumulerà esperienza anche negli incontri delle prossime settimane.

 

Al numero 10 la coppia Allan-Canna è ormai consolidata, così come il duo Ghiraldini-Bigi nel ruolo di tallonatore, vista l’assenza di Gega, lontano dai campi per un brutto infortunio ormai da diversi mesi. Come mediano di mischia la maglia da titolare sembrava ormai essere stabilmente sulle spalle di Marcello Violi, che ha fatto bene quando chiamato in causa e ha dimostrato di poter gestire in maniera forse meno confusionaria di Gori il gioco azzurro.

 

Il suo infortunio alla spalla priva O’Shea di un elemento importante, ma dall’altro lato permette di dare minuti a Palazzani, che ha cominciato la stagione benissimo con le Zebre, e a Tebaldi, un giocatore che in nazionale non è mai riuscito a incidere come ci si sarebbe aspettati, ma che può portare esperienza e solidità difensiva: con lo sguardo puntato ai mondiali in Giappone potrebbe risultare importante avere la possibilità di poter contare su quattro mediani già ben rodati.

 

Il rientro ai centri di Campagnaro e Morisi, di cui si è già scritto poco sopra, aggiunge due opzioni fondamentali in un ruolo nel quale soltanto Tommaso Castello ha trovato continuità nel corso della gestione O’Shea e in una zona del campo in cui l’Italia ha disperato bisogno di trovare qualità.

 

In terza linea, dopo l’uscita dal giro azzurro di Favaro e Minto, pesa moltissimo l’infortunio di Maxime Mbanda. Il flanker di Treviso, candidato al ruolo di capitano nel post-Parisse (il numero 8 dello Stade Francais dovrebbe lasciare dopo il mondiale in Giappone) ha dimostrato sul campo di essere un giocatore moderno e il suo apporto, specie al placcaggio, mancherà moltissimo alla mischia azzurra. Negri, Polledri e Steyn, oltre a Giammarioli, di cui si scriveva in precedenza, hanno dimostrato di poter garantire affidabilità e presenza nel gioco a terra, senza dimenticare che in questa zona del campo c’è un altro infortunato eccellente, quel Giovanni Licata, 21 anni, che ha impressionato nei 7 caps sin qui messi insieme con la maglia azzurra.

 

L’Italia dovrà dimostrare innanzitutto di poter sostenere sul lato fisico la potenza georgiana, specie nelle fasi di mischia chiusa e nel gioco stretto. I Lelos cercheranno di vincere la sfida affidandosi alle ripartenze continue dalle fasi a terra, nel tentativo di sfiancare la il pack azzurro e rendere gli 80 minuti una battaglia di trincea sporca e cattiva, dai contenuti tecnici molto limitati e giocata tutta sugli scontri fra pesi massimi.

 

L’Italia ha i mezzi tecnici e tattici per portare a casa la vittoria, ma dovrà poter contare su una giornata positiva di Allan al piede, per poter sfruttare i calci piazzati che sicuramente i georgiani concederanno, e su una linea difensiva ordinata e compatta, che dovrà resistere alle cannonate abrasive dei georgiane ed essere capace di mantenere il controllo sia in mischia ordinata che sulle rodatissime rolling maul che la Georgia cercherà di giocare da touche nei nostri 22 metri.

 

Tutt’altro copione ci attende per i test match del 17 del 24 novembre. Contro Australia e Nuova Zelanda gli azzurri saranno sottoposti al rugby totale dell’emisfero Sud: gioco al largo, ricicli da terra insistiti, linee di corsa imprevedibili sui trequarti, un ritmo atletico supersonico, metteranno a dura prova il piano partita azzurro.

 

Troppo spesso gli azzurri, contro questo tipo di squadre e al di là degli a volte evidenti limiti tecnici, sono stati sovrastati sul piano della capacità di corsa e di impatto, due elementi del gioco sui quali O’Shea ha cercato di lavorare sia attraverso un piano di preparazione più duro, che, come si diceva in precedenza, tentando di allargare la rosa dei giocatori a disposizione.

 

Oltre a ciò, per provare a tenere in equilibrio il risultato di due partite che sembrano purtroppo segnate, sarà fondamentale tornare ad essere stabili in mischia chiusa, un fondamentale nei quali per anni la nazionale italiana è stata considerata fra i top mondiali e che è oggi invece un punto debole determinante per una formazione che non ha la possibilità di spostare il gioco al largo in maniera fluida e che deve quindi poter contare su un blocco di avanti solido nelle fasi di gioco a terra, lucido nelle letture difensive e costante nei momenti di gioco statici.

 

La partita con la Georgia ci dirà a che punto è arrivato il progetto tecnico di Conor O’Shea per la nazionale italiana di rugby. Le sfide ad Australia e All Blacks dovranno invece mostrare, sul piano tattico e tecnico, che questa squadra è finalmente cresciuta sul piano della personalità e si merita di restare nel gruppo mondiale di elitè della palla ovale.

 
 

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