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Dario Saltari
Innamorati di Tommaso Baldanzi
08 giu 2023
08 giu 2023
Questa volta è stato il trequartista dell'Empoli a rubarci il cuore.
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Dario Saltari
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Illustrazione di Emma Verdet
(foto) Illustrazione di Emma Verdet
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Guarda come so’ giovani che je piace giocà a pallone ha detto qualcuno nelle vicinanze mentre guardavo i quarti di finale dei Mondiali Under 20 tra Italia e Colombia. Era una sensazione ineludibile, quella spensieratezza e insieme quell’ambizione nel voler toccare il pallone della Nazionale di Carmine Nunziata, e forse è stata proprio l’energia con cui queste due forze insieme sono uscite dal televisore a produrre questa frase, il modo migliore per verbalizzarle, o almeno credo. Poco prima di quella partita il numero 10 di questa squadra allegra, Tommaso Baldanzi, in un’intervista alla Gazzetta dello Sport l’aveva posta in termini simili. «Ci divertiamo e siamo felici di mostrarlo», aveva detto, e solo in un secondo momento aveva fatto seguire a questa frase un ammonimento da adulto, come a voler dimostrare di averlo interiorizzato, quell’ammonimento, per sembrare giovane ma non ingenuo: «Per andare avanti servono pure concretezza e voglia di vincere, e anche quelle non ci mancano».

L’Italia poi è scesa in campo e ha battuto un’altra avversaria di alto livello come se non ci volesse niente, dopo l’incredibile esordio con il Brasile che a questo punto sarà difficile far passare come una notizia. Contro la Colombia, Nunziata ha apportato altre modifiche all’undici titolare con cui aveva esordito in questo Mondiale Under 20. Dopo aver messo da parte Pafundi per fare spazio ad Ambrosino, ha anche fatto sedere in panchina Faticanti per far giocare Samuel Giovane. La squadra continua però a giocare nel modo con cui aveva stupito alla sua prima partita contro il Brasile. Un gioco fatto per risalire il pallone in verticale in maniera veloce ma non diretta, facendolo passare per molti piedi, con un uso esasperato del terzo uomo e della densità in zona palla. Nei suoi momenti migliori l’Italia assomiglia a una fisarmonica che si schiaccia e si allunga per il campo, o a una di quelle molle cilindriche che scendono le scale da sole.

Il terzo gol contro la Colombia, quello che di fatto ha chiuso la partita, è arrivato in questo modo. Su una rimessa laterale a centrocampo Baldanzi è sceso a ricevere sul centro destra. Il suo controllo con il sinistro stranamente è uscito troppo lungo, ingannando il terzino avversario che è uscito fuori dalla sua posizione convinto di poterlo anticipare. E invece Baldanzi ha accelerato il passo come se avesse preso la stellina di Super Mario, ha chiamato il triangolo con l’esterno a Casadei e, arrivato al limite dell’area, ha scaricato a destra per Turicchia. Il terzino della Juventus ha avvertito la gravità del suo talento e, fintando di andare per un cross a mezza altezza dentro l’area, gli ha restituito palla. Baldanzi ha iniziato a condurre palla in area toccandola prima con l’interno, poi con l’esterno. Fronteggiato da due avversari, ha cercato un passaggio che riuscisse a passare tra le loro gambe e arrivasse in area a Casadei, ma la palla gli è tornata indietro. Allora ha colto l’occasione per andare sul fondo e mettere la palla dentro per Esposito, che con un colpo di tacco ha chiuso il cross con un gol sul primo palo. Un gesto tecnico notevole in un’azione che ha certificato la centralità tecnica del giocatore che l’aveva reso possibile. Se l’Italia assomiglia a una fisarmonica, Baldanzi è quello che suona i tasti.

Per alcuni non sarà una grande sorpresa. Già a 8 anni Baldanzi rubava l’occhio, convincendo l’Empoli a battere la concorrenza della Fiorentina e a prelevarlo dal Castelfiorentino, la sua primissima società. Da quel momento diventa un punto fermo delle formazioni giovanili dell’Empoli e presto anche dell’Italia. Nel 2019 vince un primo campionato Under 16, poi nel 2021, nella stessa stagione in cui esordisce tra i professionisti, arriva il primo scudetto Primavera, condito dal premio MVP del torneo. Nella finale, contro l’Atalanta, segna due gol e un assist, che si vanno ad aggiungere ai 14 gol e gli 11 assist già messi a segno nella stagione regolare. È il periodo in cui il suo allenatore nella Primavera, Antonio Buscé, lo chiama “piccolo grande Buddha”, secondo Baldanzi «perché lì in mezzo facevo impazzire i difensori», cosa che però a quanto mi risulta Buddha non ha mai fatto. Come Buddha, però, anche Baldanzi è sia bambino che adulto - “piccolo grande” per l’appunto - un giocatore che annega nelle magliette che indossa ma che sembra già pronto per uscire vivo dalla foresta, tra avversari grandi come alberi. La stagione successiva gioca la Youth League ed esordisce in Serie A.

L’estate del 2022 è in Slovacchia per giocare l’Europeo Under 19. Parte titolare all’esordio contro la Romania, segna un gran gol da fuori area con un tiro di destro che sbatte sotto la traversa, poi con la Slovacchia si siede in panchina. Nella partita decisiva contro la Francia, che decide il primo posto del girone, torna titolare ma l’Italia va allo sbando e perde 4-1. Dopo la partita il CT francese, Landry Chauvin, si ferma a parlare con un giornalista e fa il suo nome, dicendo che, nonostante la sconfitta, secondo lui Baldanzi «ha il modo di toccare il pallone e vedere lo sviluppo dell’azione dei grandi giocatori».

Il talento di Baldanzi abbassa la guardia di chi lo guarda, fa dimenticare la cautela che di solito si usa quando si parla di giovani. Nella conferenza pre-partita della seconda giornata di campionato il suo nuovo allenatore a Empoli, Paolo Zanetti, lo definisce un “potenziale fuoriclasse”: «È un ragazzo che ha davanti a sé un futuro straordinario, devo avere il coraggio di buttarlo dentro, prima o poi sicuramente succederà perché merita». Poche ore dopo Baldanzi è titolare a sorpresa contro il Lecce al Via del Mare, la prima volta della sua brevissima carriera. Tre giorni dopo, come in una profezia istantanea, segna il suo primo gol in Serie A. Un altro tiro da fuori area, ma questa volta di sinistro, dopo aver controllato al volo un retropassaggio difficile di Lammers.

Da quel momento la stagione ha alti e bassi - stretta tra i Cambiaghi, i Vicario, i Parisi che come lui cercano di emergere all’Empoli, e uno stile di gioco che a volte sembra farlo sparire. Quando il campo si allarga troppo Baldanzi sembra annegare dall’intensità richiesta da Zanetti e, da trequartista dietro le due punte è spesso il primo riferimento del pressing alto della sua squadra. L’Empoli gioca con il 4-3-1-2 a rombo proprio come l’Italia Under 20, ma la squadra di Zanetti non fa problemi ad abbassarsi per attaccare in maniera diretta, predilige lo spazio al pallone come prima arma offensiva e difensiva, con una grande attenzione nel recupero del possesso appena perso e dei tagli in profondità delle due punte. Baldanzi invece sembra fiorire in campo piccolo, dove può miniaturizzare lo spazio e il tempo delle sue giocate grazie al controllo al velcro con entrambi i piedi. L’ambidestria e la tecnica di tiro sono le due cose che per prime saltano all’occhio. Il gol che più lo rappresenta da questo punto di vista, più che il tiro dal limite dell’area con cui ha regalato la vittoria a San Siro contro l’Inter (quello con cui, tra le altre cose, è diventato il terzo giocatore più giovane ad aver segnato almeno 4 gol in questa stagione nei maggiori 5 campionati europei), è quello realizzato al Sassuolo poco prima della pausa dei Mondiali. Un tiro di punta con il sinistro senza soluzione di continuità con il controllo di destro effettuato in area poco prima.

Con l’Italia Under 20 Baldanzi torna in un habitat più naturale, all’interno di una squadra che sembra modellata intorno alle sue caratteristiche. Il numero 35 dell’Empoli è il perno attorno a cui si addensa il possesso azzurro, con i giocatori ad associarsi sempre molto vicini tra loro, in un continuo scambio di palloni e posizioni che segue il principio più basilare del gioco del calcio: controllo, scarico e movimento. Che l’Italia giochi in questo modo è strano, controculturale, ma è ancora più strano che al centro del suo gioco abbia un numero 10 come Baldanzi. Un trequartista che non apre il gioco come i grandi trequartisti demiurgi tanto rimpianti dal calcio italiano ma che preferisce rimpicciolirlo attraverso i più basilari e al tempo stesso tempo difficili fondamentali di questo sport: il primo controllo e il passaggio. Baldanzi, in un certo senso, si fa piccolo più di quanto non lo sia già, come se uno dei quei meme in cui si rimpiccioliscono i corpi dei calciatori abbia preso vita e fosse riuscito davvero a sgusciare via in mezzo alle gambe dei difensori avversari.

La sua apparenza e la sua struttura fisica sono temi con più sostanza di quanto non sembrino raccontare queste immagini. Non solo perché ci parlano dell’attualità di questo talento in un’epoca in cui il campo da gioco e il tempo delle giocate continuano a restringersi. Ma anche perché vanno in conflitto diretto con la cultura calcistica italiana, che in un certo senso nasce dalla celebre considerazione di Gianni Brera sulla minutezza degli italiani e sulla conseguente necessità di compensare i propri limiti fisici con un calcio difensivo basato sul controllo dello spazio. Sarebbe interessante sapere cosa avrebbe pensato Brera di questa Nazionale Under 20, che senza alcuna qualità atletica a sprazzi riesce a dominare gli avversari con un controllo maniacale, quasi erotico del pallone. Cosa avrebbe pensato del suo numero 10, il tipo di giocatore che fa borbottare a mio padre che: non si può giocare con i puffi.

Il fisico è un tema ricorrente delle interviste di Baldanzi. In una delle ultime rilasciate alla Gazzetta, il giornalista gli chiede esplicitamente cosa sta facendo per irrobustirsi, “se quella botta di Ceccherini che le ha fatto perdere un po’ di gare qualcosa le ha insegnato”. Per sopravvivere a questo livello, il pensiero è sempre quello, bisogna essere grossi, e anche Baldanzi risponde di star facendo palestra. Eppure mi sembra che proprio la minutezza definisca il talento di Baldanzi, il suo modo di giocare. Il baricentro basso e le gambe forti gli danno uno spunto sui primi passi che gli permette di avere sembra qualche metro di vantaggio sul primo controllo, o su una finta. Così come la sua compattezza lo rendano difficile da buttare giù in progressione, donandogli un equilibrio in corsa che è uno dei fattori che lo rende difficile da controllare in spazi stretti. L’essenza del suo talento cambierebbe se avesse pettorali più gonfi?

Si può discutere sulla capacità di Baldanzi di essere ugualmente efficace in squadre che attaccano in campo più lunghi o più ampi, perché sono contesti tattici in cui al momento sembra annegare, e sarà una delle cose che sarà interessante vedere in futuro. Ma mi sembra che il fisico sia solo un altro pretesto per ricordare a un giocatore giovane di ricordarsi di essere concreto, di non avere troppi grilli per la testa, che anche nel calcio bisogna soffrire. Anche in questo caso l’apparenza ha un suo peso, perché pur non essendo il giocatore più giovane della Nazionale Under 20, Baldanzi di sicuro lo sembra. Parlo proprio dell’aspetto - con quella faccia che sembra uscita da Call me by your name e quel corpo da bambino che ha indossato per la prima volta la maglietta del padre - ma anche del modo in cui gioca.

Baldanzi non ha la ricercatezza tecnica di Pafundi, che è già una forma di coscienza della propria forza. Né la superiorità fisica di Casadei, o la consapevolezza di dover superare i propri limiti con l’aggressività di Faticanti, o ancora l’animo operaio di Turicchia, che sembra già sapere di essere atteso da una vita di fatica e lunghe diagonali difensive. Tutti loro in qualche modo sembrano già contenere in nuce almeno un lampo di un futuro fatto di limiti e potenzialità, mentre Baldanzi no, è tutto qui e ora nelle sue conduzioni palla nervose ed affamate sulla trequarti. Nei tiri secchi e precisi da fuori area, nei cambi di direzione improvvisi dopo aver fintato il tiro, nei passaggi filtranti con cui riesce ad affettare difese troppo basse per sentirsi in pericolo.

Parlare di Baldanzi significa inevitabilmente parlare del suo rapporto con il pallone, l’elemento primordiale del gioco del calcio che in lui è ancora al centro, come se fosse per l’appunto ancora un bambino. E Baldanzi il pallone lo accarezza come un gatto seduto al sole, e il pallone ricambia, gli fa le fusa e gli si struscia tra le gambe. Non è una grande notizia che il numero 10 dell’Italia Under 20, una delle più grandi speranze per il futuro della nostra Nazionale, sia proprio questo giocatore?

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