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Dario Pergolizzi
Cosa non sta funzionando nell'Inter
29 set 2022
29 set 2022
Inzaghi deve ritrovare i meccanismi della scorsa stagione al più presto.
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Dario Pergolizzi
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Le difficoltà di questo inizio stagione dell’Inter sono state certificate da tre sconfitte in campionato, contro Lazio, Milan e Udinese, e soprattutto dai 3 gol subiti in queste occasioni. Subire tanti gol in Italia accende sempre un campanello d’allarme, ma per analizzare i problemi dell’Inter di Inzaghi non basta focalizzarsi sui risultati o sulle prestazioni dei difensori, ma piuttosto sulle dinamiche di gioco, sulle sensazioni che queste creano a chi guarda l’Inter giocare. Cosa dicono i numeri finora Questo perché, a guardare i freddi numeri (con tutte le precauzioni del caso, dato il campione ridotto) l’Inter non è messa così male, soprattutto dal punto di vista difensivo. Secondo i dati raccolti ed elaborati da Alfredo Giacobbe, per esempio, al momento è la squadra col miglior PPDA del campionato (7,90) la quarta per xG concessi su azione (0,552) e tiri concessi su azione (7), la quinta per valore medio xG per tiro concesso (0,07), nonché la terza per altezza media degli interventi difensivi tentati (42), la quarta per duelli vinti (57,90%). Se c’è un parametro difensivo in cui l’Inter non è al vertice è la quantità di recuperi palla offensivi a partita (13), che se contestualizzato insieme a tutti gli altri ci può facilmente fare intuire come sia una squadra che cerca di mantenersi alta in non possesso, ma che tendenzialmente recupera il pallone quando transita nella propria metà campo. L’Inter è anche una delle squadre statisticamente più brillanti per quanto riguarda la produzione offensiva, in particolare a livello quantitativo nella metà campo avversaria: la terza per passaggi effettuati nell’area avversaria (14), la quarta per baricentro medio (51,10) e passaggi progressivi (1393 mt a partita), la seconda per tiri nello specchio su azione (9). Un po’ più “media” la situazione dal punto di vista degli xG su azione (2,08, sesta squadra) dominio territoriale (45,90%, settima). Insomma, l’Inter è una squadra tendenzialmente capace di tenere palla e assestarsi nella metà campo avversaria per imbastire i suoi attacchi posizionali, anche se non in un modo asfissiante, e ha comunque una buona produzione offensiva in termini di qualità di trasformazione delle occasioni in tiri nello specchio su azione, anche se la qualità media delle stesse non è alta (0,14) e la conversione delle stesse è molto bassa (7,70%). L’Inter di Inzaghi, quindi, è una squadra con delle basi solide, con qualche picco in positivo e in negativo. Tuttavia non è possibile non notare le sensazioni di insicurezza, fragilità e impotenza che trasmette durante le partite, soprattutto contro le squadre più attrezzate. Queste però sono difficilmente ritrovabili nelle statistiche, quanto piuttosto nelle dinamiche tra i giocatori nei ’90, alla loro incapacità di tenere costante ed efficace nel tempo l’applicazione dei principi di gioco dell’allenatore. Un altro problema, da non trascurare, è la composizione della rosa: tra gli infortuni e le scelte dirigenziali, la squadra sembra avere qualche squilibrio. L’assenza di Lukaku, che dovrebbe allungarsi fin dopo la partita col Barcellona, e le difficoltà incontrate da Gosens, che sembra pagare la lunga inattività o comunque non essere in grado di prendersi il posto a destra, dimostrano l’esistenza di alcuni problemi strutturali, a cui ora si aggiungerà l’assenza di Brozovic, che per ora Inzaghi sembra orientato a sostituire non con il suo sostituto naturale Asllani, ma con Mkhitaryan. Meno intesa e più frenesia Se le statistiche avanzate dicono che l’Inter non sta difendendo male, e che quindi le cose sul lungo periodo potrebbero migliorare, è evidente che qualcosa non sta funzionando. Sarebbe però sbagliato affrontare il problema isolando le fasi di gioco e dire che “l’Inter va male in difesa” o al contrario “va male in attacco”, perché le due cose sono legate. Ciò che più caratterizzava l’Inter di Inzaghi era l’approccio tanto fluido quanto efficace con il pallone – ricorderete le partite vinte usando Bastoni come trequartista – e la capacità di mantenere il possesso grazie alla qualità delle letture e dei movimenti dei suoi giocatori. Insomma, l’Inter dello scorso anno è stata un bell’esempio di intesa funzionale che andava al di là della mera occupazione degli spazi in campo, mostrando anche delle interpretazioni poco convenzionali nel campionato italiano. Tutto ciò gli permetteva di avere anche una certa sicurezza a livello difensivo, perché si trattava di una squadra che, al di là dei momenti negativi e delle partite storte, aveva fiducia nei propri mezzi e nel proprio stile di gioco. Quest’anno, però, la situazione sembra diversa. Se l’interrogativo a inizio stagione poteva essere come sarebbe cambiata l’Inter con il ritorno di Lukaku, cioè con un centravanti dalle interpretazioni e dalle qualità in genere più “dirette” rispetto al camaleontico gioco di rotazioni dello scorso anno, oggi (complice probabilmente anche l’assenza del belga) la preoccupazione più evidente è data dalla scarsa capacità dell’Inter nel portare delle variazioni e creatività al suo gioco col pallone, soprattutto in termini di iniziativa individuale. Questa volta le statistiche (dati Statsbomb) aiutano a confermare l’impressione: l’Inter è la terz’ultima squadra per dribbling tentati a partita (10,3) e la quart’ultima per dribbling riusciti (47,2%). Se i neroazzurri non erano una squadra particolarmente avvezza al dribbling neanche l’anno scorso (11,4 ogni ’90, sempre terzultima) è vero che aveva successo più spesso (55,1%, terza in Serie A). L’Inter è passata quindi dall’essere una squadra che dribblava poco poiché preferiva risalire il campo associando i giocatori tra di loro, ma che quando lo faceva aveva un’alta percentuale di successo (e dunque era più imprevedibile), all’essere una squadra che dribbla poco e quando ci prova ci riesce poco. Ma non è solo questo: l’impressione è che ci sia oggi più difficoltà a far funzionare le rotazioni e gli scambi che rendevano i nerazzurri una squadra difficile da pressare. Questo succede a causa di un’intesa tra i giocatori coinvolti diventata improvvisamente più scarsa e una minor pazienza nelle scelte. I motivi potrebbero essere molti, superficialmente potrebbe essere un problema di fiducia nella gestione del pallone, qualcosa che si è rotto nei meccanismi di possesso che tanto bene avevano funzionato. Forse, però, c’è alla base anche il tentativo di Inzaghi di rendere l’Inter una squadra più diretta, più rapida nel cercare gli esterni del centrocampo a cinque per sfruttarne le qualità atletiche e anche per aggirare l’atteggiamento degli avversari, che ormai sono molto attenti a controllare in maniera ravvicinata tutti i possibili destinatari dei passaggi, e meno sorpresi dalla loro mobilità.

Qui sopra vediamo due errori in costruzione contro due pressioni di diversa intensità, più alta contro il Torino e più controllata contro l’Udinese. Nel primo caso, Skriniar cerca Brozovic in diagonale anziché riciclare il possesso passando dal portiere. Il croato è pressato e la scelta complicata, ma con un angolo di passaggio migliore avrebbe magari potuto anche aprire il controllo alla sua destra e saltare l’avversario. Insomma, un errore dovuto a un misto non casuale tra una scelta forzata e un’esecuzione insufficiente. Nella seconda azione la dinamica è diversa: Brozovic è sul pallone, mentre davanti a lui si muovono Dumfries stretto al centro e Barella che si allarga in fascia, Skriniar avanza. Il difensore sembra indicare a Brozovic il lancio in avanti (verso Dumfries?) e infatti poco dopo sembra sorpreso dal filtrante corto del suo compagno, che viene intercettato dall’Udinese causando una ripartenza. In questo caso, dunque, vediamo idee poco chiare e una scarsa intesa. È questa rigidità a rendere l’Inter più instabile sotto il profilo difensivo, perché banalmente perdere il pallone in maniera inaspettata e con la squadra sistemata in modo sconveniente – non per forza dal punto di vista dell’equilibrio, ma anche per la postura del corpo – rende più difficile riorganizzare la fase difensiva. Inoltre l’Inter sta mostrando una pericolosa mancanza di varietà nel risalire il campo, affidandosi troppo ai lanci lunghi o ai cambi di gioco, anche forzando. Le caratteristiche di Dumfries, tra i più positivi nell’ultimo anno, possono portare la squadra a cercarlo spesso sulla corsa o a verticalizzare lungo quando stringe verso il centro; mentre a sinistra Inzaghi non è ancora riuscito a sostituire Perisic, la cui capacità creativa e gli spunti individuali mancano molto ai nerazzurri. Senza questa varietà, gli sviluppi dell’Inter possono risultare più prevedibili e i rischi corsi allungando le giocate non sempre valgono la candela.

Qui due esempi di transizioni pericolose subite a seguito di giocate lunghe un po’ forzate. Nel primo caso Dimarco cerca probabilmente una delle punte, una giocata che ironicamente somiglia a uno dei classici pattern delle squadre di Conte. Le marcature strette sugli appoggi del Torino di sicuro non aiutano a muovere il pallone, però Dimarco non sembra nemmeno pensare di poter tornare da Bastoni o tentare un dribbling, due scelte che, per esempio, avrebbero comportato rischi minori per la squadra. Quando la palla viene intercettata, poi, l’Inter fa comprensibilmente fatica a difendere la ripartenza avversaria. Simile il discorso per la seconda giocata: il cambio gioco disperato – nei minuti di recupero della partita contro l’Udinese – da D'Ambrosio verso Dimarco è difficile, e forse il difensore sarebbe potuto passare per il centro e poi dal centro andare verso il lato debole. Ancora una volta l’impressione è quella di una squadra un po’ troppo frenetica rispetto a quella dello scorso anno. Il problema della passività difensiva L’altro grande problema dell’Inter in questa stagione è una preoccupante passività difensiva in situazioni che richiederebbero maggiore aggressività sul portatore avversario o un’occupazione dello spazio più precisa. Sono diversi i casi in cui la squadra di Inzaghi è sembrata ballare un po’ troppo.

Nella prima immagine, un’azione tratta da una transizione difensiva nella partita contro il Torino: nonostante il ripiegamento con tanti uomini, nessuno si interessa di coprire il pallone o almeno andare a contrastare il portatore, che riuscirà poi a crossare in maniera precisa per Sanabria che sfiorerà il gol. La seconda immagine è invece il gol di Giroud nell’ultimo derby. L’Inter non era disposta male, anzi, eppure anche in questo caso la copertura sul crossatore è troppo blanda, davvero difficile da capire il perché vista la presenza di quattro giocatori interisti nella zona e che, quindi, anche tentare un contrasto non sarebbe stato un rischio eccessivo, vista la superiorità numerica. Anche in area di rigore l’Inter ha difeso in maniera sciatta, senza coprire bene la porta, né prendere in marcatura Giroud, che può ricevere indisturbato il cross arretrato del compagno. Infine, nella terza immagine c’è un’azione simile, con Immobile che sfiora il gol ricevendo il pallone da un Marusic poco ostacolato e riuscendo a calciare indisturbato (anche grazie all’assenza di centrocampisti in copertura) facendo passare il pallone tra i due centrali dell’Inter. Per non parlare delle, comprensibili ma indicative, difficoltà avute contro il Bayern Monaco, dove l’Inter ha fatto molta fatica a difendere le zone centrali del campo, concedendo diverse ricezioni tra le linee alla squadra di Nagelsmann, che approfittava soprattutto dei movimenti verso l’interno di Sané per avere sempre uno scarico. Questa circostanza nelle partite di campionato è meno frequente, anche per le caratteristiche offensive delle avversarie, ma è un altro limite strutturale emerso in questa prima parte di stagione. A poco più di un mese dall’inizio del campionato, come abbiamo visto Inzaghi ha già diversi problemi da risolvere. Il ritorno di Lukaku potrebbe dare un senso differente alla scelta di giocare un calcio più diretto. Le caratteristiche uniche del belga possono trasformare il modo in cui l’Inter risale il campo, rendendo di riflesso più imprevedibile anche il suo gioco offensivo, che in questo momento è troppo statico. Dall’altro però il rischio è che l’Inter finisca per snaturarsi troppo, diventando frenetica e imprecisa più che rapida e incisiva. Al netto delle scelte che farà Inzaghi, e dell’identità definitiva che assumeranno i nerazzuri nel prossimo futuro, la priorità per l’allenatore è quella di ritrovare quell’intesa tra i giocatori e quella capacità di essere imprevedibile tramite scambi di posizioni, rotazioni, scelte individuali impeccabili che erano stati i migliori pregi dell’Inter dello scorso anno.

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