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Tommaso Clerici
Ha vinto l'amore per me stesso, intervista a Walter Pugliesi
15 apr 2020
15 apr 2020
Uno dei fighter più unici del panorama italiano.
(di)
Tommaso Clerici
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Walter Pugliesi è un fighter italiano di MMA, che vanta un record di 7 vittorie e 2 sconfitte, noto agli appassionati soprattutto per la rivalità con l'altro fighter italiano Andrea Fusi, culminata in due incontri avvincenti organizzati da Bellator MMA a Genova e Milano: il primo ha visto prevalere Fusi per split decision (2 giudici su 3 gli hanno riconosciuto la vittoria), mentre nel secondo è stato Pugliesi a imporsi per decisione unanime. È soprannominato 

 e a 27 anni è pronto per calcare un palcoscenico internazionale di rilievo. «Ora mi sento umile e pronto ad accettare qualunque lezione di cui abbia bisogno per migliorare», ha dichiarato dopo la vittoria di Milano.

 

Quando combatte Pugliesi regala sempre spettacolo: tecnicamente è un brawler dotato di grande esplosività, aggressivo, con mani (ma anche gambe, ricorre spesso ai low kick) molto pesanti, e per questo privilegia lo striking. Il suo ground and pound è devastante. Ma può vantare anche un grappling di buon livello (non ha mai perso per sottomissione), e nel suo ultimo match ha dimostrato grandi progressi nel lavoro a parete. Fuori dalla gabbia

sa come tenere i riflettori puntati su di sé, ha una personalità fuori dal comune e un look che difficilmente passa inosservato. Ma prima del personaggio che si è costruito, Pugliesi è un atleta dal passato complesso. Insieme a lui abbiamo ripercorso le tappe più importanti della sua vita, sia dentro che fuori dall’ottagono.

 


Kraken vittorioso a Bellator Milano (via Facebook / Bellator Italia).


 



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Sono abituato a farmi andare bene periodi di privazione della libertà, diciamola così… Mi sto tenendo in allenamento, ho un sacco da boxe in garage e faccio circuiti a corpo libero. All’inizio è stata dura perché ho dovuto interrompere la preparazione per un match che avrei avuto a fine marzo. Quindi mi sono trovato ad avere un fisico e una mente da massima competitività, senza poterli più utilizzare. È un po’ come avere un Ferrari chiuso nel box a prendere polvere.

 

Durante la prima settimana di isolamento ho continuato a spingere fisicamente come se dovessi combattere l’incontro della vita qualche giorno dopo; poi piano piano, quando mi sono abituato all’idea, ho abbassato il ritmo. Sto mettendo su qualche chilo, mi tolgo un po' di sfizi a livello alimentare, mangio schifezze. Mi sto rilassando per ricaricare le energie e poi ripartire più forte di prima.

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È stata un’adolescenza travagliata. Ho sempre avuto una situazione famigliare difficile, i miei genitori non andavano d’accordo e l’atmosfera che si respirava in casa era pesante. Quando ero ancora un ragazzino decisero di separarsi e io andai a vivere con mia madre e mio fratello. Lì iniziai a fare un po' quello che volevo, ad avere cattive amicizie e a frequentare brutte compagnie. Ero senza punti di riferimento, nessuno che mi prendesse da parte e mi dicesse: “Fermati, stai sbagliando”. Ricordo che un giorno, con un altro ragazzo, rapinammo un nostro coetaneo rubandogli il telefono per poi chiedergli un riscatto. Quell’episodio mi condannò a passare diversi anni in comunità, perché eravamo ancora minorenni. All’inizio ero stato destinato a una struttura piccola, con cui ho preso subito troppa confidenza, iniziando a fare casino. Perciò mi hanno mandato in un’altra comunità, molto più grande, dove è stata davvero dura adattarsi.

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Non sono ambienti facili, anzi. Trovi ragazzi che sono reclusi per diversi reati, gente più grande di te, tossicodipendenti. Devi tenere sempre gli occhi aperti, perché tutti cercano di rubarti quel poco che hai, e le prepotenze sono all’ordine del giorno. Dormi in queste camerate enormi, i primi mesi non puoi vedere nessuno, ti consentono solo di scrivere lettere. Poi, se righi dritto, ti fanno chiamare casa, e solo dopo puoi ricevere qualche visita ai colloqui.

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(Credits: Bellator MMA).


 



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Quando mi hanno rilasciato avevo moltissima rabbia dentro di me, quel contesto mi aveva segnato. Lì vale la legge del più forte. E soprattutto volevo festeggiare e spassarmela con i miei amici, senza le regole o i divieti con cui avevo vissuto fino a quel momento. Perciò ho provato a cercare qualche lavoro, ma mi importava più godermi la vita piuttosto che combinare qualcosa di concreto. Avevo persino iniziato a spacciare.

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Sì, dopo la comunità mia madre si era rifatta una vita e abitava con il suo nuovo compagno, mio fratello e la mia sorellina. Io allora ho deciso di stare con i nonni materni. Tra noi ci sono stati alti e bassi, perché continuavo a creare problemi, a volte mi hanno anche cacciato di casa. Ho vissuto con loro fino a poco tempo fa, adesso ho preso casa con la mia compagna. Abito con lei e con suo figlio, che è come fosse il mio. Mi sento un papà a tutti gli effetti ed è una sensazione fantastica.

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Ho iniziato con la marijuana. Fumavo tutto il giorno, ero sempre stordito: cercavo di calmare così la rabbia che sentivo dentro. Da ragazzino sono stato vittima di bullismo, e a mia volta sono stato un bullo. Fisicamente non ero dotato, anzi, ero magro e per questo ho sempre sofferto di un senso di inferiorità. Per cui non potevo sfogarmi facendo il duro, e mi tenevo tutto dentro. Dall’erba poi sono passato alle pasticche, quando andavo a ballare in compagnia. Però in quel caso l’uso era molto legato alla situazione. Quella che mi ha rovinato davvero è stata la cocaina. Ne sono stato dipendente per un paio di anni, in cui mi facevo tutti i giorni. Un amico che aveva iniziato con me in quel periodo, recentemente è morto di overdose. L’eroina invece non l’ho mai toccata perché ho avuto una brutta vicenda in famiglia legata a questa sostanza, per cui l’ho sempre evitata.

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Un giorno ho capito che avrei dovuto smettere con la cocaina. Mi sono chiuso in camera, messo a letto e ho aspettato, resistendo. È una vera merda: non mangi, sei nervoso, stai male fisicamente, non dormi. Ma ce l’ho fatta. Non è stato tanto lo sport a motivarmi, anche se avevo già iniziato qualche disciplina di contatto, non mi ero ancora appassionato. Ha vinto l’amore per me stesso. Mi è scattato qualcosa dentro e sono riuscito a uscirne.

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Non sono mai stato uno sportivo. Ho approcciato gli sport da combattimento che ero poco più che maggiorenne, iniziando con la kickboxing. Mi allenava un cialtrone che mi ha fatto fare un incontro da professionista dopo soli 4 mesi di pratica. Il mio avversario mi ha tempestato di low kick e non sono riuscito ad appoggiare una gamba a terra per settimane. Quella è stata un’esperienza negativa, però mi ha fatto capire che gli sport da combattimento erano la mia strada, che dovevo insistere. Volevo imparare a sentirmi più forte e ad avere sicurezza in me stesso. Intanto stavo abbandonando la droga e le cattive compagnie.

 

Così sono andato ad allenarmi dall’ex fighter Roberto Rigamonti, che insegna MMA nella zona in cui vivo. Mi ricordo che mi ha fatto stare un mese allo specchio a provare e riprovare combinazioni, e intanto guardavo gli altri ragazzi che facevano sparring e si menavano. Sognavo di poterlo fare anch’io. Quando mi sono unito a loro ero quello che le prendeva, ma dopo poco tempo sono diventato quello che le dava a tutti. Così ho debuttato da professionista nelle MMA e ho fatto i primi match.

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Ho lasciato Rigamonti perché avevo bisogno di nuovi stimoli e volevo un cambiamento. Intanto stavo già andando ad allenarmi di brazilian jiu-jitsu da Alex Celotto, così ho deciso di entrare nel suo team, affidandomi ad Angelo Valente per la parte di striking. Ho fatto qualche incontro con loro al mio angolo e sono andati bene, però poi ho litigato con Angelo e le nostre strade si sono separate. A quel punto mi sono ricordato di uno sparring in cui avevo affrontato Stefano Paternò, che mi aveva impressionato molto, e quindi ho deciso di presentarmi nella palestra in cui si allena Stefano, la MMA Atletica Boxe del Maestro Garcia Amadori. È il mio team attuale ed è tutto ciò di cui ho bisogno. Ci siamo già tolti molte soddisfazioni ma siamo solo all’inizio.

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Pugliesi con il compagno di team e fighter Bellator Stefano Paternò alla MMA Atletica Boxe (via Instagram/@krakenmma77kg).


 



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Chissà cosa avrà pensato il pubblico, ma in realtà il motivo è molto divertente. Il giorno prima ero andato dall’estetista per farmi bello prima del match. La ragazza che mi ha fatto la ceretta, per depilarmi le narici mi ha reciso un capillare, causando una piccola emorragia. La sera dell’incontro prima di entrare in gabbia avevo la pressione a mille, e il naso ha cominciato a sanguinarmi di nuovo.

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Il seguito che abbiamo avuto è nato tutto per merito mio, sono io che ho creato e acceso la rivalità. Sì, Fusi mi aveva fatto qualche scheda per la preparazione atletica, poi ogni tanto ci incrociavamo agli eventi. Lo conoscevo ed eravamo in rapporti normali, di certo non eravamo amici. La cosa che mi ha fatto arrabbiare è stato l’atteggiamento suo e di alcuni suoi compagni di team alla cerimonia del peso prima del nostro match a Bellator Genova. Sentivo che mi sfottevano, ma quando mi giravo per guardarli negli occhi facevano finta di niente. Mi hanno mancato di rispetto, e hanno avuto il coraggio di farlo solo alle mie spalle. Da quel momento è diventata una questione personale.

 

Tra l’altro, prima dell’incontro a Genova, io sono stato malissimo. Mentre stavo finendo il taglio del peso ho avuto continui attacchi di dissenteria, mi sono preso tre pastiglie di Imodium il giorno stesso del match. Poi in spogliatoio, poco prima di entrare in gabbia, ho iniziato a sentire crampi ai polpacci perché ero disidratato. Mi sentivo spossato ma, davanti all’occasione della mia carriera, ho fatto lo stesso del mio meglio. Nella rivincita invece ero in perfetta forma e avete visto tutti com’è andata.

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Fusi rifiuta la stretta di mano a Pugliesi durante la cerimonia del peso dell’evento (via Facebook/Bellator Italia).


 

 



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Ho ancora uno sfizio da togliermi con Fusi: voglio metterlo KO. Gli devo riconoscere un ottimo mento, resiste bene ai colpi. Però avrei potuto essere più preciso anch’io nello striking. In ogni caso ben venga un terzo incontro, ma vorrei che nel mio piccolo fosse un

e mi assicurasse un buon guadagno. Se ci mettono in card venderemo molti biglietti, e tutto ciò è grazie all’attenzione che ho saputo attirare io su questa sfida.

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Credo che chi mi segue apprezzi la mia personalità, il look estremo e lo status di fighter. Poi io sono naturale e spontaneo, parlo come mangio e dico sempre quello che penso, anche sui social. Li uso per promuovermi, per cazzeggiare ma anche per affrontare argomenti seri, dipende come sono preso in quel momento. In questo senso mi ha aiutato l’amicizia con alcuni rapper famosi tra cui Vacca, visto che sono comparso in diverse sue Instagram Stories. Anche grazie alle esperienze in tv a Ciao Darwin e Guess My Age ho guadagnato molti follower. Per me è un aspetto importante perché io lavoro anche con i social e l’immagine, faccio il personal trainer e propongo schede di allenamento online a chi mi contatta.

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Sì, ce ne sono diversi: l’aggressività, che nell’hip-hop però è solo verbale, il coraggio di mettersi in gioco, le origini umili di molti artisti che aspirano a riscattarsi, come spesso accade a noi atleti. Però ti faccio un discorso che ovviamente non riguarda Vacca, ma piuttosto i trapper ragazzini di oggi: chi ha vissuto davvero la strada e certe situazioni, scendendo a compromessi per mangiare e sopravvivere, facendo errori gravi con cui devi fare i conti per anni, non se ne vanta nelle canzoni o nei video. Quelli che fanno così sono i figli di papà che pensano sia figo fare il gangster, e si atteggiano. È tutta scena. Non sanno che, se davvero sei stato costretto a vivere in un certo modo, l’ultima cosa che ti senti di fare è sbandierarlo a tutti o vantartene.

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Leggo tutto e rispondo sempre. Quando qualcuno mi insulta, io mi abbasso al suo livello e gli rendo tutto con gli interessi. La vita è così, se non sai comportarti prima o poi incontri quello che ti fa cambiare idea.

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I primi li ho cancellati con il laser e poi li ho coperti con altri tattoo. Tra quelli che ho ancora, il serpente sul lato della faccia è uno dei meno recenti, per me simboleggia l’aggressività. Ho iniziato a tatuarmi sul viso nel periodo in cui spacciavo, ero attirato appunto dalle cose estreme e volevo dimostrare che me ne fregavo di tutto. Una sorta di ribellione assoluta, unita ad una rivendicazione di me stesso. Oggi non rimpiango nulla, perché è una scelta estetica che mi piace e con cui mi identifico. Mi distingue nettamente dagli altri.

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Dipende molto dal momento in cui ci sentiamo. Possono esserci periodi più sereni, in cui sono tranquillo, e altri invece meno facili. Non per forza perché mi succede qualcosa, ma dove mi confronto con me stesso. Ogni tanto riemerge qualche questione irrisolta. Adesso però ho la mia compagna e mio figlio, ho trovato finalmente un equilibrio. Anche il team mi aiuta tanto, devo molto al Maestro Garcia Amadori.

 

Alla base della mia persona oggi c’è l’umiltà, che per me vuol dire sentirsi consapevole del proprio valore. E non sminuirsi, affermando di valere meno degli altri. Essere umile significa dirti che adesso mi sento pronto per affrontare in gabbia chiunque. Però se incontro qualcuno più bravo di me, glielo riconosco senza problemi. Non vedo l’ora di combattere.

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