
Iniziamo da alcune cose ovvie, che sanno tutti quelli che hanno guardato la partita. L’Inter questo derby poteva anche vincerlo. Se avesse segnato, magari con una delle occasioni del primo tempo, sarebbe stata una partita molto diversa. Il Milan si sarebbe dovuto sbilanciare alla ricerca del pareggio e avrebbe lasciato qualche spazio in più.
L’Inter parte sempre forte ed è andata vicina al vantaggio dopo appena 3 minuti, con un bellissimo colpo di testa in tuffo di Thuram, avvitato intorno a Gabbia come il biscione dello stemma interista, salvato da Maignan, decisivo fin dall’inizio. Poi ha preso due pali nel giro di dieci minuti (27' e 37'), con Acerbi e Lautaro Martinez.
L’Inter ha avuto di più la palla - più del 63% del possesso a fine partita - ha creato di più - 2.16 xG. Il Milan, offensivamente, ha fatto poco - 0.86xG, con il tiro di Pulisic che da solo vale 0.64xG secondo i dati di Hudl Statsbomb - calciando appena tre volte in porta in tutta la partita: due volte nell’azione del gol, la terza volta dieci minuti dopo con Fofana dal lato destro dell’area di rigore. Nei primi cinquanta minuti e negli ultimi venticinque il Milan sostanzialmente non ha creato pericoli verso la porta di Sommer.
Quindi, possiamo dire che si è trattata di una sconfitta casuale. O meglio, più casuale di quanto avvenga solitamente nel calcio, uno sport in cui il caso ha comunque sempre una parte importante, quanto meno equivalente a quella di tattica, tecnica, forma fisica e mentale delle rispettive squadre.
Ma si è trattato anche di una sconfitta significativa. Non solo perché arriva dopo le sconfitte con Juventus (anche quella piuttosto strana e irripetibile) e Napoli, altre due rivali nell’ipotetica lotta per lo Scudetto, ma anche proprio per come è arrivata. Se si contestualizza cioè quell’apparente superiorità dell’Inter nei confronti del Milan. Perché, d’accordo, la squadra di Allegri avrà anche fatto il minimo indispensabile per vincere questa partita (o, a seconda dei punti di vista, non ha fatto abbastanza per meritarlo) ma cos’ha fatto l’Inter per evitare che la partita andasse in questo modo?
Il contesto è anzitutto quello di due 3-5-2 che si affrontano. Quando due squadre adottano lo stesso modulo non è detto che siano “speculari”, come si dice; nel caso di due 3-5-2 l’uno di fronte all’altro, entrambe le squadre hanno la superiorità difensiva in impostazione, con 3 uomini contro i 2 attaccanti avversari (e i due play devono alzarsi di parecchi metri per marcarsi a vicenda o restano liberi).
Il Milan non ha contestato la costruzione bassa interista, pressando solo in rari casi in parità numerica. Nonostante ciò, Calhanoglu si abbassava quasi sempre sulla linea di Bastoni, Acerbi e Akanji. I movimenti di Barella (molto largo vicino alla linea laterale) e Sucic (che invece tende ad abbassarsi incontro a Calhanoglu, forse anche per via delle partite giocate come mediano in una coppia di centrocampo) non creavano linee di passaggio per rompere la pressione centralmente, e così la soluzione principale adottata dall’Inter per risalire il campo è stata quella di andare sulle fasce e poi velocemente sugli attaccanti.
A questo si aggiunge Carlos Augusto a piede invertito, portato quindi a giocare verso il centro del campo. L’Inter è stata poco fluida (soprattutto rispetto al passato), prevedibile, e anche quando ha trovato successo risalendo il campo dalle fasce non è riuscita a creare pericoli. Vuoi per la partita non brillantissima sul piano individuale di Lautaro Martinez, vuoi per una collettiva difficoltà ad associarsi.
Due azioni in cui l’Inter è riuscita ad andare in verticale dalle punte ma non ne ha ricavato niente. Nella prima Lautaro si farà togliere palla da Pavlovic, nella seconda Thuram arriverà sul fondo e provando a crossare scivolerà a terra.
L’Inter è riuscita a spingere il Milan all’indietro - facendolo scivolare da un blocco medio a un blocco basso - ma non ha mai scalfito la compattezza degli otto giocatori difensivi di Allegri. Anche per merito del Milan, dell’attenzione avuta nelle scalate in avanti per mettere pressione nella propria zona, senza farsi trascinare fuori posizione (se non in rarissimi casi, come quello mostrato sopra in cui Tomori sale molto alto su Dimarco e Thuram alle sue spalle resta con molto spazio da mangiarsi). Gabbia, Pavlovic e Tomori hanno giocato una partita molto ordinata e pulita sui loro riferimenti, e Salemaekers e Bartesaghi sono stati sempre molto concentrati nel coprire all’indietro.
Facciamo un esempio concreto. Al 58esimo minuto di gioco, con il Milan già in vantaggio, l’Inter attacca con dieci uomini nella metà campo avversaria. Calhanoglu riesce a scrollarsi di dosso Modric, ma davanti a sé ha cinque giocatori piantati sulla linea difensiva del Milan. Nessuno attacca la profondità né si muove incontro per creare una combinazione nello stretto.
Calhanoglu non cambia gioco, la palla resta sul centro-sinistra. Dopo una ventina di secondi Barella fa un taglio profondo ma Bastoni preferisce la giocata centrale sulle punte. Lautaro fa il velo e si gira, Thuram prova a servirlo di prima in profondità ma non ha un buon tocco e il passaggio è all’indietro, Lautaro in spaccata contesta la palla a Gabbia ma involontariamente finisce per dare il via alla transizione milanista mandandola verso Rabiot.
Dall’altra parte del campo Leao in campo aperto si fa recuperare da Akanji e avrebbe un passaggio semplice per Pulisic, ma anche lui è poco pulito tecnicamente e sbaglia forza e misura, la palla scorre davanti a Pulisic e l’occasione del 2-0 sfuma senza neanche che si arrivi a un tiro in porta (è questa l’occasione a cui farà poi riferimento Allegri nell’intervista post-partita per sottolineare il fatto che comunque pur nel contesto di difesa e ripartenza il Milan è stato pericoloso).
Ridurre la prestazione del Milan ai tiri in porta è riduttivo, non solo perché non si tiene conto del fatto che, in partenza, era loro intenzione fare questo tipo di partita e che, quindi, non ci siano particolari meriti da parte degli avversari, ma anche perché si rischiano di sottovalutare situazioni di questo tipo.
Con un po’ di brillantezza tecnica in più l’Inter qui avrebbe potuto mettere davanti alla porta Lautaro (Thuram nel primo tempo ha anche sbagliato un appoggio per Calhanoglu che avrebbe potuto portare a un pericolo maggiore, mettendogli la palla sul sinistro anziché sul destro), ma con un po’ di brillantezza in più anche il Milan avrebbe potuto segnare il secondo gol.
A conti fatti l’Inter non è mai riuscita a mettere un proprio giocatore davanti alla porta. Il colpo di testa di Thuram dopo tre minuti è una prodezza individuale (e arriva sugli sviluppi di un angolo, con Bastoni, Akanji e Acerbi rimasti in area di rigore a fare densità e occupare uomini); il palo di Acerbi nasce direttamente da corner e quello di Lautaro da fallo laterale. Anche la mezza occasione dell’82esimo di Akanji, in scivolata su spizzata di Bastoni, nasce da un angolo. Poi c’è il rigore, procurato da una palla giocata addosso a Thuram che aveva crossato male, con solo Bonny in area di rigore.
Su azione manovrata, l’Inter non ha creato praticamente nessun pericolo. I calci piazzati sono importanti nel calcio, importantissimi anzi, ma se diventano l’unico modo con cui una squadra riesce a produrre pericoli, allora c’è un problema. O magari più di uno.
Anche il gol del Milan una questione la solleva. Se il piano del Milan era ripartire velocemente in transizione, come ha detto Chivu prima e dopo la partita, perché Sommer ha battuto quel calcio di punizione lungo, anziché giocarla corta con la difesa. Giocandola corta il Milan avrebbe lasciato l’impostazione oppure avrebbe pressato cerando spazio da attaccare in verticale - improbabile, ma in caso persino meglio per una squadra che fatica a rompere il blocco avversario.
E invece Sommer calcia e basta un controllo di petto leggermente lungo di Calhanoglu per far trovare i tre centrali di difesa dell’Inter senza nessuna copertura. Ci sono sempre responsabilità individuali - Sommer soprattutto, ma anche Bastoni che va al duello con Leao e cade a terra, Dimarco e Sucic che leggono male l’azione e reagiscono più lentamente dei loro avversari - ma una squadra che prende gol in questo modo non è «attenta, matura, organizzata», come l’ha definita Chivu nel post-gara.
Insomma, nello sport si vince o si impara. Ammesso però che non si sottovalutino le sconfitte. La fortuna gioca sempre il suo ruolo ma non c’è modo per portarla dalla propria parte. Quello che si può provare a fare però è cercare soluzioni tecniche e tattiche, costringere l’avversario a fare una partita diversa dal previsto anziché adattarsi al loro contesto, ad esempio.
Chivu ha detto che l’Inter ha seguito il proprio piano gara. Il problema è che era anche il piano gara di Allegri. Da questo punto di vista, non è poi così strano che alla fine abbia vinto il Milan.














