A San Siro, al 63’ di Milan-Spezia, la squadra di Thiago Motta è in svantaggio, ma sta giocando bene. Sulla fascia sinistra, tre dei suoi giocatori di maggiore qualità si associano per creare superiorità numerica in una zona densa di maglie rossonere. Daniele Verde gioca la palla di prima verso Kevin Agudelo, che ha il baricentro basso e una reattività elettrica nelle gambe. Controlla bene e va verso il centro, dove appoggia corto per Simone Bastoni. Gioca spesso esterno, ma quella sera è tornato a centrocampo, nel ruolo in cui è nato come calciatore, e fa un movimento da vero centrocampista. Con la corsa in avanti attira il rientro di Bakayoko e Krunic, ma poi si arresta, fa un paio di passi all'indietro, sufficienti a ricavarsi lo spazio per ricevere smarcato. Ha la palla sul destro, il suo piede debole, sembra cercare un movimento da servire in area, e invece apre in diagonale, con un passaggio pulitissimo, verso Verde che nel frattempo si è sovrapposto sull’esterno sinistro. Il numero 10 crossa teso basso per Agudelo, che chiude questo complesso gioco a tre segnando col piatto destro il gol del pareggio. Lo Spezia rimette in equilibrio una partita che infine vincerà, contro una squadra più attrezzata, ma con cui sta coltivando una strana tendenza a giocare grandi partite - era già successo lo scorso anno, con un’altra grande prestazione di Agudelo. Ha vinto grazie a un po’ di fortuna, alle grandi parate di Provedel, a un contropiede indovinato all’ultimo minuto, ma anche grazie alla semplicità di certe idee di gioco a cui ci si può aggrappare quando la partita è tesa e i nervi possono saltare.
In quel primo gol la giocata di Simone Bastoni è minima, ma non banale: contiene la qualità delle sue letture e del suo gioco di passaggi, esaltata da un contesto in cui ogni giocatore sa come muoversi e come giocare la palla. Anche nei momenti di difficoltà lo Spezia è una squadra organizzata, che si muove con razionalità e un desiderio di mantenere la propria identità rimasto immutato nel passaggio di allenatore, da Vincenzo Italiano a Thiago Motta quest’anno. È ancora una novità, in un campionato in cui storicamente le neopromosse e le piccole squadre in generale hanno spesso ricercato la salvezza attraverso un approccio conservativo e timoroso.
Dentro questi contesti coraggiosi fioriscono calciatori più o meno sconosciuti, che arrivano da contesti minori ma che ci stupiscono, per il peculiare stile di gioco, per la raffinatezza di certe idee o esecuzioni, spesso realizzate in contesti sorprendenti e tesi, dove un solo punto può fare la differenza tra una salvezza e una retrocessione.
Simone Bastoni ha 25 anni e da due stagioni rende più ricco l’ecosistema del calcio italiano. Al telefono gli chiedo di raccontarmi come hanno preparato questa vittoria, così importante per la loro corsa alla salvezza: «Sapevamo che il Milan è una squadra fortissima. Abbiamo cercato di andare a prenderli alti, più nel secondo tempo che nel primo, per non farli giocare. Diciamo che ha funzionato. Hanno avuto tante occasioni, ma abbiamo retto e siamo stati bravi ad approfittare nel finale di quel contropiede».
Bastoni è quello che gli inglesi definiscono “late bloomer”, con un’espressione floreale che calza con una certa grazia attorno all’idea di un talento calcistico che ha bisogno di più tempo del solito per sbocciare. Bastoni è di Spezia, con lo Spezia ha fatto tutta la trafila delle giovanili, è stato convocato nelle nazionali italiane di categoria, e quando è diventato grande è andato a “farsi le ossa” a Siena, Carrara, Trapani, Novara, come si dice invece con un’espressione che parla di solidità e robustezza.
«Tutte le esperienze sono state importanti per me» mi dice Bastoni, parlando dei suoi prestiti. Al Robur Siena, dove ha giocato le prime partite da professionista, con la maglia a scacchi come le casacche medievali dei fantini del Palio. Alla terza presenza, contro la Carrarese, con la maglia numero 8 e i capelli corti, ha segnato il primo gol. Ha ricevuto palla all’improvviso, a 30 metri dalla porta, e dopo uno sguardo, lasciato andare il tiro col piede sinistro. La naturalezza fluente del suo sinistro sembra già quella di un giocatore di categoria diversa. Il portiere non riesce nemmeno a tuffarsi sulla palla.
Alla Carrarese, come una specie di segno del destino, ci è finito l’anno dopo. Altra esperienza, ancora più presenze, 30, con 3 gol. Ma è il prestito l’anno dopo, al Trapani, che Bastoni mi dice essere stato quello più importante: «Fin lì bene o male ero rimasto vicino a casa, a Trapani me ne sono andato per la prima volta. Mi ha permesso di crescere come calciatore e come uomo».
In Sicilia, in un derby contro il Catania, ha giocato per la prima volta sull'esterno; col numero 8 da mezzala, il ruolo in cui si è formato, si è messo sulla fascia sinistra a fare il quinto, cercando di adattarsi a una richiesta diversa: a una corsa diversa, a delle letture diverse. Il Trapani è riuscito a vincere in trasferta, e nella partita dopo, contro il Cosenza, Bastoni era di nuovo sulla fascia sinistra. Era alla fine della sua esperienza in Sicilia, non sapeva ancora quanto sarebbe stato importante per la sua carriera.
Poi Bastoni è tornato a casa, a La Spezia, i campi sono diventati meno periferici, gli spalti più pieni, ma per lui sono stati due anni difficili. In Serie B non ha giocato molto. Ha fatto un prestito al Novara, è tornato allo Spezia, e ha continuato a giocare poco, anche nell’anno magico della promozione dalla Serie B, mentre vedeva altri compagni spezzini come Luca Vignali o Giulio Maggiore prendersi la ribalta. Nel frattempo il nuovo allenatore, Vincenzo Italiano, lo ha schierato terzino sinistro di una difesa a quattro, arretrandone ulteriormente la posizione. Per lui, che tira calci d’angolo e punizioni, un giocatore abituato ad attaccare, non è stato semplice: «All’inizio, ti dico la verità, non ero contentissimo. È un ruolo completamente diverso, dove ti viene chiesta più fase difensiva».
Una volta in Serie A, Bastoni ha continuato a stare più in panchina che in campo. È stato il momento più difficile della sua carriera: «Sicuramente ci sono state delle difficoltà. In Serie B ho giocato poco, siamo stati bravi a conquistarci la promozione. All’inizio in Serie A sono stato poco utilizzato, non ero né la prima né la seconda scelta. Poi ho parlato col mio procuratore e abbiamo deciso di giocarcela. Poco dopo è arrivata la possibilità contro la Fiorentina, e da lì in poi sono riuscito a dimostrare che potevo giocarmela».
Fino a quella partita - dell'ottobre 2020 - Bastoni non aveva ancora esordito nel massimo campionato, davanti a lui nelle gerarchie c’erano Riccardo Marchizza (in quel momento un centrale adattato terzino) e Juan Ramos (terzino oggi tornato a giocare in Uruguay), mentre a centrocampo la concorrenza era ancora più agguerrita. In un’amichevole giocata durante la sosta per le nazionali, però, Ramos era infortunato e Italiano ha schierato Bastoni. Contro la Fiorentina, una settimana dopo, l’inizio è un incubo, 1-0 dopo un minuto, 2-0 dopo tre minuti. Nell’azione del secondo gol, Vlahovic e Lirola sfondano proprio dal suo lato. Poi però Bastoni inizia a giocare con più calma e già al decimo minuto dà un assaggio delle qualità con cui si guadagnerà il posto da titolare, con un lancio sulla corsa di Gyasi che procura un’occasione da gol pulita. Per una squadra che vuole palleggiare dal basso e giocare alle spalle della pressione avversaria, il piede di Bastoni è una risorsa in più. «Quella con la Fiorentina è stata la prima partita in cui sono riuscito a dimostrare che in Serie A ci potevo stare».
Lo Spezia pareggerà la partita e Bastoni non uscirà più dai titolari: «Un sogno che si avvera, l’esordio in Serie A con la maglia della mia città» commenta su Instagram. Guardando la sua storia, è strano che un difensore che ha faticato in più occasioni a dimostrare il proprio valore in Serie B, che sembrava buono solo per la C, si sia trovato così bene in Serie A quasi subito. L’impressione è che in un calcio più complesso, il particolare abbinamento di caratteristiche tecniche di Bastoni sia più prezioso.
Lui però ne fa soprattutto una questione di motivazioni: «In Serie A gli stimoli sono maggiori. Ho avuto un momento difficile, ma poi grazie anche all’aiuto dei miei compagni, al mister, alla società, siamo stati bravi a fare un ottimo lavoro l’anno scorso e a ripeterci quest’anno».
Una settimana dopo Firenze ha già i gradi per battere i calci d’angolo e contro il Parma gli basta una mezz’ora per servire l’assist a Chabot. È diventato un terzino, ma i suoi punti di forza rimangono quelli di quando giocava centrocampista: il dinamismo, la qualità delle sue letture e soprattutto il suo piede sinistro.
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«Da terzino ho sì il compito di andare avanti e creare superiorità, ma essendo un difensore devo stare anche molto attento a recuperare sugli attaccanti che vengono avanti». Bastoni ha sfruttato il cambiamento del ruolo del terzino negli ultimi anni, in cui gli esterni bassi sono diventati un elemento chiave della squadra in fase di costruzione. È spesso nella loro zona che scattano i trigger del pressing avversario, ed è quindi la rapidità e la qualità delle loro letture ed esecuzioni che può fare la differenza per guadagnare superiorità numerica.
In questi anni stiamo vedendo terzini con sempre più qualità in costruzione e rifinitura, anche in squadre dalle ambizioni differenti: Dimarco, Biraghi, Cuadrado, Karsdorp, Stojanovic, per fare qualche esempio del nostro campionato. È anche per questo che a volte i centrocampisti vengono spostati terzini, come è successo a Zinchenko al City, per fare un esempio di alto livello. È proprio Bastoni a citarmi la squadra di Guardiola: «Il ruolo del terzino è cambiato tanto. Guarda nel Manchester City, i terzini diventano dei centrocampisti».
Quando gli chiedo quali sono i giocatori che guarda di più, anche fra quelli fuori scala, mi dice cita De Bruyne: «Per la qualità con cui è determinante in ogni zona del campo»; e Joao Cancelo: «Non fa solo il terzino ma ogni ruolo possibile: terzino destro, sinistro, centrocampista. Ha fatto un salto di qualità incredibile». È chiaro che per Bastoni la duttilità è un aspetto importante, che guarda anche negli altri giocatori.
Con Thiago Motta è tornato a giocare spesso a centrocampo, sia a due che a tre: «Da centrocampista hai un po’ più di libertà, la fase difensiva è importante ma sai anche che dietro ci sono altri compagni prima che la palla arrivi in porta», e questo soprattutto quando gioca mezzala. Quando gioca in una coppia di centrocampisti invece, come per esempio contro il Milan, «è quasi come giocare terzino, nel senso che devi sempre preoccuparti della fase difensiva, hai un uomo in meno a coprirti le spalle».
Quest’anno l’approccio di Thiago Motta è meno integralista: «L’anno scorso con Italiano il modulo era sempre lo stesso, 4-3-3, pressing alto, come sta facendo con la Fiorentina. Quest’anno il pressing dipende dalle partite, ci adattiamo di più all’avversario». Anche per quanto riguarda le indicazioni date ai giocatori, Motta le tara sempre sull’avversario che lo Spezia ha di fronte: «Ci chiede di muoverci per cercare il modo di creare superiorità, e molto dipende anche dalle squadre avversarie». Una fluidità nell’approccio tattico che porta a cambiare ruolo ai calciatori in modo spesso radicale e controintuitivo: contro il Milan, Giulio Maggiore, un centrocampista, è stato messo in attacco.«Dipende da quello che (Thiago Motta ndr) vede durante la settimana, anche in base alle caratteristiche degli avversari, e decide chi può essere il calciatore migliore da mettere in qualunque posizione».
Che giochi da terzino o centrocampista, una delle migliori qualità di Bastoni sta nelle sue letture, nella capacità di scegliere dove, come e quando giocare la palla. Secondo l’indice OBV, che misura quanto le azioni di un giocatore aumentino le probabilità di segnare, Bastoni è uno dei migliori del campionato, il quarto per la precisione, dietro solo a Dumfries, Calhanoglu e Deulofeu. «Cerco di fare le scelte migliori per la squadra, cerco di servire il compagno che può fare la giocata migliore, un contropiede, un cross per il gol». Tutti i suoi numeri sulla progressione del gioco, tramite corse e passaggi, sono di alto livello.
Che giochi sia da terzino o da centrocampista, ha trovato il modo di essere decisivo. Da terzino ha segnato il gol più bello della sua stagione finora, contro il Venezia. Ha prima provato un tiro ambizioso di esterno sinistro, e una volta che gliel’hanno ribattuto è rimasto lì; la palla gli è tornata e, come tirando un calcio di punizione in movimento, l’ha messa sotto l’incrocio dei pali. Contro il Genoa, poche settimane fa, ha segnato invece il gol più emozionante - «So quanto contava per i tifosi» -, quando si è inserito come una vera mezzala su un cross basso, segnando il gol vittoria nel derby, fondamentale anche in ottica salvezza.
Sull’avversario più tosto incontrato quest’anno Bastoni non ha dubbi: «Contro l’Inter è stata la partita più dura, non ci devo neanche pensare tanto. Con Conte avevano un gioco tutto preparato, organizzato, tutti sapevano cosa fare. Quest’anno si muovono tutti, è molto difficile andarli a prendere. Il terzo di difesa si sgancia e fa il centrocampista, parte perché sa che c’è sempre qualcuno che lo copre».
Il suo contratto era in scadenza la scorsa estate, «C’erano delle squadre interessate, ma poi ho parlato con la società e si è risolto tutto. Qui ho un rapporto speciale con tutti, giocare in Serie A con la squadra della propria città è bellissimo». Ha firmato un rinnovo fino al 2025 e non pensa a un futuro lontano da Spezia. Vista l’unicità delle sue caratteristiche, e il grande campionato che sta giocando, gli chiedo quanto pensa alla Nazionale: «È un sogno, ma la strada è ancora lunga».