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Dario Pergolizzi
Efficace, precisa, nervosa Inter
20 apr 2023
20 apr 2023
Una gara di ritorno giocata quasi tutto in controllo.
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Dario Pergolizzi
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Foto di Tiziano Ballabio / Imago
(foto) Foto di Tiziano Ballabio / Imago
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Esattamente vent’anni dopo, anche se con tutt’altre modalità e aspettative, potremo vedere di nuovo un derby di Milano in semifinale di Champions. L’Inter ha raggiunto il Milan dopo aver sfruttato il vantaggio dell’andata a Lisbona, in una partita di ritorno che è stata sostanzialmente sempre sotto controllo, anche se non sono mancati i momenti in cui il Benfica ha dato l’impressione di poter riaprire i giochi.L’Inter ha approcciato la partita con parecchia aggressività nei primi minuti. Il suo pressing alto ha stroncato sul nascere l’impostazione della squadra di Schmidt, che non riusciva a sgusciare con le solite rotazioni centrali, optando così anche per qualche giocata più diretta, ma senza riuscire realmente a risalire il campo in modo efficace. L’Inter aspettava con tre linee strette al centro, le due punte vicine, pronte a oscillare verso l’esterno, le due mezzali orientate sui due mediani del Benfica e gli esterni a tutta fascia sui terzini avversari. Quando l’Inter si abbassava di qualche metro erano le mezzali ad allargarsi sui terzini, con gli esterni che scendevano sulla linea dei tre difensori centrali. Ma quello che è sembrato davvero fare la differenza è stata la capacità dell’Inter di accorciare rapidamente, anche all’indietro, sui giocatori del Benfica che tentavano di orchestrare il possesso nella zona centrale del campo. Seguendo i loro movimenti irregolari senza mai perdere le distanze, contando sul contributo di entrambe le punte sotto la linea del pallone. Nel corso della stagione i portoghesi si sono distinti come una delle squadre più qualitative ed efficaci nel fraseggio sulla trequarti, ma per i primi 20 minuti hanno avuto grosse difficoltà a fare qualsiasi tipo di azione offensiva, proprio a causa della grande densità dell’Inter, brava a ostruire o anticipare anche ogni possibilità di sfogo laterale del palleggio, dando l’idea di poter pungere rapidamente in ripartenza. È così che nata la prima azione pericolosa della partita, conclusasi con Lautaro che, in campo aperto, ha sbagliato di poco l’assist verso Dimarco. Un’occasione iniziata con una lunga corsa di Barella ad assorbire l’inserimento di Rafa Silva da sinistra verso destra, dopo una rapida sponda di Ramos. [gallery columns="6" ids="90790,90791,90792"]

Qui sopra, tre esempi nitidi dell’aggressività e della reattività dell’Inter in avvio di partita. Ripiegamenti profondi, pressioni combinate, transizione orientata alla ricerca dell’attacco immediato, sfruttando quando possibile il cambio gioco corto per poter sfruttare lo spazio liberato dal Benfica sul lato debole.

Un atteggiamento, quello difensivo dell’Inter, che ha avuto il suo peso anche nell’azione del primo gol, più caotica, in cui una palla lunga di Onana verso Dzeko sembrava essere stata domata da Otamendi, che però non è riuscito a resistere al ritorno aggressivo immediato di Dzeko, prima, e di Lautaro, poi. Con Barella nelle immediate vicinanze pronto a inserirsi in avanti, triangolando con Lautaro prima di calciare in porta con uno splendido tiro a giro di sinistro. Il controllo senza palla dell’Inter è proseguito serenamente sfruttando anche una certa incongruenza nell’atteggiamento di pressing del Benfica. In fase di impostazione si è visto spesso Acerbi alzarsi rispetto a Bastoni e Darmian, mentre questi scambiavano il pallone con Onana: un movimento che, unito al dinamismo multi direzionale di Brozovic, è sembrato confondere Rafa Silva e Ramos (trequartista e punta di Schmidt), i quali non sono riusciti a coordinarsi per schermare con costanza il passaggio centrale in uscita. Un’altra criticità del Benfica ha riguardato l’assorbimento dei movimenti incontro delle punte dell’Inter nello spazio svuotato dai mediani lusitani, occupati a seguire i movimenti di Barella e Mkhitaryan. [gallery columns="6" ids="90793,90794,90795"] Questa sopra è un’azione esemplificativa di questo tipo di vantaggi per l’Inter, a partire dalla manipolazione del rombo di pressing del Benfica. Acerbi si alza e attira a sé Florentino Luis, Ramos si abbassa per schermare Brozovic, Joao Mario parte in pressione forte sul passaggio di Bastoni verso Onana. Sul pallone di ritorno, il difensore della Nazionale ha spazio per guidare palla in avanti; la posizione bassa di Dimarco attira Gilberto (terzino destro), così Chiquinho scivola a protezione verso la sua destra, data anche la presenza di Mkhitaryan molto aperto. A questo punto, con i due difensori centrali catalizzati da Dzeko, Lautaro è liberissimo di ricevere in un grande spazio la verticalizzazione di Bastoni, potendo poi accelerare la risalita. Va detto che in questa fase l’Inter, sebbene abbia tenuto il ritmo dalla sua sfruttando l’aggressività senza palla e i movimenti in possesso, non è riuscita a tradurre il controllo in grossi pericoli, a parte il gol di Barella. Assorbita l’onda d’urto iniziale, intorno al ventesimo minuto l’agglomerato fino a quel momento confusionario del Benfica ha finalmente iniziato a sgranarsi in maniera più definita dentro il campo, arrivando a ricezioni più pulite tra le linee e a riuscire a muovere il pallone da un lato all’altro. Il Benfica di quest’anno è una squadra che se riesce a crearsi la possibilità di mantenere il possesso quel tanto che basta per iniziare ad armonizzare movimenti e scambi rapidi sul corto, sovraccaricando una zona senza badare troppo alla coerenza posizionale, può trovare fiducia e aumentare la sua pericolosità. E così nella seconda metà primo tempo, e nell’inizio del secondo, si è giocata una partita più incerta, in cui sembrava che i portoghesi fossero riusciti a trovare quelle dinamiche col pallone che avevano ricercato, infruttuosamente, nei primi minuti. Il gol del momentaneo pareggio è nato proprio su questa capacità del Benfica di agglomerarsi in zona palla, svuotando e riempiendo spazi sempre più stretti, con l’intento di avvicinare i suoi giocatori offensivi e dunque catalizzando l’attenzione dell’avversario interamente verso un lato. Quando l’azione si sviluppa ci sono ben dieci giocatori del Benfica sullo stesso lato del campo, con il solo Grimaldo aperto a sinistra dalla parte opposta (ma non in massima ampiezza).

Il movimento di Rafa Silva a scivolare verso destra alle spalle di Bastoni, occupato da Ramos che andava incontro, è stato decisivo per ricevere la verticalizzazione da Florentino Luis e catalizzare l’attenzione della linea arretrata dell’Inter, che non è riuscita ad assorbire l’inserimento di Aursnes, anche lui partito da una posizione molto interna.A seguire, con l’Inter meno aggressiva nell’andare a prendere alti gli avversari, il Benfica è riuscito a consolidare più spesso il proprio possesso e a muovere il pallone per cercare di sfondare, ma senza creare pericoli effettivi. La prima mossa di Schmidt, che ha contribuito a mantenere viva la fiamma del Benfica nella prima parte del secondo tempo, è stata l’inserimento di David Neres a destra, sostituendo un poco efficace Gilberto, arretrando Aursnes in posizione di terzino destro e portando Joao Mario al suo posto, a sinistra. Neres si muoveva parecchio verso l’interno, riuscendo a legare il gioco e sfruttare anche il sinistro per aprire il gioco verso la fascia opposta, dove si trovavano le sovrapposizioni di Grimaldo, diventate frequenti, e di Joao Mario. L’Inter, dopo un periodo di assorbimento, è sembrata risvegliarsi con una delle sue giocate più tipiche, intorno al 60esimo. Cioè, un giro-palla che va da Dumfries verso Brozovic e infine verso Bastoni, già in corsa verso la trequarti per crossare teso sulla testa di Dzeko. Muovere la palla da un lato all’altro nei pressi del centrocampo è stato sicuramente uno dei principi offensivi più efficaci per l’Inter di Inzaghi in questa stagione, sia perché può contare su dei difensori abbastanza partecipativi e precisi quando si spingono in avanti, sia per la propositività di esterni e mezzali nell’occupazione dell’area e degli spazi a ridosso. L’azione del raddoppio nasce da una rimessa laterale di Dumfries, una circostanza che, naturalmente, porta l’avversario a fare una grande densità sulla fascia e a sguarnire il lato opposto. Anche in questi casi, i giocatori dell’Inter cercano spesso di uscire dal lato opposto. [gallery columns="5" ids="90797,90798,90799"] Questa volta Bastoni, a supporto della rimessa laterale, non ha avuto una funzione di attacco dello spazio ma di collegamento verso Dimarco. Successivamente, sfruttando l’inerzia dell’azione, Dimarco ha combinato con il movimento a uscire di Mkhitaryan, che poi è stato bravo a riconoscere immediatamente il taglio interno del compagno e restituirgli il pallone in una zona molto vantaggiosa per crossare. Il gol di Lautaro è stato apparecchiato da una grande lettura di Dimarco e Mkhitaryan, ma in generale è anche figlio di un modo preciso di intendere gli spazi da attaccare da parte della squadra di Inzaghi. Anche il terzo gol di Correa è stato preceduto da un lungo cambio gioco di Calhanoglu verso Dimarco. Insomma, belle giocate, ma in un contesto tattico preparato.Il Benfica ha accusato il colpo ma, sotto di 4 gol a quel punto, tra andata e ritorno, è riuscito a mantenere una certa intensità riprendendo a pungere, trovando probabilmente anche meno resistenza da parte della squadra di Inzaghi, segnando due gol e raggiungendo un pareggio che è sembrato innervosire l’Inter.L’Inter ha dimostrato nuovamente di essere una strana creatura, capace di vincere una partita segnando 3 gol con gli unici 3 tiri nello specchio nonostante il percorso in campionato suggerisca tutt’altro che una squadra cinica ed efficace sotto porta. Però è anche evidente che i nerazzurri siano riusciti a costruire questo sorprendente percorso europeo sull’impalcatura strutturale dei principi di gioco sviluppati da Inzaghi in questo biennio, alternando momenti di grande fluidità e propulsività offensiva ad altri di compatto contenimento difensivo. Lo ha fatto ancora una volta sulle spalle di Nicolò Barella, un giocatore che sembra sempre poter tirare fuori dei colpi speciali nelle occasioni speciali, ma anche attraverso la capacità di interpretazione della partita delle sue punte, dei suoi esterni, dell’esperienza di Darmian e Acerbi e della verve di Bastoni. Dopo aver eliminato senza nemmeno dare l’idea di soffrire una delle squadre più entusiasmanti della stagione (incontrata probabilmente nel suo momento peggiore) adesso l’Inter si troverà di fronte la semifinale più stressante possibile. Una squadra a tratti nervosa, ma a tratti brillante, dovrà assolutamente compattarsi in vista di un derby che anche solo per ragioni di orgoglio vale un’intera stagione.

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