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Inter-Atalanta, l'elogio delle difese
09 mar 2021
09 mar 2021
È stata la sfida tra due modi diversi di difendere e, quindi, di attaccare.
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Che la Serie A sia il campionato della difesa è qualcosa che ci piace ripetere spesso. Quando i giocatori stranieri dicono che il nostro campionato è “molto tattico” implicitamente pensiamo che si riferiscano all’attenzione che in Italia si pone sulla fase difensiva. Allo stesso modo, una “partita tattica” è quella in cui le difese hanno funzionato bene e le occasioni clamorose sono state poche (e se ci sono tanti gol di sicuro non ha funzionato qualcosa). Nonostante si utilizzi “tattico” al posto di “difensivo”, però, c’è poco di tattico nel modo in cui si parla di difesa. E quando bisogna elogiare una partita difensiva spesso vengono citate qualità più che altro caratteriali come l’abnegazione, la disponibilità al sacrificio e la concentrazione.

 

Anche Antonio Conte ieri, dopo che l’Inter è riuscita a vincere tirando in porta una sola volta (qualcosa che non gli riusciva

),

che la partita contro l’Atalanta è stata “molto tattica”. E lo ha fatto elogiando lo spirito di sacrificio della sua squadra, impersonato ieri da Lautaro Martinez - utilizzato più come un esterno di centrocampo che come una seconda punta. «Loro si inserivano nella tasca di sinistra e Lautaro si abbassava per trasformare il nostro modulo in un 5-4-1», ha dichiarato il tecnico nerazzurro, «Questa è la dimostrazione di come tutti i ragazzi siano totalmente impegnati e devoti alla causa. Sanno che per vincere c’è bisogno del sacrificio di tutti, un sacrificio che verrà ripagato con la gioia finale».

 

Conte è sembrato molto indispettito che la partita dell’Inter potesse passare per una partita esclusivamente difensiva, sottolineando le due occasioni sciupate da Lukaku di fronte a Sportiello (merito anche di due grandi interventi, ehm, difensivi di Romero e Djimsiti) e come anche l’Atalanta avesse preparato una partita più accorta che ha ridotto al minimo il suo gioco offensivo. Secondo l’allenatore salentino, i giocatori di Gasperini «temevano le nostre uscite». Conte non ha tutti i torti: anche quella dell’Atalanta è stata una grande partita difensiva, che ha costretto l’Inter a produrre solo un tiro in porta e un misero 0.4 di Expected Goals finali.

 



 

Inter-Atalanta, insomma, non è stata difesa contro attacco, ma la sfida tra due modi di difendersi (e di conseguenza di attaccare) ugualmente efficaci, ma diametralmente opposti. Due sistemi agli estremi dello spettro dell’arte difensiva, che ieri hanno dato vita allo spot della Serie A che tutti i tifosi italiani sognano.

 



Ieri, come detto, l’Inter ha vinto tirando una sola volta in porta ma il dato se possibile ancora più sconvolgente è che Romelu Lukaku non è mai riuscito a tirare nemmeno una volta. È qualcosa che non era mai successo prima in stagione, se si escludono le partite contro il Sassuolo a fine novembre e contro l’Atalanta all’andata, in cui però l’attaccante belga era entrato a 10-15 minuti dalla fine. E questo nonostante Gasperini non abbia adottato nessun accorgimento ad hoc per arginare Lukaku, fidandosi ciecamente del talento nell’uno contro uno di Berat Djimsiti.

 

L’Atalanta ha adottato il suo consueto sistema di marcature a uomo a tutto campo, con Djimsiti e Romero che teoricamente si dividevano Lukaku e Lautaro, mentre Toloi teneva d’occhio i tagli in profondità di Perisic, che cercava di attaccare lo spazio alle spalle dei difensori avversari dall’esterno sinistro. Un sistema molto rischioso per le sue scalate aggressive in avanti, che costringevano Djimsiti a continui uno contro uno da ultimo uomo con un attaccante come Lukaku - un maestro nel manipolare i difensori avversari con il corpo e nel bruciare linee difensive alte correndo in profondità. Ieri, però, l’attaccante belga ha trovato un avversario degno del suo talento.

 


Sulla verticalizzazione di prima di Vidal, Djimsiti e in uno contro uno con Lukaku da ultimo uomo. Il centrale albanese dopo una lotta di qualche secondo riesce ad aggirarlo e anticiparlo.


 

Con l’Inter molto bassa sul campo, e Lautaro lontanissimo dal suo compagno per ripiegare a fianco del centrocampo sull’esterno sinistro, Lukaku non aveva altra scelta che battere il suo diretto marcatore negli uno contro uno che si venivano a creare sulle verticalizzazioni e i lanci lunghi con cui la squadra di Conte cercava di trovare il suo attaccante.

 

Quella con Djimsiti è stata una sfida che per certi versi ha ricordato la pallanuoto, nella lotta fisica che si perpetua tra il centroboa e il suo marcatore nel prendere posizione per tirare a rete prima ancora che la palla venga lanciata. Il problema per l’Inter è stato che per una volta il difensore avversario è riuscito a manipolare Lukaku, non permettendogli mai di mettere davanti il corpo, di utilizzarlo come una porta girevole per nascondere la palla e lanciarsi verso la porta. Non è un caso che le uniche due volte in cui Lukaku è riuscito a presentarsi da solo davanti a Sportiello siano praticamente anche le uniche due in cui Djimsiti ha perso il duello fisico con il suo avversario: la prima volta facendosi spostare su un anticipo mal calcolato (su lungo lancio di Bastoni), la seconda cadendo dopo un duello aereo perso (complice anche uno scivolone di Toloi).

 


Una delle pochissime sfide corpo a corpo vinte da Lukaku, che si mette alle spalle Djimsiti nel momento in cui viene superato dal pallone. L'attaccante belga però si farà riprendere un attimo prima del tiro in porta.


 

C’è da dire che oltre al talento di Djimsiti, l’Inter ha faticato a creare occasioni anche per il modo con cui l’Atalanta ha costretto l’avversario a difendersi. La mossa di abbassare Lautaro in fase di non possesso sull’esterno sinistro è stata efficace nel limitare le sovrapposizioni offensive di Toloi, ma di contro ha spezzato le associazioni nello stretto sulla trequarti con Lukaku con cui di solito l’Inter risale velocemente il campo.

 

Allo stesso modo, il pressing altissimo e le scalate aggressive dell’Atalanta hanno soffocato lentamente la costruzione bassa della squadra di Conte e abbassato di molto le ricezioni della sua unica punta. Le pochissime volte in cui è riuscito a liberarsi di Djimsiti, Lukaku era talmente basso e lontano dai suoi compagni che scattavano in profondità che avrebbe dovuto inventarsi lanci di 50-60 metri per far arrivare l’Inter in porta.

 


Una delle poche volte in cui Lukaku è riuscito ad associarsi con Lautaro si è ritrovato sotto il cerchio di centrocampo a cercare un’improbabile apertura d’esterno verso Perisic (intercettata da Toloi).


 



Se si escludono i primi 15 minuti di partita, la strategia difensiva dell’Inter era, come detto, all’estremo opposto rispetto a quella dell’Atalanta. Conte ha abbassato la linea difensiva fin dentro la propria area, chiedendo contemporaneamente alla linea dei quattro centrocampisti di rimanere stretta a difendere la trequarti. L’obiettivo, quindi, non era di tenere lontana l’Atalanta dalla propria area, ma di spingerla sull’esterno, di portarla a ricevere così vicina alla linea del fallo laterale da costringerla al cross o ad altre soluzioni statisticamente inefficaci. Come ha sbraitato Conte a qualcuno a metà del secondo tempo, l’Inter non voleva nemmeno arrivare a dover vincere gli uno contro uno con gli attaccanti avversari, a cui doveva essere impedito anche di ricevere - per lo meno in posizioni pericolose di campo.

 

Se a destra, con l’aiuto di Lautaro Martinez e l’inconsistenza di Malinovskyi, la squadra di Conte è riuscita a sterilizzare del tutto la spinta degli avversari senza nemmeno dover chiamare Bastoni a interventi straordinari, a destra la storia è stata diversa. Con un 3-4-1-2 piuttosto rigido in fase di possesso, infatti, Zapata cercava di ricevere nel mezzo spazio di sinistra, mentre Pessina e Gosens provavano a buttarsi alle spalle dei difensori avversari rispettivamente dal centro della trequarti e dall’esterno sinistro, entrando dentro il campo.

 

Per via della densità avversaria nell’ultimo terzo di campo, però, l’Atalanta non è mai riuscita ad attivare questa catena, lasciando Zapata da solo a cercare di rompere la gabbia costruita intorno a lui da Barella, Hakimi e soprattutto Skriniar, che cercava di anticiparlo alle sue spalle.

 


Quello dell’Inter, come la maggior parte dei sistemi in Serie A ormai, era un sistema misto zona-uomo. Il compito di Skriniar era quello di anticipare Zapata per impedirgli di girasi fronte alla porta dal mezzo spazio di sinistra.


 

Mentre a destra la squadra di Gasperini poteva contare sulla reticenza di Perisic per avanzare Toloi in sovrapposizione e provare ad allargare le maglie avversarie, a sinistra Djimsiti, impegnato a tenere Lukaku, non poteva fare lo stesso, lasciando ai suoi compagni solo la possibilità delle iniziative personali. Solo un paio di volte Zapata è riuscito ad aggirare Skriniar (3 contrasti su 3 vinti, 5 intercetti completati) ed entrambe le volte, però, si è ritrovato a crossare dall’esterno in un’area troppo densa di maglie avversarie.

 

L’unica volta in cui l’Atalanta è riuscita a passare da sinistra è arrivata nel secondo tempo, quando erano già entrati Muriel e Miranchuk al posto di Zapata e Pessina, proprio in occasione di una delle rarissime sovrapposizioni a sinistra di Djimsiti, che ha permesso a Gosens di sovraccaricare il mezzo spazio e mandare in area l’attaccante colombiano. Anche in questo caso, però, Muriel ha tirato da posizione defilata e per Handanovic non è stato molto complesso opporsi.

 

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Sia per l’Inter che per l’Atalanta, comunque, le scelte difensive hanno determinato il contesto offensivo e viceversa. Conte ha isolato Lukaku davanti per spostare Lautaro sull’esterno per arginare l’Atalanta a sinistra, e ha abbassato ancora di più il baricentro diminuendo al minimo i rischi in costruzione dal basso anche per difendersi dal pressing avversario. Allo stesso modo, Gasperini ha optato per una coppia di trequartisti più dinamici in fase di non possesso (Pessina e Malinovskyi) per provare a esasperare la sua difesa in avanti, ma così facendo ha isolato Zapata sulla sinistra in estenuante lotta con Skriniar e Barella.

 

In questo senso, sicuramente è stata una partita “tattica”, dove l’attenzione per l’avversario è stata elusa solo nelle meno prevedibili delle situazioni, quelle su palla da fermo, con cui entrambe le squadre hanno creato le occasioni più pericolose e grazie alle quali l'Inter è riuscita a portare a casa una vittoria fondamentale per la sua corsa verso il titolo di Campione d'Italia.

 

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