Un mese fa, dopo il 5 a 1 nel derby contro il Milan, l’Inter di Simone Inzaghi sembrava semplicemente inarrestabile. La vittoria contro i rossoneri era stata un compendio della grande condizione dell’Inter, che nonostante un mercato con molti punti interrogativi – con le partenze di Onana, Brozovic, Lukaku e Dzeko – si stava mostrando ancora più forte, ancora più completa. Thuram, arrivato a Milano dopo il mancato accordo con Lukaku, aveva sbloccato il derby con una grande azione, siglando il due a zero con un siluro all’incrocio; Calhanoglu aveva fatto la solita partita di qualità e sostanza, mostrandosi adatto a coprire in pianta stabile la posizione di Brozovic; gli ingressi dalla panchina di Arnautovic, Carlos Augusto e Frattesi (autore del quinto gol) avevano certificato la lunghezza di una rosa che finalmente poteva mantenere lo stesso livello anche con i sostituti.
Contro il Milan, la gestione della partita – un tarlo costante, per l’esperienza interista di Inzaghi – era stata pressoché perfetta: dopo il vantaggio i nerazzurri avevano abbassato il baricentro con l’obiettivo di rischiare meno duelli e colpire il Milan in transizione. Così erano arrivati il raddoppio di Thuram e il terzo gol di Mkhitaryan, che hanno messo in sicurezza il risultato finale. Il 5 a 1 finale di Frattesi, sull’ennesima transizione che aveva affettato il cuore della difesa del Milan, era stato il simbolo di una partita completamente dominata.
Dopo il complicato esordio in Champions con la Real Sociedad, l’Inter aveva messo a referto una vittoria confortante contro l’Empoli e, in vista del turno infrasettimanale, guidava la Serie A a punteggio pieno, con cinque vittorie su cinque, 14 gol segnati, 1 subito. Contro il Sassuolo la striscia positiva non sembrava in pericolo.
Dopo la prestazione opaca di Empoli la squadra di Inzaghi ha approcciato la gara con brillantezza, amministrando il possesso con un gioco fluido ma organizzato, polifonico. L’Inter amministrava la palla con sicurezza e sceglieva come giocare in base agli spazi che il Sassuolo offriva. Se gli avversari aspettavano i nerazzurri giocavano pazientemente dal basso, girando da una fascia all’altra per liberare la traccia interna verso gli attaccanti: Lautaro e Thuram venivano incontro per giocare l’uno due o fare da sponda, aprendo lo spazio per l’attacco in profondità del compagno di reparto o una delle due mezzali.
Il Sassuolo va a uomo sui giocatori dell’Inter, ma Darmian riesce comunque a servire un filtrante per il movimento incontro di Lautaro, mentre Dimarco e Mkhitaryan attaccano la profondità. L’argentino scambia con Thuram e allarga per Dimarco, che andrà al cross.
Se il Sassuolo alzava la pressione l’Inter cercava la profondità con un attacco diretto, spesso cambiando il gioco da destra a sinistra: la prima grande azione della partita era arrivata al 13esimo, con un cambio di gioco dal terzo di destra (Darmian) al terzo di sinistra (Bastoni), che nelle rotazioni era finito a fare il quinto sulla fascia, con Mkhitaryan a fare il terzo di difesa e Dimarco in posizione di mezzala.
Da questa giocata arriverà l’assist di Bastoni per Dimarco, che manca il pallone per una manciata di centimetri.
Se il Sassuolo si abbassava la squadra di Inzaghi prendeva ancora più campo, schiacciando gli avversari con tanti uomini sopra la linea della palla, pronti a scambiarsi di posizione e attaccare l’area da tutte le posizioni. Su questi canali di gioco l’Inter aveva avuto molte occasioni, e nel recupero del primo tempo aveva trovato il vantaggio di Dumfries con un affondo sulla fascia destra, dove lo strapotere fisico suo e di Thuram stavano facendo la differenza. Dopo un primo tempo così arrembante gli ultimi 45 minuti sembravano una formalità, ma nella ripresa il Sassuolo ha ribaltato il risultato nel giro di 10 minuti, e i nerazzurri non sono riusciti a reagire.
La sconfitta col Sassuolo è passata dall’essere un incidente di percorso a “precedente” dopo l’ultima partita in casa contro il Bologna, dove l’Inter ha sciupato un vantaggio di due gol senza quasi accorgersene. La partita con la squadra di Thiago Motta era partita anche meglio: dopo 13 minuti la squadra di Inzaghi si era trovata sopra di due gol quasi per inerzia, con un gol di Acerbi su calcio d’angolo e un gran tiro da 30 metri di Lautaro, ma non ha mai tenuto davvero in mano la partita. Il possesso dell’Inter non è stato molto brillante: il Bologna era riuscito a bloccare il centro del campo, costringendo l’Inter a un possesso perimetrale, e quando Dimarco e Dumfries non riuscivano a sfondare la palla tornava sempre sui piedi della squadra ospite. Dopo aver accorciato le distanze al 19esimo minuto il Bologna ha pareggiato i conti a inizio ripresa, e all’Inter non sono bastati 35 minuti abbondanti per tornare avanti.
Viste una dopo l’altra è facile accumunare le due partite, al netto di prestazioni abbastanza diverse. Contro il Sassuolo i nerazzurri hanno fatto una grande partita in fase di possesso, ma in fase di non possesso si sono rivelati troppo fragili. Paradossalmente entrambi i gol sono arrivati su una situazione di difesa posizionale, con la difesa schierata. Il pareggio di Bajrami era partito da una transizione, ma l’Inter era rientrata rapidamente, e quando Berardi ha ricevuto la palla sul vertice dell’area tutta la squadra era nella propria trequarti, a protezione dell’area di rigore. Al Sassuolo è bastato un semplice inserimento di Bajrami – non seguito da Mkhitaryan – per mandare la difesa in tilt.
La difesa nerazzurra era schierata anche sul gol di Berardi, un tiro su cui era difficile fare di più sia per il marcatore diretto che per il portiere. Nel tragitto che porta la palla da Tressoldi a Berardi, però, l’Inter è troppo passiva, accontentandosi di coprire l’area senza attaccare con la giusta aggressività il pallone. Una volta che la palla è arrivata a Berardi è troppo tardi.
La rimonta è partita da un’imprecisione anche nel pareggio col Bologna, con la trattenuta di Lautaro su Ferguson, su un corner battuto dietro. Il 2 a 2 è stato invece un errore di reparto: sul lancio per Zirkzee i tre centrali non scappano bene indietro, facendosi attirare dalla palla; sullo stop del centravanti olandese Bastoni resta in marcatura mentre i compagni di reparto fanno lo stesso movimento, arretrando verso il dischetto senza marcare né Ndoye né Orsolini. Quando Bastoni si stacca sul primo, Acerbi è troppo lontano da Zirkzee per contrastarne efficacemente il tiro.
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Visti singolarmente questi sono tutti errori marchiani, sorprendenti per quella che è tutt’ora la migliore difesa del campionato. Guardando le partite nel complesso, però, le difficoltà sembrano essere soprattutto nella gestione. Gli errori – individuali e di reparto – dell’Inter partono da letture pigre o sbagliate, che mostrano poca lucidità nei momenti chiave. L’errore di Mkhitaryan sul primo gol del Sassuolo è arrivato al termine una lunga rincorsa all’indietro, dopo 60 metri di transizione difensiva, una situazione dove si era già rischiato più volte nel primo tempo. Guardando il gol di Zirkzee non risalta solo il disordine della difesa sulla palla scoperta, ma anche la precipitosità del possesso precedente, in cui i nerazzurri – in vantaggio di un gol – forzano la traccia centrale da Dumfries a Lautaro con la squadra disordinata, quando c’era l’appoggio per Barella a pochi metri che avrebbe permesso di consolidare e organizzare il possesso.
La partita col Bologna è stata senza dubbio influenzata dal precedente col Sassuolo, e da qui si può anche comprendere l’atteggiamento dei nerazzurri, che già dopo il primo gol del Bologna hanno iniziato a giocare con frenesia, forzando le giocate e rischiando più del necessario alla ricerca del 3 a 1. Un atteggiamento che ha rinforzato l’impressione generale su questa Inter, una squadra che quando funziona sembra un orologio perfetto, ma alla quale basta un granello di sabbia – un’uscita sbagliata, un movimento in ritardo, un passaggio affrettato – per ingolfare l’ingranaggio.
Per gioco e caratteristiche la squadra di Inzaghi tende ad attaccare con molti uomini sopra la linea della palla, giocando su ritmi più bassi che le permettono di affinare maggiormente la manovra. Quando riesce a giocare con la giusta pulizia tecnica, difendere contro i nerazzurri è molto difficile. Nelle giornate in cui i nerazzurri non sono così efficaci, però, per le squadre avversarie si aprono grandi possibilità.
Un’azione dalla partita col Sassuolo: l’Inter schiaccia gli avversari attaccando con molti uomini, una volta persa palla però rischia molto.
Quando deve alzare i ritmi la squadra di Inzaghi non ha la stessa efficacia, le giocate si fanno più meccaniche e spesso finisce per affidarsi ai duelli individuali, cercando maggiormente il lancio in profondità per gli esterni o la verticalizzazione sulle punte. Situazioni in cui l’Inter non è sempre efficace, e che la trova disordinata una volta perso il pallone. Le difficoltà delle due partite, in particolare quella col Bologna, sono iniziate proprio da lì.
Dopo le partite con Sassuolo e Bologna, Inzaghi è rimasto più o meno sulla stessa linea, ponendo l’accento sulla scarsa lucidità nella gestione della gara e sulle disattenzioni difensive. Ricondurre tutto agli episodi rischia di essere semplicistico, ma l’impressione è che si tratti di un problema di prestazione più che di impostazione.
Rispetto agli anni scorsi Inzaghi ha a disposizione una rosa più completa (al netto dell’infortunio di Arnautovic, che sta già iniziando a pesare), ma la sua squadra non è ancora arrivata a gestire le partite al meglio delle sue possibilità. La difficoltà nella gestione delle partite non può non essere legata anche all’impostazione tattica, ma è ancora presto per indicare difetti strutturali in questa Inter, e non è detto che Inzaghi debba necessariamente cambiare qualcosa. L’impressione è quella di una squadra non in perfette condizioni, che in questo momento – quando abbassa il proprio livello – rischia di andare in difficoltà. Nelle tre settimane che sono intercorse tra il derby e la partita col Bologna l’Inter ha giocato 7 partite, e un momento di appannamento è più che comprensibile. Insomma: per continuare a lottare ai vertici, in campionato e in Champions, l’Inter dovrà imparare a sfruttare meglio i suoi momenti di brillantezza e sopportare meglio quelli di difficoltà.