C'era un sentimento ambivalente, avvicinandosi a questa partita. Da una parte la sfida tra le due migliori squadre della Serie A, capaci di superare già a fine gennaio la quota 50 punti. Entrambe in crescita, in forma, sebbene in modo molto diverso. D'altra parte, però, era difficile non avere negli occhi la partita estremamente bloccata dell'andata. Quante aspettative di spettacolo era legittimo avere?
La noia che ricordiamo nel Juventus-Inter dell'andata nasceva dalle scelte di Massimiliano Allegri, coraggiose e in controtendenza alle abitudini consolidate della squadra bianconera. Abbracciando un registro difensivo più aggressivo del consueto, la Juventus aveva difeso con un pressing abbastanza offensivo e orientato sull’uomo che aveva convinto l’Inter a muovere il pallone in modo più prudente del solito per limitare i rischi ed evitare costose perdite del possesso sulla pressione avversaria.
Le scelte contrapposte dei due allenatori avevano, di fatto, generato uno stallo e una partita estremamente controllata. Non era la prima volta, oltretutto, che affrontando il 3-5-2 di Simone Inzaghi, Allegri sceglieva una strategia di pressing offensivo per evitare il consolidamento del possesso della squadra avversaria nella propria metà campo. Sebbene quella adottata all’andata un paio di mesi fa avesse in effetti ben funzionato nel limitare i pericoli per la porta bianconera, nel match di ieri sera di San Siro Allegri ha invece cambiato la propria strategia difensiva. La Juventus ha schierato nella propria metà campo il suo 3-5-2 orientando il movimento dei propri giocatori al controllo degli spazi. Hakan Çalhanoğlu, per esempio, non è stato marcato da vicino da nessun calciatore bianconero e Yildiz, il principale indiziato di un eventuale controllo a uomo sul connazionale nerazzurro, ha giocato in fase di non possesso accanto a Vlahovic, all’interno del rombo di costruzione avversario, con il compito principale di schermare lo spazio interno.
Le uscite in pressione delle mezzali juventine sui difensori esterni della difesa a 3 dell’Inter Pavard e Bastoni – un pattern di pressione tipico del 3-5-2 contro l’impostazione della manovra delle difese a 3 – sono state, nel primo tempo, piuttosto occasionali e le due mezzali bianconere hanno preferito tenere compatta la linea e muoversi a copertura degli spazi. L’atteggiamento della difesa posizionale è stato meno attento del solito al movimento degli avversari e più focalizzato al controllo degli spazi. La Juventus voleva difendere bassa senza farsi disordinare dalle eccellenti rotazioni dell’attacco a metà campo dell’Inter di Simone Inzaghi.
Al minuto 37 del primo tempo, però, un’azione illustra bene la capacità dell’attacco posizionale dell’Inter, che viene a capo di un’eccellente difesa bassa come è quella della Juventus. La ricetta, molto ben eseguita, ha previsto, con il centro del campo intasato dalla difesa a zona della squadra di Allegri, un attacco dall’esterno dove però, non solo l’Inter non si è limitata a un banale crossing-game, ma ha provato con continuità a disordinare la difesa della Juventus con la creazione di zone di superiorità numerica-posizionale sovraccaricando con razionalità la zona palla.
Nell’azione che ha portato al gol vittoria dell’Inter, sviluppatasi sulla fascia destra, i nerazzurri hanno portato sull’esterno, oltre alla tipica catena costituita da difensore, mezzala ed esterno – Pavard, Barella e Darmian – l’esterno del lato opposto, Federico Dimarco. Il suo movimento ha creato superiorità numerica in zona palla e ha generato le condizioni per cui i difensori della Juventus si disordinassero; a quel punto si è liberato uno spazio per il tentativo di Pavard e l’isolamento di Thuram contro Gatti nei pressi della linea di porta.
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L’Inter schiera il suo triangolo offensivo in fascia e comincia la sua rotazione con il vertice alto iniziale Pavard che attacca la profondità mentre Barella si abbassa. Al contempo Dimarco attacca alle spalle Danilo per venire a creare superiorità numerica in zona palla. Il movimento dell'esternofissa la posizione di Danilo, che rimane in zona per controllare l’esterno sinistro nerazzurro e lo rende indisponibile ad assorbire il taglio interno profondo di Pavard. Il francese ha il tempo di provare a concludere e, al contempo, sposta dalla zona di copertura del primo palo Bremer consentendo al pallone di giungere agevolmente nei pressi della porta bianconera
I minuti precedenti al gol dell’Inter restituiscono, forse, una delle ragioni per cui Allegri ha scelto di variare, rispetto alla partita di andata, la propria strategia difensiva. La Juve ha finito per soccombere perdendo la sfida con l'attacco posizionale avversario. La Juventus ha provato gli unici due tiri in porta del primo tempo nei cinque minuti che hanno preceduto l’autorete di Gatti. Prima Vlahovic e poi Kostic si sono visti i tiri intercettati da Pavard, anche se i rimpianti hanno a che fare soprattutto col controllo impreciso del centravanti, che all'inizio aveva un angolo di tiro decisamente più aperto.
Entrambe le occasioni erano state generate da lunghe transizioni offensive portate avanti da insistite conduzioni di palla di due specialisti come McKennie e Kostic e mostrano, in contrasto con le difficoltà di creare pericoli in fase di possesso palla consolidato, come probabilmente Allegri abbia scelto di abbassare la difesa per puntare molte fiches offensive sull’attacco in campo aperto e in transizione profonda.
Un secondo tempo più aperto
Gli sforzi offensivi dell’Inter, sebbene ben controllati da una buona prestazione della difesa posizionale della Juventus, sono stati sufficienti a ottenere il vantaggio con l’autogol di Gatti. La diversa strategia in fase di non possesso della Juventus ha permesso agli uomini di Inzaghi di non dovere affrontare il problema di risalire il campo con il pallone; l'Inter si è allora concentrata sul modo migliore per penetrare il blocco basso avversario. Il fraseggio insistito e paziente e le continue rotazioni sia in mezzo al campo che, in special modo, nelle catene laterali, con creazioni di zone temporanee di sovraccarico, sono state le armi con cui Inzaghi ha tenuto in mano la partita ed è riuscito a passare in vantaggio. A brillare, come sempre, è stata la capacità collettiva dell’Inter di occupare dinamicamente gli spazi e di creare superiorità numeriche e posizionali anche contro uno schieramento difensivo compatto come quello della Juventus.
All’inizio del secondo tempo, l’Inter ha dovuto affrontare alcune nuove sfide tattiche perché la Juventus è uscita dagli spogliatoi con un diverso piano difensivo. In svantaggio di un gol e non pienamente soddisfatto dei risultati, specie offensivi, della strategia adottata nel primo tempo, Allegri è passato a una fase di non possesso più aggressiva e orientata sull’uomo.
Il baricentro dei bianconeri si è alzato e la partita si è giocata non più soltanto nella metà campo della Juventus, ma su spazi più ampi e con un numero di transizioni più alto, da una parte e dall’altra. Anche di fronte a questo nuovo quesito tattico posto da Allegri, l’Inter ha risposto con padronanza e consapevolezza delle proprie abilità.
Il pressing della Juventus è stato quasi sempre manipolato dalla circolazione del pallone nerazzurra. L’Inter si è resa pericolosa sia con azioni di attacco posizionale, sia attaccando su un campo grande dopo avere superato la pressione avversaria, sia in transizione lunga dopo il recupero del pallone, mostrando in modo concreto la capacità della squadra di Inzaghi di interpretare vari copioni tattici, tutti con estrema efficacia. Solo due prodezze di Szczȩsny e la prova, nonostante tutto, molto brillante di Gatti, Bremer e Danilo hanno negato all’Inter il secondo gol.
Dall’altro lato del campo la Juventus, anche nel secondo tempo, ha mostrato le difficoltà, già evidenziate nel primo, nel muovere bene il pallone. Nei primi quarantacinque minuti il principale problema della Juventus era stato quello di riuscire a risalire il campo contro il pressing nerazzurro. I bianconeri sono sembrati particolarmente preoccupati della possibilità di perdere il pallone e disordinarsi. La fluidità posizionale vista nelle ultime partite, che sembrava avere migliorato la circolazione della palla, ha lasciato spazio a un’eccessiva rigidità che ha favorito la pressione nerazzurra e ha fatto di Vlahovic, spesso solo contro i tre difensori avversari, il fulcro da raggiungere con lanci lunghi e su cui tentare di appoggiarsi, con scarsi risultati, per risalire il campo. Nel secondo tempo l’Inter ha progressivamente allentato la pressione e abbassato il baricentro della propria fase di non possesso e per la Juventus il problema non è stato più quello di risalire il campo e consolidare il possesso, ma quello di attaccare efficacemente il blocco basso dell’Inter. Ancora una volta, e in controtendenza con le ultime uscite, la squadra è apparsa rigida e incapace di muovere l’ordinata difesa nerazzurra. Anche in questo nuovo contesto tattico Vlahovic è sembrato ancora troppo isolato e Yildiz, apparso più volte frustrato, è sembrato muoversi su un registro associativo non assecondato dai compagni. Allegri, ha provato a cambiare le carte in tavola non abbandonando il suo 3-5-2 e non tentando di migliorare le connessioni tra i suoi giocatori; invece ha inserito due giocatori capaci di strappi palla al piede anche in spazi stretti e di trovare soluzione individuali come Chiesa e Weah. Non ha però ottenuto grossi benefici, finendo la partita con poche reali occasioni di pareggiare se non un tiro da fuori di Gatti uscito di poco.
La squadra di Inzaghi ha vinto con merito la sfida scudetto. L’Inter ha mostrato piena consapevolezza dei propri mezzi e chiarezza di idee nei vari contesti tattici offerti dalla partita. È riuscita ad attaccare il blocco basso della Juventus nel primo tempo e a giocare transizioni lunghe nel secondo. Il tutto con eguale efficacia. Nei primi quarantacinque minuti ha soffocato la Juventus con il suo pressing alto, per poi controllarla nella propria metà campo nella seconda parte della ripresa. Da un punto di vista individuale Pavard e Çalhanoğlu sono stati, tra i nerazzurri, i due giocatori a spiccare. Il francese ha giocato una partita attenta difensivamente vincendo ben 11 duelli (solo Bremer, molto più sollecitato, ne ha vinto di più) e ha interpretato con lucidità e pulizia la fase offensiva, fornendo un contributo di assoluta qualità tecnica e strategica alle rotazioni della catena di destra. Çalhanoğlu ha offerto un’interpretazione dinamica del ruolo di playmaker, associandosi con le catene laterali, partecipando attivamente alle rotazioni del centrocampo e giocando a un livello tecnico eccelso, sublimato dal lancio di 50 metri di mezzo esterno destro in diagonale verso Dimarco che sta riempendo i social.
La Juventus, invece, ha mostrato un atteggiamento sin troppo rinunciatario, non tanto nelle scelte difensive, quanto nell’interpretazione della partita con la palla tra i piedi. La scelta di difendere posizionalmente nei primi 45' era tutto sommato prevedibile e nelle corde della squadra, ma è mancata la capacità di organizzare transizioni manovrate e di superare il pressing avversario.
Anche nel secondo tempo, contro il blocco basso nerazzurro, l’eccessiva rigidità ha impedito alla Juventus di attaccare con efficacia. Il coraggio e la brillantezza messe in mostra nell’ultimo periodo, prima dello stop casalingo contro l’Empoli, in cui la squadra è apparsa muoversi con più scioltezza e fluidità, favorendo una circolazione del pallone più varia ed efficace del solito, sono state sostituite da una nuova/vecchia rigidità, figlia di una prudenza eccessiva che ha fatto ricadere la Juventus nei vecchi difetti della sua fase di possesso palla. L’assenza del criticatissimo Miretti ha, di fatto, privato i bianconeri di un centrocampista capace di leggere gli spazi intermedi e di fluidificare sia la fase di costruzione che quella di rifinitura e ha isolato la coppia di attaccanti scelta da Allegri. I margini di crescita della squadra, a vederli, sono ancora molto ampi e diciassette punti di distacco dal quarto posto sono una garanzia ampiamente sufficiente per la qualificazione Champions della Juventus. Con queste premesse, quale strada sceglierà Allegri per concludere il suo campionato?