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L'Italia in rosso e altre maglie scandalose delle nazionali
14 ott 2019
Storie di Nazionali che hanno indossato maglie strane per motivi strani.
(articolo)
12 min
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La maglia verde proposta da Puma per la partita dell’Italia contro la Grecia ha creato molto scompiglio, per il suo rompere con la tradizione che vede gli Azzurri vestiti di azzurro, o al massimo di blu, blu chiaro, blu scuro. La maglia verde deve però considerarsi una terza maglia, maglia che storicamente rompe con le tradizioni araldiche delle squadre, nonché un omaggio a quella indossata dai nostri giocatori in un'Italia-Argentina del dicembre 1954. Inoltre è diretto riferimento al Rinascimento, un periodo storico di grande importanza per il nostro paese: tuttavia neanche questo è bastato a fermare le polemiche. Che poi sarà mica la prima volta che una Nazionale storica esce dagli schemi e si concede un colpo di testa, no? Al contrario.

L'Under 21 rossa - 1994

Erano quelli gli anni in cui le Nazionali maggiori e le Under 21 procedevano di pari passo, venivano sorteggiate negli stessi gironi di qualificazione e giocavano lo stesso giorno la stessa partita a pochi chilometri di distanza. Così il 16 novembre 1994 fu il giorno del doppio Italia-Croazia: la sera i “grandi” di Sacchi a Palermo contro la Croazia di Suker e Boban (che ci fece un faccione così), il pomeriggio i “piccoli” di Cesare Maldini a Caltanissetta contro la Croazia di Rapajc e Vugrinec, entrambi attesi da un discreto futuro in serie A.

Vinse l'Italia per 2-1 con reti di Alex Del Piero e Davide Dionigi, ma la vera notizia furono le magliette rosse fiammanti indossate dagli azzurrini: entrambe le squadre erano convinte di dover giocare in divisa bianca e realizzarono l'equivoco solo quando era ormai troppo tardi. Il fischio d'inizio venne ritardato di mezz'ora, con il pubblico locale che fu allietato nel frattempo dalle esibizioni delle bande musicali dell'Esercito e dei Carabinieri; poi l'Italia sbucò fuori dagli spogliatoi indossando le seconde maglie della Nissa, la squadra locale. Per fortuna i social erano ancora di là da venire, di base i tempi erano un po' più seri e nessuno caricò il fatto di oscuri significati politici.




Il Balotelli “sbagliato” - 2011

La storia del calcio è ricca di giocatori che hanno dovuto e voluto differenziarsi dai compagni in un particolare del loro abbigliamento da gara, quasi sempre per motivi economici e di sponsor, anche ad altissimi livelli: un caso su tutti, Johan Cruijff testimonial della Puma che per tutto il Mondiale 1974 indossò una divisa arancione le cui maniche non erano percorse dalle classiche tre striscette dell'Adidas, limitandosi a indossarne due.

Nulla di tutto questo fu però all'origine della svista di Mario Balotelli durante l'amichevole Italia-Uruguay, giocata a Roma il 15 novembre 2011, partita in cui debuttavano le nuove divise Puma che gli azzurri avrebbero vestito agli Europei 2012. Balotelli giocò l'intero primo tempo con la maglia “giusta”, ma si ripresentò in campo a inizio ripresa con una casacca diversa, in cui il numero 9 era più tondeggiante e il font era meno squadrato: semplicemente, era la vecchia divisa Puma andata in soffitta il giorno prima. Ci vollero tre minuti prima che dalla panchina si accorgessero dell'errore, obbligandolo al pit-stop a bordo campo.

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La Francia bianco-verde - 1978

Il caso più eclatante di Nazionale “sbagliata” riguarda per contrappasso la patria dell'eleganza e dello stile, la Francia, che nell'ultima partita di Argentina 1978 – un Mondiale piuttosto tristarello per loro, finiti tra le grinfie di Italia e Argentina ed eliminati già al secondo incontro – si spogliò della sua divisa bleu e scese in campo contro l'Ungheria con un'improbabile maglietta a righe verticali bianco-verdi. Era quella la maglietta dell'Atletico Kimberley, squadra di seconda divisione argentina di cui nessuno aveva mai sentito parlare fino a quel momento.

Durante un Mondiale è la FIFA a decidere di che colore debbano essere le divise di ogni squadra, partita per partita. In quel caso le due Federazioni avevano ricevuto a febbraio una prima comunicazione: Ungheria in rosso, Francia in bianco. Ad aprile ne era però arrivata una seconda, di senso opposto: contrordine, Ungheria in bianco, Francia in blu. Evidentemente quest'ultimo pezzo di carta doveva essere rimasto in qualche cassetto di Avenue d'Iéna, la sede della FFF, perché per quel Francia-Ungheria i magazzinieri francesi partirono per Mar del Plata con le sole magliette bianche, lasciando le divise blu a 400 chilometri di distanza, a Buenos Aires.

L'inghippo si svelò solo a pochi istanti dal calcio d'inizio, quando le due squadre si svestirono delle tute da riscaldamento. Così un paio di ambasciatori salirono in macchina e guidarono fino alla sede dell'Atletico Kimberley, sperando che avessero delle magliette non bianche da prestare a Platini e compagni. La risposta fu affermativa e l'onore dei galletti, sebbene un po' ammaccato, fu salvo. Non si poté tuttavia evitare un piccolo pateracchio, visto che i numeri di maglia del Kimberley arrivavano solo fino al 16, mentre nella rosa francese, composta da ventidue giocatori, c'erano per esempio Lacombe con il 17, Rocheteau con il 18, Rouyer con il 20... inoltre, il centrocampista Papi portava il numero 12 che però non compariva nelle maglie messe a disposizione del Kimberley, perché il 12 era sempre indossato dal secondo portiere.

Si dovettero adeguare cambiando numero: Rocheteau prese la 7, Papi la 10, Rouyer la 11, ma poiché tutti loro indossavano i pantaloncini con i numeri di maglia “originali” sorse un ulteriore caos che alimentò profonde speculazioni filosofiche: se non è mai bello ridurre un uomo a un mero numero, che succede quando i numeri diventano addirittura due, in contraddizione tra loro? Cionondimeno quella Francia si rivelò più forte della confusione dei suoi funzionari federali: vinse 3-1, se ne tornò a casa ma gettò le basi per i suoi splendidi anni Ottanta quando arrivarono due semifinali Mondiali e un titolo europeo, tutti conquistati con la maglia giusta.

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La Francia con la maglia del Lione - 1969

L'affaire Francia-Ungheria 1978 fece molto rumore a Parigi e dintorni e irritò notevolmente il ct Hidalgo, perché era la seconda volta che un incidente del genere capitava in meno di un decennio: incredibilmente, era successo nel 1969 e di nuovo contro l'Ungheria. Si trattava di una più modesta amichevole a Lione che aveva visto le due Nazionali alle prese con lo stesso problema: entrambe con la maglia bianca, entrambe senza tenute di ricambio.

Gli obblighi dell'ospitalità imposero ai francesi di sacrificarsi e scendere in campo con i colori dell'Olympique Lyon, rossi con bordi bianco-blu: di quell'evento storico non esistono purtroppo immagini a colori. La partita terminò 2-2 e si perse rapidamente nella nebbia: l'Ungheria chiese che non venisse conteggiata come amichevole ufficiale e la Federazione transalpina, per ovvi motivi, non ebbe nulla da ridire. Eppure è passata alla storia come l'unico incontro della Nazionale francese giocato con un leone sulla maglia al posto del galletto.

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Georges Bereta e Hervé Revelli, storiche bandiere del Saint-Etienne tra gli anni Sessanta e Settanta, furono costretti a giocare una partita con la maglia dei “nemici” dell'OL.




L'Austria con la maglia del Napoli - 1934

La tradizione delle Nazionali che indossano per caso o per emergenza divise di club fu inaugurata dall'Austria in tempi un po' meno professionali e professionistici: accadde durante i Mondiali del 1934, disputati proprio in Italia. Il Wunderteam austriaco era una signora squadra, provvista di un fuoriclasse come Matthias Sindelar e allenata da un genio della strategia come Hugo Meisl, e avrebbe certamente meritato miglior sorte nella violentissima semifinale a Milano contro l'Italia, risolta da un gol di Enrique Guaita probabilmente viziato da una carica di Meazza al portiere Platzer.

Gli austriaci furono costretti alla finalina di consolazione da disputare allo stadio Ascarelli di Napoli contro la Germania, anche lei provvista della sola divisa bianca. Furono rimediate dieci divise azzurre del Napoli, lo stretto necessario in un'epoca senza sostituzioni e senza numeri di maglia, e l'arbitro Albino Carraro lasciò decidere al caso chi dovesse arrangiarsi. Il lancio della monetina premiò i tedeschi, che forse grazie anche a questo sconfissero la temibile Austria per 3-2.

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Il Messico con la maglia del Cruzeiro, ma non quel Cruzeiro -1950

Cose assai strane avvennero tra il 1° e il 2 luglio 1950, nel bel mezzo del Mondiale brasiliano che, nei piani trionfalistici di un Paese intero, doveva celebrare l'apoteosi della Seleçao. Il primo giorno, vittima sacrificale del Brasile al Maracanà, la Jugoslavia scese in campo e iniziò la partita in dieci uomini, perché il suo attaccante Rajko Mitic aveva dato una solenne capocciata a una trave scoperta nello spogliatoio: mentre era ancora out e si stava facendo medicare, Ademir portò in vantaggio gli avversari e gettò le basi per una tranquilla vittoria per 2-0 dei brasiliani che, sempre più sicuri del fatto loro, indossavano delle candide magliette bianche (quello che accadde due settimane dopo li portò ad abbandonarle per sempre).

Il giorno dopo, a Porto Alegre, Svizzera e Messico si diedero appuntamento per un'inutile ultima partita di girone, presentandosi entrambe con la maglia rossa. E adesso? La situazione rimase sospesa per venticinque minuti, con l'arbitro e i due capitani coinvolti – data la faccenda – in un vero e proprio “stallo alla messicana”. Poi le cose si misero più o meno come a Napoli 1934: furono rimediate dieci magliette a righe verticali bianche e blu appartenenti all'Esporte Clube Cruzeiro di Porto Alegre (da non confondere con il più noto Cruzeiro di Belo Horizonte, che fu fondato otto anni dopo e ha la maglia tutta azzurra) e si celebrò un sorteggio che arrise al Messico, che cavallerescamente decise di lasciare la maglia rossa agli avversari. Tenersi buoni gli svizzeri non è mai una cattiva idea.

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L'Argentina gialla - 1958

Prima partita del Mondiale: dai ragazzi, concentrati, facciamo le cose per bene, curiamo ogni dettaglio! E invece, per il loro esordio a Svezia 1958, Argentina e Germania si presentarono a Malmo con la stessa identica muta di magliette bianche. Ora, volendo dare retta a vieti luoghi comuni sull'affidabilità organizzativa dei due popoli, possiamo ragionevolmente supporre che quelli in errore non fossero i tedeschi; e difatti furono gli argentini quelli costretti a indossare le divise giallo canarino dell'IFK Malmö (anche qui, da non confondere con quelle celestine del più famoso Malmö FF, unica squadra svedese ad aver giocato una finale di Coppa Campioni).

Fu insomma un pomeriggio da tenere certamente sepolto nel baule più profondo della memoria nazionale argentina, e non solo per il risultato finale, 3-1 per i tedeschi: i nostri ragazzi vestiti come dei brasiliani, madre de Dios! E invece tutto vero, com'è testimoniato da questo incredibile footage a colori girato da un videoamatore seduto nella tribuna opposta a quella delle telecamere, in cui è ben visibile l'Albiceleste vestita di giallo.




Le magliette “ruffiane”: Costa Rica 1990 e Germania 2014

Abbiamo elencato fin qui una serie di sviste, sbadataggini, eccessi di superficialità: una categoria che non rende onore alla maglia verde della Nazionale, ovvero gli omaggi. Alla voce “omaggi” bisogna citare le curiose divise esibite durante un Mondiale da due Paesi che più lontani non si può, la Costa Rica e la Germania. I “ticos” di Bora Milutinovic debuttarono a un Mondiale a Italia '90, indossarono la loro classica tenuta rossa nell'esordio a Genova contro la Scozia, ma quando si spostarono al Delle Alpi di Torino per la sfida “impossibile” al Brasile decisero di sfoggiare una sorprendente maglia bianconera.

Omaggio alla Juventus? I costaricani hanno sempre negato, dichiarando tuttalpiù di essersi ispirati alla prima maglia del Club Sport La Libertad, la prima società professionistica della storia del Paese – anche se, conoscendo l'astuzia del volpone Milutinovic, il dubbio rimane. Com'è come non è, i costaricani rimediarono un'onorevolissima sconfitta per 1-0 e vestirono il bianconero anche nel terzo match di girone contro la Svezia, ottenendo una storica qualificazione agli ottavi dove furono poi regolarmente rullati, in rosso, dalla Cecoslovacchia.

Tutt'altra storia quella della Nationalmannschaft che si laureò campione del mondo in Brasile indossando cinque volte su sette la classica divisa in prevalenza bianca e per due volte la seconda maglia a strisce orizzontali rosso-nere, un dichiarato omaggio dell'Adidas al Flamengo. Una captatio benevolentiae riuscita solo in parte perché, se la vittoria in rossonero per 1-0 sugli Stati Uniti poteva anche strappato le simpatie dei tifosi locali, non andò esattamente allo stesso modo in semifinale, quando i tedeschi fecero polpette della Seleçao di Scolari indossando i colori di una delle squadre-simbolo del calcio brasiliano e conquistando a passo marziale la finalissima del Maracanà contro l'Argentina.

Per evitare di abitare per l'eternità gli incubi dei bambini verdeoro e riempire di argentini festanti le strade di Rio de Janeiro, alla Germania non rimase perciò che tornare a fare le due cose che le riescono meglio, perlomeno nel calcio: indossare la maglia bianca, e vincere.




Il Milan blu - 1979

Concediamoci una digressione finale extra-Nazionali perché il 14 ottobre 1979, esattamente quarant'anni fa, il Milan si ritrovò a Pian di Massiano a giocare contro il Perugia... con la maglia del Perugia. La Storia si compì grazie alla più banale delle distrazioni: il magazziniere aveva dimenticato a Milanello le seconde maglie, tutte bianche, e arrivati a destinazione la società rossonera chiese un favore al Perugia, temendo di trovarlo incarognito perché l'anno prima era arrivato secondo proprio dietro al Milan nonostante il famoso campionato senza sconfitte (unica squadra a riuscirci nella serie A a 16 squadre).

Invece da qualche armadietto saltarono fuori una dozzina di terze maglie del Perugia, tutte azzurre con il Grifone stampato sul petto, e la partita fu salva: comprensibilmente sbalestrato da questa rivoluzione cromatica, il Milan prese gol da Paolo Rossi dopo 45 secondi, salvo pareggiare entro l'intervallo con il giovane Carotti. Come detto, i rossoneri erano campioni d'Italia in carica e dunque la cosa fece ancora più scalpore, perché fu probabilmente l'unica volta nella storia recente della serie A che una squadra detentrice ha giocato senza scudetto sulla maglia.




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