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Il naufragio dell'Inter in Europa League
15 mar 2019
Cinque punti che provano a spiegare l'eliminazione dei nerazzurri per mano dell'Eintracht.
(articolo)
9 min
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Se alla vigilia degli ottavi avessero messo in fila tutte e 16 le partecipanti in base allo stato di forma, probabilmente l’Eintracht si sarebbe trovata nelle prime posizioni e l’Inter in fondo. I tedeschi arrivavano alla sfida di San Siro circondati da una piccola aura di invincibilità, per il percorso netto in Europa (6 vittorie su 6 nel girone e un 6-3 complessivo contro lo Shakhtar ai sedicesimi) e per l’inizio di questo 2019, ancora senza sconfitte. Al contrario i nerazzurri nell’anno nuovo hanno perso punti, giocatori e certezze. Al delicato momento psicologico si sono quindi aggiunte anche le difficoltà tecniche date dalle tante assenze.

Oltre ai tre giocatori fuori lista (Joao Mario, Gagliardini e Dalbert), Spalletti ha dovuto fare fronte alle squalifiche di Asamoah e Lautaro (ammoniti nella gara di andata), a cui si aggiungevano gli infortuni di Nainggolan, Miranda e Brozović. Le difficoltà nel reparto avanzato hanno spinto il tecnico interista ad accelerare il rientro di Keita Balde, schierato come centravanti davanti a Candreva, Politano e Perišić. Per il resto, scelte obbligate: la linea davanti a Handanovic era composta da D’Ambrosio, Skriniar, de Vrij e Cédric, con Borja Valero e Vecino in mediana.

Le sorprese erano essenzialmente due: il mancato avanzamento di Skriniar in mediana (con Ranocchia in difesa e Borja trequartista) e lo spostamento di Cédric a sinistra. Due scelte difensive: la prima per non intaccare la coppia di centrali dell’Inter, fondamentale all’andata; la seconda per avere un giocatore fisico come D’Ambrosio per contrastare Kostic sulla fascia sinistra.

L’intenzione dei nerazzurri, confermata almeno in parte dalle parole di Spalletti alla fine della gara, era quella di tenere il più a lungo possibile lo 0 a 0, «in attesa di vedere come si sarebbe messa la partita negli ultimi 15 minuti». Il piano tattico è crollato quasi immediatamente, sotto la spinta di un Eintracht veloce, organizzato e aggressivo. Dopo neanche 6 minuti i tedeschi erano già passati in vantaggio e nei successivi 90 minuti l’Inter non ha mai dato l’impressione di poter cambiare la partita. Come detto, non era il momento migliore dei nerazzurri e l’Eintracht non era la squadra migliore da affrontare: ma una sconfitta del genere non si spiega solo con le assenze.

1. La costruzione poco fluida

Il piano iniziale, come detto, era quello di gestire la spinta iniziale dei tedeschi cercando di controllare il possesso per poter gestire i ritmi della partita. Sin dai primi minuti la squadra di Spalletti ha provato a gestire palla dal basso, con D’Ambrosio che accorciava al fianco dei due centrali per garantire superiorità nella costruzione dal basso, attirare la pressione avversaria e liberare la verticalizzazione verso i giocatori offensivi.

L’Eintracht non si è fatto trovare impreparato. Sulla carta la squadra di Adi Hütter partiva con lo stesso modulo della gara di andata – il 3-4-1-2 con Rode e Willems mediani e Gacinovic trequartista – ma in fase di non possesso la squadra ruotava il triangolo di centrocampo, riposizionandosi in modo da poter mettere Rode (mediano) su Politano, Gaćinović (mezzala destra) su Borja e Willems (mezzala sinistra) su Vecino.

A inizio azione i tedeschi tenevano bloccato il centro, isolando Borja Valero, ma al primo passaggio laterale si innescava la pressione alta: Haller e Jović si alzavano sui centrali avversari, Gaćinović e Willems bloccavano il passaggio centrale, e Kostic si alzava in pressione sul terzino.

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La mossa era rischiosa, perché lasciava un potenziale tre contro due sul lato sinistro, dove N’Dicka e Hasebe dovevano fare i conti con Politano, Keita e Candreva. A dare supporto ci pensava Rode, che stando davanti alla difesa giocava quasi da battitore libero.

Il pressing alto dei tedeschi ha fatto andare in apnea l’Inter, che nei primi minuti ha faticato a uscire palla al piede dalla propria metà campo. La prima occasione è arrivata dopo neanche tre minuti: la pressione di Jovic ha costretto de Vrij a un rilancio affrettato verso Keita, che è stato anticipato da Hinteregger, e dal lancio del centrale sono nati 20 secondi di forcing dei tedeschi, che hanno chiuso l’Inter nella propria area liberando il tiro di Jović. Handanovič ha parato la prima conclusione e Cédric è poi riuscito a deviare la ribattuta di Haller quel tanto che bastava a farla finire sulla traversa. L’Inter si è salvata, ma da quel momento l’Eintracht ha iniziato a dettare l’andamento della partita.




2. Le difficoltà a contenere la fisicità dell’Eintracht

La fase di possesso dei tedeschi era molto aggressiva: la squadra di Hütter gestiva l’uscita bassa coi tre centrali, supportati da Rode e Willems, mentre Gaćinović, Da Costa e Kostić si alzavano a ridosso della linea offensiva. Appena possibile l’Eintracht cercava la verticalizzazione verso i due attaccanti, che difendevano la palla (o aiutavano a riconquistarla) permettendo al resto della squadra di consolidare il possesso in zona offensiva. Nei 90 minuti i tedeschi hanno vinto 11 duelli aerei nella metà campo avversaria, contro i 4 dell’Inter.

Una volta che i tedeschi arrivavano sulla trequarti provavano a sfruttare la superiorità in mezzo al campo, attirando il pressing di Vecino e Borja per cercare il cambio di gioco verso Kostić (sempre alto e largo) o liberare fronte alla porta Gaćinović, che spesso restava sulla mezzala per ricevere al fianco dei due mediani interisti.

I nerazzurri sono caduti rapidamente in balìa degli avversari, che al quinto minuto, sugli sviluppi di una rimessa laterale, sono andati in vantaggio grazie a un bel pallonetto di Jović, lanciato in porta da un errore in disimpegno di de Vrij.




3. Il cambio di sistema è stato inefficace

Dopo i primi minuti di difficoltà Spalletti ha chiesto a Borja Valero di fare la “salida lavolpiana”, arretrando in mezzo ai centrali per dare superiorità numerica al giro palla difensivo. La mossa aveva un duplice scopo: dare un uomo in più in costruzione e liberare lo spagnolo dalla marcatura di Gaćinović. Il piano dell’Inter è rimasto lo stesso, quello di spezzare la prima pressione per poi aprire il campo verso Candreva, Politano e Perišić. L’obiettivo è però fallito: la prima occasione dell’Inter a campo aperto è arrivata solo al 19esimo, su un rilancio un po’ casuale di Handanovič in direzione di Keita.

Al 35’ Spalletti ha così deciso di passare alla difesa a tre, con D’Ambrosio terzo in difesa, Cédric largo a destra e Perišić a sinistra. Sulla trequarti restavano quindi Politano e Candreva, alti alle spalle di Keita, in quello che sulla carta si presentava come un 3-4-2-1. Il cambio tattico ha permesso ai nerazzurri di coprire meglio il campo in ampiezza, per difendere i cambi di gioco verso Da Costa e Kostić, ma ha funzionato meno in fase offensiva.

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4. L’Inter ha giocato male dal punto di vista tecnico

Nelle intenzioni, il 3-4-2-1 doveva aiutare i nerazzurri a gestire meglio anche la fase di possesso, sfruttando la presenza di un uomo in più sia sulle catene laterali (con esterno e trequartista) che nella costruzione da dietro. Nella fase centrale della gara, effettivamente, l’Inter è riuscita ad alzare leggermente il baricentro, nonostante un possesso palla molto lento e farraginoso.

Le difficoltà di Skrniar sulla sinistra (a piede invertito, con poco supporto di Perišić) hanno però costretto l’Inter a passare soprattutto sul lato destro, dove i nerazzurri – nonostante la superiorità numerica – non sono mai riusciti a liberare l’uomo fronte alla porta, finendo spesso per cercare lanci alla cieca in direzione di Politano e Keita. All’Eintracht è bastato pressare con ordine e aspettare un errore dell’Inter per ripartire a campo aperto.

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A cavallo dei due tempi sono stati gli ospiti a sfiorare il raddoppio, sfruttando un errore in uscita di Vecino e un contropiede di Haller, lanciato da Kostić. In entrambi l’Inter è stata salvata da un grande Handanovič, una delle poche note buone di tutta la partita. In mezzo è arrivata forse una delle poche azioni pulite dell’Inter in tutta la gara, con un bel contropiede condotto da Candreva e Cédric.




5. La mancanza di alternative

Dopo l’ora di gioco Spalletti ha provato a cambiare ancora una volta l’assetto, passando al 3-5-2 con l’inserimento di Ranocchia al posto di Cédric. Il cambio ha portato a uno smottamento di tutta la squadra: il nuovo entrato si è posizionato al centro della difesa, con de Vrij a destra e D’Ambrosio a sinistra; Skriniar si è alzato in mediana, con Borja e Vecino mezzali; Candreva è andato a fare il quinto sulla fascia e Politano si è stretto in posizione di seconda punta.

Il nuovo assetto, che doveva aiutare i nerazzurri ad aumentare la loro consistenza sulla trequarti, non ha dato i risultati sperati. Borja e Vecino sono rimasti tagliati fuori dal gioco e l’Inter ha finito per rifugiarsi nella solita circolazione laterale. In fase di non possesso Skriniar si è trovato spesso e volentieri in mezzo a due avversari e nel giro di cinque minuti la squadra di Hütter è arrivata in porta due volte agevolmente, senza chiudere la gara. L’unico squillo dei nerazzurri è arrivato al 71’, con un tiro da fuori di Skriniar, l’ultima occasione della partita.

Il finale ha dato l’impressione di un’Inter stanca, impotente e senza grandi idee. Gli inserimenti di Esposito e Merola nell’ultimo quarto d’ora, con le squadre allungate e nessun piano tattico particolare, sapevano quasi di resa per i nerazzurri, che hanno chiuso la partita con Ranocchia centravanti e rischiato due volte il raddoppio, evitato da due grandi parate di Handanovič.

I tanti alibi della partita di ieri non bastano a giustificare la prestazione dei nerazzurri, le cui difficoltà tecniche e tattiche sembrano molto più profonde del (delicato) momento che stanno attraversando. Contro l’Eintracht la squadra di Spalletti ha preparato la partita in modo conservativo e una volta perso il canovaccio iniziale non è più riuscita a rimettere in carreggiata la partita. La decisione di mettere tutti i giocatori offensivi a disposizione dal primo minuto non ha pagato e ha finito per limitare anche la gestione della “seconda” partita, quella giocata dal quinto minuto in poi, in cui l’Inter, nonostante i novanta minuti di tempo, non è mai riuscita a mettere davvero in discussione il risultato.

«Ci è mancato tutto – ha detto Spalletti alla fine – penseremo alla prestazione e vedremo cosa non è andato». Il tempo è poco, perché domenica i nerazzurri sono attesi da uno dei derby forse più importanti degli ultimi anni, fondamentale sia dal punto di vista psicologico che da quello della classifica. L’uscita anticipata dall’Europa League regala all’Inter la possibilità di gestire le forze (fisiche, psicologiche e numeriche) della rosa con più parsimonia, ma non è affatto detto che tutto ciò sarà sufficiente.


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