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Dario Pergolizzi
Sulle spalle di Nicolò Barella
18 ago 2020
18 ago 2020
La sua prestazione è stata una delle chiavi della vittoria dell'Inter contro lo Shakhtar.
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Dario Pergolizzi
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Il cammino dei nerazzurri nella fase a eliminazione diretta dell’Europa League, dopo aver mancato la qualificazione agli ottavi di Champions non senza qualche rimpianto, è stato lineare e sicuro, senza troppi acuti (a eccezione di

), ma neanche particolari rischi. La maturità con cui la squadra di Conte ha affrontato e superato i vari turni per arrivare fino in semifinale ha probabilmente aiutato l’Inter a trovare una consapevolezza della propria forza, che in un torneo breve e particolare come quello che si sta svolgendo a Düsseldorf può fare la differenza in maniera netta, come dimostrato contro lo Shakhtar Donetsk.

 

C’è stato un momento particolare, però, che ha indirizzato la partita, dopo un inizio abbastanza lento.

 

Intorno al diciannovesimo minuto Khocholava a seguito di un accenno di pressing da parte di Lukaku ha scaricato la palla all’indietro verso il proprio portiere Pyatov. Per affrontare la costruzione bassa avversaria l’Inter ha scelto di disporsi praticamente a specchio: Lukaku e Lautaro controllano i due centrali difensivi, Brozovic e Gagliardini i centrocampisti Stepanenko e Marcos Antonio. Lukaku però ha deciso di staccarsi dal suo uomo per accennare una corsa verso Pyatov che, evidentemente impaurito, ha provato a lanciare verso il terzino sinistro Matviyenko, libero da marcature e molto largo.

 

Il lancio però è risultato lento e impreciso, perfetto per essere intercettato da Nicolò Barella, l’unico dei centrocampisti di Conte a non avere in prima consegna un uomo. Barella libero da marcature può controllare il pallone di piatto destro e – anche se il suo primo controllo non è perfetto – è abile nell’evitare il recupero in scivolata di Matviyenko spostando la palla con l’esterno oltre l’avversario per mandarla verso la linea laterale. Saltata la pressione del terzino, Barella si trova il pallone a pochi metri alla destra del vertice dell’area con la possibilità di alzare la testa e guardare verso il centro dell’area di rigore.

 

Gli basta una frazione di secondo per guardare la posizione favorevole di Lautaro sul secondo palo, in uno contro uno con l’avversario, e servirlo con un cross morbido ma affilato. In sostanza 

il taglio a Lautaro davanti a Kryvtsov.

 

Certo la precisione tecnica della giocata di Lautaro non è banale e non si può dire che il gol sia

Tuttavia, nella sua essenzialità, l’azione del centrocampista dell’Inter è una buona fotografia del dominio incontrastato dell’Inter sulla squadra di Luis Castro.

 

Lungo tutta la stagione ci siamo potuti fare un’idea abbastanza nitida dell’identità dell’Inter di Conte, una squadra che vuole costruire le proprie occasioni con un gioco diretto partendo dal basso, ma anche aggressiva sulla costruzione avversaria per creare occasioni recuperando in alto sul campo. Se la costruzione dal basso è stata spesso una delle migliori armi dei nerazzurri (da ricordare il primo tempo della partita con il Barcellona), la pressione alta non ha sempre funzionato e anzi non sono mancate le partite in cui l’Inter è finita per abbassarsi un po’ più del previsto regalando fiducia agli avversari. Contro lo Shakhtar, però, 3 dei 5 gol (e diverse altre occasioni) sono arrivati attraverso ripartenze corte nella metà campo avversaria dopo aver recuperato il pallone.

 

Nei primi minuti di gioco, nonostante qualche imperfezione nella gestione del pallone dopo la riconquista, l’Inter aveva messo in campo un buon pressing, sfruttando Barella in una posizione ibrida che lo vedeva partire stretto per poi attivarsi sul trigger del passaggio verso il terzino sinistro degli ucraini, lasciato volutamente libero da marcature proprio per indirizzare lì il possesso dello Shakhtar. Con D’Ambrosio impegnato a controllare Taison toccava all’ex Cagliari il delicato compito di leggere con il giusto tempismo il momento in cui uscire, chiamando di conseguenza in avanti tutta la squadra.

 

La prima vera riuscita di questa soluzione di pressing era arrivata solo un paio di minuti prima del gol, quando l’Inter è riuscita a forzare un errore portando addirittura Godin alle spalle di Alan Patrick. In questo caso, è stato proprio Barella a intercettare il passaggio timoroso di quest’ultimo, leggere l’inserimento di Lautaro e provare a servirlo con un lancio in avanti.

 

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Dopo questa giocata l’Inter ha forse metabolizzato l’idea di poter far male allo Shakhtar attraverso questo tipo di riconquiste, incrinando anche le sicurezze della squadra ucraina. Barella è il giocatore che forse rappresenta meglio l’identità dell’Inter in queste situazioni, non solo per il suo linguaggio del corpo costantemente irrequieto e per la foga negli interventi andando in avanti, ma anche per la capacità di pensare immediatamente alla giocata successiva.

 



Se al Cagliari Barella si era imposto soprattutto grazie alle sue doti di interdizione e di quantità, nonostante dei buoni fondamentali tecnici che però non venivano mai troppo stimolati, Conte è stato abile a leggere la ricchezza del gioco della sua mezzala e a svilupparla. Barella forse è ancora un po’ grezzo sotto alcuni aspetti e non stupirebbe se nei prossimi anni riuscisse a ripulire ulteriormente il suo gioco, a partire dall’eccessivo numero di ammonizioni (ben 11 quest’anno) e una maggior cura nel primo controllo. La partita di ieri ha però dimostrato ancora una volta che, per quello che gli richiede l’allenatore in quella posizione, il profilo dinamico di Barella è perfetto.

 

Nell’intervista post partita ai microfoni di Sky, è stato lo stesso centrocampista a riconoscerlo: «Il mister mi ha migliorato in tutto, nella mentalità, nel mio modo di giocare, prima ero molto più istintivo, ora diciamo che uso di più la testa».

 

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Rimessa laterale di D’Ambrosio su Lukaku che la prolunga di testa, Barella si inserisce e arriva al tiro, centrale ma forte e insidioso per Pyatov.


 

Dopo l’infortunio di Sensi a fine 2019, l’Inter era sembrata un po’ piatta nella varietà di gioco del suo centrocampo, un limite che era stato in parte sopperito dall’intesa tra Lukaku e Lautaro, intesa su cui nel corso della stagione tutta la squadra si era accomodata eccessivamente preferendola a altre soluzioni per risalire il campo. Dopo il lockdown, nonostante l’arrivo di Eriksen, Conte non è mai sembrato del tutto convinto dal cambiare sistema, ma la crescente responsabilizzazione di Barella anche nelle fasi di gestione della palla in uscita dalla difesa ha comunque permesso all’Inter di provare a integrare il danese nel sistema di gioco di Conte. Per esempio attraverso la sua discesa in difesa con la conseguente 

di destra in impostazione. Insomma, Barella è salito definitivamente in cattedra in un momento in cui all’Inter serviva un centrocampista di personalità in entrambe le fasi, per attaccare gli spazi di lato e in avanti, per supportare Brozovic, per attivare un livello di pressing più intenso e ovviamente, quando c’è bisogno, per fare anche qualche corsa all’indietro.

 

Il bel gol di esterno destro contro il Bayer (oltre a tutta la prestazione, che gli era valsa i

) avrebbe potuto essere già da solo un ottimo coronamento di questo percorso, dato che nonostante tutto Barella non ha segnato tantissimo (4 gol, uno in ciascuna competizione giocata), ma la prestazione della semifinale è sicuramente una sintesi più fedele della sua importanza nel gioco dell’Inter. Anche senza essere uno snodo ricorrente nelle trame di passaggi, Barella contribuisce alla creazione di occasioni coi suoi movimenti, coi suoi recuperi (contro lo Shakthar 3 intercetti e 3 contrasti vinti) e anche con questo nuovo intuito per la rifinitura e la trasmissione del pallone.

 

Oltre all’assist nella prima ripartenza, Barella è entrato, in maniera meno diretta, anche nel gol del 3-0 (raccogliendo una seconda palla e servendola di prima a Lukaku) e del 5-0 (velo in favore di Lukaku). La sua funzione in campo, dunque, non è stata solo quella di bilanciare lo scaglionamento in fase di pressing dell’Inter per permettere a D’Ambrosio di rimanere più vicino all’ala avversaria senza rinunciare al trigger sul passaggio laterale.

 

Barella è ormai perfettamente integrato e connesso con i compagni e con le partite, e rappresenta fedelmente l’identità che l’Inter di Conte sta mettendo in campo in questa Europa League: una squadra fastidiosa da affrontare per l’intensità e il dominio fisico che ha sulle partite, ma che in realtà basa il suo gioco sull’accuratezza tecnica di alcuni suoi giocatori e sulla capacità tattica del loro allenatore di ottenere il massimo da loro.

 

In questo sistema Barella è diventato una certezza per Conte, aggiungendo alle sue capacità di interditore anche una ricchezza tecnica utile al gioco diretto e verticale dell'allenatore salentino. Queste ultime due partite di Europa League, in attesa della finale, sono lì a dimostrarlo.

 

 

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