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Francesco Lisanti
L'Inter sa adattarsi a ogni contesto
25 nov 2019
25 nov 2019
La squadra di Conte sta tenendo vivo il campionato.
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Francesco Lisanti
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La pioggia si è presa la scena, per una volta in modo innocuo, trasformando Torino-Inter in uno spettacolo leggermente diverso da quello che siamo abituati a vedere proporre sui campi da calcio. Ogni passaggio, ogni contrasto, ogni accelerazione, che sembrava provenire da un’epoca diversa, lontana dagli standard di fluidità dei gesti e di esecuzione senza sforzo del calcio contemporaneo, trasmetteva un’espressione di fatica. Al termine della partita, un po’ come se la pioggia torrenziale avesse seppellito i contenuti tecnici, entrambi gli allenatori si sono trovati a tirare le somme, a valutare il momento psicologico delle rispettive squadre.

 

Conte ha detto che è il momento di gonfiare il petto, perché «se non ci fosse l’Inter in questo momento in campionato, avreste già chiuso quaderni e libri e avreste già assegnato lo scudetto» (riferendosi ai giornalisti in sala). Mazzarri ha provato a mettere in buona luce questa sconfitta, in cui comunque «la reazione c’è stata», rispetto a quella rimediata all’Olimpico contro la Lazio, ma ha comunque concluso con «ora c’è molto da lavorare». In campo, questa differenza di condizione ha ulteriormente acuito lo scarto di valori tecnici tra le due squadre, permettendo all’Inter di capitalizzare al massimo le occasioni messe insieme a fatica.

 

Le formazioni iniziali hanno confermato le previsioni della vigilia, anche perché le numerose assenze lasciavano poche alternative ai due allenatori. Da una parte il 3-5-2 di Conte, con tutti i titolari in difesa, Biraghi ancora chiamato a sostituire Asamoah, Vecino e D’Ambrosio sulla catena di destra, Barella in campo per la 13esima partita da titolare negli ultimi 50 giorni, e l’attacco come sempre condiviso da Lautaro e Lukaku. Dall’altra il 3-5-2 di Mazzarri, anche lui costretto a fare i conti con gli infortunati (5): quindi Bremer ha continuato a giocare al fianco di Nkoulou e Izzo, Lukic ha sostituito Rincón a centrocampo, portando Baselli a giocare da playmaker davanti alla difesa, e Verdi ha affiancato Belotti nella coppia d’attacco.

 

L’Inter ha vinto mostrando i muscoli, tirando un po’ poco rispetto ai gol segnati (12 tiri totali, di cui 10 in area di rigore e 5 in porta), ma concedendo quasi nulla al Torino (12 tiri totali, di cui 8 in area di rigore e 2 in porta). Ha attaccato in modo più intelligente, cercando con più frequenza il lancio lungo rispetto al Torino, che invece ha fatto registrare il 58,5% di possesso palla, declinato quasi integralmente nei 47 cross dalle fasce (di cui 7 hanno raggiunto il mittente). Un dato incredibile se paragonato ai 6 cross completati su 8 tentati dell’Inter.

 


I due giocatori più influenti del Torino sulla trequarti sono stati cercati unicamente in zona laterale, Ansaldi più spesso sulla sinistra, Verdi più spesso sulla destra. L’Inter ha toccato meno il pallone, ma ha dominato la fascia centrale del campo.


 



Quando gli è stato chiesto un commento sull’infortunio di Belotti, Mazzarri ha tenuto per prima cosa a chiarire che ormai conosce queste situazioni, in cui conviene parlare il meno possibile, perché qualunque cosa si dica suonerà come una scusa. Poi ha lanciato un breve cenno all’uscita di Belotti, soffocando il dispiacere in una smorfia fatalista: «Oggi il buongiorno si è visto dal mattino». In effetti è impossibile non aggiungere alla pioggia almeno un secondo fattore determinante sullo sviluppo della partita: l’infortunio del miglior giocatore del Torino dopo appena 4 minuti.

 

Belotti è caduto male su un fianco da altezza considerevole, in seguito a un duello aereo con Skriniar. Ha provato a resistere per qualche minuto, prima di accorgersi di faticare nella coordinazione e lasciare il campo al dodicesimo. Nel frattempo Lautaro si è infilato tra Bremer e Nkoulou, proprio mentre Belotti era fuori per ricevere le cure mediche e Zaza si stava preparando per entrare, e ha portato l’Inter in vantaggio. Un grosso spartiacque nell’evoluzione della gara, interessante non solo per le conseguenze che ha avuto ma anche per il contesto in cui si è verificato.

 

A una fredda analisi, si direbbe uno dei rischi derivanti dall’essere il quinto giocatore per duelli aerei ingaggiati del campionato (7 p90 prima di questa giornata), nella prima squadra per duelli aerei ingaggiati del campionato. Allo stesso modo, addentrandosi nelle pieghe dell’azione, si può capire quanto è difficile per Belotti reggere il peso dell’attacco di Torino. Con un ulteriore passo indietro, è utile osservare l’azione immediatamente precedente, che per molti aspetti ricorda il gol dello 0-1 subito dal Torino qualche minuto dopo.

 

In questo caso D’Ambrosio recupera un pallone e lo serve a Brozovic, che trova il Torino impreparato a decidere se accorciare in avanti o fuggire all’indietro, sistemato in un 2-4-3-1 poco prudente contro due attaccanti in forma come Lukaku e Lautaro, e un passatore preciso come Brozovic.

 



 

L’azione termina sul fondo grazie a un intervento poco ortodosso ma efficace di Bremer su Lukaku, nel frattempo arrivato in area di rigore. È il primo vero acuto dell’Inter. Poi Sirigu batte la rimessa verso Izzo, ignorando Baselli che nel frattempo si era abbassato, e quindi mettendo tre uomini alle spalle della linea del pallone, virtualmente fuori dal gioco. Indirizzato dal pressing dell’Inter, che si preoccupa soprattutto di mantenere la compattezza centrale tenendo la linea di difesa bassa per negare la profondità al Torino, Izzo non trova altre soluzioni che muovere il pallone poco più avanti verso De Silvestri.

 



 

Approfittando del terreno veramente pesante, che fa sì che il pallone si muova molto lentamente, l’Inter riesce a chiudere nel giro di pochi secondi il lato di sviluppo del Torino portando avanti Biraghi, che raccoglie l’Inter in un pratico 4-4-2, con la linea di difesa ancora bassa. A quel punto Del Silvestri ha tre opzioni per muovere il pallone verso il centro ma sono tutte negate dalla marcatura dei giocatori dell’Inter, anche grazie all’inesauribile presenza di Lautaro Martínez, e allora non può far altro che tornare indietro da Izzo.

 



 

Izzo a quel punto alza la testa e tenta una giocata tipica per il Torino, che è la seconda squadra dopo il Parma per lanci lunghi e lunghezza media di passaggi: il campanile in direzione di Belotti. Anche se era un po’ inevitabile tentare questo tipo di soluzioni, considerando le condizioni del campo, di certo era sconsigliabile farlo dopo aver portato dieci uomini nella propria metà campo a supporto della manovra. In più il lancio lungo è stato un po’ impreciso, più vicino alla zona di Skriniar, e allora Belotti è dovuto andare a conquistarlo con la foga agonistica, peccando di esagerazione.

 



 

In questa azione, e in generale in tutta la partita, che la pioggia aveva già destinato al responso di una frammentata sequenza di episodi, hanno giocato un ruolo determinante la fortuna e l’organizzazione delle due squadre. È un peccato che Belotti si sia fatto male, anche se al termine della partita Mazzarri ha escluso la possibilità di una frattura parlando solo di una contusione al fianco sinistro, ed è un peccato che la pioggia abbia impedito di vedere azioni rapide, palla a terra, e di premiare la tecnica individuale. Allo stesso tempo, però, lo sviluppo dell’azione del Torino ha creato le condizioni perché Belotti si trovasse a sbilanciarsi sopra Skriniar con il compagno più vicino a dieci metri.

 



Nel secondo tempo l’Inter ha continuato a restare fedele al piano gara, anche dopo che l’infortunio di Barella ha portato Brozovic a occupare la posizione di mezzala qualche metro più avanti, con Borja Valero all’esordio stagionale, davanti alla difesa. L’Inter conosce ormai tanti strumenti per consolidare il possesso sotto pressione, così come per ricompattarsi a difesa dell’area di rigore, e può così giocare lunghe fasi di gioco senza mai correre rischi. Da parte del Torino sarebbe servita una grande partita sul piano fisico per mettere in crisi questo tipo di superiorità, che un po’ la pioggia non ha reso possibile, un po’ in questo momento non sembra nelle corde della squadra di Mazzarri.

 


Fino al novantesimo, l’Inter ha continuato a manipolare la struttura difensiva del Torino liberando uomini dietro le linee di pressione, con il coraggio di giocare palla a terra su un prato sempre più inzuppato.


 

È la terza volta in stagione che l’Inter vince andando sotto nel possesso palla, e questo dimostra come la squadra di Conte sia abile a interpretare spartiti diversi, modificando l’atteggiamento rispetto al contesto e rispetto ai momenti della partita. Contro il Torino ha rinunciato ad attaccare in ampiezza e ha puntato solo sui duelli in profondità, accettando anche di perdere qualche pallone in più e di sopportare fasi più prolungate di non possesso. La capacità di ribaltare il campo rapidamente ha portato anche al terzo gol di Lukaku, arrivato in circostanze tutto sommato simili al primo di Lautaro.

 

In questo caso è stato ancora decisivo Lautaro, che è andato a recuperare un pallone a ottanta metri dalla porta dopo che il Torino aveva avuto due occasioni, ed entrambe si erano dissolte in un cross innocuo dal fondo del campo. Poi l’argentino ha visto l’accorrente Brozovic, che nel pantano dell’Olimpico ha brillato doppiamente per consapevolezza, precisione, senso di leggerezza che ne accompagna le giocate. Da questi il pallone è andato a Lukaku, lanciato in campo aperto contro un impotente Bremer. È stato il gol che ha chiuso la partita, che ha privato di significato i successivi 35 minuti e che ha fatto registrare all’Inter una serie di record di discreta risonanza storica.

 

Termina, tra le altre cose, la striscia di otto partite consecutive senza vittorie nella città di Torino. Il primo marzo l’Inter tornerà a giocarci, nella cornice dello Juventus Stadium, e vedremo se fino ad allora avrà retto all’infortunio di Barella, alle rotazioni corte, alle difese chiuse e ai turni infrasettimanali. Nel frattempo la lotta per lo scudetto è ancora nel vivo, e nonostante Conte ce lo ricordi con tono polemico, questa è una buona notizia per tutti.

 

 

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