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Leonardo Mazzeo
Glossario italiano degli insulti tra tifosi
19 ott 2018
19 ott 2018
Catalogazione lessicale degli sfottò tra tifosi italiani.
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Leonardo Mazzeo
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Gli sfottò sono parte integrante del calcio. Con una partita a settimana in media i tifosi hanno bisogno anche di vivere di altro. E allora si prendono di mira gli avversari nei modi più disparati: molti sono i riferimenti al passato, alle giornate sfortunate, agli scudetti persi. Altri sfottò, invece, sembrano arrivare direttamente da un periodo scolastico indefinito tra la quinta elementare e la terza media, quando dire parolacce rappresenta un modo con cui i bambini cercano lo scontro per distinguersi dall’altro, per darsi una misura, per auto-definirsi. Il calcio gioca la sua parte: io sono questo, tu sei quello e sei peggio di me.

 

La definizione della propria identità è un aspetto importante della cultura calcistica. Ci si rispecchia in una squadra come in un sistema di valori, e l'identità, come ci insegna lo strutturalismo, passa soprattutto nello stabilire innanzitutto 

Gli insulti calcistici servono quindi da una parte a sminuire, degradare, espellere quasi dalla cultura l'identità altrui; e dall'altra definire la propria.

 

In Italia abbiamo una tradizione radicata di insulti e campanilismo. Alcuni insulti in uso ancora oggi vengono addirittura dall'epoca medievale, che è quando si sono sedimentate le relazioni di rivalità tra una città e l'altra, o addirittura tra quartieri della stessa città. Quando si entra nella dimensione calcistica gli insulti che hanno a che fare con i successi e gli insuccessi sportivi, ma questi si mescolano a riferimenti più complessi ed esoterici. Si passa dalla semplicità infantile

della squadra a

che contengono più layers.

 





 

Negli ultimi anni i social hanno facilitato l'insulto: se prima avevi bisogno di incontrare fisicamente un tifoso della Juventus al bar per dargli del “rubentino” adesso i social network rappresentano una piazza sempre aperta per sfogare la propria rabbia verso altri colori. C’è chi lo fa con simpatia e chi usa un grado di aggressività spropositato.

 

Prima della gara, dopo la gara, durante la gara: i tifosi, negli anni, si sono sbizzarriti. Qualcuno è stato creativo e ha tirato fuori insulti colorati, che andrebbero (se non premiati) quanto meno studiati. Nei libri di grammatica potrebbe essere riservato uno spazio apposito all’eziologia degli sfottò, per studiare meglio i prefissi, i suffissi, i sinonimi e i contrari, le metafore. In attesa dell’uscita del libro “La grammatica degli sfottò”, che prima o poi vedrà di certo luce, ecco un breve glossario dei migliori insulti della Serie A.

 



 

Cominciamo col dire una cosa ovvia: la Juventus è la squadra più odiata d'Italia, quella che può vantare il maggior numero di rivalità. L'odio con i cugini del Torino sembra persino minore rispetto a quelli intessuti pazientemente negli anni con Napoli, Roma, Fiorentina, Inter e Milan. Si potrebbe quasi scrivere una storia d'Italia attraverso gli insulti agli juventini.

 

Se “gobbi” è un epiteto fin troppo amichevole (

trovate una spiegazione dettagliata dell’origine del soprannome), non si può dire lo stesso di “rubentino”. Chiaro riferimento al leitmotiv che accompagna i bianconeri da anni: la Juventus, semplicemente, ruba. Difficile datare con esattezza lo sfottò (

lo fa risalire agli inizi degli anni ’90), di sicuro Calciopoli nel 2006 ha rappresentato un momento di cristallizzazione decisivo.

 

Capitolo eziologico: all’inventore della presa in giro in questione è bastato sostituire il prefisso Juv- con Rub- per far subito comprendere a tutti l’intenzione di etichettare gli juventini come ladri. La Juve è accusata di comprare le partite, di pagare gli arbitri o di essere genericamente favorita nei modi più impensabili dai direttori di gara. Curiosità: c’è anche chi ha scritto

per insultare meglio i bianconeri, e qualcuno preferisce legare il termine alla frase “Senza aiutino non vince il rubentino”.

 

Altri sfottò: i presunti legami di Buffon, Conte e Bonucci con il calcioscommesse; le 7 finali di Champions League perse; l’immagine “Asensio 4 a 1 è finita” postata sotto ogni tipo di post che gli juventini possono anche per caso leggere. Buon tentativo anche con la variante “Giuventino”, che parte dallo stesso presupposto del primo insulto (cambio di prefisso) e va a colpire i tifosi bianconeri nell’orgoglio rinfacciando la retrocessione in Serie B. Qualcuno, a quell’evento, ha dedicato anche una canzone sulla base di “Let it be” dei Beatles, rinominata “

” e cantata con le voci di Max Pezzali e Libague; il fatto di avere molti tifosi calabresi come sintomo di una scarsa adesione territoriale, e quindi identitaria.

 



A Roma c'è la variante con un layer in più: "Juve in trasferta Piazza Bologna deserta".


 

La Juventus può vantare anche

con alcune barzellette sulla Juventus, recitate da un gatto con un chiaro accento napoletano, gli occhiali da sole e diversi gabbiani pixelati che volano attorno a lui.

 

Torniamo nel magico mondo della musica-sfottò e chiudiamo con una versione alternativa di “Despacito” rinominata, per l’appunto, “Rubbentino” (sconosciuti i motivi che hanno portato l’autore del pezzo all’aggiunta della seconda B): è stata pubblicata dopo la sconfitta con il Real Madrid per 4-1 nella finale del 2017, è piena di insulti ai bianconeri e nel video ci sono persone che indossano maglie di diverse squadre della Serie A, a dimostrazione della diffusione generale dell’odio verso i bianconeri.

 



 



 

L’Inter può vantare un doppio insulto di riferimento: quasi tutte le squadre ne hanno più di uno, ma quelli nerazzurri sembrano andare a braccetto. Il primo, il più diffuso probabilmente, è “prescritto”. Un termine che riassume bene anche il gusto da azzeccagarbugli degli italiani. Forse non tutti i fruitori del termine hanno una laurea in giurisprudenza, eppure lo sfottò ai nerazzurri è servito anche per far entrare nelle chiacchiere da bar il concetto di prescrizione. Per chi non lo conoscesse, un video tratto da Esami – La Serie può tornare d’aiuto:

 



 

Ancora una volta ci troviamo nell’ambito dello scandalo Calciopoli, la vera cosmogonia del calcio italiano contemporaneo. Bisogna tornare indietro fino all’inchiesta

 per trovare il gancio del primo sfottò a sfondo giuridico della storia del calcio. Poi c’è la questione “cartone”, sempre legata a Calciopoli. Questo, tra i due, è l’insulto più creativo: se “prescritto” meritava il 5, “cartonato” guadagna un 9 che porta la media a 7. Lo scudetto revocato alla Juventus e assegnato all’Inter non è vero, secondo chi insulta i nerazzurri. Sono farlocchi, pezzotti. O più semplicemente di cartone, per distinguerli da quelli autentici. Per capire il sodalizio tra questi due insulti basta

.

 

L’Inter può addirittura vantarsi di avere un terzo insulto, con il quale potrebbe aggiudicarsi il trofeo di “Squadra con più sfottò d’Italia”, se mai a qualcuno venisse in mente di istituirlo. I tifosi nerazzurri vengono anche chiamati “Sfinteristi”, con un chiaro riferimento allo sfintere, quel punto del corpo dal quale-vabbè, ci siamo capiti.

Altri insulti random per l’Inter: "Inda", storpiando il nome così come avevano fatto i proprietari cinesi qualche anno fa; aver dato Pirlo e Seedorf in cambio di Guglielminpietro e Coco; il 5 maggio. Anche in questo caso qualcuno ha deciso di prendere Despacito e di farla diventare uno sfottò, anche se pare che il cantante stesso in questo caso sia un tifoso dell’Inter. Forse per metrica e intonazione è ancora peggio della versione bianconera, che almeno aveva un video più elaborato.

 



 



 

Qualche volta il Milan viene chiamato “Bilan”: i rossoneri, al contrario dei cugini, sono stati in Serie B e allora cade la “M” e sale in cattedra la seconda lettera dell’alfabeto, ripetuta in alcuni casi per due volte perché due sono state le stagioni che i rossoneri hanno passato in Serie B. Di solito lo sfottò viene accompagnato da un aggettivo dispregiativo random e da due emoticon, per un totale di “Bilanisti illusi 😂😂”.

 

Altri sfottò per il Milan; la sconfitta in finale di Champions League nel 2005, quando la squadra di Ancelotti era in vantaggio per 3-0 nel primo tempo. Anche in questo caso, infine, non poteva mancare la cover di Despacito. Ma perché? Protagonista: Gigio Donnarumma, con la questione legata al suo rinnovo. Il cantante è un tifoso del Milan e, rispetto alle prime due versioni, il pezzo sembra funzionare meglio.

 



 



 

Trovare degli sfottò che riguardassero il Napoli senza sfociare nel razzismo territoriale non è stato facile, anche perché in questo caso gli insulti riguardano gli abitanti di Napoli in quanto tali, e non solo i tifosi.

 

Raramente, gli stessi vengono definiti “napolebani”: forse l’inserimento della lettera B fa riferimento al periodo di militanza nella serie cadetta, ma è possibile anche che lo stesso sia legato alla parola “talebani” (ricadendo così nell’eterna lotta tra i popoli del Nord e quelli del Sud).

 

L’alternativo “Ciucci” è invece più affettuoso e parte dal simbolo del Napoli (un asinello) rievocato spesso anche dagli stessi tifosi partenopei. Per esempio Auriemma, noto commentatore del Napoli, quando la sua squadra segna contro la Juventus è solito affermare: «Mi raccomando, non scegliete mai il quadrupede sbagliato: non scegliete la zebra, scegliete sempre il ciuccio».

 

Neanche per il Napoli, comunque, poteva mancare la cover di Despacito, questa volta dedicata da un tifoso al suo presidente Aurelio De Laurentiis.

 





 

Anche gli haters della Roma hanno a disposizione un insulto da scuola elementare. Discorso pressoché identico a quello fatto per il Milan, dalla coscienza sporca alla mancanza di acqua per la doccia. L’unica differenza, in questo caso, è la caduta del suffisso invece che del prefisso. Arrivati a questo punto, facciamo direttamente risparmiare tempo ai futuri geni degli insulti e provvediamo a completare il quadro: i tifosi del Bari sono biancozozzi, quelli di Genoa, Bologna e Cagliari zozzoblù, e via dicendo.

 

Con un pizzico di delusione siamo costretti a rinunciare alla cover-sfottò di Despacito. I tifosi della Roma hanno comunque deciso di prendere quella canzone e di tirarne fuori un coro. La ascoltiamo perché ormai non possiamo più stare senza.

 



 

I tifosi giallorossi in alcuni casi vengono chiamati Pepperones, ossia peperoni con una strana e inspiegabile influenza ispanica evidenziata dalla desinenza in “es”, forse per indicare generale cafoneria e delle origini povere. Lo sfottò in questione fa riferimento ai colori sociali della Roma, che sono gli stessi di due varianti dell’ortaggio (peperoni gialli e peperoni rossi).

 

Altri sfottò per i giallorossi: sicuramente la Coppa Italia del 26 maggio, utilizzato dai tifosi biancocelesti (con le varianti “Lulic71”, “Coppanfaccia”, “Noncèrivincita”), che rinfacciano ai rivali di sempre anche l’assenza di coppe europee in bacheca; nati-dopo-la-Lazio; “campioni d’agosto”, per via di qualche proclama di troppo negli ultimi anni; le sconfitte per 7-1 in Champions League. Bonus storpiatura del nome: “Riomma”, perché le storpiature dei nomi fanno sempre ridere chi ha meno di 12 anni.

 

La canzone-sfottò, comunque, non poteva mancare. Così, in assenza di Luis Fonsi, chiamiamo in causa Max Gazzé. Canzone orecchiabile, buona metrica, voce non costruita, molto genuina. Bel tentativo, anche se non è Despacito.

 



 



 

Per quanto riguarda la Lazio non manca certo la creatività: il Prometeo degli insultatori della Lazio ha deciso di prendere di mira i colori sociali. Se quindi i biancocelesti si sentono più vicini al cielo (e hanno un’aquila come simbolo) per chi vuole insultarli il completo dei rivali ricorda più un pigiama.

 

I colori poco accesi quelli della Lazio vengono anche definiti tristi, grigi, spenti. In una parola: sbiaditi. Eppure, qualche tifoso biancoceleste ha deciso

.

 

Altri insulti per la Lazio: burini/pecorari (quindi, in questo caso, ignoranti perché provenienti dalle montagne); senza-capitano; podisti (in riferimento al fatto che la Lazio era nata come società podistica). Bonus storpiatura del nome: “Lazzie”, per gli stessi motivi di cui sopra. Infine, un’altra cover-sfottò di Despacito, con tanto di riferimento a “sbiadito”.

 



 



 

Per smontare il simbolo del Torino, ai cugini bianconeri è bastato semplicemente risalire alla famiglia di origine del loro simbolo: è stato un processo breve ma non scontato, una mossa semplice ma non per questo poco geniale. Con un colpo raffinato, il possente toro si è trasformato nel generico “Bovino”: lo immaginiamo mansueto, al pascolo, senza mantelli rossi da prendere a cornate. Il toro è forte, il bovino è pigro. C’è anche

che testimonia il tutto, con tanto di rima.

 


I tifosi della Sampdoria hanno deciso di seguire l’esempio degli juventini (o viceversa, non essendo gli sfottò datati con precisione) prendendo di mira il simbolo del Genoa, ossia il Grifone. Come far sfigurare un animale mitologico così fiero e feroce? Trasformandolo in un piccione qualunque, con le briciole lanciate al parco e le pallonate di Darmian

. L’alternativa forse è ancora più bella: “Bibini”, che in dialetto genovese vuol dire “tacchini”.

 

I rinfacci poi sono molteplici: la Samp sfotte il Genoa per il fatto di avere un presidente originario di Avellino, di essere fondati da un inglese, di essere una squadra di cricket. La retrocessione in Serie C è costata l’appellativo di Cenoa (bello e creativo anche questo). Il tutto è condito da un presunto complesso di inferiorità nei confronti della Sampdoria, tra l’altro unica squadra ligure a poter vantare finali europee.

 

Purtroppo niente sfottò-Despacito, ma il suo sostituto è più che degno: un pezzo indescrivibile, va solo ascoltato. Una perla cantautoriale di rara bellezza. No, davvero: ascoltatela.

 



 



 

C’è da tenere in considerazione anche il più infantile e scurrile “Blumerdati”, ma il glossario preferisce dare risalto alle perle come “Ciclisti”: può un altro sport diventare un’offesa? Secondo i tifosi del Genoa sì, perché la maglia della Sampdoria ha le righe orizzontali come quelle dei ciclisti. L’altro nomignolo è Zampdoriani (con la sua variante “Zampidoriani”), perché la Samp avrebbe molti tifosi meridionali, non in grado di pronunciare correttamente il nome della loro squadra del cuore.

 

Tra gli altri sfottò, il fatto di non essere veri genovesi, di essere nati dopo; i nove scudetti vinti dal Genoa; “Boselli non lo sapeva”, riferito al derby dell’8 maggio 2010 con un 1-1 che sembrava studiato a tavolino (si parlò anche di combine ma non ci furono riscontri) rovinato da Boselli, che al 92’ da subentrato segnò

per i rossoblù, contribuendo alla retrocessione della Sampdoria e alla nascita del tormentone. Dalla retrocessione della Sampdoria è nata anche l’ennesima cover sfottò, questa volta sulle note di “A far l’amore comincia” tu.

 



 

Comunque no, non vi libererete così facilmente della cover di Despacito: qualche tifoso l’ha dedicata alla sua Sampdoria, cantando la sua personalissima “Senza Doria”. Se solo Luis Fonsi sapesse di aver ispirato tanti talenti.

 



 

La gara di sfottò tra Samp e Genoa è tra le più affascinanti d’Italia, nel 2015 il Genoa, pur avendo conquistato sul campo la possibilità di giocare in Europa League, non ottenne la licenza UEFA. Alcuni tifosi della Sampdoria decisero allora di affittare un aereo e di appendere alla coda dello stesso lo striscione “Senza licenza porta pazienza”. Aereo che poi ha fatto avanti e indietro per le spiagge liguri, per uno sfottò davvero ben costruito.

 




 

Poi però il Genoa ha dabbato così:

 




 

Da questa analisi è difficile trarre delle conclusioni, o anche solo dire se i tifosi di una squadra siano più o meno simpatici o creativi di altri. Alcuni soprannomi sembrano essere usciti fuori dal nulla, altri hanno significati precisi e legati alla storia. Probabilmente non sapremo mai i veri nomi degli inventori dello sfottò, non sapremo chi è stato il primo, in Italia, a dare del “rubentino” a un tifoso bianconero. Alla luce di questo studio, comunque, una cosa è emersa in maniera evidente: in Serie A non importa che tu sia un tifoso della Juventus, del Milan, dell’Inter, del Sassuolo o del Bologna. Non importa neanche insultare gli avversari. Ci sono cose che vanno oltre gli sfottò, che superano i confini del bar, che lasciano il cappuccino sul bancone e volano via, seguendo il ritmo di una musica lontana. Perché, alla fine, quello che conta veramente è tirare fuori

.

 

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