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Fabio Barcellona
L'Italia di Mancini continua a crescere
09 set 2020
09 set 2020
La Nazionale è tornata in campo dopo tanto tempo, con le stesse convinzioni.
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Fabio Barcellona
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Se il calcio per club ha risentito molto della pandemia di Covid-19, il calcio delle Nazionali, se possibile, ha accusato il colpo ancora di più. Non solo gli Europei itineranti previsti per questa estate sono stati rimandati all’anno prossimo (nella speranza che allora si possano svolgere nella loro pienezza) ma anche tutte le amichevoli in programma sono state annullate. La Nazionale italiana, per questa ragione, non scendeva in campo da circa 10 mesi, da quando cioè, a metà novembre, negli ultimi due turni del girone di qualificazione agli Europei aveva vinto 3-0 in Bosnia e segnato 9 gol all’Armenia, chiudendo a punteggio pieno il proprio gruppo e raggiungendo il record di 11 vittorie consecutive. I fantastici risultati della squadra di Mancini erano quindi attesi alla conferma in due amichevoli organizzate proprio per testarli contro squadre di livello più alto, come la Germania e l'Inghilterra che avremmo dovuto affrontare in trasferta. Il doppio impegno contro Bosnia e Paesi Bassi nelle prime due partite di Nations League, insomma, era l’occasione per Mancini di riprendere il filo interrotto 10 mesi fa.


 

Tra le due partite Roberto Mancini ha cambiato ben 7 giocatori. Gli unici punti fermi sono stati Donnarumma, Bonucci, Insigne e Barella, sebbene quest’ultimo abbia in effetti cambiato ruolo tra i due match. La necessità di far ruotare tanti giocatori a causa della condizione atletica non ottimale si è quindi tramutata per il tecnico azzurro nella possibilità di vedere all’opera tanti calciatori e di trarre indicazioni sull’impatto di ognuno di loro su una struttura di gioco ormai chiara e definita. Il gioco di posizione progettato dall’allenatore viene reso concreto da una squadra fluida, che cambia disposizione in campo nelle due fasi di gioco, transitando dal 4-3-3 in fase difensiva al 3-2-4-1 in fase offensiva che occupa tutti i corridoi verticali della zona d’attacco e che vuole dominare il possesso, attirare la pressione con i giocatori in zona arretrata e liberare spazi per le ricezioni alle spalle del centrocampo avversario. Era prevedibile che Bosnia e Paesi Bassi avrebbero fornito al sistema di gioco italiano sollecitazioni tattiche differenti e dato quindi indicazioni significative al CT azzurro.


 

Contro la compattezza della Bosnia-Herzegovina


Contro la Bosnia, come ci si aspettava, l’Italia si è trovata ad affrontare una squadra impegnata a negare gli spazi per la manovra offensiva azzurra compattando i propri uomini nella metà campo difensiva. In particolare, in fase di non possesso il 4-3-3 del tecnico Dusan Bajevic stringeva i due esterni offensivi Hodzic e Visca disegnando uno stretto 4-2-3-1 che con Dzeko e i tre giocatori alle sue spalle provava ad intasare la zona di preparazione alla manovra dell’Italia, lasciando più libertà di gioco verso le zone esterne, dove Biraghi e Chiesa erano presi dai terzini bosniaci solo dopo le loro ricezioni. Il CT bosniaco ha avuto un'attenzione particolare per Lorenzo Insigne che, nel mezzo spazio di sinistra, è stato controllato a uomo nella propria zona di competenza dall’interno di destra Cimirot.


 

Contro la compattezza bosniaca l’Italia ha provato a manovrare con la consueta pazienza, cercando di raggiungere Insigne e Pellegrini sulla trequarti dopo avere palleggiato e creato spazi con i tre difensori e i due centrocampisti, Sensi e Barella. Quest’ultimo ha interpretato il ruolo di mezzala di possesso lasciando a Pellegrini il compito di andare ad occupare la zona alle spalle dei centrocampisti avversari. Specie nel primo tempo, però, la circolazione del pallone dell’Italia e i movimenti dei calciatori sono stati troppo scolastici e poco brillanti. La ricerca del passaggio, anche lungo, verso l’esterno, in particolare da parte di Bonucci, è stata troppo affrettata e in generale le posizioni e le conseguenti ricezioni dei calciatori troppo statiche per mettere in affanno con continuità la linea difensiva della Bosnia. Nel secondo tempo, invece, specie dopo il gol subito, l’Italia ha provato a muovere giocatori e pallone con più varietà, riuscendo così in maniera più efficace a disordinare la struttura difensiva bosniaca.


 

In particolare gli azzurri hanno mosso Barella in verticale nella zona di centro-sinistra, lasciando il solo Sensi davanti ai 3 difensori o, in alternativa, stringendo talvolta Biraghi o, ancora, sovraccaricando la fascia sinistra con Insigne largo e il terzino pronto alla sovrapposizione. Il maggiore movimento e la maggiore imprevedibilità ha consentito all’Italia di mettere maggiormente sotto pressione la linea arretrata avversaria e di complicare i piani difensivi di Bajevic, posto davanti a stimoli nuovi e meno standardizzati. Proprio nella zona in cui Cimirot seguiva a uomo Insigne, Barella ha trovato spazi sguarniti, mettendo in difficoltà l’esterno offensivo Visca che non poteva seguirlo nei suoi inserimenti offensivi.


 

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Barella si alza in verticale, lasciando spazio alla conduzione di Acerbi. Visca non può seguirlo fino al limite dell’area di rigore. L’interno destro bosniaco Cimirot si trova tra Insigne e Barella. Quest’ultimo riceve da Acerbi e può servire in profondità Insigne mettendo in mezzo Cimirot.


 

In fase di non possesso l’Italia ha provato a giocare la consueta partita di pressing alto e, in fase di transizione difensiva, di riaggressione immediata. Il gol del pareggio di Sensi è nato da un pallone tornato in possesso degli azzurri grazie una riaggressione dello stesso centrocampista sulla trequarti avversaria, dopo un’azione che aveva schiacciato la Bosnia nel proprio terzo difensivo. La palla è entrata in rete appena 9 secondi dopo la riconquista della palla.


 

Forse anche per questa ragione gli uomini di Bajevic hanno frequentemente evitato, con buon successo, di provare a eludere il pressing azzurro con il palleggio basso, appoggiandosi direttamente su Dzeko con i lanci lunghi. Un gioco che l’Italia ha spesso sofferto concedendo alcune ripartenze pericolose ai bosniaci. In spazi ampi Florenzi è andato spesso in difficoltà contro il suo avversario diretto Hodžić e la squadra non è stata sempre pronta a correre all’indietro per ricompattarsi dopo i lanci dalla difesa avversaria alle spalle del pressing azzurro.


 

I cambiamenti contro i Paesi Bassi


Contro i Paesi Bassi, guidati ad interim da Dwight Lodeweges dopo l’ingaggio dell’ex CT Ronald Koeman da parte del Barcellona, Roberto Mancini ha profondamente modificato la formazione iniziale. In difesa D’Ambrosio, Chiellini e Spinazzola hanno sostituito rispettivamente Florenzi, Acerbi e Biraghi. In mezzo al campo Jorginho ha preso il posto di Sensi. Locatelli, all’esordio in Nazionale, ha giocato da mezzala di possesso al posto di Barella, spostato sul centro-destra con il consueto compito di mezzala deputata ad alzarsi nel mezzo spazio. Infine Zaniolo, schierato sull’out di destra, e Immobile hanno rimpiazzato Chiesa e Belotti.


 

Come detto, gli stimoli tattici posti dai Paesi Bassi sono stati ben diversi da quelli forniti dalla Bosnia. In fase di non possesso il 4-2-3-1 di Lodeweges ha provato a pressare la costruzione bassa dell’Italia tenendo al contempo la linea difensiva piuttosto alta. La scelta degli olandesi è stata quella di pressare Bonucci col centravanti Depay e i due “braccetti” D’Ambrosio e Chiellini con gli esterni Wijnaldum e Promes. I problemi per Lodeweges sono però nati nel settore centrale del campo dove, il quadrilatero formato da Jorginho e Locatelli in posizione bassa e Barella e Insigne nei mezzi spazi ha costantemente messo in mezzo i tre centrocampisti olandesi. Nella maggior parte dei casi i Paesi Bassi hanno provato, in maniera aggressiva, a difendere in avanti alzando uno dei due interni sulla linea del trequartista Van de Beek per pressare in parità numerica la coppia Jorginho-Locatelli, lasciando il rimanente interno del 4-2-3-1 in inferiorità numerica contro Insigne e Barella, liberi di ricevere ai suoi fianchi.


 

Ma di certo la superiorità numerica in mezzo al campo non sarebbe stata sufficiente ad ottenere il predominio a centrocampo senza la capacità di tramutarla in superiorità anche posizionale. In quest’ottica la partita in fase di possesso di Bonucci dietro e le notevolissime capacità di leggere queste specifiche situazioni di gioco di Jorginho e Locatelli, hanno consentito all’Italia di manipolare la pressione olandese e di ottenere continui vantaggi posizionali nella zona centrale del campo.


 


Van de Beek e De Roon marcano Jorginho e Locatelli. Promes e Wijnaldum si orientano su D’Ambrosio e Chiellini. Barella e (non inquadrato) Insigne sono liberi ai fianchi di De Jong. Bonucci trova con facilità Barella con un passaggio che sorpassa ben 6 avversari.


 

Superata la pressione alta olandese, l’Italia ha trovato con relativa facilità la possibilità di attaccare la profondità, sfruttando gli ampi spazi lasciati dal tentativo della squadra di Lodeweges di tenere alta la linea difensiva. Dopo che i compagni più arretrati avevano superato in palleggio il pressing avversario, le capacità in campo aperto di Immobile, Zaniolo, Spinazzola, Kean e dello stesso Barella hanno giovato del campo lungo concesso dagli "oranje".


 

L'Italia ha resistito molto bene alla riaggressione avversaria una volta riconquistata palla e a giocare fasi interlocutorie di palleggio necessarie a regalarsi il tempo necessario per transitare dal 4-3-3 difensivo al 3-2-4-1 offensivo. In questa specifica situazione di gioco, il test contro i Paesi Bassi - una squadra che, a differenza della Bosnia e di tante altre squadre incontrate dagli azzurri, ha provato a riconquistare velocemente il pallone - è stato brillantemente superato, ancora una volta avvalendosi, tra gli altri, della spiccata intelligenza tattica e della consapevolezza degli sviluppi di gioco di un ottimo Locatelli. Dopo il primo quarto d’ora del secondo tempo la miscela tra la fatica e una accresciuta e disordinata aggressività olandese, hanno fatto virare il focus tattico della partita essenzialmente verso uno scontro di transizioni, in cui, ancora una volta, le capacità in campo grande dei giocatori offensivi dell’Italia hanno permesso all'Italia di sfiorare più volte il gol del 2-0 di quanto gli avversari siano stati vicini alla rete del pareggio.


 

Cosa trarre da queste due partite


Alla poca brillantezza nell’ultimo terzo di campo vista contro la Bosnia, con l’attacco azzurro abbastanza imbrigliato dalla compattezza difensiva degli uomini di Bajevic, si è passati, nella partita contro i Paesi Bassi a una fase offensiva molto più brillante e soprattutto capace di giungere con efficacia e pericolosità nei pressi della porta avversaria. Nella prima delle due partite, la pericolosità degli azzurri è aumentata nel secondo tempo grazie alla maggiore imprevedibilità tattica dovuta soprattutto alla libertà lasciata Barella, che ha disordinato la struttura difensiva avversaria.


 

Contro i Paesi Bassi, l’interpretazione tattica dei calciatori offensivi, specie sulla parte sinistra del settore offensivo azzurro, è stata molto meno rigida e scolastica che nella partita precedente e ha donato l’imprevedibilità necessaria a muovere la difesa olandese. A differenza di Biraghi, capace per caratteristiche tecniche di muoversi quasi esclusivamente sul binario di sinistra, Spinazzola è in grado di entrare dentro il campo e ciò ha permesso cambi di posizione più frequenti con Insigne e di conseguenza più imprevidibilità. In aggiunta Immobile è un centravanti che può muoversi verso l’esterno, specie verso la fascia sinistra, più di Belotti. Più in generale, il suo maggiore dinamismo ha contribuito a creare spazi e a muovere la difesa avversaria.


 


In quest’occasione l’Italia, come desiderato, occupa tutti i corridoi offensivi, ma è Insigne a stare largo, Immobile interno e addirittura Spinazzola è in posizione di centravanti.


 

L'Italia di Mancini contro l'Olanda ha adottato un'interpretazione tattica meno rigida ed è stata maggiormente capace di muovere i giocatori in campo mettendo così in crisi la difesa di Lodeweges. Certo, la maggiore brillantezza dell'Italia è stata in parte dovuta anche alla fase difensiva olandese. Van Dijk e compagni hanno provato a pressare in zona offensiva e a tenere, di conseguenza, la linea arretrata alta. L’Italia, dopo avere superato il pressing olandese, ha quindi trovato la possibilità di attaccare in spazi relativamente ampi. Le caratteristiche di buona parte dei giocatori offensivi italiani, come Immobile, Belotti, Chiesa, Zaniolo, Kean e lo stesso Bernardeschi (assente per infortunio) predilige infatti spazi più ampi ed è forse meno a suo agio in spazi più ridotti.


 

Se l’ambizioso progetto tattico di Roberto Mancini è perfettamente tagliato sulle caratteristiche dei propri uomini migliori in mezzo al campo, come Verratti e Jorginho, in zone più avanzate la volontà di possesso e quella di abbassare le difese avversarie può talvolta costringere i giocatori offensivi a giocare in spazi stretti. In quest’ottica, da un punto di vista tattico potrebbe essere utile, contro squadre che concedono alla Nazionale spazio alle spalle della propria difesa nel tentativo di recuperare la palla in alto, provare ad abbassare l’altezza media della zona di costruzione bassa, per ampliare il campo a disposizione alle spalle del pressing avversario, tenendo sempre a mente però la necessità di mantenere la squadra corta per le possibili riaggressioni dopo la perdita del possesso.


 

Sarebbe anche utile inserire in rosa giocatori offensivi capaci di giocare nell’ultimo terzo di campo in spazi stretti, come il calcio che si tende a giocare oggi ai massimi livelli e che Mancini vuole proporre, richiede. L’Italia non ha troppi giocatori di alto livello con queste caratteristiche e probabilmente il movimento calcistico nazionale, che da poco tempo ha abbracciato in maniera più diffusa una visione del calcio che richiede destrezza tecnica e brillantezza negli spazi affollati dell’ultimo terzo di campo, impiegherà qualche anno a produrne con continuità.


 

Nel frattempo Roberto Mancini può provare a sfruttare le esperienze degli allenatori che provano a sviluppare un calcio simile a quello della nazionale. L’esordio di Locatelli è stato davvero ottimo e non si può non scorgere nei miglioramenti del giocatore e nella sua completa adattabilità al gioco di posizione degli azzurri la mano di un tecnico come Roberto De Zerbi. Sulla stessa scia, sarebbe interessante vedere all’opera Domenico Berardi in nazionale, un giocatore offensivo abituato nel Sassuolo a ricevere alle spalle del centrocampo avversario, sia esternamente che nei mezzi spazi e che ha sviluppato la capacità di giocare, se necessario, negli spazi ridotti offensivi che il gioco della propria squadra può creare.


 

In ogni caso, il cammino tracciato da Roberto Mancini è chiaro e coerente e ormai pienamente assimilato dai calciatori azzurri. Resta la necessità, costruite solide fondamenta, di affinare i particolari, sia trovando specifiche soluzioni tattiche per superare alcuni momenti di stagnazione della manovra d’attacco, sia selezionando con cura e scegliendo i giocatori maggiormente in grado di interpretare il gioco proposto dal CT. In questo senso, ormai anche la Serie A sembra pronta a dare una mano alla propria Nazionale.


 

 

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