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Foto di Giuseppe Cacace/Getty Images
Fondamentali Alfredo Giacobbe 22 febbraio 2016 8'

La cura dei dettagli

L’Inter ha battuto una Samp in difficoltà, ma non ha ancora risolto i suoi problemi.

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Mancini ha cambiato di nuovo la sua Inter e ha battuto la Sampdoria 3-1, grazie anche al terzo gol di Icardi nelle ultime quattro partite. Eppure la Sampdoria di Vincenzo Montella, coi pochi mezzi che ha a disposizione, è riuscita a creare non pochi problemi ai nerazzurri. E tra le molte angolature con cui si può guardare alla partita di sabato, tanto vale cominciare con la mutazione della Sampdoria dell’ex “Aeroplanino”.

 

Dopo gli sconvolgimenti del mercato invernale, la priorità per Montella sembra quella di riuscire a far costruire il gioco palla a terra alla propria squadra. Per questo dalla sconfitta in trasferta subita per mano della Roma, tre giornate fa, la Samp ha cambiato sistema di gioco: il nuovo modulo poggia sulla difesa a tre, che semplifica immediatamente il giro palla in fase di costruzione bassa, senza ricorrere né alle discese dei centrocampisti tra i centrali, né all’abbassamento dei terzini. Questi ultimi, anzi, possono provare ad alzarsi subito, costringendo le maglie della difesa avversaria ad allargarsi orizzontalmente da fascia a fascia.

 

 

Ranocchia, ora perno centrale della difesa, è la maniglia sulla quale i centrocampisti e i terzini si appoggiano per cambiare gioco da un lato all’altro. E in questo almeno, l’ex capitano dell’Inter non delude: in tre occasioni almeno ha mostrato di avere una buona visione di gioco e di saper lasciare andare la gamba. Una volta portato il pallone nella metà campo avversaria, il problema per la Samp diventa quello di controllare la zona centrale: con questo obiettivo, e in maniera simile a quanto fanno i centrocampisti della Fiorentina, i due mediani (Fernando e Soriano) e i due trequartisti (Correa e Alvarez) fanno quadrato mettendo in inferiorità numerica i centrocampisti avversari.

 

Controllare il centrocampo

Contro l’Inter, la Sampdoria ha preso il comando delle operazioni (il possesso palla è stato pari al 56%) e ha trovato buone combinazioni, soprattutto sul lato destro dove Ivan è stato più propositivo di Dodò, forse perché meno impensierito dalle ripartenze di Perisic rispetto a quanto non lo fosse il terzino brasiliano da quelle di Biabiany (che Mancini ha anche provato a spostare sulla fascia di Ivan forse con lo scopo forse di frenarlo), o magari perché si sentiva protetto dalla copertura di Fernando e Cassani dal suo lato. Così, nei primi venti minuti la Sampdoria è andata al tiro cinque volte, quattro delle quali portando l’attacco da destra.

 

Ed è interessante soffermarsi su una di queste circostanze, per comprendere non solo il modo con cui la Sampdoria ha provato a fare gioco, ma anche per osservare l’atteggiamento dell’Inter in fase difensiva.

 

Soriano

 

All’ottavo minuto Fernando arretra di qualche metro per coprire l’avanzata di Cassani. Brozovic non ritiene necessario andare a chiudere la visuale del terzino ex Parma, tant’è vero che Quagliarella si butta alle spalle della difesa interista, suggerendo la verticalizzazione a palla scoperta. Cassani passa invece dai piedi di Fernando che, attaccato da Eder in colpevole ritardo, può favorire lo sviluppo dell’azione centralmente servendo a sua volta Soriano. Il centrocampista della Nazionale punta Melo che non riceve l’aiuto né di Brozovic, ora impegnato da un altro uomo, né di Biabiany, sempre troppo lontano. Soriano decide di saltare il brasiliano sul lato destro per combinare poi con Ivan e tentare il cross in area.

 

 

Nell’occasione successiva, il tempo che viene concesso a Correa per ricevere il pallone, girarsi, alzare la testa e servire l’inserimento di Quagliarella alle spalle di Murillo, in mezzo a quattro nerazzurri, è decisamente eccessivo. Per non parlare di Biabiany, sempre largo e a ridosso della posizione di terzino destro, invece di stare al fianco di Melo. Situazioni, queste descritte, che dicono molto circa l’organizzazione generale della fase difensiva dell’Inter di oggi.

 

E invece, in attacco, che Inter è quella odierna? Il gol trovato su calcio piazzato al ventitreesimo ha sbloccato l’equilibrio della partita e non ha fatto altro che avvalorare il piano di gioco interista: recuperare la palla vicino alla propria area di rigore (sia il baricentro medio, 47 metri, che l’atteggiamento nel recupero palla, 30 metri, è stato molto basso) e ripartire: più del 37% dei passaggi totali nerazzurri sono stati lanci lunghi o verticalizzazioni. D’altra parte, si trattava forse dell’unico modo in cui l’Inter avrebbe potuto giocare la sua partita, considerate le difficoltà che ancora ha mostrato nel portare il pallone nella metà campo avversaria. L’Inter ha realizzato il 74% dei passaggi provati, in pratica i giocatori interisti hanno sbagliato in media più di 1 passaggio ogni 4.

 

Miranda

 

L’esempio migliore viene dal primo minuto di gioco, con una pressione piuttosto blanda da parte degli attaccanti sampdoriani e Miranda che lancia il pallone verso le punte (verso Eder, tra l’altro, e non Icardi che è più abile nel fare da riferimento sui lanci lunghi). Il centrale brasiliano aveva a disposizione l’opzione di giocare palla a terra sia verso Nagatomo sia verso Melo, e se l’idea era quella di lanciare lungo perché allora l’Inter aveva allargato i centrali tenendo i terzini bassi? Perché non ha rinviato lungo direttamente Handanovic?

 

due-quattro-quattro

 

L’attitudine posizionale dei nerazzurri mi ha ricordato quella del Real Madrid nel Clásico disastroso di novembre: i quattro giocatori offensivi, isolati e imbrigliati nelle maglie della difesa avversaria, restavano passivi in attesa che gli venisse portato il pallone; gli uomini di difesa e centrocampo, appiattiti sulla stessa linea, erano incapaci di creare linee di passaggio tali da favorire la trasmissione del pallone in avanti. Nella maggior parte delle occasioni Melo e Brozovic hanno restituito palla ai difensori centrali o lo hanno giocato orizzontalmente verso un terzino o un’ala.

 

Sulle fasce è sembrata incomprensibile la scelta di schierare Nagatomo a destra e D’Ambrosio a sinistra. Quest’ultimo è apparso in grossa difficoltà, risultando il peggiore dei ventidue in campo per numero di palle perse (35) e per passaggi sbagliati (17). Eppure, se qualcosa di buono si è visto è stato proprio sulle fasce: l’intesa tra terzino e ala ha trovato sviluppo in frequenti sovrapposizioni. Che spesso, però, sono state penalizzate dal movimento inefficace delle punte. Eder e Icardi hanno lavorato sulla stessa linea, ricercato gli stessi spazi, e sono stati più volte richiamati da Mancini, che chiedeva loro di piazzarsi perpendicolarmente, come in un 4-4-1-1. Eder finirà per essere sostituito con Ljajic poco dopo il 2-0.

 

Biabiany

 

Per fare un esempio concreto: al sedicesimo Biabiany riceve palla da D’Ambrosio, che va in sovrapposizione. Il francese rientra sul destro e trova l’arbitro nella posizione in cui avrebbe dovuto esserci Icardi, per completare la combinazione con il terzo uomo, D’Ambrosio per l’appunto. Invece il capitano nerazzurro chiama col braccio la palla in profondità, mentre D’Ambrosio deve fermarsi per non finire in fuorigioco. Biabiany, assalito dai dubbi, si fa togliere palla.

 

Il risultato di una simile confusione è stato che l’Inter ha avuto come unica arma offensiva le transizioni veloci di Biabiany. Il francese è stato il più attivo dei suoi, riuscendo nel dribbling 5 volte su 8 tentativi e arrivando al cross in 8 occasioni. E dagli sviluppi di un calcio d’angolo a favore della Sampdoria, con un ribaltamento di fronte guidato proprio dalla sua corsa, l’Inter ha guadagnato il corner che l’ha portata al primo gol.

 

Zona vs uomo

È interessante, a questo punto, soffermarsi su come le due squadre difendevano e attaccavano su calcio d’angolo in maniera tra loro completamente differente. Inaspettatamente, considerate le caratteristiche degli uomini in campo. L’Inter è una delle squadre più fisiche del campionato (una peculiarità comune a tutte le squadre di Mancini) eppure da corner, quest’anno, difende a zona.

 

angolo-samp

 

E, al di là delle ragioni della scelta di Mancini, anche l’esecuzione è stata meno che perfetta. Sono bastati due uomini della Sampdoria per disorganizzare la prima linea del castello interista, formato da otto giocatori disposti secondo un 3-2-3. A questo si aggiunge la scarsa attitudine di alcuni, come Perisic, che osservano il pallone senza “agganciare” fisicamente l’uomo che entra nella propria zona, come Ranocchia nell’occasione subita dal’Inter all’undicesimo minuto del primo tempo.

 

Quando deve difendersi da un corner, invece, la Sampdoria prova a organizzare una serie di marcature a uomo con la sola esclusione di Fernando, che è l’uomo sul primo palo, e di Quagliarella, piazzato a zona al limite dell’area piccola. Ma non è detto che Montella abbia scelto la soluzione migliore. In occasione del primo gol interista, si vede Montella che continua a chiamare le marcature fino a pochi istanti prima della battuta di Brozovic. In effetti, D’Ambrosio non è liberato da nessun blocco: è semplicemente libero dall’inizio alla fine.

 

angolo-inter-1

 

angolo-inter-2

 

Anche in occasione del raddoppio interista, qualcosa non funziona nei meccanismi studiati da Montella sui calci d’angolo avversari. Miranda, che segna sulla palla rimessa in mezzo da Melo, si ritrova libero da marcatura: ad inizio azione sembra prenderlo Dodò che poi inspiegabilmente lo lascia a Quagliarella, che era l’uomo a zona sul primo palo, cioè l’unico uomo libero da compiti specifici di marcatura.

 

Cambi sincronizzati

Il gol che ha sbloccato il risultato è arrivato nel momento migliore della Sampdoria e ha pesato nella testa dei giocatori di Montella, che hanno iniziato a giocare a ritmi sudamericani fino all’intervallo. Più o meno la stessa cosa è accaduta nella ripresa, quando la Samp ha subito il raddoppio dell’Inter ancora sugli sviluppi di un angolo.

 

Ci ha messo del suo anche Montella, che al 68’ ha sostituito Ivan con Muriel modificando il sistema di gioco della squadra. Nel nuovo 4-4-2, le ali a piede invertito (Alvarez e Correa) hanno finito per ingolfare il centro del campo, permettendo ai mediani e ai centrali di difesa interisti di disinnescare ogni pericolo. Nove minuti dopo, Montella è stato costretto a una nuova sostituzione per ripristinare lo status quo: il 3-4-2-1 che ne è scaturito era una versione iper-offensiva della precedente, con Alvarez a tutta fascia, Soriano a far coppia con Muriel alle spalle di Quagliarella, Fernando e Krsticic davanti alla difesa.

 

Neanche il nuovo cambio di modulo ha sortito gli effetti sperati, e non è chiaro se il merito sia in realtà di Mancini, che a sua volta ha cambiato sistema di gioco. Contestualmente all’ingresso di Krsticic, infatti, l’allenatore dell’Inter ha fatto entrare Gnoukouri sistemando la sua squadra con il 4-3-3. Ma i casi sono due: o Mancini ha previsto che Montella potesse ritornare al sistema di gioco precedente, e allora è un genio; o ha deciso di cambiare modulo a prescindere, e allora è stato anche fortunato. L’ultima sostituzione del Mancio confonde ancora di più le acque: con l’ingresso di Jovetic al posto di Brozovic a due minuti dal novantesimo, l’Inter ha lasciato il centrosinistra sguarnito e ha subito 1 tiro e 1 gol con due azioni partite proprio da quel lato del campo…

 

Attenuanti generiche

Il lavoro di Vincenzo Montella alla Sampdoria non è semplice. Ha ereditato una squadra che sembrava già in fase calante, dopo l’avvio di stagione supportato da una buona condizione fisica, per via della preparazione anticipata a causa del preliminare di Europa League. Sta provando a cambiare radicalmente paradigma di gioco dopo due anni di Mihajlovic e Zenga, artefici di un calcio diretto e agli antipodi di quello di Montella. Ha dovuto subire una rivoluzione nella rosa a gennaio, dettata dalla ragion di Stato (e dal conto economico) più che dagli indirizzi tecnici.

 

La gestione delle situazioni di gioco codificate, come i calci piazzati, sono una cartina di tornasole dello stato di avanzamento del lavoro di un allenatore. Le continue indicazioni di Montella sui corner, così come sui rinvii dal fondo, dove Viviano aveva bisogno del conforto del suo allenatore per sapere se giocarla corta o lunga, non sono un buon segnale.

 

Se utilizzassimo lo stesso metro, non potremmo trarre conclusioni diverse per l’Inter. L’inizio azione è farraginoso, la conduzione della palla sembra casuale. Al di là dei numerosi cambi di modulo (contando la partita di ieri, il 4-4-2 è stato messo in campo 4 volte ed è solo il quarto modulo per utilizzo, dopo il 4-3-3, il 4-3-1-2 e il 4-2-3-1), l’Inter non sembra avere un’idea di gioco vera e propria. A peggiorare le cose, la considerazione che l’impasse nerazzurra avviene in una stagione nella quale la pausa sabbatica dagli impegni europei permette a Mancini di concentrarsi sul lavoro tattico. Cosa accadrà il prossimo anno, quando e se l’Inter dovesse aggiungere un ulteriore impegno settimanale ai doveri del campionato? La cosa certa è che il tempo inizia a stringere per Mancini e se non troverà la soluzione ai suoi problemi prima o poi i nodi verranno al pettine.

 

 Ringraziamo per i dati OPTA (che potete anche seguire su Facebook e Twitter)

 

 

Tags : interroberto mancinisampdoriaserie a 2015/16vincenzo montella

Alfredo Giacobbe è nato a Napoli, dove vive e lavora. Ingegnere come Manuel Pellegrini, ha dipinto l’area tecnica attorno al suo divano.

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