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Il senso della nostra rubrica "Innamorati di"
21 lug 2019
21 lug 2019
Marco ci ha chiesto dei nostri Preferiti. Risponde Emanuele Atturo.
(articolo)
7 min
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Negli anni "vi siete innamorati", tra gli altri, di: De Bruyne, Bernardeschi, Bernardo Silva, De Jong, Rugani, Ely, Yedlin, Odegaard. Sarebbe bello che faceste il punto su che fine ha fatto chi vi ha rubato il cuore! Chi si è confermato meritevole del vostro amore e chi vi ha spezzato il cuore? C'è qualcuno che da giovane non avevate notato e invece si è dimostrato bellissimo?

Marco

Risponde Emanuele Atturo

Ciao Marco, era ora che qualcuno ci ponesse questioni di cuore in una rubrica che si chiama “La posta del cuore”. Parliamo troppo poco d’amore su questa newsletter. Non sei però il primo a farci delle domande sulla nostra rubrica “Preferiti”, poi diventata “Innamorati di”, e che spiritualmente mantiene entrambi i nomi. Il più delle volte i dubbi e le domande dei lettori sono molto meno comprensive della tua. «Ecco, avete bruciato un altro talento», «Portate sfiga con questi Innamorati di…» scrivono tra il serio e il faceto sotto i nostri pezzi. Mi perdonerai quindi se prendo la tua domanda come pretesto per rispondere a tutti e chiarire il senso di una delle rubriche più identificative de l’Ultimo Uomo.

Diciamo subito una cosa: il nome - che sia Preferiti o Innamorati di - rimanda immediatamente a qualcosa di irrazionale, di spontaneo, di personale. Un moto del cuore, non una valutazione fredda e tecnica. I nostri preferiti, illustrati da Emma Verdet con un arcobaleno di colori dietro la testa, sono una gallerie delle nostre cotte, e non sempre ci prendiamo una cotta per i migliori esemplari di giovani calciatori. Come sai, caro Marco, non scegliamo mica chi amare. E così il nostro primo “Preferito” è stato Sergi Samper, un delicatissimo centrocampista della cantera del Barcellona, tecnico e associativo, paragonato non ancora maggiorenne a Sergi Busquets e ad Andrea Pirlo. Un talento fragile, che ha fatto presto a deperirsi, mostrando tutta la sua inadeguatezza per il calcio contemporaneo. Oggi Samper ha 24 anni e ancora meno di 50 partite tra i professionisti. Tra problemi fisici e tecnici, si è già arreso all’espatrio in Giappone, al Vissel Kobe, la squadra in cui Iniesta e Juanma Lillo stanno portando avanti un ideale di calcio di posizione senza compromessi, fuori dalla dura realtà del calcio europeo. Neanche loro, come noi, hanno smesso di riservare un amore intimo e clandestino per la sensibilità calcistica di Sergi Samper.

Nei nostri Preferiti rientrano tutte le cotte dei nostri collaboratori, anche le più imperdonabili. Lorenzo De Alexandris era rimasto affascinato dalle primissime partite di Rodrigo Ely con la maglia del Milan; io dai video YouTube in cui Ricardo Kishna umiliava i difensori della Eredivisie con dei tunnel di tacco; Fabrizio Gabrielli dalle accelerazioni e dai tagli di capelli coraggiosi di DeAndré Yedlin; Daniele Morrone dal tocco di palla di Alen Halilovic; Tommaso Giagni dalla solidità di Riechedly Bazoer. Per un periodo invece abbiamo usato la rubrica Preferiti per parlare di giovani che erano sulla bocca di tutti, come è successo per il nostro pezzo su Hachim Mastour o su Musa Barrow. Quindi c'è stata una parentesi in cui "Innamorati di" era un modo per coprire l'attualità, ma è una cosa che col tempo abbiamo abbandonato. Tutti noi, mentre scrivevamo questi articoli, avevamo il presentimento che potesse finire male, che le promesse non sarebbero state mantenute, che saremmo rimasti scottati, ma è un rischio che si corre scrivendo di qualsiasi giovane sportivo. E poi in questi pezzi non ci interessa tanto prevedere il successo e l’efficacia di un talento nel calcio contemporaneo, piuttosto di mettere nero su bianco un’infatuazione che secondo noi contiene qualcosa di vero.

Ci sono altri articoli in cui proviamo a fare la parte della rivista di esperti, posto che rimane un'operazione impossibile, che nessuno di noi ha la sfera di cristallo, per dirla banalmente. Sono pezzi che facciamo a fine anno e dentro indichiamo i 40 giovani da seguire nell’anno che sta per cominciare. È un menù di giocatori che, seguendo tutti i parametri che abbiamo a disposizione per valutare dei giovani talenti, sono interessanti e da tenere d’occhio.

Lasciamela tirare un po’ ma nell’edizione 2018 di questo pezzo avevamo scritto di Trent Alexander-Arnold dopo che aveva giocato giusto una manciata di partite. Avevamo scritto di Jadon Sancho quando aveva appena 16 minuti tra i professionisti. Avevamo scritto di Salam Jiddou, un centrocampista che all’epoca giocava ancora in Mali e che si è da poco trasferito al Monaco; di Dominik Szoboszlai mentre giocava nella seconda categoria austriaca, finito poi nel pizzino di Paratici.

Non che con i Preferiti il giochino di indovinare un talento del futuro non abbia mai funzionato. Ci siamo innamorati anche di Jadon Sancho, Lorenzo Pellegrini, Lucas Torreira, Arkadiusz Milik, Rodrigo Bentancur, Adrien Rabiot, Frenkie De Jong, Kevin De Bruyne, Leandro Paredes, Federico Bernardeschi. Tutti giocatori che per motivi diversi, e su gradi diversi, possono oggi essere considerati “di successo”.

Questo però conta poco Marco, per tutti loro contava la sensazione di calore che ci hanno trasmesso a livello epidermico quando erano solo un goffo gomitolo di promesse, e che non ci lascerà mai per davvero. Seguo ancora Ricardo Kishna e ho ancora un sussulto quando lascia intravedere degli sprazzi di luce nell’oscurità in cui è piombato; sono ancora convinto che Kasper Dolberg sia un centravanti speciale e ho sofferto fisicamente quando lo scorso anno non è riuscito a prendersi il palcoscenico con l’Ajax.

Ai talenti che ci hanno dato una grande delusione abbiamo riservato un posto nella rubrica gemella, Perdere l’amore, dove confessiamo le nostre delusioni sentimentali verso dei giovani che ci hanno fatto patire.

Preferiti invece nasce per fotografare il senso di urgenza e di anticipazione che ci trasmette un giovane talento che si sta appena affacciando al calcio dei professionisti. È la stessa sensazione che si ha quando scopriamo il disco di una band ancora esoterica e misteriosa, che nessuno conosce ma che vogliamo condividere in chat con i nostri amici. La stessa eccitazione di quando scopriamo un artista, un fumettista, un fotografo, un regista che sono ancora di culto solo nell’underground, di cui ci si scambiano le opere clandestinamente in circuiti privilegiati. Siamo pronti alle delusioni e a vederli fallire nel loro salto nel mainstream. Troppe variabili devono andare al loro posto perché un giovane riesca a dare una forma compiuta al proprio talento e ad avere successo per gli spietati standard del pubblico contemporaneo. E mi pare che nel nostro modo di appassionarci al calcio ci sia troppo accanimento verso chi sperpera il proprio talento, non riesce a trovare la propria strada o verso chi, semplicemente, si è rivelato meno forte di quanto sembrava promettere.

Nei nostri giudizi siamo sempre troppo netti: per chi non riesce a dimostrarsi un fenomeno esiste il girone dei dannati dei bluff, delle pippe, delle truffe. Quando un giovane, specie italiano, non riesce a mantenere le aspettative sembriamo quasi prenderla sul personale. Diventiamo tutti dei piccoli Savonarola: “Si è montato la testa”; “Non è restato umile”; “Troppe donne”; “Troppo alcol”; “Troppe brutte frequentazioni”. Magari in alcuni casi è anche vero, ma in che modo trasformarci tutti in piccoli preti sul pulpito può permetterci di godere meglio della nostra passione per il calcio?

Mi rendo conto, Marco, di essere andato oltre la tua domanda iniziale e ti prometto che presto risponderemo tutti più precisamente su che fine hanno fatto i nostri preferiti. Intanto mi premeva sottolineare questi concetti, secondo me importanti, prima di passare ai casi specifici. Il senso di futuro, di anticipazione, di originalità che ci trasmette un giovane talento che vediamo per la prima volta va preservato a tutti i costi, coltivato nella sua innocenza come uno dei doni più unici e speciali della nostra passione sportiva.

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