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Tommaso Clerici
Essere sfavorito mi esalta, intervista a Luca Chiancone
03 apr 2024
03 apr 2024
Abbiamo parlato con il pugile in vista del suo atteso incontro con Dario Morello.
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Tommaso Clerici
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Alla fine del primo round l’incontro sembra già scritto. Il pugile di casa, favorito e imbattuto, manda al tappeto l’avversario - un atleta sconosciuto, con la metà dell’esperienza, chiamato a una sfida che pare proibitiva - sferrando un destro potente e preciso. Il pubblico si galvanizza, il conteggio termina insieme alla ripresa. Lo sfidante torna al suo angolo, annuisce ascoltando il maestro, recupera da quegli attimi complicati. Dopo un secondo round equilibrato, nel terzo si decide il match. I due atleti ingaggiano uno scambio selvaggio, in cui il pugile sfavorito va a segno, stordendo l’avversario che barcolla: l’arbitro interviene e comincia a contare. Quando l’azione riprende, lo sfidante si lancia all’attacco finché non trova il mento dell’idolo di casa con un gancio sinistro spaventoso, che lo fa capitolare a terra in modo scomposto. È l’epilogo dell’incontro. Luca Chiancone esulta alzando i guantoni al cielo, abbraccia il suo team, si issa sulle corde del ring per salutare i suoi tifosi, è commosso. Il telecronista, sospeso tra l’incredulità e l’adrenalina, esclama: «Vittoria pazzesca di Chiancone. Ha sovvertito tutti i pronostici, ribaltando completamente le sorti del combattimento».

È da quella sera di un anno e mezzo fa che la vita di Chiancone cambia radicalmente, grazie a un’ascesa vertiginosa a colpi di knockout e di prestazioni maiuscole. Risultati che lo hanno portato alla sfida del prossimo sabato 13 aprile al The Art of Fighting 5 di Milano, in cui affronterà Dario Morello (uno dei pugili italiani del momento, già vincitore di diversi titoli, che a 30 anni vanta un record di 22 vittorie e una sconfitta) con l’obiettivo di strappargli la cintura WBC Mediterraneo dei pesi medi. Chiancone è imbattuto: ha uno score di 9 vittorie e due pareggi, a 26 anni.

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Gli inizi

Lo raggiungo al telefono a qualche settimana dal match. «Vengo dalla medio-borghesia di Trieste, quindi da un contesto agiato», mi dice sul suo percorso. «Da bambino guardavo Rocky con mio padre, un film che aveva segnato la sua epoca, così ho scoperto la boxe. Mi piaceva, ma a quel tempo facevo atletica leggera, amavo correre. Fino all’adolescenza, in cui mi sono dovuto confrontare fisicamente con i miei coetanei. In una città piccola come Trieste, i ragazzi dei quartieri di periferia si mischiano con quelli del centro, si creano compagnie che frequentano gli stessi posti, soprattutto nella vita notturna. E quando c’era un problema, riguardava tutti. Così mi sono reso conto che il mio fisico da velocista non mi aiutava, ero troppo leggero e non riuscivo a farmi valere. Anche perché ho sempre avuto la lingua tagliente, rispondevo per le rime, ma quando si passava all’azione, subivo le prepotenze degli altri. Un giorno un mio amico mi ha proposto di fare una lezione di prova in una palestra di boxe, per imparare a difenderci. Lui ha mollato dopo un anno, io non ci sono più uscito».

«Mio padre mi ha appoggiato dal principio, mamma contava sul fatto che lasciassi» prosegue Chiancone. «Ma non avevano grandi aspettative sul mio futuro da pugile. Non sono mai stato un fuoriclasse, nessuno ha investito su di me. Finché la costanza mi ha premiato, dato che a un certo punto sono rimasto solo tra le nuove leve della mia città. Vuoi per destino o vuoi per fortuna, ho avuto le attenzioni che in seguito avrei dimostrato di meritare, ed è cominciata la mia carriera agonistica. Avevo tanta fame e voglia di emergere, che si sono trasformate in una determinazione feroce. Non è stata fortuna, ci ho creduto con ostinazione e ho programmato in anticipo ogni mossa, finché sogni che sembravano inafferrabili sono diventati realtà».

«La boxe mi ha conquistato perché è stimolante», dice: «È una disciplina dinamica, con situazioni che cambiano improvvisamente e a cui bisogna reagire in un attimo, allena il fisico e la mente. Mi ha sempre divertito tanto. Ed è uno sport individuale, teatrale, scenografico, dove la gloria o la disfatta spetta a un solo protagonista. E poi il mio pugilato è efficace, spettacolare (piace al pubblico, infatti guadagno più di tanti colleghi), si adatta a tutti gli stili - riesco a leggere quello che l’avversario vuole fare e a comportarmi di conseguenza. Un altro asso nella manica è la preparazione atletica, quella che faccio è di altissimo livello. Per il resto, mi sono trovato al posto giusto nel momento giusto, e ora voglio diventare qualcuno per restarlo a lungo».

L’amore per la boxe non ha distratto Chiancone da altri obiettivi, comunque. «La carriera da pugile non mi ha impedito di laurearmi in design del prodotto industriale e di fondare un’agenzia di comunicazione mentre stavo ancora studiando. Lo sport mi ha dato una disciplina che ho sfruttato per realizzarmi sotto diversi punti di vista. Lo studio mi ha dato un metodo, in particolare il design del prodotto, perché si tratta di progettazione estetica e funzionale, con tanta ingegneria». Gli domando come fa a conciliare gli impegni: «Le ore in una giornata sono le stesse per tutti, quindi ho dovuto rinunciare a qualcosa. Ho poco tempo libero e poca vita sociale. Non so dirti se ne soffro oppure no, perché negli ultimi mesi la mia vita ha avuto un’accelerata improvvisa e non ho avuto ancora modo di fermarmi a pensare».

L'ascesa

Prima di arrivare alla sfida con Morello, Chiancone ha affrontato gran parte dei pugili più forti della sua categoria, battendoli. Un aspetto che forse non colpisce chi segue la boxe da lontano, ma che in realtà è un caso rarissimo in uno sport in cui sempre più di rado gli atleti migliori si incontrano tra loro, tra tutele manageriali e strategie per guadagnare punteggio nelle classifiche rischiando il meno possibile. Inoltre il pugile italiano ha sempre dimostrato grande integrità fisica e lucidità mentale sul ring. In quasi tutti i match che ha vinto, ha attraversato almeno un momento di difficoltà, da cui ha recuperato in fretta per poi imporsi. Ha combattuto a un ritmo frenetico, collezionando 11 match da pro in poco più di 3 anni, grazie a un’integrità fisica che lui definisce «una dote naturale».

E qui arriviamo al match di cui vi raccontavo, alla notte in cui la boxe italiana ha scoperto un pugile dalle mani di pietra e dalla tempra invidiabile. «Mi ero laureato da poco, ero professionista da due anni, con sette vittorie nel record», ricorda «Stavo facendo il mio percorso lontano dai riflettori, ma aspettavo la mia occasione in silenzio, lavorando sodo. Finché mi propongono di affrontare Joshua Nmomah, che in quel momento vantava dodici vittorie e nessuna sconfitta, era in rampa di lancio, in un evento organizzato dal suo management, nella sua città natale. Dovevo essere il comprimario, il mestierante, invece ecco l’opportunità che stavo aspettando per urlare al pubblico e agli addetti ai lavori che c’ero anche io».

«Dopo quella vittoria mi chiedono di diventare sfidante per il titolo italiano, contro il campione in carica», prosegue Chiancone «Era una difesa volontaria, quindi mi hanno scelto pensando fossi un avversario agevole. Accetto e lo metto KO al primo round, così la cintura diventa mia». Ho un ricordo vivido di quel match. Chiancone seduto a cavalcioni sul ring dopo l’incontro, intervistato da Rai Sport, che dichiara, riferito al suo avversario: «I talenti cristallini sono belli da vedere, ma sono ingenui. A me nessuno ha mai regalato nulla…», e qui la sua voce si incrina per l’emozione, finché scoppia a piangere, ripetendo: «Io non ho talento», sconsolato, incredulo per il risultato ottenuto, con il maestro affianco che lo abbraccia e lo consola: «Sei un campione! Sei un campione!», gli dice indicandogli la cintura vinta. «Io non ho talento», ripete Chiancone «solo disciplina, gente che crede in me, spirito di sacrificio. Faccio la boxe per dimostrare qualcosa a me stesso, per vivere emozioni indimenticabili e trovare il mio posto nel mondo. Questa sera è come se stessi assistendo alle imprese di uno dei miei beniamini, non mi sembra vero».

Pochi mesi dopo il pugile triestino torna in azione. «Difendo il titolo contro Yassin Hermi, ragazzo giovane e fortissimo, che arriva alla sfida imbattuto, con tredici vittorie nel record, dieci ottenute per KO». È una battaglia serrata, segnata da un episodio che scatena molte polemiche: l’arbitro giudica un montante che mette al tappeto Chiancone come irregolare, perché a suo parere sferrato sotto alla cintura, e toglie un punto ad Hermi. «Pareggiamo l’incontro, quindi mantengo il titolo ma accetto il rematch, volevo difendere la cintura con un verdetto netto, che non lasciasse dubbi», spiega Chiancone «Il nuovo incontro lo vinco ai punti. Se devo pensarci ora considerando entrambe le sfide con Hermi, non credevo che saremmo arrivati a quei livelli di violenza. È stato impressionante, mi ha reso consapevole della mia resilienza. Comunque anche il secondo verdetto ha scatenato polemiche, ma sono sicuro di aver vinto. Chi dice il contrario è in malafede».

Gli dico che sento una nota di amarezza nella sua voce, risponde: «Quando ho cominciato a vincere da sfavorito, le persone mi hanno santificato. Sembravo un eroe. È bastato un match con Hermi a farmi maledire, a ribaltare la situazione, come se fossi diventato il raccomandato. L’ho sofferta parecchio, ho capito che il pubblico sperava solo che perdessi. Non so se sono diventato il cattivo della situazione, spero di no, ma sento che il sentimento della gente nei miei confronti è cambiato. Però, sotto certi aspetti, avere hater è una medaglia al valore. In generale, so bene di avere avuto certe opportunità perché la gente pensava che avessi vinto per una botta di fortuna, e non vedeva l’ora che cadessi. Volevano vedermi fallire. Oltre a ciò, gli avversari mi hanno sottovalutato. E me li sono mangiati vivi».

La rivalità con Morello

Quello con Morello è un match chiesto a grande voce dal pubblico, che porta sul ring due pugili smaniosi di affrontarsi grazie a un'accesa rivalità nata da tempo. Entrambi sono in stato di grazia, nel momento migliore della loro carriera finora, e hanno caratteri forti, esuberanti. I due si stanno stuzzicando da tempo: a due personalità del genere la stessa categoria di peso va stretta, ed è così che si arriva alla sfida di Milano.

Si prospetta quindi uno scontro tra un pugile che fa della tattica, dell'elusività e dell'intelligenza nel combattimento le sue armi migliori, ovvero Morello, e un altro che invece ha dimostrato di avere delle mani di cemento, pericolosissime, una grande resistenza nei momenti più difficili di un incontro e una capacità unica di sovvertire i pronostici, cioè Chiancone.

«Ho l’impressione che Morello e il suo team mi stiano sottovalutando, sono molto presuntuosi, e così facendo mi danno un bel vantaggio», mi dice il pugile triestino. «Io invece mi metto sempre in discussione, ed è così che cresco. Forse lui si sente arrivato perché sa di non avere più margini di miglioramento. Partire da sfavorito mi motiva, mi esalta, è come il sangue per uno squalo».

«Quello che [Morello] dice non mi tocca. È pieno di sé, è il riflesso sputato di suo padre [che lo allena, nda]. Si sente un poeta, un artista, ma è solo una persona rozza nei modi e nel linguaggio che usa. Piace al pubblico proprio per questo, perché parla la stessa lingua. Io so parlare, lui ci prova, e finisce per risultare un bulletto. Mi fa molta tenerezza». Gli chiedo una risposta secca: in percentuale, Morello quanto è sostanza e quanto immagine, costruita grazie all’amicizia con content creator e Youtuber? Mi risponde: «Sessanta sostanza, quaranta apparenza».

In realtà i due avversari hanno tanto in comune: l’estrazione sociale anomala nell’ambiente della boxe, una laurea, la capacità di esprimersi in modo appropriato, la visione moderna dello sport che praticano. Gli chiedo quindi se non siano più simili di quello che vogliono far credere in queste schermaglie: «Ho letto che alcuni ci vorrebbero come coppia a Pechino Express [ride]. È vero, siamo diversi nei modi ma ci sono tante cose che ci accomunano. Dopo il match credo proprio che gli proporrò di combinare qualcosa insieme, partendo da una cena, e poi vedremo. Ma sul ring non avrò pietà».

Nella boxe spesso il pugile bravo a difendersi vince su quello bravo ad attaccare, perché più si sale di livello e più parliamo di uno sport strategico, tattico. Domando a Chiancone come farà quindi a portare il match sul piano a lui più congeniale, almeno per quanto ha dimostrato finora: quello dello scontro aperto. «Credo di aver toccato le leve emotive giuste per scatenare Morello. Se non dovesse accadere, a me va benissimo lo stesso. Sono muscolare ma so anche muovermi, ho footwork e diverse abilità che non si sono ancora viste perché ho messo KO i miei avversari, chiudendo i match in pochi round. Insomma, so fare tutto. Spero che Morello sappia che ha davanti l’incontro più difficile della sua carriera.

«Quando lo guardo, vedo solo l’ultimo ostacolo da superare per potermi affacciare sulla scena della boxe europea».

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