
Forse per noia, forse per stanchezza, forse più prosaicamente per un'offerta dell'Arabia Saudita, è terminata l’avventura di Simone Inzaghi sulla panchina dell’Inter. Si apre quindi ufficialmente il casting per la sostituzione di quello che è, numeri alla mano, il tecnico con la miglior percentuale di partite vinte rispetto a quelle giocate nella storia del club nerazzurro.
Quali sono i nomi che Beppe Marotta (presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato dell'Inter nonché l’uomo che si farà carico di trovare il sostituto di Inzaghi) vaglierà o che dovrebbe vagliare?
CESC FABREGAS
Quanto è inzaghiano: 70%
possibilità di vincere il campionato: 40%
estetica: 90%
garanzia di successo: 75%
Per molti è il favorito per questa successione. Il catalano ha avuto un’ascesa fulminea come allenatore una volta appese le proverbiali scarpette al chiodo. Nemmeno il tempo di iniziare l’avventura alla guida della Primavera del Como che ecco arrivare la chiamata dei fratelli Hartono (ricchissimi proprietari del club lariano) e del direttore Carlalberto Ludi per prendere in mano la prima squadra. Quel Como guidato da Moreno Longo non stava facendo male a livello di risultati, ma era lontano dal mostrare un gioco attraente al punto da soddisfare i palati fini della proprietà. Ecco allora giungere Fàbregas e, con lui, un vero e proprio cambio di passo. A fine campionato arrivano il gioco e la promozione in Serie A, la prima per il Como dopo vent’anni.
Quest’anno poi una tranquilla salvezza, ottenuta mostrando un calcio apprezzabile anche in Serie A, e che ha messo a frutto il budget particolare del Como per una neopromossa.
Dal punto di vista tattico il Como non ha giocato col 3-5-2 e le ripartenze che caratterizzano una neopromossa. Ha giocato invece come una grande che ambisce all'Europa: possesso palla del 54.6% (la stessa media del Napoli campione d’Italia e la sesta miglior percentuale del torneo in base ai dati Fbref), fluidità fra le due fasi di gioco (attaccava in un modo e difendeva in un altro, spesso a cinque tramite l’abbassarsi di Gabriel Strefezza come quinto aggiunto), occupazione razionale degli spazi secondo il modello del gioco posizionale, rotazioni offensive, adattabilità della formazione iniziale e dei compiti richiesti ai vari giocatori in funzione dell’avversario. Abbiamo visto il Como giocare con Patrick Cutrone centravanti e Nico Paz trequartista ma anche con lo spagnolo da falso nueve.
Sotto l’aspetto del modello quindi il passaggio da Inzaghi a Fàbregas sarebbe quello, sulla carta, più diretto. Anche nel modo di gestire i giocatori, così come nello sbracciarsi lungo la linea di bordocampo le similitudini fra i due balzano all’occhio. I dubbi sulla scelta derivano quindi essenzialmente dal cambio di contesto. Anche se Como è geograficamente vicina a Milano, un conto è allenare una squadra che, verosimilmente, l’anno prossimo sarà chiamata a fare un campionato da lato sinistro della classifica e un altro è guidare l’Inter, società che dirigenti, tifosi e media vogliono vincere qualcosa. Le pressioni, come si dice, sono diverse. A questo si aggiunga lo spogliatoio. Non sappiamo che tipo di restyling verrà fatto alla rosa interista ma, se l’età media rimarrà alta, lo spagnolo si ritroverebbe a doversi confrontare con calciatori già affermati e non con giovani da plasmare.
Infine due altre questioni importanti. La prima riguarda l’ingaggio. Il Como sembra disposto a concedere al tecnico un cospicuo aumento del suo attuale stipendio (si parla di un passaggio da uno a cinque milioni l’anno) e quindi l’Inter dovrebbe almeno pareggiare l’offerta. Inoltre i nerazzurri dovranno convincere il Como a liberare un allenatore che ha un contratto in essere fino al 2028 e che possiede anche alcune quote della società. Quote che Fàbregas dovrebbe cedere in caso di passaggio all’Inter.
PATRICK VIEIRA
Quanto è inzaghiano: 40%
possibilità di vincere il campionato: 20%
estetica: 90%
garanzia di successo: 45%
Con un passato nerazzurro, Vieira rappresenterebbe un profilo più esperto rispetto a Fàbregas. La carriera da allenatore di Vieira è iniziata al New York City FC nel 2015. Come è finito Vieira negli Stati Uniti? Semplice: dopo aver terminato la carriera da giocatore nel Manchester City, il francese ha fatto la trafila da tecnico nel settore giovanile del club inglese per poi essere mandato ad allenare il club statunitense, parte integrante della galassia del City Football Group.
Il lavoro inizia bene, e conduce la squadra newyorkese alla sua prima qualificazione ai playoff al suo primo anno sulla East Coast. Il tutto riproponendo i principi del gioco di posizione imparato da Guardiola al City.
Di Vieira si accorge la INEOS, che lo porta al Nizza. I due anni in Costa Azzurra fanno ulteriormente salire le quotazioni di Vieira: che guida l’OGC al settimo posto nella Ligue 1 2018/19 e al quinto (con qualificazione all’Europa League) in quello successivo. Le cose cambiano al terzo anno: il presidente Jean-Pierre Rivère si dimette, alcuni giocatori importanti vengono ceduti, la squadra parte male, viene eliminata dall’Europa e Vieira si ritrova esonerato a dicembre.
Arriva però subito la possibilità di rifarsi grazie alla chiamata del Crystal Palace, che apre al tecnico le porte della Premier League da allenatore. Il primo anno, ancora una volta, è positivo, con le Eagles che si classificano al dodicesimo posto, arrivando fino alle semifinali di FA Cup. L’anno dopo ecco però i problemi e, dopo una striscia di dodici partite senza vittorie, il club lo allontana.
Meno di tre mesi la BlueCo, proprietaria del Chelsea, lo ingaggia per allenare lo Strasburgo. La nuova avventura dura solo un anno, concluso con un buon tredicesimo posto che garantisce una tranquilla salvezza.
Vieira torna in pista a novembre 2024 prendendo in mano il comando del disastrato Genoa di Alberto Gilardino. Il lavoro che fa è subito d’impatto. Con lui in panchina i rossoblù migliorano soprattutto a livello difensivo, ma non solo, incamminandosi verso una seconda parte di stagione tranquilla.
Vieira conosce i dettami del calcio posizionale. Le sue squadre migliori - il primo Crystal Palace e il Genoa - sono state però espressione di un calcio aggressivo, intenso e verticale più che di palleggio. Solidità insomma, più che estetica. A questa differenza di stile fra Vieira e Inzaghi si deve poi aggiungere il fatto che, quando ci sono stati dei conflitti, il francese non li abbia gestiti al meglio. È successo, com’è noto, con Mario Balotelli al Nizza ma anche con Wilfried Zaha quando quest’ultimo, al Palace, ne ha criticato le scelte tattiche senza venir in nessun modo ripreso dall’allenatore - aprendo poi delle crepe nello spogliatoio.
CRISTIAN CHIVU
Quanto è inzaghiano: 30%
possibilità di vincere il campionato: 15%
estetica: 60%
garanzia di successo: 25%
Chivu ha dalla sua il fatto di conoscere bene l’ambiente nerazzurro recente, essendo stato allenatore della squadra Primavera dal 2021 al 2024. Fra allenare quest’ultima e una prima squadra in Serie A c’è però la stessa differenza che intercorre fra mangiare e stare a guardare.
Non è un nome che scalda i tifosi ovviamente. L'unica esperienza tra i professionisti di Chivu è stata al capezzale di un moribondo Parma a febbraio 2025, quando tirava aria di retrocessione, soprattutto per un calendario proibitivo.
Chivu ha rivitalizzato la squadra vincendo subito all’esordio contro il Bologna. Dopo una sconfitta successiva rimediata con l’Udinese, i gialloblù hanno messo la quarta infilando una striscia di sette risultati utili consecutivi comprendenti anche pareggi con Fiorentina, Inter e Lazio e una prestigiosa vittoria contro la Juventus. In pratica, Chivu ha salvato il Parma facendo punti con le grandi (inclusi i quattro punti conquistati nelle ultime due partite contro Napoli e Atalanta).
Tatticamente la prima cosa che ha aggiustato Chivu appena arrivato al Tardini è stata la fase difensiva. Dopo aver ricevuto in eredità una squadra colabrodo il tecnico rumeno ha aggiustato il tiro mostrando un Parma meno spregiudicato e più prudente, attento agli equilibri e che non ha disdegnato di difendere a cinque, sfruttando poi in avanti la fisicità e la vena realizzativa di Mateo Pellegrino. L’idea che ha lasciato la sua prima esperienza in una prima squadra è quindi quella di un tecnico malleabile, in grado di adattarsi agli uomini a disposizione.
Detto ciò, il Parma non brillava a livello offensivo, così come la Primavera nerazzurra guidata dallo stesso Chivu non viene ricordata come particolarmente spettacolare. Qualora dovesse essere lui il prescelto, Chivu avrà la necessità di migliorare qualcosa a livello di proposta di gioco.
ROBERTO DE ZERBI
Quanto è inzaghiano: 65%
possibilità di vincere il campionato: 50%
estetica: 50%
garanzia di successo: 50%
Ogni volta che si apre un vuoto da colmare su una panchina di una grande squadra italiana, regolarmente comincia a circolare il nome di De Zerbi. Finora, però, questa eventualità non si è mai verificata e così il tecnico bresciano è andato a miracol mostrare all’estero, dove ha trovato più pazienza nei confronti dell’attuazione di un progetto tecnico che richiede tempo e calma per essere assorbito dai giocatori e compreso da pubblico e stampa.
Perché allora dovrebbe lasciare Marsiglia (dove pure ha incontrato delle difficoltà) per imbarcarsi in un’avventura come quella interista, che presenta più oneri che possibilità di onori?
Per quanto riguarda il gioco, il modello dezerbiano è ormai conosciuto da tutti. Detto in parole povere, si tratta del modello posizionale di matrice olandese-catalana che ha nel possesso la sua arma di offesa principale. Questo controllo è funzionale ad attirare la pressione avversaria per poi andare ad attaccare negli spazi che si creano nella struttura difensiva che si ha davanti. In pratica, si attacca in base a come il rivale decide di difendere.
All’interno di questo contesto la struttura offensiva può variare in base al piano gara predisposto per affrontare l’avversario di turno (si pensi alla difesa che può essere a due o tre centrali).
Sotto questo aspetto il passaggio da Inzaghi a De Zerbi non dovrebbe essere particolarmente complicato, anche se potrebbe teoricamente comportare una minor ricerca della verticalità immediata per gli attaccanti in talune situazioni. Qualche dubbio in più ci sarebbe a livello di fase difensiva. È vero che in questa stagione RdZ è stato spesso costretto ad arretrare un centrocampista sulla linea difensiva causa infortuni (solitamente l’ex interista Geoffrey Kondogbia), tuttavia l’OM ha concesso la bellezza di 47 reti in campionato e questo nonostante l’ottima stagione del portiere argentino Gerónimo Rulli che, in base ai Post-Shot Expected Goals (PSxG) calcolati da Fbref, ha evitato 2.5 reti in più rispetto a quelle che avrebbe dovuto effettivamente subire sulla base della qualità dei tiri ricevuti.
THIAGO MOTTA
Quanto è inzaghiano: 70%
possibilità di vincere il campionato: 35%
estetica: 30%
garanzia di successo: 40%
È il grande bocciato di quest’anno dopo la fallimentare annata con la Juventus. Non tutta la colpa è stata sua, basti ricordare il rendimento sotto le attese di molti giocatori o gli infortuni subiti da due difensori chiave come Bremer e Juan David Cabal, elementi chiave anche nella fase di possesso. Lui, però, ci ha messo del suo, incaponendosi nel tentativo di mettere in pratica alcuni aspetti del gioco visto a Bologna e che non riusciva a replicare a Torino.
In pratica Motta ha seguito una forma radicale di posizionismo, senza però quel tocco di "relazionismo" che lo aveva contraddistinto in rossoblù, là dove cioè i giocatori perimetrali (esterni) tendeva a fissare degli spazi mentre quelli centrali puntavano più a creare legami associativi. Probabilmente non è stata nemmeno una scelta.
Alla Juventus di relazionale non si è visto nulla. Si è invece assistito al tentativo di forzare alcuni elementi fuori posizione, nella convinzione che l’importante fosse occupare lo spazio, non importava con chi. Questo non ha permesso di sfruttare i pregi dei singoli, esponendoli invece spesso ai loro difetti. Insomma, giocatori usati fuori ruolo o, in termini filosofici, un esse sequitur operari (sei il ruolo che fai) invece di un operari sequitur esse (i tuoi compiti dipendono dalle tue caratteristiche).
I principi di gioco di Motta di per se stessi non differiscono troppo da quelli di Inzaghi. Tuttavia a Milano l’ex allenatore della Juve dovrebbe andare maggiormente incontro alle caratteristiche degli elementi che avrebbe a disposizione. Altrimenti il rischio diventerebbe quello di sbattere nuovamente contro un muro, con la possibilità poi di essere etichettato come un allenatore da squadre di medio livello e non più come un predestinato come si era detto e scritto dopo Bologna.
DUE CHIAMATE INVEROSIMILI MA INTERESSANTI
-MATTIA CROCI-TORTI
Quanto è inzaghiano: 50%
possibilità di vincere il campionato: 20%
estetica: 35%
garanzia di successo: 20%
Chi meglio di un interista di ferro per guidare i nerazzurri? Mattia Croci-Torti è il miglior allenatore della Super League, la massima serie svizzera. Al Lugano dal 2021, il tecnico ha riportato il sodalizio del Canton Ticino a vincere qualcosa (Coppa Svizzera 2022) oltre a rendere il club bianconero una presenza costante in Europa.
Avete davvero modi migliori per spendere i vostri prossimi 18 minuti?
Tatticamente il suo tipo di calcio ha dei punti di contatto con quello di Inzaghi e questo potrebbe favorire la transizione. Certo la pressione della piazza sarebbe "leggermente" diversa da quella luganese ma lo svizzero sembra pronto al grande salto. Per quelli che considerano gli svizzeri figli di un calcio minore ricordiamo che, da noi, hanno fatto bene Roy Hodgson e Vladimir Petković, già visti a quelle latitudini. E poi la Svizzera ci ha eliminato dagli ultimi Europei, qualcosa avremo da imparare, no?
-MARTIN DEMICHELIS
Quanto è inzaghiano: 65%
possibilità di vincere il campionato: 20%
estetica: 55%
garanzia di successo: 15%
Quarantaquattro anni, ex allenatore del River Plate, Demichelis ha conseguito il patentino Uefa Pro a Coverciano. Ex centrocampista della nazionale argentina e del Bayern, proprio in Baviera ha cominciato ad allenare la squadra riserve del club monacense, prima di fare il grande salto al River Plate. La sua proposta di gioco è interessante e si fonda su un possesso che non disdegna di andare in verticale quando se ne presenta l’opportunità.
Rispetto a Inzaghi l’argentino offre maggior importanza ai corridoi centrali del campo, dove spesso attira gli avversari per poi magari andare per vie esterne. In questo senso, partendo da un modello vicino al gioco di posizione, Demichelis ha poi presentato al River caratteristiche di gioco che possono essere ricondotte al modello relazionale dell’Argentina di Lionel Scaloni. Certo sarebbe difficile per Marotta presentare un allenatore la cui traiettoria col club di Buenos Aires è oggetto di dibattito e che è stato esonerato dal Monterrey, nella Liga MX. Però il legame con l'argentina dell'Inter, il passato in grandi squadre potrebbe far funzionare Demichelis in un contesto che avrebbe bisogno di un cambio radicale come quello nerazzurro.