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Foto di Antonio Trogu/LaPresse
Calcio Marco D'Ottavi 22 maggio 2020 6'

Siena-Inter: un titulo

Ricordo della partita che assegnò lo Scudetto, a dieci anni dal Triplete.

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In trasferta a Siena per l’ultima giornata, l’Inter deve vincere per assicurarsi il titolo di Campione d’Italia. Pochi giorni prima ha battuto la Roma in finale di Coppa Italia, in una partita decisa da un gol di Milito e che passerà alla storia per il calcio di Totti a Balotelli. E sempre dalla Roma si deve difendere in campionato, distante due punti ma con gli scontri diretti a favore. È il momento di maggiore tensione tra le due squadre che in quel periodo dominano il panorama italiano.

 

Mourinho non si fa pregare e alla vigilia della partita accusa neanche troppo velatamente i giallorossi di aver promesso dei soldi al Siena per vincere: «Chissà se la Roma, che non paga il premio per la Coppa Italia, è disponibile a dare qualche soldo in più al Siena». Mezzaroma, il presidente del Siena romano e romanista, nega l’esistenza di qualunque premio per i suoi giocatori, ma di certo non nasconde il sogno di uno storico sgambetto: «Chi non ha le motivazioni giuste per tenere alto il nome di Siena può andarsene al mare a mangiare pasta e vongole». 

 

Sulla carta la partita dell’inter sembra solo una formalità, anche se la finale di Champions sullo sfondo può essere una distrazione a cui l’allenatore portoghese dice di «non pensare troppo». Prima della partita una decina di tifosi romanisti va a incontrare i calciatori del Siena, per chiedere loro di impegnarsi, in particolar modo a Curci e Rosi, tesserati della Roma in prestito al Siena. Pizarro invece si appella al divino: «Dicono che i miracoli esistono, speriamo che accada per la Roma». 

 

Il 16 maggio all’Artemio Franchi fa un freddo fuori stagione, il campo è bagnato dalla pioggia scesa nelle ore precedenti. L’Inter si schiera in campo con il 4-2-3-1 che Mourinho ha cucito sulle caratteristiche dei suoi giocatori. In porta c’è Julio Cesar, la linea di difesa è composta da Maicon a destra, Materazzi – preferito a Lucio non al meglio – e Samuel al centro, Zanetti a sinistra. In mediana Cambiasso e Thiago Motta, mentre in attacco è Eto’o ad agire alle spalle di Milito con Sneijder dirottato a sinistra e Balotelli a destra. Una scelta in controtendenza con l’epica di Eto’o esterno e l’olandese trequartista, probabilmente fatta per avere due attaccanti nella zona centrale dell’attacco in fase offensiva.

 

La squadra di Mourinho parte lenta, vuole controllare il ritmo della gara senza forzare nulla. Il Siena si difende con un 4-1-4-1 che gli permette di creare un blocco basso in zona centrale per costringe l’Inter ad attaccare dalle fasce. Nei primi minuti la squadra di Malesani riesce a contenere abbastanza bene l’attacco dell’Inter, a cui però basta una fiammata per creare occasioni pericolose, come dimostra una stupenda azione tutta di prima che permette a Milito di colpire di testa nel cuore dell’area di rigore. Il suo tiro però è troppo centrale.

 


I quattro davanti si scambiano le posizioni continuamente, Balotelli è imprendibile e la difesa diventa più intraprendente nel recupero palla. L’Inter inizia ad essere una presenza costante nell’area del Siena, come se avesse capito che il momento è quello giusto per vincere. La tattica dei toscani rimane la stessa, difendere il centro per costringere l’Inter ad attaccare coi cross. Schierare contemporaneamente tre centravanti però permette ai nerazzurri di avere sempre qualcuno di pericoloso in area di rigore, come dimostra la traversa presa da Balotelli con una spettacolare rovesciata acrobatica. Se l’Inter non passa in questa fase è colpa di una strana imprecisione dei suoi attaccanti, che in diverse occasioni graziano Curci.

 

Sul finire del primo tempo la Roma passa in vantaggio a Verona e lo stadio festeggia, a rimarcare ulteriormente la strana alleanza che si era creata in quei giorni contro la squadra di Mourinho. Pochi minuti dopo raddoppia. Sono gli unici cinque minuti in cui l’Inter non ha il controllo della partita. Con Jajalo e Maccarone il Siena prova ad imbastire qualche azione, ma veri rischi per Julio Cesar non arrivano (se si esclude una grande occasione capitata a Ekdal nei primi minuti quasi per caso).

 

Nel secondo tempo la partita riprende il suo corso: l’Inter controlla il gioco, il Siena si difende. Nonostante il momento, con la Roma ormai certa dei tre punti, la squadra di Mourinho appare tranquillissima all’uscita dagli spogliatoi. Non forza mai il gioco alla ricerca del gol decisivo, consapevole che arriverà come è arrivato nelle partite precedenti. Anche il cambio tra Pandev e Thiago Motta dopo 8 minuti di gioco, con Sneijder portato nei due di centrocampo, non squilibra la squadra né gli mette fretta, con Thiago Motta e Cambiasso che continuano a orchestrare il gioco come se fosse una partita come un’altra.

 

Il gol di Milito è la logica conseguenza della superiorità di quella squadra. Zanetti parte dall’esterno in conduzione verso il centro, con un accelerazione salta due avversari e prima del recupero del terzo con la punta del piede serve Milito, appostato nello spazio tra il centrale e il terzino avversario. Dal vivo sembra un gol facile: l’argentino controlla il pallone e per imperizia della difesa si trova davanti a Curci, ma dal replay si può notare la qualità con cui Milito si crea l’occasione da gol, una sequenza di tocchi praticamente perfetta. Prima di ricevere il passaggio veloce di Zanetti, l’argentino ha già girato il corpo verso la porta, con l’esterno destro controlla il pallone facendoselo passare oltre il corpo per impedire il recupero di Terzi, poi dopo due tocchi batte Curci con un preciso esterno destro sul palo lontano. Un gol per qualche verso simile a quello che segnerà da lì a qualche giorno a Madrid, a dimostrazione di come in quel momento Milito fosse in semplicemente il miglior centravanti del mondo, soprattutto nella sequenza “primo controllo e tiro in porta”.

 

 

La capacità di Mourinho di gestire quella squadra si vede anche dalle piccole cose: ancora prima della ripresa del gioco fa entrare Stankovic, fatto scaldare in precedenza, per Balotelli, riequilibrando l’assetto tattico della squadra con un 4-3-3 in cui le due mezzali sono il serbo e Sneijder. Da quel momento la partita diventa una specie di formalità, con il Siena che prova a tirare fuori la testa sbattendo però contro una squadra semplicemente invincibile. 

 

Rimane spazio per un paio di sbroccate di Rosi con Pandev e Stankovic, ex laziali, e per un cross sbilenco sempre del terzino che per qualche decimo di secondo dà l’illusione di essere diretto verso l’incrocio della porta di Julio Cesar. Questi episodi hanno creato nel tempo una specie di alone magico circa la prestazione di Rosi in quella partita, anche se nella realtà la sua partita fu piuttosto mediocre – ad esempio è lui che si fa tagliare davanti da Milito nel gol – e il suo contributo rimane legato più alle accese discussione con gli avversari negli ultimi minuti, quando l’Inter cercava di rallentare il gioco. Al contrario Curci fu autore di 4 o 5 parate di buon livello, di cui un vero e proprio miracolo su Milito, facendo del suo meglio per aiutare i suoi “compagni” della Roma.

 

 

 

Una vittoria di quell’Inter contro un Siena retrocesso non era certo impronosticabile e non deve far gridare al miracolo. Tuttavia l’autorità mostrata nei 90 minuti conferma l’eccellente condizione psicologica dell’Inter in quei mesi, una condizione che gli ha permesso di vincere diverse partite fondamentali anche con scarti minimi, controllando risultati in bilico con il proprio carisma. In Serie A esistono diversi esempi di squadre forti cadute davanti al traguardo contro avversari inferiori: la fatal Verona, il 2-3 tra Roma e Lecce, l’acquazzone di Perugia, il 5 maggio, quell’Inter però era avulsa alle pressioni dall’esterno che potevano condizionare una partita come quella con il Siena. 

 

Ovviamente una buona parte del merito deve andare a Mourinho, capace di creare intorno ai suoi giocatori una patina inscalfibile anche per mezzo dei suoi artifici retorici. Solo nei giorni prima della partita con il Siena oltre ad aver accusato la Roma di voler pagare un premio al Siena, ha litigato con Ranieri, uno dei suoi bersagli preferiti, rispondendo all’allenatore romano che lo accusava di averlo annoiato: «La noia di Ranieri? Che cos’è la noia di Ranieri? Ho studiato e conosco solo ‘La Nausea’ di Jean-Paul Sartre». Dopo la partita con il Siena, dove ha lasciato il campo pochi secondi prima del fischio finale ha dichiarato polemicamente «Qui non mi sento a casa», spostando l’attenzione dalla squadra al suo possibile approdo al Real Madrid.

 

Certo questi “trucchi” dell’allenatore portoghese sono noti, ma non hanno mai funzionato così bene come nella stagione del triplete dell’Inter, forse perché assorbiti perfettamente da un gruppo arrivato alle ultime partite della stagione al picco della sua maturità. L’Inter non era forse la squadra più forte d’Europa, ma certamente era quella più consapevole della propria forza, capace di affrontare ogni partita con la sicurezza di poter vincere. Contro il Siena, l’Inter è scesa in campo come sempre: come se giocasse su un campo inclinato, cioè, dove la vittoria finale era l’unica possibilità di arrivo. E non c’è da stupirsi se poi così è stato,  a Siena come in tutte le altre competizioni disputate.

 

 

Tags : intermourinhoserie atriplete

Marco D'Ottavi è nato a Roma, fondato Bookskywalker e lavorato qui e là.

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