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Dario Pergolizzi
Inter e Juventus hanno giocato a nervi scoperti
20 mar 2023
20 mar 2023
Due squadre dall'interpretazione opposta.
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Dario Pergolizzi
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Tiziano Ballabio/IMAGO
(foto) Tiziano Ballabio/IMAGO
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È stato un Derby d’Italia a due facce, stimolante dal punto di vista della contrapposizione strategica e delle dinamiche offensive delle due squadre che poi si è concluso in maniera comprensibilmente più convulsa e nervosa, anche se priva di grandi occasioni. Una partita che ha confermato l’ottimo stato di forma di alcuni giocatori della Juventus - Kostic e Rabiot, soprattutto - e ha mostrato anche come, sebbene scelga spesso di rinunciare al possesso, la squadra di Allegri sappia anche innescare azioni in campo aperto con una certa fluidità. L’Inter, da parte sua, è stata tradita da una partita difensiva non perfetta e si è scontrata ancora una volta con i propri limiti offensivi, non riuscendo a produrre un’adeguata mole di occasioni da gol per ribaltare il risultato. Sulla carta Juventus e Inter avevano lo stesso sistema di gioco ma, di fatto, il loro approccio alla partita non sarebbe potuto essere più diverso. L’Inter con il pallone cercava di disordinare il proprio assetto, dando libertà di movimento a Barella e portando in proiezione offensiva i due difensori laterali, Acerbi e Darmian, con una certa continuità. Senza palla, poi, si ricomponeva in un 532 convenzionale. La Juventus, invece, quando in possesso del pallone, cercava di verticalizzare per sfruttare i movimenti di Rabiot e Soulé e a sostegno di Vlahovic, con Fagioli che si allargava a destra e Danilo a sinistra, in modo da alzare la posizione di Kostic.In fase difensiva la Juventus ha assunto due tipi di atteggiamento. Nelle circostanze in cui riusciva ad alzarsi per pressare la costruzione avversaria Vlahovic rimaneva in posizione avanzata per puntare de Vrij o scalare in avanti su Onana; Soulé si abbassava per marcare Brozovic, mentre Kostic e Fagioli erano pronti a uscire sui rispettivi riferimenti, Darmian e Acerbi, quando la palla era indirizzata a loro. Rabiot e Locatelli avevano la responsabilità di controllare Barella e Calhanoglu.

Volendo definire questa configurazione della Juventus, potremmo dire che Allegri ha scelto di pressare alto con un 4231 in cui, dati i movimenti delle due mezzali dell’Inter e la necessità di raddoppiare sulle verticalizzazioni per le punte, alla fine Rabiot e Locatelli erano spesso sfalsati, con il secondo che ha svolto una grande mole di lavoro di copertura del quartetto arretrato.Contro questa strategia di pressing l’Inter non ha avuto vita facile nella costruzione bassa, cercando spesso soluzioni dirette per risalire il campo, scontrandosi con una partita di grande precisione dei centrali difensivi bianconeri. In qualche caso ci sarebbe stata la possibilità di manipolare il pressing della Juventus, per esempio trovando la superiorità posizionale dopo la prima linea di pressione con lo smarcamento in avanti (che spesso si vede nelle partite nerazzurre) del centrale difensivo, de Vrij, ma la squadra di Inzaghi non è sembrata particolarmente sicura in questi frangenti, preferendo piuttosto allungarsi.

Nelle due azioni qui sopra si notano bene le difficoltà dell’Inter dal basso. Nella prima, mentre de Vrij si smarca in avanti sul centro sinistra, Onana si preclude la giocata verso Acerbi (che con la mano sembra lui stesso suggerire la verticalizzione). Se la palla fosse andata ad Acerbi, e se quest’ultimo avesse portato palla, Fagioli si sarebbe trovato preso in mezzo da due avversari, con tutta la cascata successiva di possibili vantaggi, ma Onana ha preferito lanciare. Nel secondo caso, invece, una transizione generata dalla maturità interpretativa di Kostic: con palla a Onana, Darmian si abbassa nella “finestra” adiacente all’area di rigore. De Vrij è smarcato in avanti, mentre Vlahovic pressa il portiere. Kostic, invece che portarsi in marcatura anticipata su Darmian, si posiziona “a metà strada”, pronto sia a uscire lateralmente sia a intercettare la verticalizzazione sul difensore olandese, cosa che poi avverrà.Questa era la Juve in fase di pressing, ma quando invece l’Inter riusciva ad alzare il suo baricentro col possesso, consolidando la manovra in zone più avanzate, Kostic scendeva sulla linea dei difensori mentre Fagioli e Rabiot si portavano ai fianchi di Locatelli. Le due azioni più pericolose nel primo tempo dell’Inter sono arrivate in situazioni di questo tipo, in seguito a dei palleggi prolungati in cui la squadra di Inzaghi è riuscita a muovere palla da un lato all’altro nella metà campo della Juventus. La prima è arrivata dopo appena un paio di minuti: la palla si sposta dalla fascia destra verso la sinistra, Acerbi si sovrappone con Dimarco e Calhanoglu arriva a supporto. Barella, nel mentre, dalla sua abituale posizione a destra si accentra, e riceve un passaggio diagonale da sinistra, arrivando poi alla conclusione da fuori area.Uno sviluppo simile, con la circolazione paziente da un lato all’altro coadiuvata da rotazioni posizionali dei centrocampisti e corse in avanti di Darmian e Acerbi, ha portato nuovamente Barella alla conclusione, intorno al 17esimo. Questa volta Barella calcia da dentro l’area di rigore, sfruttando un triangolo brillante con Lukaku, che inizialmente aveva ricevuto la verticalizzazione di Calhanoglu.

Il dinamismo e la mobilità di Barella sono stati elementi decisivi per riuscire a sfogare i possessi in conclusioni verso la porta di Szczesny, e in entrambi i casi l’Inter ha potuto innescarle attraverso un palleggio prolungato e una certa flessibilità posizionale. Il problema dei nerazzurri è stato che questo genere di situazioni non è emerso con costanza nel corso della partita. La tendenza dell’Inter è stata quella di cercare la soluzione più diretta partendo da dietro, ma va dato merito anche alla fase di possesso della Juventus capace - soprattutto nella prima parte di gara, quella precedente il gol di Kostic - di spezzare il ritmo dell’Inter. Sullo 0-0 la manovra bianconera era orientata a un breve giro palla arretrato, con l’intenzione di trovare la verticalizzazione per Vlahovic e per le incursioni di Rabiot. L’atteggiamento difensivo dell’Inter, però, ha aperto dei varchi che i bianconeri sono stati abili a cogliere in questa fase della partita. L’Inter pressava con le due punte in contrapposizione ai tre difensori centrali della Juventus, chiedendo alle mezzali sul lato del palla di uscire su Danilo, a destra, e De Sciglio (o Gatti), a sinistra. La squadra di Inzaghi è parsa però particolarmente slegata, si è mossa spesso in ritardo o con titubanza (specie quando i difensori dovevano spezzare la linea per seguire i movimenti incontro di Vlahovic o Soulé) , permettendo alla Juventus di approfittare di un vantaggio alle spalle della pressione.

Nell’immagine qui sopra si nota una dinamica abbastanza ricercata dalla Juventus, con Rabiot che appena legge l’imminente verticalizzazione di Danilo verso Vlahovic inizia a correre in avanti, mentre dall’altro lato anche Soulé era riuscito a proporsi tra i corpi dei centrocampisti nerazzurri senza alcuna marcatura ravvicinata dietro né ostruzione della linea di passaggio davanti. Ma è stato soprattutto nelle circostanze di pressing alto che i nerazzurri hanno mostrato qualche deficit, come ben rappresentato dall’azione del gol di Kostic. La circolazione della Juventus, in quell’occasione, era arrivata da De Sciglio, sul quale era chiamato a uscire Dimarco. Che, però, dovendo partire da una posizione troppo arretrata non poteva disturbare una giocata rapida a De Sciglio. Locatelli, al centro, era anche lui in una situazione di potenziale vantaggio poiché, con Lautaro e Lukaku in avanti, era Brozovic a dover uscire su di lui. Ma Locatelli ha suggerito comunque a De Sciglio di andare lungo: la Juventus aveva una situazione vantaggiosa di fronte alla linea difensiva dell’Inter, grazie al movimento interno di Rabiot, che poteva sfruttare lo spazio lasciato proprio dall’avanzamento di Brozovic. L’allargamento di Fagioli sulla destra, invece, aveva attirato l’attenzione di Acerbi e, data anche l’uscita alta di Dimarco, la difesa dell’Inter si era trovata naturalmente a scalare verso sinistra. La dinamica dell’azione ha messo i nerazzurri in difficoltà: Darmian si è trovato a dover controllare Vlahovic scivolando a sinistra, mentre Dumfries era in ritardo nella scalata interna, probabilmente perché preoccupato da Kostic. Questo domino ha fatto sì che, sugli sviluppi successivi, quando Rabiot ha trovato Kostic in isolamento a sinistra e lo scivolamento difensivo doveva essere compiuto dalla parte opposta, l’Inter è andata in tilt: Kostic ha avuto tutto tempo e spazi sufficienti per prendere la mira e tirare, mentre Dumfries è finito a fare il muro in area di rigore e Darmian è arrivato un attimo tardi, girandosi anche al momento del tiro.

Potremmo dire che la partita ha vissuto due fasi distinte: nella prima, finché ha retto lo 0-0, entrambe le squadre hanno cercato trame di gioco un po’ più elaborate, con la Juventus che infine è riuscita ad approfittare di qualche spazio in più nei frangenti in cui ha avuto a disposizione il pallone, mentre l’Inter ha pagato qualche incongruenza difensiva con lo svantaggio, senza riuscire a ottimizzare il lavoro di mobilità dentro il campo. Il cambiamento nel risultato ha messo e la partita su binari differenti e il secondo tempo della Juventus è stato prevalentemente di controllo difensivo e ricerca dell’attacco in transizione, mentre l’Inter si è trovata giocoforza a controllare il pallone in zone più avanzate, più a lungo. Dopo il vantaggio bianconero è seguita una lunga fase che ha stranamente messo insieme frenesia e stallo, con le squadre che giocavano a due velocità diverse: la Juventus non ha più ricercato il consolidamento, ingolosita dalla possibilità di far male in contropiede, mentre l’Inter non è riuscita a convertire il dominio territoriale in conclusioni ottimali, innescando finalizzazioni interessanti. Certo è stato merito della maggior densità difensiva della Juventus a ridosso dell’area, con Locatelli in costante raddoppio centrale nella “gabbia” con i suoi compagni difensori, riducendo le possibilità di manovra di Lukaku e Lautaro. I due attaccanti nerazzurri sono stati costretti a una partita di mero appoggio alla circolazione, con scarse possibilità di girarsi verso la porta avversaria o di combinare tra loro. Sul finale della partita le sostituzioni di Inzaghi sono state orientate all’aumento del potenziale offensivo - finendo anche con 3 attaccanti e 4 quattro difensori in campo - ma di fatto i nerazzurri si sono scontrati, oltre che con le difficoltà intrinseche del contesto della partita, anche con alcuni limiti strutturali già noti, come la difficoltà nel creare vantaggi offensivi attraverso iniziative individuali. Se la Juventus ha trovate conferme alla sua identità di squadra difensiva con più facce, capace di portare pressione così come di abbassare il proprio baricentro, sempre a suo agio e in controllo, l’Inter ha avuto la riprova che offensivamente serve qualcosa di più per rendersi pericolosi ad alto livello. Adesso che arrivano le partite più importanti della stagione, entrambe le squadre hanno un’importante lezione da trarre da una partita sempre affascinante anche quando, come in questo caso, non è molto spettacolare.

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