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Quando l'Italia perse col Pontedera
16 mag 2019
16 mag 2019
Sebbene solo in amichevole, rimane una delle sconfitte leggendarie della storia della Nazionale.
(articolo)
9 min
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Con un exploit perentorio, il centro-destra ha appena vinto le elezioni. In Italia non si parla d’altro, e non potrebbe essere altrimenti. La “gioiosa macchina da guerra” di Achille Occhetto, presentatosi al dibattito con il principale rivale indossando un completo marrone divenuto in fretta l’emblema della mestizia, si è schiantata contro Silvio Berlusconi, sceso in campo ufficialmente soltanto due mesi prima e capace di rastrellare il 42,84% alla Camera e il 42,60% al Senato con il suo Polo delle Libertà, ribattezzato Polo del Buon Governo al centro-sud nella formazione priva della Lega Nord ma con la partecipazione di Alleanza Nazionale. Le elezioni si sono svolte domenica 27 e lunedì 28 marzo, e ora che siamo nella prima decade di aprile lo spazio sui quotidiani è catalizzato dalle lotte interne alla coalizione.

Umberto Bossi non ha ancora gridato ai quattro venti che la sua Lega ce l’ha duro ma cerca di dimostrarlo ogni volta che può: «Berlusconi non sarà premier, vogliamo il federalismo subito», tuona sulle prime pagine dei giornali di domenica 3 aprile, ancora spinto dall’afflato ideologico di Gianfranco Miglio. L’altro Gianfranco, Fini, fa da paciere. Berlusconi tace sornione e si muove per portare dalla sua parte Antonio Di Pietro, che però non ha la minima intenzione di accettare la carica di ministro della Giustizia. C’è soltanto un uomo in grado di rubare l’attenzione a Silvio Berlusconi e alla diatriba politica in quei giorni tumultuosi. Paradossalmente, se non fosse stato per il Cavaliere, forse non ne avremmo mai sentito parlare.

Sacchi e gli italiani

Arrigo Sacchi non piace molto agli italiani, o meglio, non a tutti gli italiani. Nell’immaginario collettivo, è il rivoluzionario che ha tolto il posto ad Azeglio Vicini. Il vecchio c.t., con la sua aria da bonaccione e un’Italia imperniata sul suo vecchio nucleo in Under 21, aveva conquistato tutti, pur mancando il bersaglio grosso ai Mondiali casalinghi e fallendo la qualificazione a Euro 1992. Con qualche affanno di troppo, Sacchi ha invece strappato il pass per Usa 1994, con una pedata di Dino Baggio a castigare il Portogallo il 17 novembre 1993. È però palese che quell’Italia non sia ancora una squadra “di Sacchi”.

Il vate di Fusignano non ha ancora trovato tutti gli equilibri giusti e costringe i suoi a due amichevoli durissime, per avversari e risultato. A Napoli, a metà febbraio, l’Italia esce tra i fischi del San Paolo dopo aver perso di misura contro la Francia, che non si è qualificata al Mondiale. «Questa sconfitta è una secchiata di acqua gelida in faccia», dice Matarrese, che però è legato mani e piedi al c.t. e accorda il permesso per uno stage a inizio aprile. In mezzo, anche un’amichevole con la Germania. A Stoccarda non c’è Roberto Baggio, Sacchi vara la staffetta Mancini-Zola ma rimedia un altro ko. Lo stage, a questo punto, sembra una perdita di tempo. Capello, tecnico del Milan, è imbizzarrito all’idea di dover lasciare i suoi giocatori per tre giorni di allenamento e un’amichevole contro il Pontedera. Parma e Sampdoria tengono i loro – ducali impegnati in un recupero di campionato, doriani alle prese con la finale di andata di Coppa Italia – e a Coverciano si ritrovano in diciotto. È una selezione stringata, eppure per Sacchi sono tre giorni vitali: non è un caso che saranno in molti, tra i convocati per questo stage organizzato fuori tempo massimo, a non essere poi chiamati al Mondiale.

Da Peruzzi a Fontolan, passando per Panucci, Alessandro Bianchi e Negro. Il difensore della Lazio è il convocato numero 70 nel giro di due anni e mezzo. Qualcuno si aspettava anche il nome #71: nel weekend di campionato, Sacchi ha infatti disertato le gare di Serie A per andare a vedere Ravenna-Venezia. Nei padroni di casa, in lotta per non retrocedere in Serie C1, gioca un centravanti potente e terribilmente sgraziato. Ha segnato nove gol, è l’unico motivo per cui il Ravenna è ancora in corsa per salvarsi. Si chiama Christian Vieri, ne risentiremo parlare, ma non è ancora il suo momento.

Da qualche mese, Sacchi ha una spina nel fianco che non lo molla. È un attaccante che supera a malapena il metro e settanta e che, negli ultimi due anni di Serie A, ha segnato come nessuno. Beppe Signori, agli ordini di Dino Zoff, è una saetta imprendibile per le difese italiane. Passa in mezzo ai vari Pasquale Bruno e Beppe Bergomi come se fosse ricoperto di burro, scivola via, non riescono a contenerlo. La specialità della casa è il diagonale mancino da sinistra, delle frustate improvvise su cui i portieri devono spesso arrendersi se intendono preservare le mani. Per Sacchi, però, non può giocare attaccante. Nel suo 4-4-2, Signori sta bene come esterno sinistro di centrocampo. I media non capiscono, si adeguano per un po’, ma le prestazioni di Beppegol sono tali da provocare pressioni. E così, contro il Pontedera, il c.t. si arrende, optando per una coppia leggerissima: Baggio-Signori.

Roby e Beppe ballano il tip-tap in un mitico spot Diadora. In campo, purtroppo per loro, troveranno questa intesa soltanto a sprazzi.

L’avversario, sebbene in testa al proprio girone di Serie C2, non dovrebbe destare preoccupazioni. Eppure Sacchi lancia segnali oscuri alla vigilia: «Se perdiamo vuol dire che non stiamo bene, e non si sta bene ora non si sta bene il 15 maggio, e non si sta bene il 17 giugno. È importante fare questi allenamenti, lo devono capire anche i club. Fin qui ho raggiunto tutti i miei obiettivi, sulle convocazioni ho ancora idee confuse». In conferenza stampa, il tecnico annuncia la formazione. Marchegiani in porta, Panucci e Maldini terzini, Costacurta e Baresi al centro della difesa. Donadoni e Stroppa esterni di centrocampo, Albertini e Conte in mezzo, Baggio e Signori davanti. Più o meno in contemporanea con la conferenza di Arrigo Sacchi, nella sua casa di Seattle, il frontman dei Nirvana sta imbracciando un fucile per togliersi la vita, dopo essersi iniettato nelle vene una dose mostruosa di eroina e anche un po’ di Valium. L’ultima apparizione televisiva di Kurt Cobain, per strano che possa sembrare, rimane quella del 23 febbraio 1994 a Tunnel, il programma condotto da Serena Dandini.

Ai Mondiali il Pontedera

Sul campo di Coverciano, per il test con il Pontedera, c’è un fischietto d’eccezione come Pierluigi Collina. Sacchi vuole mettere duramente alla prova i suoi e chiede al tecnico avversario, Francesco D’Arrigo, trentaseienne fiero discepolo della dottrina sacchiana, un pressing esasperato. Così esasperato che l’Italia delle stelle non riesce a stargli dietro. Aglietti, il bomber del Pontedera, lancia Rossi al 19’ per il vantaggio. Si pensa a uno svarione momentaneo e invece, tre minuti più tardi, la difesa pluridecorata della Nazionale (e del Milan) si addormenta nuovamente sugli sviluppi di un corner, lasciando ad Aglietti la palla del raddoppio. Sembra uno scherzo. I cronisti assistono sgomenti al disfacimento degli azzurri contro una squadra di C2. Sacchi cambia parecchio all’intervallo – si gioca con tempi da 40’ – e mette in campo Peruzzi, Negro, Massaro, Casiraghi e Fontolan, bocciando l’esperimento dell’attacco leggero.

Arriva l’immancabile gol di Provvidenza, ma non basta. L’Italia ha perso con il Pontedera. È soltanto un’amichevole, ma per il modo di intendere il calcio che abbiamo da queste parti, non può passare sotto silenzio. Sacchi si presenta davanti ai giornalisti con l’idea di sdrammatizzare, ma non ci riesce: «Non si può parlare seriamente di questa partita, i ragazzi avevano lavorato anche la mattina. Alla gente raccontate quello che volete, voi giornalisti siete bravi a raccontare. È stato un stage utilissimo, ho ringraziato il Pontedera, che ho scelto perché applica un gioco molto simile alla Norvegia e al Messico, che troveremo nel girone». Dopo qualche minuto, la maschera viene via: «Questo è il momento più difficile da quando sono commissario tecnico. Meglio affrontare oggi la Via Crucis piuttosto che fra qualche tempo».

Un titolo sobrio per celebrare l’eroe del giorno, il tecnico del Pontedera. La musica rock in palestra viene vista come un’innovazione sconvolgente

La Gazzetta dello Sport spara a zero in prima pagina: «Ai Mondiali il Pontedera», è il titolo della Rosea. Sacchi la vive malissimo, ha passato la notte a rivedere la partita in videocassetta insieme al suo vice, Carlo Ancelotti, e al risveglio ha letto ogni virgola dei giornali, quasi a voler imprimere nella mente tutti i passaggi per una futura vendetta. Lascia una battuta al veleno mentre abbandona il centro sportivo di Coverciano: «Ci vediamo tutti sabato in ritiro, del resto la C2 gioca domenica». Nessuno è andato giù leggero nei suoi confronti. «La sconfitta con il Pontedera è il lato comico di una faccenda buffa, la terza consecutiva dopo Francia e Germania, in un miniciclo a dir poco esilarante. Ma è anche il frutto farsesco e perverso di uno stage che i milanisti non gradivano e alla cui inutilità, come si ricava dal molle rendimento della difesa, si sono adeguati in bruttezza.

L’Arrigo faccia tesoro di questa esperienza: con i deliri di onnipotenza non si batte nemmeno una buona squadra di C2», scrive Roberto Beccantini sulla Stampa. Sulle cronache, inoltre, si segnalano gli inusuali sette minuti di recupero assegnati da Collina, quasi a voler lasciare all’Italia il tempo necessario per centrare almeno il pareggio. Il c.t. viene attaccato anche da un giocatore del Pontedera, Claudio Cecchini: «A diciotto anni una persona mi aveva detto che ero un albero troppo acerbo. Quel giardiniere era Arrigo Sacchi, il mio allenatore a Parma, in B. Giocai solo qualche amichevole poi via, aria, scappai. Era troppo ossessivo. Sono contento di aver giocato bene contro l’Italia, altro che albero acerbo». Il presidente, Luciano Barachini, diventa una star: «Mi ha chiamato la Rai, mi ha detto: “E se mettessimo Aglietti al posto di Baggio nella pubblicità della Ip? Spero scherzassero».

Le immagini del pasticciaccio brutto di Coverciano. Bellissima la combinazione che porta al primo gol del Pontedera, pazzesca la giacca indossata da Arrigo Sacchi, visibile a 1:54.

L’esperimento di Signori attaccante durerà fino all’esordio mondiale, la sconfitta con l’Eire cancellerà il ricordo delle due amichevoli pre-torneo risolte proprio dal laziale contro Costarica e Svizzera e Beppegol tornerà a sgobbare in fascia, giocando una partita splendida contro la Norvegia per poi finire gradualmente in panchina e litigare con il c.t. alla vigilia della finale con il Brasile. Il Pontederà riuscirà a salire in Serie C1, Alfredo Aglietti si ritaglierà una discreta carriera tra A e B prima di diventare allenatore.

Per Sacchi, che festeggia il proprio compleanno solamente una manciata di giorni prima della ricorrenza di quell’incredibile amichevole, il Pontedera rimane una minuscola macchia in una carriera quasi universalmente riconosciuta come strepitosa, nonostante i detrattori. Eppure, nella sua biografia, “Calcio totale”, nei capitoli dedicati alla Nazionale non se ne fa cenno. Una rimozione sfrontata.

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