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Valentina Forlin
In campo riesco a uscire da me stessa, intervista a Eva Schatzer
11 mar 2024
11 mar 2024
Abbiamo parlato con la giovane centrocampista della Sampdoria.
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Valentina Forlin
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IMAGO / Sports Press Photo
(foto) IMAGO / Sports Press Photo
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Chi segue, tifa e parla di Sampdoria non ne fa mistero. Per età, impatto e talento, Eva Schatzer ricorda il giovane Clarence Seedorf, arrivato a Genova nell’estate del 1995. Sorride, Schatzer, un po’ imbarazzata, quando l’argomento viene a galla. Non le piacciono molto i complimenti, a quanto dice, per le pressioni che si portano dietro. Ha compiuto 19 anni a Genova, vestendo la maglia della Sampdoria, un fatto per lei strano considerando che i precedenti compleanni, almeno da quando ne ha 15, li ha festeggiati a Vinovo con la maglia della Juventus.

La sua zona è il centrocampo e in bianconero ha quasi sempre giocato davanti alla difesa, nonostante, mi racconta, «da piccola, quando giocavo nel giardino di casa con i miei fratelli, mi mettevano sempre in porta». «La prima maglia da calcio che mi hanno regalato è stata quella di Casillas».

Dal prato di casa, come è stato per tante ragazze, è passata a quello di una squadra maschile. «Mi sono sempre trovata bene da piccola, poi crescendo mi sono resa conto che per alcuni compagni e per gli stessi genitori il fatto che una ragazza giocasse al posto dei figli non li rendeva particolarmente contenti». A breve si sarebbe trasferita in una squadra femminile vicino a casa, ma continuava a non avere figure femminili di riferimento. «Oggi la giocatrice a cui mi ispiro è Aitana Bonmati. L’ho vista giocare cinque anni fa contro il Bayern Monaco e da lì non ho più smesso di seguirla. Mi piacciono molto anche Arianna Caruso e Manuela Giugliano. Cerco di studiare le scelte che prendono in campo nei diversi momenti della partita».

I suoi idoli, prima di conoscere da vicino alcune tra le migliori calciatrici nel suo ruolo, erano Modric e Kroos. Una scelta che ha senso, vedendola giocare in campo. «Di loro ho sempre ammirato il modo con cui toccano il pallone», dice «Un’altra cosa che mi è sempre piaciuta è il fatto che possono anche essere pressati da 5 avversari ma difficilmente perdono la palla. Ora non sono più tanto giovani però riescono ancora a dominare il campo e questo la dice lunga».

Non per tutte le calciatrici e per tutti i calciatori vale lo stesso, ma per Schatzer è come se tutti i giocatori e tutte le giocatrici nominati nel corso dell’intervista dicessero qualcosa di lei, del suo stile e del suo modo di concepire il calcio. Su di lei, a proposito di questo, ha detto qualcosa di molto significativo Cecilia Salvai, pilastro della difesa della Juventus e della Nazionale italiana, qualche mese fa: «Eva è una giocatrice che in campo si vede ma non si vede».

Quella di Salvai più che un’opinione è una sentenza. Lo stile pulito, semplice ed elegante con cui staziona nella sua zona di campo, e il modo con cui riesce a fare da collante nel gioco della squadra parlano di una giocatrice con un’intelligenza calcistica fuori dal comune. Se ne volessimo parlare come di una pittrice, e non so perché ma mi sembra che con lei lo si potrebbe fare, potremmo dire che è un’esponente del minimalismo calcistico contemporaneo.

Ricordandole le parole di Salvai, le chiedo se il suo stile di gioco rispecchia anche la sua personalità. «Sì e no», mi risponde «Fuori sono timida e silenziosa però in campo riesco a uscire da me stessa». Uscire da se stessa mi sembra anche ciò che ha fatto, in modo diverso, scegliendo il prestito alla Sampdoria questa estate. Dopo diverse stagioni da capitano della Primavera e apparizioni in prima squadra circoscritte alla Coppa Italia, scegliere una realtà come la Sampdoria si è rivelato azzeccato per la sua crescita.

Prima di questa esperienza, la vita di Schatzer alla Juventus era scandita essenzialmente dal binomio calcio-scuola. Si dice fosse una studentessa modello e, stando ai suoi racconti, la sua vita scolastica è comunque fortemente collegata alla sua carriera da calciatrice. Alla maturità ha portato in esame un lavoro sulla storia del calcio femminile in Italia e sulla nutrizione. Esame, peraltro, preparato in parte durante il raduno con la Nazionale maggiore a giugno dell’anno scorso. Oggi è iscritta ad un’università online e studia scienze motorie, quindi nel suo tempo libero si dedica allo studio, oltre alle passeggiate in spiaggia in un luogo così diverso rispetto alle montagne della sua Bressanone e della sua seconda casa, Torino. Tutto del percorso calcistico e scolastico di Schatzer fa pensare che sia una ragazza molto precisa e inquadrata, e nemmeno lei ne fa mistero.

Qualche giornata di campionato fa, un suo gol - il suo secondo in Serie A - ha deciso una partita importantissima contro il Como. Le chiedo se dopo partite come questa, quando i riflettori si accendono, le piaccia leggere ciò che scrivono su di lei. «Lo faccio ma non so mai come reagire quando mi fanno i complimenti, anzi, cerco di non pensarci troppo perché altrimenti mi incasino. Cerco di non darci peso, mi interessa solo il parere di poche persone tra cui mio papà, un mio vecchio allenatore e il mio ragazzo che guarda sempre tutte le partite e mi dice sempre cosa potevo fare meglio. I miei erano allo stadio quando abbiamo giocato contro il Como ed erano felicissimi. A fine partita mi hanno detto di non soffermarmi troppo sui dettagli perché sanno che, nonostante tutto, io mi metto sempre un sacco di pressioni addosso. Sono una perfezionista, cerco sempre di fare di più e meglio».

Mi dice che le cose che sta cercando di migliorare nel suo primo anno in Serie A sono diverse. «Il salto dalla Primavera alla Serie A non è stato facile perché i ritmi sono diversi e qui hai sempre un tempo di gioco in meno, quindi sto cercando non solo di migliorarmi nel pensare più rapidamente ma anche parlando di più in campo. Sto assorbendo molto anche dal punto di vista dell’atteggiamento. Alla Samp ho trovato un gruppo unito e ci sono giocatrici come Elisabetta Oliviero che mi stanno insegnando tanto. Se tu la guardi giocare, sembra sempre che quella sia la sua ultima partita: è una guerriera e lotta veramente su tutti i palloni. Su questo, voglio diventare come lei».

Schatzer, sia in campo che fuori, sembra in realtà già piuttosto matura. Ha la semplicità che gli deriva dall’esperienza, anche se per una ragazza di appena 19 anni fa strano dirlo. Così come gestisce situazioni complicate in mezzo al campo, in modo calmo e razionale, così parla delle emozioni vissute nel corso della stagione delle “prime volte”. Mi racconta ad esempio della partita contro la Juventus. «Ero sicuramente emozionata prima di scendere in campo, al tempo stesso però speravo di giocare perché nella partita d’andata sono rimasta in panchina mentre io comunque avevo una gran voglia di dimostrare il mio valore».

Quella partita, poi, Schatzer non solo l’ha giocata, ma è stata anche fondamentale per la difficile vittoria della Sampdoria ai danni della Juventus. Ad oggi quella rimane una delle sue migliori partite in campionato, contro un avversario che per motivi diversi avrebbe potuto far tremare le gambe a molte altre giocatrici.

Con quei calzettoni sotto il ginocchio, il modo di stare in campo visibile ma non visibile eppure sempre più rumoroso, una dialettica consapevole e un’umiltà sincera a completare il quadro, il modo in cui Eva Schatzer riesce a uscire da sé quando varca i confini di un campo da calcio, è la ragione per la quale negli anni a venire sentiremo ancora parlare di lei.

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