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Giuseppe Pastore
La battaglia fra i giganti
26 mar 2018
26 mar 2018
Racconto della spettacolare amichevole fra Italia e Brasile del 1997, l'unica volta in cui Il Fenomeno affrontò l'Italia.
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Giuseppe Pastore
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In piedi poco al di qua della panca dello spogliatoio dello Stade de Gerland di Lione, mentre si toglieva le scarpe e si slacciava i calzoncini bianchi della sua fiammante divisa azzurra, Fabio Cannavaro pensò che, per avere 23 anni e giocare in Nazionale da mezza stagione, il destino gli aveva già riservato un materiale aneddotico sufficiente per tre generazioni di nipotini.

 

Quattro mesi prima, quando le partite con la maglia azzurra erano ancora appena due, era stato tra gli undici che avevano sbancato Wembley per la seconda volta nella storia d'Italia, 0-1 Gianfranco Zola al minuto 19 e poi tutti dietro, a ridacchiare sotto i baffi di quegli inglesi dai cognomi insulsi tipo McManaman che continuavano a sbattere la testa contro il granito e l'avrebbero sbattuta fino al minuto 90. Accanto a lui stava seduto in silenzio Maldini, che da qualche mese per i tabellini era tornato ad essere P. Maldini, per differenziarlo dal commissario tecnico C. Maldini. P. Maldini chiacchierone non lo era mai stato, ma d'altra parte il silenzio dei taciturni carismatici ha un peso speciale, a maggior ragione se sei il capitano della Nazionale.

 

Così guardava Cannavaro, e non parlava. Forse perché essendo Cannavaro napoletano, l'onere di rompere il ghiaccio spettava giocoforza a lui; ma in quel frangente non gli usciva una sillaba, e se la salivazione di Cannavaro si azzerava voleva dire che nella stanza era appena successo qualcosa di molto importante. Così si fece avanti il ct C. Maldini, il maestro di entrambi, gli si mise davanti e disse, con tono grave per nulla scalfito dalla balbuzie: «Vedi Fabio, tanta gente dice che questo Ronaldo è incredibile, che è un giocatore fortissimo». Cannavaro annuì. «Ora ti dico quello che penso io», continuò Cesare. «Quello che penso io su Ronaldo, dopo averlo visto contro di te, è che è veramente forte».

 

“Grazie, mister”.

 


Luiz Nazario de Lima Ronaldo aveva già conosciuto il calcio italiano due mesi prima, in semifinale di Coppa delle Coppe, con addosso la maglia del Barcellona. All'andata la Fiorentina aveva grattato un ottimo 1-1 in trasferta, nella famosa serata del gol di Batistuta che zittisce il Camp Nou; ma a Firenze i giocatori blaugrana si erano messi il vestito da sera e avevano chiuso la pratica già all'intervallo, rassegnandosi poi a farsi bersagliare di accendini e monetine dal pubblico fiorentino.

 

A secco in entrambe le partite, Ronaldo non aveva destato una grande impressione, fallendo anche un gol a porta vuota piuttosto elementare per le sue qualità. Veniva comunque da una stagione da 47 gol in 49 partite (e una Coppa delle Coppe, una Coppa del Re e una Supercoppa di Spagna), alcuni dei quali già leggendari come quello al Compostela, numeri da alieno nel calcio molto spezzettato degli anni Novanta, ed era perciò naturalmente finito nel mirino del calcio italiano, in particolare dell'Inter di Moratti, che in quel finale di primavera si apprestava a concludere una memorabile operazione di mercato.

 


La sintesi di Fiorentina-Barcellona 0-2, semifinale di ritorno di coppa delle Coppe 1996-97. Guardate chi viene intervistato verso la fine, subito dopo Guardiola.


Il vostro stupore è stato anche il nostro, quando abbiamo scoperto che Italia-Brasile dell'8 giugno 1997 è stato l'unico incrocio tra Ronaldo e la Nazionale azzurra, la squadra che in quel decennio radunava il meglio del meglio del calcio difensivo mondiale: Peruzzi, Pagliuca, Buffon, Maldini, Nesta, Cannavaro, Costacurta, Panucci...

 

Nella finale mondiale del 1994 a Pasadena il piccolo Ronnie era rimasto a sedere, confinato in panchina come gli era successo per tutto il Mondiale dal ct brasiliano Parreira, a scorno dei giornalisti brasiliani che ne chiedevano a gran voce l'impiego. Ma i gol con il PSV Eindhoven e poi con il Barça hanno parlato da soli e la Nike ci ha messo il resto, sottoscrivendo un contratto decennale da 600 miliardi con la Federazione brasiliana e da 25 col giocatore per esportare il Fenomeno in tutto il mondo. Così nel giugno 1997 Ronaldo è una delle massime star planetarie sotto contratto dell'azienda di Beaverton, Oregon, insieme a Michael Jordan, al primatista mondiale dei 200 metri Michael Johnson e ai tennisti Pete Sampras e Andre Agassi che l'anno prima sono stati protagonisti di

, con la collaborazione di John McEnroe.

 

La stagione 1996/97 si conclude con un'appendice del tutto non necessaria, eppure indispensabile per entrare nel clima del Mondiale francese in calendario l'anno dopo. Fuori dai grandi giri addirittura dal 1986, i francesi hanno organizzato un quadrangolare con Italia, Inghilterra e Brasile ribattezzandolo Tournoi de France, una specie di antenata della moderna Confederations Cup, che non è ancora diventata un aperitivo del Mondiale successivo. La prima partita è un Francia-Brasile 1-1 che passa alla storia per uno dei più straordinari gol su punizione della storia del calcio, la favolosa spingardata con cui Roberto Carlos sblocca il risultato da 35 metri: durante la curva la palla sembra infuocarsi come nei cartoni animati, prima di toccare il palo e insaccarsi alle spalle di un esterrefatto Barthez.

 


La punizione di Roberto Carlos è anche un'occasione per risentire la voce di Carlo Nesti, per chi scrive il miglior telecronista RAI della sua generazione.


 

Il giorno dopo, a Nantes, l'Italia si arrende 2-0 all'Inghilterra senza mai dare l'impressione che le interessi qualcosa. Il campionato è finito da appena tre giorni e tra i convocati ci sono anche tanti juventini che una settimana prima hanno disputato e perso malamente la finale di Champions League contro il Borussia Dortmund e contro gli inglesi passeggiano senza colpo ferire, arrendendosi alle reti di Wright e Scholes e provocando l'ira dell'organizzatore Michel Platini, che accusa gli azzurri di mancanza di rispetto. La rivelazione del torneo è proprio l'Inghilterra, che vince anche la seconda partita (1-0 alla Francia con gol di Shearer) e ipoteca la vittoria del torneo, dimostrandosi sempre puntuale nelle occasioni che non contano.

 

L'8 giugno, dunque, Italia e Brasile si affrontano a Lione mossi soprattutto dall'onore, dal prestigio e dalla voglia di divertirsi. Dopo il flop della prima partita, Cesare Maldini rivoluziona la formazione anche adeguandosi all'avversario: una sinusite diplomatica di Peruzzi riapre la porta a Gianluca Pagliuca, assente in azzurro da due anni. I due difensori centrali sono Cannavaro e Panucci, che pure nel Real Madrid gioca terzino destro, protetti alle spalle da Billy Costacurta in versione libero, tra i peggiori contro l'Inghilterra. Il terzino sinistro è Paolo Maldini, seppure malconcio e in campo con una vistosa protezione al ginocchio.

 

Cesarone decide di affrontare con coraggio lo spauracchio Roberto Carlos, puntando a destra sulla verve di Attilio Lombardo, convinto che riuscirà a limitarne le proiezioni offensive. In mezzo c'è Albertini, pure lui non conciato benissimo, affiancato da Di Matteo e Dino Baggio; infine fuori sia Zola che Casiraghi, coppia d'attacco della prima partita, e dentro i due juventini Del Piero e Vieri (quest'ultimo, juventino ancora per poco). Al 3-5-2 maldiniano Zagallo risponde con Taffarel in porta, le saette Cafu e Roberto Carlos terzini con amplissima licenza di fare tutto ciò che pare a loro, centrali difensivi Aldair e Celio Silva, stopperone dal tiro potentissimo che però al Mondiale non sarà convocato. A centrocampo, Dunga e Mauro Silva sono gli ultimi residuati del parreirismo che ha portato al titolo di tetracampeao 1994; al posto degli altri due mastini Zinho e Mazinho c'è un'esibizione di qualità quasi oltraggiosa, con l'intelligente Leonardo (titolare della maglia numero 10) a destra e il funambolico Denilson a sinistra; in attacco l'ingestibile Romario tiene botta a suon di gol, ma deve rassegnarsi a cedere lo scettro del comando a Ronaldo, che ha definitivamente scalzato il vecchio Bebeto. È il prototipo di quel 4-2-2-2 che al Mondiale 1998 rilucerà ulteriormente con la nuova stella Rivaldo, nel 1997 lasciato fuori dai convocati.

 



 

Vi lasciamo ora al racconto della partita, che segue piuttosto fedelmente l'andamento cronologico delle occasioni e delle emozioni. Vi consigliamo di leggerlo e contemporaneamente guardare la registrazione originale dalla tv colombiana (telecronaca di Jorge Ramos e Ricardo Mayorga, unica versione integrale del match disponibile su YouTube), come se fosse il commento a fronte di un canto della Divina Commedia.

 



 



Lo stadio di Lione è in piena ristrutturazione pre-Mondiale, con degli enormi pannelli in stile Andy Warhol a nascondere il cantiere della curva Sud. Sono raffigurati grandi campioni del passato, da Eusebio e Best a Cruyff e Platini, e l'effetto è un po' kitsch. La cornice non è memorabile, ma la partita lo diventa presto. Il principale motivo d'interesse è come la super-difesa azzurra si occuperà di Ronaldo e subito, dopo 28 secondi, entra in scena uno dei grandi protagonisti del calcio italiano dei prossimi dieci anni, che già a febbraio 1997 aveva messo la museruola a Shearer a Wembley. Fabio Cannavaro si presenta così, con un anticipo al fulmicotone su Ronaldo eseguito addirittura all'interno del cerchio di centrocampo.

 



 

 

L'atteggiamento iniziale dell'Italia è sorprendentemente aggressivo: lasciamo giocare e palleggiare i brasiliani come da tradizione, ma stando venti metri più alti rispetto alle previsioni. Così è facile ripartire e fare male, specialmente con un Del Piero in condizioni smaglianti. Appena dieci giorni prima Marcello Lippi l'aveva clamorosamente lasciato in panchina per tutto il primo tempo della finale di Champions, e lo splendido e inutile gol di tacco dell'1-2 aveva soltanto avuto il potere di aumentare i rimpianti. Al terzo minuto calcia un corner faticosamente smanacciato da Taffarel; qualche istante dopo si esibisce in un cambio di gioco splendido per Lombardo.

 



 

 

Il Brasile è visibilmente confuso e al sesto minuto il gol italiano è logica conseguenza. Nasce da un altro anticipo feroce su Ronaldo, questa volta di Albertini, ancora nella metà campo brasiliana. Albertini accende Vieri, che sfugge ad Aldair e mette in mezzo di sinistro una palla poetica per Del Piero, che di testa anticipa Cafu e segna alla maniera del primo gol di Paolo Rossi al Brasile al Mondiale 1982. È il primo dei grandi momenti, purtroppo non numerosissimi, di Del Piero con la maglia azzurra; un frammento di calcio puro che col senno di poi alimenta i rimpianti per ciò che sarebbe potuto essere, e non fu, il Mondiale successivo.

 



 

Anche venti primavere dopo, Italia-Brasile 1997 è una partita che emana aria fresca. Giocata davvero a tutto campo, con la stanchezza e la rilassatezza di fine stagione che favoriscono continui duelli individuali e giocate spettacolari. All'ottavo minuto Denilson salta di netto Costacurta che lo stende senza complimenti, perché uno dei lati della grandezza di Billy Costacurta è saper essere all'occorrenza un killer in guanti bianchi, caratteristica quasi essenziale per un difensore di altissimo livello (si veda

proprio su Ronaldo, definitivo e gelido, al 45' del primo tempo di un derby di coppa Italia del gennaio 1998). Intanto al decimo minuto quasi ci scappa il 2-0, ancora per merito della premiata ditta Albertini-Vieri-Del Piero: questa volta è Alex che si coordina male e calcia fuori di sinistro, cercando una conclusione comunque non semplice.

 



 

 

Del Piero è la stella assoluta dei primi trenta minuti di partita. «Del Piero es un superdotato del fùtbol!», esclamano a un certo punto i due colombiani, dopo una punizione conquistata a 19'25”. Del Piero aveva già vinto due scudetti, una Champions League e aveva preso parte a un Europeo, ma evidentemente nel calcio pre-Youtube gli addetti ai lavori non si sentivano obbligati a conoscere vita e miracoli di ognuno dei 22 in campo. Invece la stella annunciata rimane sotto strettissima sorveglianza di Cannavaro: a titolo esemplificativo gustiamoci questo duello intorno al 18', quando prima è straordinario il primo movimento di Ronaldo, poi lo è il recupero dell'italiano.

 



 

 

Il Fenomeno si schiarisce la voce per la prima volta a metà frazione, quando riesce finalmente ad andare via al suo carceriere e a calciare in porta: Costacurta devia sul palo sinistro in strepitosa scivolata disperata, con Pagliuca già a terra dall'altra parte. 45 secondi dopo gli risponde Del Piero con un'altra azione solitaria in cui esibisce non solo tecnica ma anche onnipotenza muscolare, tenendo in scacco da solo l'intera difesa brasiliana. Al 23' l'Italia raddoppia casualmente: una punizione di Albertini da trenta metri viene deviata imparabilmente in rete dall'unico brasiliano in traiettoria, Aldair. Non sembra esserci motivo apparente per cui Albertini abbia tirato in porta da così lontano, a meno che il buon Demetrio non sia stato colto dalla geniale illuminazione di centrare appositamente il difensore della Roma.

 

Lo 0-2 fa sì che il Brasile si getti in avanti pancia a terra quando non siamo neanche alla mezz'ora, il che produce uno spaventoso allungamento delle squadre in campo e occasioni a pioggia. Dino Baggio si aggrappa platealmente a Ronaldo e rimedia una giusta ammonizione. Al 35' Denilson, persino più brillante di Ronaldo, riprende a seminare il panico e collezionare angoli. La pressione asfissiante dei brasiliani ci fa sbarellare e commettiamo l'errore fatale di lasciare libero Roberto Carlos: il suo potente tiro-cross è deviato in rete da Lombardo e il Brasile accorcia le distanze.

 

Dopo 35 minuti infernali il primo tempo vive la sua parte peggiore: il ritmo scende, fioccano gli errori di misura, l'Italia flirta col cronometro rimanendo aggrappata al vantaggio esclusivamente in virtù della sua concentrazione difensiva, e la cosa paga visto che il Brasile è costretto ad arrivare al tiro con Dunga (palla fuori). Molto fuori dal gioco è il declinante Romario, che di lì a un anno sarà addirittura escluso dai 22 per il Mondiale (e non la prenderà benissimo). Al 42' Costacurta lo ferma con le spicce in piena area, ma l'arbitro fa giocare. Senza recupero si chiude un primo tempo mozzafiato. Due grandi squadre stanno giocando secondo tradizione, “all'italiana” e “alla brasiliana”, ma non mancano gli accenti di modernità, su tutti lo strepitoso primo tempo di Lombardo: nonostante l'autogol la scommessa di Maldini sta pagando, perché Roberto Carlos è davvero sottotono.

 



Un infortunio muscolare pone fine in anticipo al torneo di Dino Baggio: rientriamo in campo con Diego Fuser che avrà l'ingrato compito di controllare Denilson, e soffrirà come una bestia. La pressione generale dell'Italia rimane comunque altissima e costringe i giocolieri brasiliani a errori banali: proprio Ronaldo, al terzo minuto, pasticcia nel controllo e perde il possesso del pallone. È il momento migliore della partita di Denilson, che tra il 5' e il 9' si produce in almeno tre sgasate proibite ai comuni mortali. Sulla seconda è strepitoso il salvataggio in scivolata di Maldini su Aldair, sulla terza si nota come al ragazzo manchi del tutto il senso pratico necessario per essere un grande giocatore di calcio: semina Fuser, Albertini e Costacurta ma poi esagera cercando il gol di punta, e la palla vola via lontano dai pali. Ma gli azzurri stasera sono in versione cobra: nel maggior momento di sofferenza Albertini si inventa uno splendido lancio per Del Piero, nettamente più veloce di Mauro Silva, costretto ad abbatterlo. Incredibilmente, Mumenthaler lascia giocare.

 

Nel frattempo si scalda un giovane attaccante piacentino che ha fatto piuttosto bene nell'ultima stagione, conclusa come capocannoniere da 24 gol con l'Atalanta, ed è stato già scritturato dalla Juventus per 21 miliardi. “Filipo Pipo Insaghi!”, lo annunciano i nostri amici colombiani. Entra al posto di Vieri, nettamente calato nella ripresa, e dopo neanche due minuti capitalizza un lancio di Di Matteo e al primo pallone toccato in Nazionale si fa fare fallo da rigore da un vecchio drago come Aldair. La trasformazione di Del Piero è impeccabile, torniamo avanti di due gol.

 



 

A questo punto il Brasile molla del tutto gli ormeggi e si riversa nella nostra metà campo: Flavio Conceiçao (Deportivo La Coruna) sostituisce il rudere Mauro Silva e la manovra della Seleçao ne guadagna in dinamismo. Roberto Carlos scalda scenograficamente il sinistro su una punizione da lontanissimo, che impegna nella presa a terra il suo ex compagno Pagliuca. Poi è Leonardo a sfuggire alle marcature e a liberarsi al tiro in piena area, ma con esiti mediocri. Il Brasile procede al ritmo di un'occasione al minuto: Pagliuca è spettacolare nella deviazione in angolo su una sassata dai 18 metri di Conceiçao. Al 24' ancora Cannavaro è strepitoso su Ronaldo e gli chiude il passaggio a livello con tono talmente autoritario da far ululare i due commentatori: “Lo ha borrado del partido!”.

 



 

 

Ma il Fenomeno non è fenomenale per caso. Dai e dai, al 26' riesce finalmente ad arrivare prima di Cannavaro su un pallone servitogli da Roberto Carlos. A quel punto è già in moto e gli è facile sbilanciare Costacurta; più notevole è invece il destro con cui spiazza Pagliuca, mettendola astutamente sul primo palo, praticamente al primo pallone toccato nella ripresa. Gran gol. 3-2! La sensazione palpabile è che non ne abbiamo più. Al 29' il cielo sopra Lione è di nuovo illuminato a giorno dalla supernova Denilson, che sembra in possesso di una velocità persino superiore a Ronaldo: se ne accorge ancora Fuser, che uscirà da questo secondo tempo cantando "I'm deranged" di David Bowie, come l'allucinante scena finale di

di David Lynch, uscito nel febbraio 1997. Ma ancora una volta la porta è un futile accessorio, e non lo scopo del gioco. Gli highlights si susseguono a grande velocità: pochi secondi dopo c'è un'altra disfida tra Ronaldo e Cannavaro, forse la più bella di tutte. Indovinate chi la vince?

 



 

 

Sfortunatamente il Brasile ha mille armi, per esempio il bazooka di Roberto Carlos, che alla mezz'ora riesce finalmente a fare breccia sulla corsia sinistra e spacca in due la traversa. Quando sembriamo sul punto di alzare bandiera bianca, è lì che siamo più velenosi: sul ribaltamento di fronte Di Matteo lancia Inzaghi che da posizione defilata non ha paura di tirare ai campioni del mondo, Taffarel alza in angolo come può. «Que lindo es el futbol cuando se juega asì!», sottolineano i due colombiani. Ancora Pagliuca risponde presente a un tiro da fuori di Dunga, con gli azzurri ormai asserragliati in nove al limite dell'area. Ma gli altri due sono pur sempre Inzaghi e Del Piero, magnifici al 37' nella conduzione del contropiede che si conclude con un tiro al volo “troppo pulito” di Inzaghi, direttamente tra le braccia di Taffarel. Peccato: non avrebbe sfigurato nella galleria dei grandi gol di squadra della storia italiana, tra Bettega-Rossi-Bettega a Buenos Aires 1978 e il duetto Gilardino-Del Piero a Dortmund 2006.

 



 

 

Al 40', senza alcun preavviso, si svela la natura biforcuta di Romario de Souza Faria. L'azione quasi rugbistica della Seleçao si conclude con la sua danza da serpente a sonagli: tocca la palla solo tre volte e il resto è movimento del corpo incontrollato e incontrollabile, sufficiente per sgusciare tra Panucci, Costacurta e Lombardo, mandare a terra Pagliuca e segnare a porta vuota. Dalla faccia cattiva che fa mentre corre a centrocampo con il pallone potrebbe uscirgli un fumetto, «This is what you'll get, when you mess with us», come cantano in quelle settimane i Radiohead in Karma Police.

 

Sul 3-3 il Brasile pensa legittimamente di vincerla e ci va vicino addirittura con Aldair, con bella reattività di Pagliuca. Di Livio sostituisce lo stremato Maldini, mentre l'ultima falla viene tappata da un grandissimo Costacurta, come al solito chirurgico nello stroncare le ambizioni di Denilson fermandolo a pochi centimetri dal limite dell'area. La punizione successiva viene calciata male sulla barriera da Romario, dopo di che è davvero finita. «Se terminò el partido! Que dico el partido, se terminò el partidazo!», concludono i telecronisti colombiani, comprensibilmente su di giri.

 


E ora rivediamo tutti i gol con la telecronaca di Bruno Pizzul. Per qualche motivo, sulla RAI la partita andò in onda con la telecamera posizionata sul lato opposto.


La partita riceve recensioni entusiaste da tutto il mondo, compresa l'Italia dove pure resiste un pizzico di rammarico per il doppio svantaggio sprecato. C'è l'unanime convinzione che Italia-Brasile possa essere tranquillamente la finale anche del Mondiale 1998, Francia e Germania permettendo. I voti più alti spettano a Del Piero, Costacurta e Denilson; Cannavaro paga l'unica esitazione sul gol di Ronaldo, che si attesta sul 6,5 di media. Per la serie “Anche i migliori sbagliano”, vi segnaliamo la pagella a cura del compianto Marco Ansaldo su

: «Restiamo dell'idea che Ronaldo sia bravissimo ma sopravvalutato: dirlo però non è di moda».

 

Resta solo da chiarire il mistero senza fine bello della foto che trovate in copertina a questo articolo, probabilmente La Foto del 1997 sportivo. Un monumento alla Nike, innanzitutto, che a metà degli anni Novanta ha iniziato a investire pesantemente anche nel calcio, diventando sponsor tecnico della Nazionale dal 1995 al 1998. Gli stessi Maldini e Ronaldo recitano nel celebre spot della partita contro i mostri nel Colosseo, quello che si conclude con Cantona che si alzava il colletto e sibilava “Au revoir”. La maglia azzurra “col baffo” ha causato qualche polemica per la presenza della scritta ITALIA sul retro all'altezza delle terga, cosa che è sembrata poco rispettosa ai puristi del tricolore. Così, per tenerla ben dentro i calzoncini, è stato introdotto uno strambo cinturino elasticizzato marrone ben visibile nella foto. Il momento dello scatto fatale giunge al 25' del primo tempo: Ronaldo prende palla spalle alla porta, si gira fulmineo, punta l'area e Maldini e Cannavaro non hanno altra opzione che l'entrata a sandwich, inevitabilmente destinata al fallimento.

 



Dal replay si deduce che il primo a prenderlo è Maldini e una frazione di secondo dopo arriva Cannavaro a finire il lavoro. È una settimana impegnativa per gli uomini Nike: la sera del 9 giugno 1997, in un hotel di Park City, Utah a 8mila chilometri di distanza da Lione, Michael Jordan ordina una pizza. Dopo poche ore, alle 2 di notte, telefona allarmato al suo personal trainer: “Sto morendo”. Ma questa è decisamente un'altra storia.

 

 

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