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Dario Pergolizzi
Come funziona la coppia Lautaro-Lukaku
13 apr 2021
13 apr 2021
I meccanismi offensivi di Antonio Conte sono tra i più riconoscibili della Serie A.
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Dario Pergolizzi
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Così come Guardiola e i falsi terzini che vengono a giocare al centro del campo, o Gasperini e il ruolo fondamentale che hanno i suoi esterni nel gioco dell’Atalanta, anche l’utilizzo che Antonio Conte fa della sua coppia di attaccanti è una delle peculiarità più riconoscibili e interessanti del calcio contemporaneo. Lukaku e Lautaro Martinez nelle ultime due stagioni hanno raggiunto livelli di affiatamento pazzesco, con dei pattern simili a quelli che Conte ha utilizzato nella maggior parte delle sue esperienze precedenti, da quando aveva a disposizione la coppia Tevez-Llorente o quella Pellé-Eder.


 

La storia di Antonio Conte ci dice che per lui è di vitale importanza avere due attaccanti dominanti, in grado sia di saper gestire una verticalizzazione diretta, sia di essere sempre pronti a movimenti coordinati, per attirare i difensori avversari o aprire il gioco sugli esterni. Conte vuole dei riferimenti avanzati in grado di reggere i numerosi duelli dorsali con i difensori avversari, ma anche di leggere il momento e la zona giusta in cui sganciarsi per aiutare la costruzione.  Per comprendere il senso dei movimenti delle punte di Conte bisogna però considerare il quadro tattico completo.


 

L’idea di dominio offensivo dell’Inter di Conte si basa sulla capacità di attirare il pressing avversario il più in alto possibile, per poi aggirarlo e accelerare il palleggio anche con verticalizzazioni medio-lunghe, e attaccare così in spazi ampi nella metà campo avversaria. L’Inter è una delle squadre che più enfatizzano la costruzione dal basso anche in situazioni di parità numerica: è una squadra con dei riferimenti offensivi ben definiti ma che accetta anche di rischiare per qualche secondo in più contro il pressing uomo su uomo dei suoi avversari, pur di attaccare meglio. Conte, cioè, utilizza i principi del gioco di posizione durante l’avvio della sua manovra ma, una volta innescata la verticalizzazione, preferisce movimenti estremamente codificati, ai limiti dello schematico. Per il gioco delle punte Conte sembra aver mantenuto un approccio estremamente italiano, fatto di smarcamenti combinati specifici e relativamente poca libertà di movimento in fase di possesso. E forse è proprio il modo in cui ibrida questi due stili che lo rende così unico.


 

Affiatamento


Lautaro e Lukaku giocano in perfetta simbiosi ed è soprattutto grazie alle loro qualità se, nonostante queste codifiche, siano rimasti imprevedibili per gli avversari. I due hanno una grande responsabilità nell’occupazione dei corridoi centrali: l’Inter utilizza i due esterni del 3-5-2 per fissare l’ampiezza lungo tutta la durata dell’azione, mentre il centrocampista centrale dà aiuto alla difesa a ridosso dell’area formando un quadrilatero di costruzione. Le due mezzali si dividono nel dare supporto ora ai difensori per l’uscita palla, ora agli esterni per sovraccaricare l’ampiezza, e così le responsabilità della ricezione tra le linee in fase di risalita ricadono prevalentemente sui due attaccanti.


 


 

Con il suo palleggio insistito, l’Inter aspetta che si apra un varco proprio per cercare le due punte, che in fase di costruzione lavorano dividendosi orizzontalmente il campo. Solitamente, Lukaku parte dal centro-destra, mentre Lautaro dal centro-sinistra, e contro le squadre con un pressing molto aggressivo, che lo portano in parità numerica con orientamento sull’uomo, l’Inter tende a sfruttarli maggiormente per tirare fuori uno dei difensori, che viene incontro con uno di loro mentre l’altro e attacca la profondità.


 


Un esempio dalla partita con l’Atalanta. Bastoni lancia per lo scatto in profondità di Lukaku, che aveva attaccato lo spazio alle spalle di Romero, abbassatosi per seguire Lautaro.


 

Se però l’avversario mantiene compattezza orizzontale e non concede né la verticalizzazione diretta verso le punte, né un lancio pulito in profondità, l’Inter prova ad uscire sfruttando i movimenti combinati degli esterni di centrocampo e delle mezzali.


 

Muovendo la palla lateralmente, le due punte si dividono il campo in orizzontale, uno va in supporto verso il lato forte mente l’altro attacca la linea difensiva sul lato debole, per spingerla in basso e creare una tasca di spazio in cui si possono inserire centrocampisti ed esterni. Questo consente all’Inter di sfruttare un altro grande tema collegato alla costruzione dal basso: i passaggi in diagonale dall’esterno del campo verso la punta che viene incontro all’interno, una giocata può essere effettuata dal laterale a tutta fascia, dalla mezzala o dal difensore laterale. Insomma da chiunque si trovi a ricevere defilato in avvio azione, e che libera qualcun altro per un movimento senza palla.


 


Lukaku riceve in diagonale da Barella (mezzala) nell’half-space, e passa ad Hakimi in sovrapposizione interna, mentre Lautaro attacca la linea difensiva avversaria.


 

Una volta superata la prima pressione, che sia con una verticalizzazione diretta o passando prima dall’esterno, la squadra di Conte è abile a sfruttare il terzo uomo. È raro vedere una combinazione offensiva che coinvolga solo il passatore e il ricevente, una triangolazione classica: l’Inter cerca prima di tutto di proseguire l’attacco in uno spazio verticale diverso da quello in cui è partito lo sviluppo; o quantomeno, se torna nello stesso corridoio, cerca di farlo con un giocatore diverso da chi ha effettuato il passaggio.


 

Quando l’Inter fa uscire la palla sull’esterno poi cerca di tornare rapidamente dentro al campo e, viceversa, quando trova direttamente la punta in zone centrali, allora prova ad aprire il gioco sull’esterno. Tutto questo avviene anche con una certa rapidità nell’uso di passaggi diagonali, che rendono difficile per le squadre avversarie assorbire l’azione, soprattutto in campo aperto.


 

In entrambi gli scenari le punte hanno il compito delicato di collegare il centro del campo con l’esterno, coordinandosi tra di loro per impegnare attivamente la linea difensiva e, magari, fare da esca per portare fuori posizione un difensore e far ricevere un compagno nello spazio creato alle proprie spalle.


 


Una giocata classica e semplice: Skriniar esce palla al piede dal pressing, verticalizza su Lukaku che allarga per Hakimi.


 

Sia Lukaku che Lautaro sembrano giocatori inclini ad abbassarsi per ricevere il pallone e questo rende più variegate le soluzioni a disposizione dell’Inter. Anche se Lukaku sembra essere il riferimento più ricercato, è importante per l’Inter mantenere una certa alternanza nei movimenti. Più che delle casseforti in cui mettere al sicuro il pallone, per Conte le punte devono essere delle sponde mobili, degli acceleratori dell’azione, pronti ad associarsi con esterni e centrocampisti e attaccare in avanti nel più breve tempo possibile.


 

Nonostante il fisico, Lukaku in precedenza non era mai stato particolarmente straripante nel gioco spalle alla porta, e infatti la fatica con Mourinho, secondo lo stesso Conte, era dovuta a una richiesta eccessiva di controllo di palloni alti per far salire la squadra. Per Conte, Lukaku doveva essere libero di puntare la profondità, con e senza palla, magari insieme a una punta che potesse sgravarlo dal gioco di connessione, ma in realtà nei due anni passati insieme Lukaku è diventato praticamente immarcabile anche col difensore alle spalle.


 

Certo, è aiutato dal fatto che la sua squadra cerca di fargli arrivare palloni il più puliti possibile, rasoterra, però c’è sicuramente un lavoro specifico dietro questo miglioramento. E questo consente a Lautaro di dedicarsi all’attacco dell’area mentre il suo compagno sceglie se appoggiarsi a un centrocampista o esterno, oppure se girarsi, saltare il difensore e partire con una delle sue progressioni devastanti.


 


Lukaku va in appoggio laterale, Lautaro attacca l’area.


 

La presenza di un esterno già in posizione alta sul lato debole da una parte riduce la possibilità che la squadra avversaria raddoppi e copra il difensore rimasto in marcatura, su quello dei due attaccanti interisti rimasti ad occupare il centro, creando così i presupposti per un potenziale uno contro uno a ridosso dell’area, sia di avere una soluzione pronta per il cambio gioco.


 

Una versione leggermente diversa dell’attacco dell’Inter l’abbiamo vista tra il periodo post-lockdown della scorsa stagione e l’inizio della corrente: l’Inter ha utilizzato con frequenza un 3-4-1-2 con un trequartista (principalmente Barella, ma a volte anche Eriksen) che partiva dietro le punte e andava ad abbassarsi lateralmente se il pressing avversario lo richiedeva. Diversamente, se l’avversario era più attendista, l’Inter faceva una rotazione laterale, con uno dei due mediani che si abbassava a ricevere di fianco al difensore centrale mentre il difensore laterale avanzava lungo la fascia. L’esterno di parte, così, veniva di solito spinto verso l’interno, per creare un sovraccarico nell’half-space.


 


 

In questa disposizione, seppur non troppo diversa dal solito 3-5-2, le due punte avevano una suddivisione degli spazi principalmente orizzontale e giocavano più lontane dalla palla: con un trequartista che in fase di avvio azione partiva nello spazio centrale dietro di loro, erano logicamente chiamati a posizionarsi più spesso nei corridoi intermedi. Facevano meno movimenti elastici corto-lungo in zona centrale e più supporto ai compagni sulla fascia.


 

Per quanto riguarda Lukaku questo non è sembrato un grosso problema, in quanto il belga sembra amare defilarsi, sia per dare appoggio in diagonale, sia per avere spazi da attaccare in corsa anche a difesa schierata. E dato che dal suo lato, il destro, l’Inter poteva contare su Hakimi, non ci è voluto molto affinché quella diventasse la zona dominante degli attacchi. Lautaro è sembrato invece meno coinvolto nella risalita, e anche se poteva attaccare più liberamente l’area dal lato debole, il rovescio della medaglia era che rischiava di passare lunghe fasi della gara senza toccare palla, perdendo concentrazione e trovandosi meno lucido anche al momento di finalizzare.


 

C’è stato un altro cambiamento sostanziale a stagione in corso. Perché se Conte non accetta compromessi in fase offensiva, è l’esatto contrario in quella difensiva: dopo essere partito con ambizioni di pressing alto, dopo qualche settimana è passato a difendere con un blocco medio più orientato a coprire le linee di passaggio. Conseguentemente, ha rinunciato al 3-4-1-2 e all’utilizzo di un trequartista, tornando al centrocampo a 3 con un centrale davanti alla difesa al posto del doble-pivote, anche per limitare tutte le occasioni concesse ad avversari che erano bravi a colpirli tra le linee.


 

Conte è un allenatore particolarmente sensibile agli equilibri difensivi, e in una stagione così densa di partite probabilmente non se l’è sentita di insistere ulteriormente con un progetto che sembrava quantomeno aver bisogno di più tempo per funzionare. Questo ha portato l’Inter ad assumere un atteggiamento più attendista e di conseguenza giocare più partite in cui ha dovuto abbassarsi. Dal punto di vista difensivo, in queste partite Lukaku e Lautaro sono particolarmente generosi e pronti a pressare sui “trigger” (solitamente le urla di Conte dalla panchina), sia ripiegando per raddoppiare o triplicare lateralmente contro avversari più impegnativi.


 

Dal punto di vista offensivo, per nessuno dei due è un problema attaccare con ripartenze lunghe, anche perché le dinamiche di movimento non si discostano troppo dai principi di attacco in campo aperto dopo la costruzione dal basso. Certo, la differenza principale è che, di norma, le punte, anche se vengono ricercate immediatamente una volta recuperato il pallone, rischiano di avere poco supporto sul corto, e devono conservare il pallone per far salire la squadra. Ma quando l’occasione lo consente non hanno certo paura ad attaccare direttamente la profondità.


 


L’Inter recupera palla al centro della propria trequarti difensiva, e Barella cerca subito Lukaku, che nel frattempo aveva eluso la marcatura preventiva del difensore del Parma spostandosi lateralmente.


 

Molte squadre, però, non concedono questi spazi all’Inter, né in seguito a un pressing alto, né in transizione difensiva. Così la squadra di Conte deve dimostrare di saper attaccare anche contro una difesa schierata con un blocco basso: è in queste fasi che Lukaku e Lautaro giocano più vicini, andandosi a posizionare al centro e occupando i difensori centrali, negli spazi tra il difensore centrale e quelli laterali contro una difesa a 3, oppure addosso ai due centrali contro una difesa a 4.


 

L’Inter può scegliere se sfruttare l’inserimento della mezzala opposta al lato dove si trova la palla, se cambiare il gioco verso l’esterno in isolamento sul lato debole o se attaccare direttamente al centro, sfruttando le triangolazioni con le due punte e gli inserimenti interni della mezzala e dell’esterno dal lato della palla.


 


Un esempio di attacco posizionale con sfruttamento del terzo uomo: Barella verticalizza su Lukaku, Darmian si sovrappone dentro, Lautaro attacca l’area.


 

L’Inter rimane comunque una squadra capace di far male anche attraverso i cross dal fondo o dalla trequarti, sia perché può portare tanti uomini all’attacco dell’area, sia per le qualità aeree a disposizione, soprattutto nel caso di Lautaro Martinez.


 

In definitiva, anche se sono l’espressione più armonica della dimensione collettiva nel calcio di Conte, non sembra un’esagerazione dire che le due punte sono forse i giocatori individualmente più importanti in questa Inter, che nell’ultimo anno si è molto adattata sullo sfruttamento del loro strapotere. Certo, questo potrebbe essere un lato negativo non da poco, e forse ha contribuito molto alla disfatta in Champions League, ma l’Inter si sta comunque avviando verso la vittoria dello Scudetto dopo undici anni e anche se è evidente che il suo campionato sia svoltato quando ha deciso di rinunciare al pressing alto, e a qualche minuto di possesso palla, in realtà deve moltissimo alle sue punte, capaci sia di generare occasioni dal nulla sia di giocare per e con la squadra.


 

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