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Chi sono gli Ultras che danno le spalle all'inno di Israele?
09 set 2025
Una storia che ha a che fare con un gruppo di tifosi di estrema destra che continua a seguire l'Italia.
(articolo)
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Lunedì sera, durante l’inno israeliano, un gruppetto di tifosi dell’Italia si è voltato di spalle. Non è una novità: avevano fatto lo stesso già un anno fa, quando si giocò a Budapest in Nations League. Questa volta hanno aggiunto alcuni cartelli con la scritta (molto vaga) “Stop”. Sui social, tra gli utenti italiani e, soprattutto, stranieri, c’è stata una certa soddisfazione per questa “protesta” contro le violenze israeliane in Palestina. Da chi arriva, però, quel gesto?

Durante la telecronaca della Rai, il giornalista Alberto Rimedio ha sottolineato il gesto di queste persone, chiamandole Ultras Italia. In realtà, questo nome non viene più usato da una decina d’anni, ma non è un segreto per nessuno che il tifo organizzato che segue la Nazionale sia composto essenzialmente dagli stessi individui. Non hanno mai espresso una posizione pro-Palestina né mostrato allo stadio simboli o striscioni esplicitamente in favore di questa causa, né hanno aderito alla campagna ‘Show Israel the Red Card’, che negli scorsi mesi dell’anno ha coinvolto centinaia di tifoserie in tutto il mondo, Italia compresa.

In compenso, appartengono allo stesso gruppo di tifosi che, il 5 settembre 2016 ad Haifa, durante Israele-Italia delle qualificazioni mondiali, fecero il saluto fascista durante l’inno israeliano. Un mese dopo, tre di loro erano stati identificati in Italia come ultras del Bari, peraltro già sottoposti al Daspo per le competizioni nazionali: dalle perquisizioni nelle abitazioni, erano emersi manganelli, mazze e vario materiale nazifascista.

La nascita degli Ultras Italia propriamente detti risale al post-Europei del 2000, quando alcuni esponenti di varie tifoserie di club italiani, tutti accomunati dall’ideologia di estrema destra, si riunirono a Verona, “in casa” degli ultras dell’Hellas. Altri partecipanti allo storico meeting erano i sostenitori della Triestina, dell’Udinese e del Treviso, poi ultras della Lazio e della Roma, e altri geograficamente più sparsi. Il progetto prese forma durante quell’incontro, sviluppandosi in parallelo con un’altra simile iniziativa, i Viking Italia.

Già nel 2002, Tommaso Tintori denunciava sul Manifesto l’emergere di questi due gruppi neofascisti che si erano organizzati per seguire le partite della Nazionale italiana. Rifacendosi a un dossier della Digos di Livorno, che aveva indagato sul fenomeno, l’articolo segnalava come questi nuovi tifosi degli Azzurri volessero creare un’alleanza tra vari gruppi apolitici o di destra, e nel frattempo organizzare aggressioni contro tifoserie di sinistra, approfittando degli incontri della Nazionale. Un primo episodio di questo tipo si era verificato il 25 aprile 2001, durante l’amichevole Italia-Sudafrica a Perugia, con delle tensioni tra i Viking e due storiche tifoserie di sinistra perugine, l’Armata Rossa e gli Ingrifati.

Da lì, gli Ultras Italia sono cresciuti, e col tempo hanno finito per inglobare i Viking. Il loro curriculum è andato arricchendosi con prese di posizione politicamente inequivocabili. C’erano loro dietro lo striscione “No alla nazionale multietnica” e alle urla “Nell'Italia solo italiani” e “Non ci sono ne*ri italiani”, durante l’amichevole di Klagenfurt contro la Romania del 17 novembre 2010: il ct Prandelli aveva schierato in campo, in quell’occasione, Balotelli e l’oriundo argentino Ledesma.

A livello ufficiale, il gruppo sembra essersi sciolto intorno al 2015, dopo che la sua consistenza, arrivata a un certo punto fino a circa 700 persone, si era ridotta di molto. Tuttavia, questo non ha significato la fine del nocciolo degli Ultras Italia: un gruppetto di sostenitori neofascisti ha continuato a seguire la Nazionale durante le partite. Li ritroviamo a San Gallo il 28 maggio 2018, quando espongono lo striscione “Il mio capitano è di sangue italiano”, in riferimento alla possibilità che il ct Mancini nominasse Balotelli capitano dell’Italia.

Oggi si identificano soprattutto sotto il nome ben più mite di Ragazzi con i Tricolori, riferito al fatto che assistono alle partite dell’Italia dietro a numerose bandiere tricolore con sopra scritto in nero (nel classico “fasciofont”) il nome delle città di provenienza (un retaggio dell’epoca Ultras Italia). Nell’estate del 2024, durante gli Europei in Germania, le autorità tedesche hanno impedito a un gruppo di loro, composto prevalentemente da persone di Massa (dove c'è un'altra tifoseria storicamente di destra), di assistere alla partita con la Croazia. In loro sostegno è arrivata addirittura un’interrogazione parlamentare a firma di Alessandro Amorese, deputato di Fratelli d’Italia e fondatore della casa editrice Eclettica, che pubblica libri revisionisti e in cui si glorificano personaggi chiave del Fascismo italiano.

Seppure numericamente ridimensionata al seguito degli Azzurri, l’esperienza degli Ultras Italia ha comunque vinto la sua battaglia più importante, quella dell’egemonia ideologica tra le curve italiane dei club. Oggi, timidamente, approfittano della situazione in Palestina per farsi nuovamente notare, provando a conquistare qualche simpatia trasversale. Non si può dire che il sostegno alla Palestina non abbia storicamente trovato spazio anche a destra, ma più che la sensibilità per la causa degli oppressi, tra i neofascisti rischia di fare leva soprattutto la nostalgia delle leggi razziali del 1938.

In buona parte d’Europa, un gesto come voltare le spalle all’inno israeliano avrebbe probabilmente causato qualche problema ai suoi autori, come l’identificazione da parte delle autorità locali. Ma non in Ungheria, dove le autorità statali sono notoriamente molto permissive con i militanti di estrema destra e, contemporaneamente, possono vantare ottimi rapporti diplomatici con il governo israeliano.

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