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Illustrazione di Emma Verdet
Preferiti Dario Saltari 14 aprile 2017 6'

Innamorati di Malcom

Abbiamo aggiunto ai nostri giocatori Preferiti la giovane ala del Bordeaux.

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Forse è azzardato ipotizzare una tendenza generale, ma l’affermazione di Neymar in Europa sembra aver gradualmente rinverdito la tradizione e l’interesse nei talenti offensivi brasiliani, dopo un lungo periodo di crisi in cui la nazionale verdeoro sembrava destinata a un futuro pragmatico fatto solo di grandi difensori centrali o terzini.

 

La ricerca di un nuovo Neymar ha fatto esplodere, se così si può dire, la cosiddetta generazione del ’97, cioè quel gruppo di ali, o trequartisti, nato tra la seconda metà del 1996 e la prima metà del 1997, che è arrivato in Europa sull’onda di un grande hype. Gabriel Jesus, Kenedy, Gabriel Barbosa e Gerson sono alcuni dei membri della generazione del ’97 che hanno sfruttato lo Zeitgeist per andare a giocare nei principali club d’Europa, per adesso con risultati al limite del disastroso. Uno dei membri meno conosciuti di questo club del ’97 è Malcom Filipe Silva de Oliveira, detto Malcom, uno dei tanti giocatori brasiliani con un rapporto difficile con l’anagrafe (sembra che il padre fosse un grande estimatore di Malcolm X).

 

Conosciamo poco Malcom perché ha fatto una scelta in controtendenza rispetto ai suoi coetanei, decidendo di accettare nel gennaio del 2016 l’offerta relativamente contenuta (5 milioni di euro; anche se il Corinthians possedeva soltanto il 30% dei diritti economici sul cartellino) di una squadra di seconda fascia francese, il Bordeaux, invece di puntare subito a un top club.

 

E questo nonostante l’interesse non mancasse (si parlava anche di Inter e Roma) per il giocatore che in Brasile veniva contrapposto a Gabriel Jesus e che Tite, suo allenatore al Corinthians, comparava a un diamante. Malcom, scegliendo il Bordeaux, non è stato del tutto sordo alle richieste del suo ex allenatore, che se la prendeva con i suoi agenti che spingevano per la cessione e che gli consigliava di rimanere ancora un po’ in Brasile per rendere il passaggio in Europa meno traumatico.

 

 

Crescere senza pressioni

 

In Francia, Malcom ha trovato fin da subito minutaggio continuo, e da questa stagione una titolarità sull’esterno alto di destra praticamente assicurata, benefici di cui probabilmente non avrebbe potuto usufruire in un club di più alto livello. Malcom, insomma, non ha avuto subito l’impellenza di dover dimostrare qualcosa, magari di essere davvero il nuovo Neymar, finendo per essere divorato dalle aspettative dei suoi tifosi, come successo a praticamente tutta la generazione del ’97 (e il fatto che l’altro sopravvissuto sia Gabriel Jesus chissà che non finisca per riproporre il loro “derby”, un giorno, anche in Europa).

 

Probabilmente anche per lui sorreggere quel tipo di aspettativa sarebbe stato insostenibile in un altro club. Perché, nonostante le compilation YouTube siano molto attente a selezionare solo le sue giocate più spettacolari, Malcom è un giocatore molto diverso da come ci viene presentato, o da come ce l’aspettiamo.

 

Innanzitutto, non è un dribblomane. In parte perché non può permetterselo: pur essendo piccolo (171 centimetri per 65 chili) e con un baricentro piuttosto basso, non ha un’esplosività tale sui primi passi o una velocità in campo aperto che gli permette di far scomparire gli avversari intorno a sé quando decide di portare avanti il pallone da solo. Già oggi, in Francia, lo si vede a volte rimbalzare sugli avversari e perdere il pallone, quando tenta di superare più di un uomo.

 

Questo aspetto del suo gioco non nasce solo dalla consapevolezza di un limite, ma soprattutto da una concezione del calcio molto razionale, minimale se vogliamo considerare il dribbling un ornamento barocco. Malcom ha infatti un numero di dribbling tentati già di per sé relativamente basso (1.8 ogni novanta minuti) con una percentuale di riuscita però molto buona (65%).

 

L’ala brasiliana ha un’indole associativa particolarmente spiccata, preferendo superare l’uomo attraverso le triangolazioni strette con i compagni, che gli riescono in maniera molto pulita grazie a un primo controllo con il sinistro al velcro ed una comprensione dei movimenti senza palla già buona. Una delle poche giocate in cui ricorda veramente Neymar è quando taglia dall’esterno all’interno, utilizzando le sponde dei compagni come fossero muri su cui far rimbalzare il pallone, per riprenderlo una volta acquisita velocità in progressione. Malcom sembra moltiplicare il proprio valore quando riesce a dialogare in velocità con i compagni.

 

Questo non vuol dire che Malcom strumentalizzi i compagni per mettersi al centro del palcoscenico. Anzi, si può dire che è un giocatore intrinsecamente moderno, con una grande consapevolezza del sistema in cui è inserito. Ad esempio, già oggi sa accentrarsi con naturalezza per ricevere palla centralmente spalle alla porta (un fondamentale su cui è molto preparato, nonostante il fisico più che minuto) e liberare lo spazio sul corridoio esterno per il terzino.

 

 

Dare e ricevere

 

In questo contesto, si inserisce il discorso sulla vena creativa del gioco di Malcom, probabilmente la chiave di volta che, molto più dei dribbling e delle progressioni palla al piede, può trasformarlo davvero in un giocatore di altissimo livello.

 

Già oggi possiamo considerare Malcom un regista aggiunto, che sa trovare i compagni con una grande sensibilità sia col gioco lungo (cross e cambi di gioco) che col gioco corto (filtranti e tagli). Un istinto alla creazione del gioco che statisticamente sembra avere dei margini di crescita molto grossi (per adesso effettua in campionato 1.46 passaggi chiave ogni novanta minuti: un dato buono ma non eccellente) e che a tratti ha addirittura delle punte ossessive.

 

È inusuale per un ragazzo di 20 anni che è arrivato in Europa sull’onda della nomea del nuovo Neymar, ma spesso Malcom forza la giocata per il compagno anche in condizioni ideali per trovare la soluzione personale, come un tiro dalla distanza.

 

Malcom sfiora la sua personale utopia quando riesce ad abbinare la creatività ad altri punti di forza del suo gioco. Ad esempio, quando riesce a raggiungere il centro della trequarti avversaria dribblando dall’esterno all’interno, dove può poi cercare di servire un compagno in profondità, agendo da 10 vecchio stile.

 

Oppure quando taglia senza palla verso l’interno per ricevere nel mezzo spazio e lanciare nel buco creato dall’uscita del centrale di difesa.

 

Tutto questo rende Malcom un giocatore molto di più complesso di un semplice animale da circo messo in campo per far divertire il pubblico con i suoi trick. Al massimo del suo rendimento, già oggi sembra inserito nel gioco della propria squadra come un pianeta all’interno proprio sistema solare, con la capacità sia di associarsi con i propri compagni per aumentare il proprio valore che di creare gioco per loro. Brillando allo stesso tempo di luce propria e di luce riflessa.

 

Per le caratteristiche tecniche che ha, che gli permettono di controllare il pallone, associarsi con i compagni e prendere decisioni complesse in spazi molto stretti, Malcom è già un prodotto finito per il calcio contemporaneo, in cui le fasce sono ormai il regno dei terzini e le ali vengono sempre più in mezzo al campo dove la pressione avversaria è per molti insostenibile.

 

 

My way

 

Trovare in Europa un giocatore così raffinato (nel senso letterale del termine) e allo stesso tempo così giovane non è così scontato. Eppure Malcom è ormai da più di un anno a Bordeaux praticamente senza clamore (anche se i rumor di mercato non mancano: gli ultimi lo associano a Manchester City, Liverpool e United). Credo che sia una conseguenza diretta del suo gioco relativamente poco spettacolare, che lo rende ancora un prodotto tatticamente utile ma televisivamente poco commercializzabile.

 

In questo senso, la scalata di Malcom al calcio europeo passa anche per la maturazione di quell’elemento capace di far saltare lo spettatore sulla sedia, di fargli mettere le mani nei capelli dallo stupore. Non sarà facile, visto il suo gioco: mettersi al centro del palcoscenico vorrà dire necessariamente sviluppare un gioco più egoista, e non è detto che Malcom sarà capace in futuro di sviluppare le sue caratteristiche tecniche e fisiche al punto di riuscirci costantemente.

 

Prendiamo il tiro dalla distanza, un fondamentale su cui sembra avere dei margini di miglioramento molto ampi. Per adesso Malcom l’ha messo in vetrina quasi esclusivamente da calcio di punizione (con cui ha segnato in questa stagione due gol), quando cioè è di fatto “costretto” ad andare in porta direttamente, mentre in gioco lo utilizza molto più raramente, e il più delle volte se non ha altra soluzione (in campionato tira da fuori area 1.24 volte ogni novanta minuti; l’accuratezza è molto buona: 51%).

 

Non sembra poi una cattiva idea.

 

La sfida per lui sarà farlo emergere nel suo gioco senza snaturarlo, senza rompere quell’equilibrio tutto suo che comunque lo ha portato ad essere uno dei giovani più interessanti della Ligue 1.

 

Ricordandosi, cioè, che se è vero che esisterà sempre un solo Neymar, è anche vero necessariamente che esisterà sempre anche un solo Malcom. E che anche lui, in fondo, non è affatto male.

 

 

Tags : bordeauxmalcompreferiti

Dario Saltari nasce a Frascati nel 1989. Laureato in Relazioni Internazionali, scrive storie di finzione su eventi realmente accaduti per passione e storie vere su eventi di finzione per lavoro. Ha fondato l’Amsterdam Roma Club mentre era in Erasmus.

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