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Tommaso Clerici
Il bodybuilding ti apre la mente, intervista ad Andrea Presti
11 giu 2024
11 giu 2024
Abbiamo parlato con il primo italiano di sempre a centrare la qualificazione al Mr. Olympia per tre anni di fila.
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Tommaso Clerici
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Foto di Luca Alfieri
(foto) Foto di Luca Alfieri
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Andrea Presti è il bodybuilder professionista che, dopo quasi trent'anni di assenza, ha riportato l'Italia a competere al Mr. Olympia, la gara di bodybuilding più importante del mondo. Lo ha fatto nella categoria Open, che ospita i culturisti più pesanti e muscolosi, la stessa in cui Arnold Schwarzenegger ha trionfato sette volte dando vita al mito del culturismo negli anni Ottanta e Novanta.

Seguitissimo su Instagram e YouTube, ospite dei principali podcast nazionali, Presti è il primo italiano di sempre a centrare la qualificazione al Mr. Olympia per tre anni di fila, classificandosi due volte sedicesimo e la terza dodicesimo. «Ormai si dà per scontata la mia qualificazione, sembra sia diventata una formalità, ma è sempre difficilissima da raggiungere», mi dice quando lo incontro per questa intervista, «E pensare che quando ho iniziato, tanti dicevano che non sarei potuto diventare nemmeno un professionista. Qualificarsi al Mr. Olympia è stata un’emozione indescrivibile, forse ancora di più di parteciparci».

Quasi 37 anni, un metro e ottanta per centoquaranta chili di peso circa, Presti sfoggia un taglio di capelli appena fatto, rasato ai lati, un paio di occhiali da sole fumé e vestiti di marca. Mi racconta che sta preparando una gara importante per cui dovrà volare in Canada, ed è a dieta ferrea per arrivarci il più definito possibile, la sua caratteristica principale (pochi giorni fa, purtroppo, ha dovuto rinunciare a causa di una malattia batterica gastrointestinale). «A dodici settimane dalla gara, mi alleno due volte al giorno mentre la domenica riposo. Faccio cinque o sei pasti a giornata per un totale di massimo seimila calorie [più del doppio di quanto dovrebbe assumerne un uomo adulto comune, nda], dipende dal periodo della stagione sportiva. Se devo mettere su massa [la cosiddetta fase di “Bulk”, nda] capita che mi forzi di mangiare - che è peggio di digiunare. Sotto gara invece devo asciugarmi per segnare centoventi chili sulla bilancia, il peso con cui salgo sul palco».

Chi non è mai andato in palestra?

Si accomoda sul divano dove parleremo e tira un sospiro di sollievo: mi spiega che quella mattina ha allenato le gambe e stare in piedi è faticoso. I ragazzi della redazione lo salutano, qualcuno gli fa domande, incuriosito. Si intuisce che di culturismo ne parlerebbe per ore: «Quando sei innamorato di qualcosa o di qualcuno, o la tieni per te gelosamente, o sei orgoglioso di mostrarla. Io amo il bodybuilding nella seconda maniera: più lo condivido e più sono felice». Ha una parlantina rodata, è abituato ai riflettori, ha quella sicurezza e serenità di chi si è realizzato e non ha niente da dimostrare.

«Chiunque entri in palestra e sollevi un peso con lo scopo di modificare il proprio corpo a fini estetici o prestazionali, sta facendo bodybuilding», mi risponde quando gli chiedo come definirebbe il suo sport - anche se, secondo diversi pareri, più che di sport si tratterebbe di un concorso di bellezza. In gara i bodybuilder posano (cioè tendono i muscoli davanti ai giudici in diverse posizioni che li risaltano, e il giudizio è soggettivo: c’è chi privilegia il volume, chi la definizione, e così via), quindi, secondo questa visione, non ci sarebbe una performance vera e propria, che però avviene in palestra nei mesi precedenti.

«Certo, si distingue tra chi lo fa a livello professionistico e chi no, come in qualsiasi altra disciplina. Il culturismo dalla nicchia sta diventando inclusivo, aperto a tutti, e sta spopolando: chi non ha mai messo piede in una palestra commerciale, anche per solo un mese? Ai miei colleghi dico spesso che per far crescere il movimento bisogna coinvolgere tutti, anche gli “occasionali” della palestra, senza atteggiarsi da superiori».

Presti posa ad un incontro con i fan (foto di Luca Alfieri).

Ultimamente stiamo assistendo a un boom del mondo del fitness, gli chiedo come mai proprio ora. «Grazie al lavoro di divulgazione che alcuni personaggi, tra cui me, stanno facendo», risponde «sfruttando mezzi potenti come i social media, e al fatto che il bodybuilding in sé sembra tornare in voga ciclicamente: è già successo che fosse risalito alla ribalta grazie a leggende come Sylvester Stallone e Arnold Schwarzenegger. Senza considerare il fatto che i muscoli, la fisicità estrema, hanno sempre suscitato fascino, ammirazione e attrazione in tantissime persone, direi quasi in qualunque essere umano. D'altronde, un bel fisico piace a tutti. Questa volta da addetti ai lavori dobbiamo essere bravi a far sì che le persone si appassionino davvero e che non sia una moda passeggera».

Presti è andato ben oltre il suo ambito sportivo, diventando una figura pop, e oggi è atleta, divulgatore e founder di un’azienda di consulenza che segue i clienti dall’allenamento, alle visite mediche fino alla nutrizione. «Per un bodybuilder medio è impossibile vivere con quello che si guadagna dalle gare. Le competizioni internazionali hanno dei premi in denaro, quindi più ne vinci e più incassi. Chi si aggiudica il Mr Olympia, ad esempio, vince 400mila dollari, ma è un atleta al mondo. Alle gare di qualifica invece, di solito il primo ne prende dieci mila, il secondo cinque e il terzo due. Insomma, devi essere un atleta valido, ma anche una figura commerciale vendibile: nel nostro lavoro conta anche l’intrattenimento, quanto piaci al pubblico, e se hai successo arrivano gli sponsor».

Come si diventa bodybuilder

Nato in Val Camonica, Presti cresce nella palestra dei genitori. Suo padre è un imprenditore e insegnante di judo, disciplina che pratica sin da bambino, fino a diventare un atleta di interesse nazionale. «Ma non ero un fenomeno», puntualizza. «L’attrazione viscerale per un certo tipo di fisico l'ho sempre avuta. Già da bambini si subisce il fascino dei muscoli, pensa per esempio ai supereroi. Anche quando facevo judo, guardavo la sala pesi con interesse, ma mio papà non concepiva il culturismo, essendo un marzialista, e non mi avrebbe mai permesso di farlo». A 16 anni, Presti perde suo padre - a cui ha intitolato la Fondazione Maurizio Presti, presentata di recente - ed è costretto a crescere in fretta: l’anno successivo va a vivere da solo mentre lavora dieci ore al giorno in palestra per ripagare alcuni, importanti debiti ereditati, che riesce a estinguere.

In passato Presti ha dichiarato che «il bodybuilder nasce da un senso di inadeguatezza», gli chiedo quindi quale fosse il suo quando ha cominciato. Resta un attimo in silenzio, fa un respiro profondo e racconta: «Da adolescente sono sempre stato solo. C’è parecchia differenza tra essere solitari ed essere soli: nel primo caso è una scelta, nel secondo no. Fino a vent’anni non sapevo cosa significasse stare in compagnia, ero un ragazzo particolare, non avevo nessuno che mi invitasse a uscire. Anche perché avevo una vita sportiva serrata con il judo, viaggiavo per le gare. Però soffrivo questa solitudine. La palestra è diventata il mio rifugio sia mentale che fisico: era il luogo in cui ero abituato a passare il tempo, ma contestualmente era anche la mia passione, perché se ti alleni per distrarti o sfogarti, appena la situazione migliora perdi motivazione e lasci».

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E quando si guarda allo specchio oggi, come reagisce? «Sono sereno, sto bene. Ho fatto un grosso lavoro su me stesso negli anni, di crescita interiore. Adesso quando mi vedo so chi sto guardando. Certe cose mi piacciono e altre no, è normale, ma essere consapevoli della situazione di partenza è fondamentale per capire se e come intervenire». Gli domando cosa gli ha insegnato il bodybuilding: «La disciplina», mi dice, ed è un concetto che ritorna in tutti gli sportivi di alto livello, così come il fatto che la sua vita tra doppie sessioni di allenamento, dieta, gare non la giudica un sacrificio, perché «se stai scegliendo di farlo significa che non ti pesa, che lo vuoi». E specifica: «Allo stesso tempo, essere ossessionati non va bene, perché annebbia - e fa diventare pure insopportabili - mentre uno sportivo vincente è sempre lucido».

Dietro al culturismo: insegnamenti, disagi, riscatto

«Chi vive il bodybuilding è abituato a vedere e a stare a contatto con soggetti anomali, fuori dal comune, e questo ti apre la mente, ridefinisce il concetto di normalità», prosegue. «Al netto di ipocrisie e discorsi astratti, qualsiasi persona formula un primo giudizio su chi ha davanti in base all’aspetto fisico, volenti o nolenti. Non dico che sia giusto, anzi, ma è quello che succede. So che il mio aspetto incuriosisce e spesso risulta sgradevole: quando entro in un luogo pubblico, inevitabilmente attiro l’attenzione delle persone, e spesso ne leggo il labiale mentre parlano di me: “Che schifo, che esagerato”, lo dicono quasi tutti».

«Tempo fa mi faceva male perché quando mi guardavo mi piacevo, e non capivo perché non piacessi anche agli altri. Crescendo ho preso coscienza dell’eccezionalità del mio fisico, del fatto di essere così diverso, quindi capisco certe reazioni, anche se non le condivido. Ne prendo atto e cerco un dialogo, un confronto per sfatare i pregiudizi, che sono ancora troppi, dal classico “tutto muscoli e niente cervello” in giù. Altrimenti non sarei in pace con me stesso, perché penserei di aver perso un’occasione per fare avvicinare nuove persone al culturismo. E poi, quando ci si accorge che sono sia muscoli che cervello, alcune certezze crollano e le persone restano sbalordite».

Grazie al seguito che si è costruito e alla sua attività di divulgazione del bodybuilding, Presti è diventato una figura di ispirazione e un punto di riferimento per diversi adolescenti, e non solo: «Sui social mi scrivono tantissimi ragazzini, e noto un disagio diffuso e preoccupante. Non hanno passioni, non hanno stimoli, non sanno cosa gli piace fare. Diventano vuoti, annoiati, depressi. Cercano delle pezze, delle toppe momentanee per non affrontare il problema, che è profondo. Non dico che bisogna essere dei fenomeni e riuscire per forza in qualcosa, basta trovare quello che ci permette di ritagliarci dei piccoli angoli della giornata che ci facciano stare bene. Altrimenti anche una vita normale può diventare difficile».

Presti sul palco del Mr. Olympia (foto di Luca Alfieri).

Presti ha sempre dichiarato che il bodybuilding è una scelta estrema: nonostante i loro fisici, però, spesso i culturisti non si vedono abbastanza muscolosi. Gli chiedo se a un certo punto non subentra il dismorfismo corporeo o disagi psicologici simili: «Sarei falso a dirti di no. Alla base c’è sicuramente una visione distorta, un’errata percezione di sé stessi, che subentra quando sei da solo davanti allo specchio. Non è così diverso da chi soffre di disturbi alimentari. Mi hanno contattato diverse persone affette da anoressia per essere seguiti dalla mia azienda di consulenza. Ci tengono a parlare con me perché sentono che condividiamo una stessa visione estrema e che quindi posso capirli, siamo persone convinte del contrario rispetto a quello che ci dice il mondo circostante - “Sei troppo grosso, sei troppo magra”, e tu invece non ti vedi mai abbastanza grosso o magra. Una volta mi ha contattato una ragazza anoressica, si è sfogata con me e voleva che la seguissi ma era troppo debilitata, da ricovero in clinica. Qualche tempo dopo mi ha chiamato la madre in lacrime: la figlia era mancata, ma lei mi ha ringraziato perché ero stato l’unico con cui si era confidata».

Il tempo che abbiamo a disposizione è finito, Presti deve tornare a casa per il secondo allenamento della giornata. Quella mattina, dopo la prima sessione in palestra, aveva avuto uno shooting. Il suo manager mi spiega che ha un’agenda fittissima tra impegni agonistici, occasioni di divulgazione del bodybuilding, registrazione di contenuti per il web. La vita di chi vuole far diventare il bodybuilding importante anche in Italia è molto più impegnata di quanto si pensi.

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