Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Matteo Gatto
Classici: Italia-Olanda '00
10 giu 2020
10 giu 2020
Abbiamo rivisto una delle partite più incredibili della storia della nostra Nazionale.
(di)
Matteo Gatto
(foto)
Dark mode
(ON)

In tribuna Johan Cruyff, l’allora principe (oggi re) Willem-Alexander e il primo ministro olandese Wim Kok, vengono inquadrati in quest’ordine dalla regia televisiva di Euro2000. Si gioca all’Amsterdam Arena, chiazze d’azzurro in un mare arancione pronto a riversarsi sui canali della città dopo la partita, e l’arancione è un colore che a suo modo sta già festeggiando, probabilmente il più triste da indossare dopo una sconfitta. Questa partita da noi ricordata come un miracolo italiano di sopravvivenza, per l’Olanda è insieme un fallimento e una bastonata violenta, che arriva dritta a colpire una delle loro particolari convinzioni calcistiche: l’idea che i rigori non siano davvero parte del gioco, e che non si possano allenare.

 

L’arbitro Markus Merk ride, parte l’inno e ci abbracciamo, la telecamera scorre su Inzaghi, Cannavaro, Di Biagio, Fiore, Iuliano, Del Piero, Nesta, Albertini, Zambrotta e Toldo, chiude su capitan Paolo Maldini. L’inno lo canta solo Toldo, sommessamente, insieme ai nostri tifosi.

 

Gli olandesi invece cantano quasi tutti, e tutto lo stadio con loro: Davids, Kluivert, Bergkamp, Stam, Van Bronckhorst, Overmars, Bosvelt, Cocu, Zenden, Van Der Sar e Frank De Boer. Edgar Davids è nella sua versione esteticamente più dominante, quella con gli occhiali da gioco e la coda di dreadlock sulle spalle, e urla a pugni stretti non appena termina la musica. Lo stadio risponde.

 

Dalla fine degli inni all’inizio della partita passa tanto tempo, la sfida è un evento che si lascia attendere, non c’è altro. Semifinale dell’Europeo, in casa propria e con la prospettiva di affrontare in finale una Francia già sconfitta per 3-2 nel girone, l’Olanda ci arriva dopo aver umiliato nei quarti la Yugoslavia di Sabo Milosevic e Sinisa Mihajilovic per 6-1. Rijkaard è un tecnico giovane e con molte certezze, mantiene la difesa a 4, Davids e Cocu a gestire il centrocampo, Bergkamp dietro Kluivert; Overmars ala destra, Zenden ala sinistra.

 

Zoff risponde con la difesa a tre Cannavaro, Nesta, Iuliano; Zambrotta a destra e Maldini a sinistra; Di Biagio e Albertini in mezzo, con Fiore a dare una mano sia a loro che, davanti, a Del Piero e Inzaghi.

 



L’inizio è frenetico, poco palleggio, tanti palloni lunghi, anche sbagliati purché lunghi, tackle e grande intensità fisica. Poi l’Olanda ci mette le mani al collo e inizia a stringere, già al terzo minuto, quando Kluivert riesce a scambiare con Gio Van Bronckhorst, girarsi sulla trequarti e trovare Dennis Bergkamp al limite dell’area. Bergkamp stoppa di sinistro ruotandosi e vede e mette una palla meravigliosa in area sopra Nesta e Iuliano ma davanti a Toldo, per l’inserimento di Cocu che arriva sul pallone in spaccata e manda alto. Giocata terrificante per eleganza e facilità di bucarci e farci spaventare.



Le nostre punte faticano, Del Piero si applica in copertura ma non riesce a entrare in partita, Inzaghi è lontanissimo dalla porta. Siamo bassi, e le due ali olandesi ci mettono subito pressione. Overmars contro il 32enne Paolo Maldini potrebbe essere un mismatch, ma il problema vero per gli azzurri sarà Zenden, preso sempre male da Zambrotta.

 

Frank De Boer cambia gioco da dietro con grande rapidità e precisione. Al quindicesimo va a destra per Bosvelt, che trova ancora Bergkamp tra le linee, dietro a Fiore, lontano da Di Biagio. Si gira senza grande fretta, sembra non avere particolari ambizioni, su di lui esce Iuliano, al limite dell’area, Bergkamp lo dribbla verso l’interno con allarmante semplicità, entra in area, destro incrociato pulitissimo e palo secco.

 



 

L’Italia non riesce a risalire, l’Olanda ci aggredisce avanzando in uno stadio eccitato, stavolta a sinistra su Zenden, Zambrotta in leggero ritardo entra deciso in scivolata, perde il rimpallo, la palla passa, Zenden cade sofferente. Giallo giusto e problematico. Le tribune arancioni cantano “Campeones Campeones Olé olé olé”. Agli Azzurri manca l’aria.

 

Maldini va a infilarsi in un imbuto a sinistra, pressato da Bergkamp, e cerca un corridoio che non c’è. Cocu intercetta e trova subito Overmars nello spazio libero dietro al nostro capitano. Esce ancora Iuliano a chiudere, Overmars se ne va con un tacco lungolinea, annichilendo Iuliano per la seconda volta in due minuti. E viene falciato, in una zona di campo innocua. Fallo speso bene, atmosfera ormai bollente, giallo anche per Iuliano. Il telecronista olandese commenta gioviale il 70% di possesso palla dell’Olanda. Poco dopo pronuncerà la parola “catenaccio”.

 

In un centrocampo ormai conquistato da Davids e dal suo scudiero Cocu, Albertini e Di Biagio tentano orgogliosamente di tenere in ordine, se possibile di farci respirare. Arriviamo al cross con Maldini, mezz’ora dopo l’ultima volta con Zambrotta.

 

Un grosso problema è che loro ci saltano sempre. Davids a centrocampo. Overmars su Maldini. Bergkamp su Cannavaro, che si rialza e batte subito la punizione e lancia Zenden sulla sinistra, uno contro uno dentro l’area con Nesta, saltato anche lui. Nesta tocca Zenden con la delicatezza e la grazia che aveva Nesta anche quando sbagliava l’intervento, Zenden cade e il rigore si potrebbe dare, Markus Merk valuta male e ammonisce Zenden.

 

Poi il disastro, in due atti, uno per lato: Zenden riceve di nuovo a sinistra, rimonta Zambrotta, Zenden lo aspetta, prosegue la corsa e poi taglia in mezzo con un tunnel e Zambrotta lo stende per la frustrazione. Secondo giallo al 33°, provvedimento pesante, ma l’inerzia della partita, l’ambiente, la superiorità di Zenden e di tutti gli olandesi, fin lì, collettivamente e negli uno contro uno, incoraggiano la decisione. Maldini arriva dall’altro lato del campo a spendere il suo carisma in una protesta d’ufficio, sugli spalti si ride e si battono le mani nel compiacimento per quel chiaro passo verso la vittoria dell’Olanda.

 

Subito dopo, sulla destra, Overmars supera Maldini, di nuovo. Mette in mezzo per Kluivert che in area, spalle alla porta, controlla e tiene dietro Nesta, il quale gli sporca il pallone aggrappandosi un po’. Markus Merk fischia, la decisione è un rigore per l’Olanda, e sembra molto simile a un match point.

 

Si anima un teatrino disperato e improvvisato intorno a Merk, gli azzurri interpretano vari ruoli con grande naturalezza. Toldo esce di porta indemoniato correndo a farsi ammonire, poi rientra tra i pali. Maldini indignato porta il dito alla tempia e dà del pazzo a Merk. Cannavaro è il testimone oculare che ha visto davvero come sono andate le cose e implora di poter dare la sua versione, si tira la maglia azzurra mimando l’accaduto. Nesta è il colpevole, in disparte per i primi istanti, poi allineato alle tesi di Cannavaro sulla maglia tirata, e anche lui va da Merk a mostrargli come la sua maglia, se tirata, si allunghi. Poi l’assembramento si disperde e arriva Inzaghi, ferito, che fissa Merk come se gli avesse dato una delusione personale, proprio lui. Poco più in là, intanto, Toldo e Del Piero, usciti dai loro personaggi, parlano animatamente del rigore che sta per essere calciato.

 

Arriva il replay e la decisione è piuttosto generosa. Sul dischetto va Frank De Boer, sinistro incrociato, potente, Toldo vola col tempo giusto dalla parte giusta e para, si rialza e salta a braccia alzate.

 



 

Segue un angolo, serie di rimpalli, Overmars sfugge a Di Biagio al limite dell’area, punizione. Siamo in piedi, senza fiato. Tira Frank de Boer, barriera, altro angolo, ancora apnea. Frank ci ripensa, scuote la testa. Batte Berkgamp, fallo di Kluivert su Di Biagio, boccata d’aria.

 



È il momento in cui si diffonde la consapevolezza di essere stati quasi morti, e di essere ancora vivi, forse più liberi, più leggeri, ancora in partita, ancora zero a zero, con tanti minuti davanti in cui tutto ciò che di buono può arrivare è in omaggio.

 

‘Ogni svantaggio ha il suo vantaggio’ è una delle tante frasi inventate da Cruyff per cercare di farci capire, o di non farci capire, quello che lui vedeva del calcio e della vita. Lo svantaggio di avere un uomo in meno spesso ha il vantaggio di spostare molta pressione dalle spalle di chi non

più vincere a quelle dell’avversario, che non può più non vincere. Si liberano energie, diventano brillantezza, corsa, concentrazione e disciplina tattica. È più difficile perdere contro una squadra che resta in dieci, ma non necessariamente è più facile vincere, e se la squadra in dieci ha Cannavaro, Nesta e Maldini dietro, segnare resta comunque complicato.

 

Gli azzurri mutano, si assettano. Entrano in una dimensione di minore responsabilità, forse, di sicuro di sofferenza e sacrificio. Come altre volte nella propria storia, lì scoprono una zona di comfort. Fiore scivola esterno a sinistra, Del Piero si mette a destra, esterno in un centrocampo a 4, e inizia a giocare. Albertini mette pressione in avanti sui portatori di palla olandesi, con tempi e precisione eccellenti, e ci dice di non sederci. Cannavaro passa terzino destro bloccato, di fronte ha Zenden.

 

Si sente di nuovo il coro “Campeones campeones Olé olé olé” dagli spalti, ma intanto sul rinvio di Toldo, Inzaghi, Del Piero e Albertini riescono a portare un po’ di pressione vera al disimpegno olandese, e partono un paio di rudimentali verticalizzazioni per Superpippo che non ci arriva ma si agita come se ci potesse arrivare. Sulla seconda verticalizzazione subisce fallo Del Piero e improvvisamente abbiamo noi la chance di andare là da loro a mettergli una palla in area. Calcio da fermo dalla trequarti, la palla è tesa e scorre senza che nessuno riesca a toccarla, ma è il primo momento in cui l’Olanda sembra impreparata, esitante. Arriva un anticipo di Cannavaro su Zenden, altro piccolo segnale in controtendenza. Poi l’Olanda riprende a giocare e a farci ballare, ma ormai vediamo la fine del primo tempo, l’unico traguardo che sembra possibile raggiungere, l’unico a cui abbia senso pensare.

 

Da lì alla fine, il solo brivido è una giocata straordinaria di Kluivert: in area controlla un lancio che sembrava andare sul fondo, saltando e arpionandolo, mandando a vuoto Iuliano, restando lì con un altro palleggio di destro e poi uno di coscia. Deve però aspettare che rimbalzi il pallone a terra prima del tiro e così perde un po’ di ritmo, uscendo dall’armonia di quel movimento. Strozza il destro, fuori di due metri.

 



 

Maldini si prende un giallo dopo che Merk gli fischia un fallo contro, dandogli un’altra volta del matto. Subito dopo fa un tunnel a Overmars, gesto accolto con grande entusiasmo dagli italiani allo stadio. Così finisce il primo tempo, con Maldini che irride il suo demone.

 



Il primo tiro del secondo tempo è dell’Italia. È il primo tiro in assoluto dell’Italia, nasce da destra, con Del Piero che riceve da Cannavaro su fallo laterale e invece di appoggiarsi indietro fa scorrere il pallone mandando a vuoto Gio, resistendo al ritorno di Cocu e pescando Fiore al limite dell’area prima dell’uscita di Stam. Fiore stoppa, esita un istante di fronte alla palla che rimbalza davanti a lui e poi tira di sinistro, scheggiando la schiena di Bosvelt. La traiettoria si inarca e va fuori dallo specchio, ma non così fuori da far sentire tranquillo Van der Sar, che vola a toccarlo e ci dà un angolo.

 



 

L’Olanda è identica, l’Italia più organizzata. Maldini recupera su Overmars e gestisce il disimpegno con autorevolezza. Inzaghi riesce a riciclare un rinvio di Toldo. Albertini si spinge verticalmente in pressione su De Boer, recupera con Del Piero un pallone e poi va a subire fallo da Davids a 24 metri dalla porta. Del Piero da 24 metri è la miglior occasione dell’Italia fin lì, ma il tiro viene deviato dalla barriera per il secondo calcio d’angolo in 2 minuti. “Chi non salta è un olandese”, cantano i tifosi azzurri.

 

Stiamo iniziando a vincere i duelli individuali. Di nuovo Del Piero e Albertini recuperano un pallone sulla destra, rovinando un tentativo di duetto tra Gio e Kluivert, e ripartono eludendo la pressione di Davids. Da destra poi Alex aspetta il movimento di Inzaghi che anticipa Stam, si lancia il pallone in avanti, in un non-luogo tra il fondo e la bandierina, ma non importa perché appena Stam si appoggia Inzaghi ripiega su se stesso e collassa a terra, urlando si rialza in ginocchio per rivendicare un cartellino, Merk fischia un fallo sullo spigolo destro dell’area di rigore, Superpippo lo vive come un’ingiustizia, lo incassa come una vittoria. Gli highlights offensivi della partita dell’Italia sono i falli, preziosi, che riusciamo a procurarci nella loro metà campo.

 

La difesa oranje respinge il cross e prova a ripartire in campo aperto con Bergkamp che viene però mangiato da Nesta, altro duello individuale stravinto. Nesta si prende anche una punizione, resta a terra, fa passare il tempo.

 

Poi di nuovo magistrale pressione alta di Albertini che costringe Bosvelt ad affrettare la giocata, un passaggio in verticale per Overmars letto e intercettato da Maldini, che lancia Fiore in posizione di ala sinistra. Un paio di finte sul rientrante Bosvelt, tentativo di cross respinto, ma forse abbiamo preso le misure, forse davvero possiamo reggere dando fondo alla nostra qualità difensiva. Overmars guida un 4 contro 4 in campo aperto, scarica su Berkgamp in posizione centrale, Gigi Di Biagio si avvitorcola attorno a Bergkamp e lo rallenta senza fare fallo, Dennis si sfila di dosso Di Biagio, gira alla larga da Nesta e cerca un mirabolante tunnel su Cannavaro che lo avrebbe portato in area davanti a Toldo, ma Cannavaro mentre va in tackle di destro trascina la gamba sinistra per chiudere lo spazio e sradica il pallone. L’Olanda si muove subito in avanti per recuperare il possesso. Cannavaro lascia il pallone a Di Biagio, verticale per Del Piero, sponda di nuovo per Cannavaro che, con Davids a un passo, ha la lucidità di metterlo fuori perché c’è Bergkamp ancora a terra. L’Olanda ce lo restituisce, in fallo laterale, vicino alla nostra area. Bergkamp sta benissimo e gioca il pallone successivo cercando Kluivert con un lancio, lo intercetta al volo, in spaccata, Cannavaro. Arriva in corsa Zenden che prova a entrare in area, fermato da Nesta di tacco. Il meglio del nostro repertorio di acrobazia e coordinazione difensiva. Adesso sembriamo in controllo della pressione olandese, mentalmente saldi, con un piano e gli uomini giusti per portarlo avanti.

 



Ci fa saltare un’incursione imprevista di un giocatore eccezionale. Con Kluivert e Bergkamp che si abbassano per cucire il gioco, Davids si spinge fino al limite dell’area, pescato con una bella palla alta da Zenden. Mette giù di petto, controlla di sinistro a seguire ed è troppo più rapido dell’unico uomo ordinario della difesa italiana, Mark Iuliano, che non ne comprende né ritmo né intenzioni e lo stende appena dentro l’area. Rigore incontestabile, Marcus Merk quasi consola Iuliano per la brutta figura.

 



 

Nel bellissimo

, l’autore David Winner indaga sull’essenza del rapporto tra calcio e Olanda e finisce per riportare queste parole di Anna Enquist, psicanalista e scrittrice nata ad Amsterdam: «C’è un qualche tipo di desiderio di morte connesso con la nostra cultura olandese, la vergogna di essere bravi. [...] Il calvinismo è una religione orribile. Ti insegna che se ti succede qualcosa di buono, è un dono di Dio e devi essere molto umile. Ma quando ti accade qualcosa di brutto, è colpa tua perché hai commesso qualche peccato o non sei stato buono abbastanza».

 

Lo stesso autore poi aggiunge: «C’è una strana tensione tra il desiderio di avere successo e la credenza inconscia che il successo sia moralmente sbagliato». E ancora Enquist: «Calvinismo implica che tu sia molto umile, ma in reazione, in trasformazione, pensi di essere il migliore di tutti. Diventi arrogante, ma sei a disagio, perché l’arroganza non è profondamente radicata nel tuo carattere».

 

Frank De Boer non torna sul dischetto. Il rigore lo tira Patrick Kluivert, che spiazza Toldo, ma prende il palo. Il principe ride in tribuna. Anche Rijkaard in panchina sorride. Sta cambiando di nuovo l’energia nello stadio. La surreale sterilità del predominio numerico e tecnico olandese comincia a diventare pesante. La partita diventa uno scontro feroce e minimale. Una lotta tremenda, silenziosa, fatta di pause, di invenzioni nate non solo per risolverla, ma anche per prolungarla. Fino alla fine dei supplementari non ci saranno miracoli né sciagure, niente clamore, solo un calcio ostinato, ampio, soffocante, contro un calcio ordinato, metodico, altrettanto determinato a sopravvivere e crudele nel distruggere tutto ciò che gli possa nuocere. Può sembrare noioso, il lento sforzo di stritolamento di un corpo che non si spezza. Può creare l’illusione di una storia priva di eventi, di due contendenti senza iniziativa, di due volontà stanche. Come una pianta che, stagione dopo stagione, rubi spazio vitale a un’altra per arrivare nei decenni a prendersi la sua parte di cielo e di sole. Una lotta di decadi che è facile scambiare per stasi, addirittura per convivenza, se vista con gli occhi di un passante. E invece è la sfida più primordiale che ci sia, quella che non si decide abbattendo, ma inglobando l’avversario. La sua bellezza è nei dettagli, nelle numerose operazioni per chiudere o per scardinare, per soffocare o per respirare, una boccata d’aria alla volta, senza un’idea di come uscirne, ma sapendo che qualunque scenario di sopravvivenza passa da quella boccata.

 

Un’altra chiusura meravigliosa di Nesta su Kluivert, per esempio. Oppure Superpippo che estorce un fallo a Frank, con Frank che si dispera. O ancora Del Piero che va nuovamente via a Gio e si prende un fallo da Davids.



 

Entra Delvecchio per Inzaghi e succedono due cose. Delvecchio riesce a pulire qualche pallone lungo e a farci salire con più frequenza. Stam inizia a colpirla pulita di testa, in elevazione, il che ci fa chiedere che cosa, del gioco di Superpippo Inzaghi, glielo impedisse prima.

 

Ancora Del Piero ci fa respirare entrando nel mezzo del campo, portandosi dietro Gio e attirandone il fallo. Poi arriva anche un bel recupero di Fiore su Davids. A venti minuti dalla fine la brillantezza di Albertini inizia a perdersi. Zoff decide che in mezzo al campo ha soprattutto bisogno di gambe e ordine, e sceglie di inserire Gianluca Pessotto, un terzino, a fare il mediano accanto a Di Biagio.

 

Si è esaurito anche Zenden, allora entra Peter Van Vossen, volenteroso esterno evidentemente intenzionato a dare una scossa. Il suo impatto con Cannavaro è avvilente. Fabio lo accoglie prima chiudendolo con una scivolata pulitissima, poi rintuzzandolo in fallo laterale, poi strappandogli la palla dopo un tentavo di dribbling, infine chiudendo le gambe di fronte a un tentativo di tunnel, e ripartendo con la palla a testa alta. Dall’altra parte, il duello tra Overmars e Maldini è aperto, stupendo, sempre incertissimo.

 

Entra anche Totti al posto di Fiore, esterno a sinistra, il terzo cambio di Zoff. Improvvisamente riusciamo ad arrivare anche nell’ultimo terzo di campo: Totti al primo pallone manda in porta Delvecchio, ma il suo sinistro viene ribattuto dal ritorno di Frank.

 


Poi, al quinto tentativo, Van Vossen riesce finalmente a sfuggire a Cannavaro. Clarence Seedorf sostituisce Bergkamp e approfitta subito di un po’ di confusione in area tra Di Biagio, Iuliano e Maldini per tirare in porta, centralmente.

 

Toldo rinvia, su Delvecchio non c’è Stam ma De Boer e quindi riesce bene una sponda per Del Piero, che per prima cosa guarda dov’è Totti e cambia campo di sinistro. Totti mette giù bene e punta Bosvelt, rientra e prova il destro, ribattuto. Seguiranno un tunnel di Totti a Bosvelt, con fallo subito e Bosvelt che mima a Merk la caduta appariscente di Totti, per la frustrazione; e un’altra grande palla di Totti per un inserimento in area di Maldini, fermato. Con le squadre sempre più stanche, intanto, sta salendo Edgar Davids.

 

Al 93° abbiamo noi l’occasione per chiuderla. Recupero di Nesta, Di Biagio alza un campanile per Delvecchio che si è messo su De Boer e lo sta dominando fisicamente. Vince il duello e si lancia in porta, può tirare da dentro l’area, ma il suo sinistro è troppo addosso a Van Der Sar.

 



 



Supplementari, uno scenario che un’ora prima era impronosticabile. Siamo a mezz’ora dall’unica credibile possibilità di vittoria, e lo sappiamo. Abbiamo di fatto un 4-4-1 asimmetrico, con Del Piero a destra che fa l’intera fascia ed è spesso in prima battuta su Van Vossen. Totti dall’altra parte è più alto, molto più in supporto di Delvecchio. Pessotto gioca di posizione e intelligenza, sparisce subito dentro la partita, portandoci gesti utili e invisibili. Di Biagio offre un po’ di ordine, personalità e qualche palla lunga. Cannavaro terzino bloccato, Maldini ogni tanto prova a spingere, se non altro per tenere Overmars lontano dalla porta e dare ampiezza quando Totti si accentra.

 

La prospettiva del golden goal rende la lotta ancora più tesa e frastagliata. L’Olanda riparte in pressione, mai noi adesso risaliamo il campo con maggior facilità. Del Piero arriva su una palla vagante nella nostra trequarti, evita Cocu con uno scavetto e pesca Totti sulla corsa di esterno destro in verticale, in campo aperto. I due centrali olandesi salgono lasciando Delvecchio in fuorigioco, Totti supera Stam lanciandosi nello spazio, viene toccato, cade. Giallo per Stam.

 



Entra Aron Winter per Cocu, ultimo cambio anche per Rijkaard. Nesta rimpalla in scivolata un tiro di Davids e poi libera l’area in rovesciata. Seedorf ha un paio situazioni promettenti, un inserimento bloccato da Cannavaro e un tiro da fuori respinto da Iuliano. Del Piero prende ancora un fallo in ripartenza, stavolta da Kluivert.

 

Al 100°, una giocata folgorante di Totti: vede un pallone arrivargli incontro e di prima lancia 50 metri in avanti sulla corsa di Delvecchio, scattato sapendo che quel lancio poteva partire, che entra in area e finalmente tira bene. Potrebbe essere il gol della vittoria, ma Van Der Sar, dopo quasi due ore di sporadica e ordinaria amministrazione, fa una grande parata di piede sul sinistro incrociato del centravanti italiano.

 



 

Arriva anche il momento in cui Rijkaard inverte Overmars e Van Vossen: le prime due sfide tra Cannavaro e Overmars finiscono con due tentativi di cross respinto.

 

Del Piero continua nella sua ispirata collezione di falli subiti. Scambia con Pessotto, salta Davids e poi allunga, tiene dietro anche Gio e punta Frank, lo inganna e lo costringe ad allungare la gamba destra su cui si prende il fallo. Poco dopo recupera il pallone su Overmars. Mancano 13 minuti ai rigori.

 

Gran palla in area di Overmars per Kluivert, da sinistra. Kluivert per una volta sfugge a Nesta e incrocia troppo il sinistro, da posizione defilata. Nel duello successivo, Kluivert prova un’azione personale, Nesta lo copre passo dopo passo fino a oscurarlo completamente, e lo accompagna sul fondo. Crampi per Nesta. Mancano 11 minuti.

 

Totti mette giù un rinvio di Toldo, Van Vossen gli imprime orribilmente il tallone sulla caviglia. Merk fischia fallo senza sanzionare l’olandese. 9 minuti ai rigori.

 

Lunga azione dell’Olanda che si conclude con un tiro di Seedorf improvviso, senza rincorsa, che passa a un metro dal palo e ci spaventa per la violenza con cui lo fa.

 

Van Vossel prova a puntare Maldini, stanchissimo. Maldini gli strappa il pallone in tackle e rialzandosi a fatica la lascia a Di Biagio, aggredito subito da Bosvelt. Di Biagio si prende un fallo. Crampi per Maldini. 5 minuti.

 



 

Totti recupera un bel pallone su Bosvelt nella nostra trequarti e poi cerca in avanti Delvecchio con un lancio nell’altra metà campo. Un minuto dopo va a raccogliere una palla alta di Pessotto che cade nella parte olandese del cerchio di centrocampo. Bosvelt prova l’anticipo di testa, va a contatto con Totti, salta a vuoto, la palla rimbalza davanti a Totti che tira di prima da centrocampo, mentre Merk fischia un fallo su Bosvelt. Il campanile di Totti intanto sale e scende dietro Van Der Sar, sbatte a terra ed entra in porta, a gioco fermo. Intuizione ed esecuzione stupendi di un colpo che avrebbe potuto essere ricordato per decadi, e che invece non è mai esistito. Lo spicchio di stadio italiano viene inquadrato, quasi tutti sono in piedi con le mani in testa. Dietro di loro è appeso uno striscione con scritto, in azzurro, “CATENACCIO!!!”.

 


2 minuti di recupero nel secondo tempo supplementare. Maldini libera l’area di testa, Di Biagio spazza in avanti, Delvecchio riesce a mettere giù e allarga a destra per Del Piero, che avanza e punta Frank De Boer, si accentra, vede Davids che arriva, torna verso destra e prende di nuovo un fallo a Frank, che allarga le braccia. 1 minuto e 45 secondi ai rigori.

 

Battiamo noi, ma è l’Olanda a ripartire in campo aperto con Seedorf che vince il duello con Pessotto. Restano un tiro di Overmars ribattuto, una spazzata in fallo laterale di Maldini, un fallo di Cannavaro e una palla in mezzo respinta da Nesta che anticipa Toldo e cade, resta a terra fuori dal campo, Toldo gli si avvicina, ride, siamo arrivati, siamo ai rigori.

 

Si concludono quelle che il commentatore inglese definisce “two hours of mortal kombat”. Inizia lo shoot-out.

 



1. Gigi Di Biagio, il sequel. È l’ultimo rigore che abbiamo visto, Francia ’98, anche là contro i padroni di casa, anche quella volta dopo uno 0-0. Anche quella volta aveva calciato per primo l’ultimo ad aver sbagliato, Roberto Baggio, la dolente icona della nostra storia dal dischetto. Baggio ha tirato nelle nostre tre grandi sconfitte mondiali ai rigori (due gol e un errore): semifinale contro l’Argentina, a Italia ’90; finale contro il Brasile, a USA ’94; quarti di finale contro la Francia nel ’98. È la prima volta che arriviamo ai rigori in un Europeo, anche se un brutto ricordo ce lo abbiamo molto vivido: Gianfranco Zola che si fa parare da Andreas Köpke il tiro dal dischetto nella partita decisiva del nostro girone, a Euro ’96.

 

Di Biagio non è Baggio ma in quel momento ne ha preso il testimone. Farlo tirare per primo sembra una scelta sconsiderata. C’è troppo in palio. Non ultima, la psiche di Di Biagio. Forse non per lui, però. Gigi la piazza alta, forte, angolata, imparabile.

 

E adesso tocca all’Olanda, che è messa se possibile ancora peggio di noi. Nella sua storia precedente a questa partita è arrivata ai rigori per quattro volte, perdendo sempre. Prima del 2000, in circa 30 anni di calci di rigore come soluzione per risolvere un pareggio, le squadre di club olandesi hanno vinto contro avversari stranieri in sole 4 occasioni.

 

Johann Cruyff sosteneva che i rigori fossero una lotteria, e che non si potessero allenare: maggiore è il tasso tecnico di chi tira, maggiori sono le possibilità di segnare, e questo è più o meno tutto ciò che c’è da sapere. In quel momento storico anche Pim Doesburg, l’allenatore dei portieri dell’Olanda, ed Edwin Van Der Sar sono dell’opinione che allenare i rigori sia inutile e che siano fondamentalmente una lotteria.

 

«A Cruyff non è mai piaciuto tirare i rigori, anche se in allenamento non ne sbagliava uno. Ma aveva Neeskens e Muhren che li tiravano per lui. E al tempo in cui giocava, gli shoot-out non esistevano, quindi per lui l’argomento non era rilevante. Quando Cruyff dice che non li puoi allenare, tutti gli credono. Ma si sbaglia». Le parole sono di Gyuri Vergouw, prese da un’altra delle belle interviste riportate in

. Vergouw è un consulente aziendale decisamente infastidito dall’approccio ai calci di rigore, e dai conseguenti risultati, della sua Nazionale, tanto da averci scritto un saggio,

(

).

 

Vergouw si è speso a lungo in una battaglia personale per far cambiare idea al suo paese, convinto di poterlo migliorare in una specialità che, nei tornei a eliminazione diretta, lo penalizza moltissimo. «Dicono tutti che è una lotteria, ma mi spiace, non ha senso! L’ho detto su tutti i giornali e in televisione, e andrò avanti a dirlo. [...] Cruyff non capisce niente di shoot-out e rigori e dovremmo smettere di ascoltarlo su questo punto».

 

Durante Euro 2000, Vergouw consegnò personalmente 25 copie del suo libro a Rijkaard. Nel libro c’era una previsione, riportata da Winner: l’Olanda arriverà in semifinale e uscirà ai rigori. In cima alla lista di giocatori olandesi che assolutamente non devono tirare un rigore Vergouw aveva messo Frank De Boer, «un caso disperato, un sognatore, una di quelle persone che, nel bel mezzo di qualcosa, improvvisamente notano degli uccellini che volano in cielo».

 

2. Frank De Boer è il primo ad andare sul dischetto per l’Olanda. Ha già tirato e sbagliato in partita. Poi non ha calciato il secondo rigore olandese, lasciandolo a Kluivert. Mentre si avvicina al pallone guarda qualcuno dietro la porta e gli fa l’occhiolino, due volte. Poi tira una mozzarella che Toldo intuisce e respinge. Si porta le mani in faccia. Più di un mese dopo, David Winner gli chiederà di potergli fare qualche domanda sulla sua prestazione dagli 11 metri di quel giorno. «Mi dispiace, ma è un argomento troppo doloroso», sarà la risposta di Frank.

 

3. Gianluca Pessotto è il secondo italiano dal dischetto. Aveva già tirato un altro rigore contro Van der Sar, quattro anni prima in finale di Champions contro l’Ajax, incrociando il destro. Stavolta apre il piatto, lo mette dall’altra parte, spiazza Van der Sar. Due a zero per noi.

 

4. Jaap Stam tira fortissimo sopra la traversa, tradendo l’insicurezza nascosta dietro a quel volto da macellaio di tigri. Toldo esulta e ride. «That ball is in Rotterd

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura