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Valentina Forlin
L'indimenticabile prima volta della Roma femminile in Champions
10 gen 2023
10 gen 2023
Come la Roma femminile è arrivata ai quarti alla sua prima partecipazione in assoluto.
(di)
Valentina Forlin
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Andrea Staccioli / Insidefoto
(foto) Andrea Staccioli / Insidefoto
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È stata la mano di Ceasar, lo strapotere di Haavi, l’eleganza di Minami, la maturità di Linari. E ancora: la precisione imprescindibile di Giugliano, il dinamismo di Greggi, l'aggressività di Bartoli, la corsa di Andressa e la lucidità di Giacinti. Questo per andare oltre la retorica che accompagna incessantemente le riflessioni calcistiche sulle squadre che vanno oltre i propri limiti, compresa l'Italia maschile vittoriosa all'Europeo maschile, e cioè la retorica della forza del gruppo.

Qualche tempo fa l’account Instagram della Roma Women ha fatto circolare una foto che cattura l’apice dell’urlo pre partita della squadra a pochi secondi dal fischio d’inizio. Un’istantanea particolare, diversa dalle moltissime che si trovano nel feed dei vari club. Una ripresa dal basso inquadra Elisa Bartoli, il capitano, leggermente chinata in avanti mentre viene sovrastata dalle mani delle compagne disposte a cerchio attorno a lei. Un rituale come un altro, certo, ma profondamente diverso al tempo stesso da qualsiasi altro. Non sono mani unite al centro, non è un cinque alto scambiato dopo il saluto ad arbitri e avversari, è l’immagine di un intero gruppo che si carica e si stringe attorno alla sua figura più carismatica.

La forza magnetica di quello scatto che noi vediamo solamente attraverso uno schermo deriva proprio dalla prospettiva che consente di sentirci immersi in quel momento, come se anche noi fossimo chiamati a prendere parte a quel grido. Basterebbe questa foto per comprendere lo spirito dietro il primo grande traguardo europeo delle giallorosse, per descrivere il percorso in Women’s Champions League della squadra di Spugna. Il campionato femminile italiano vanta per il secondo anno consecutivo una squadra ai quarti di finale e il fatto che quest’anno ci sia proprio la Roma non è né casuale né frutto di una fortuna che sovrasta il merito.

Un cammino straordinario

Dai preliminari al passaggio dei gironi, la Roma ha affrontato le tappe più diverse nel cammino delle prime volte. Ci sono stati alti e bassi, di quelli stereotipici che portano a tatuaggi ridicoli come scritte che recitano: nobody queues for a flat roller coaster. Una crescita talmente veloce da poter essere paragonata a un adolescente di 15 anni al quale spuntano barba e baffi nel giro di trenta giorni.

Per fare il salto in Europa e in Serie A, la Roma aveva bisogno di guardarsi allo specchio e capire di non poter più rimandare l’appuntamento con la maturità. Bisognava diventare grandi e prendersi delle responsabilità, rischiare e spostare i limiti un po’ più in là, crederci e spogliarsi della sensazione di inadeguatezza delle grandi occasioni. La Roma si è dimostrata all'altezza di tutti questi compiti e partirei da un dato forse superficiale ma significativo per raccontare come ha fatto: la squadra di Spugna ha segnato 25 gol in 10 partite di Women's Champions League mandando a segno 13 diverse marcatrici.

Le tappe importanti, quelle che hanno segnato un prima e un dopo nel cammino in Women’s Champions League della Roma, sono state tre. La vittoria ai rigori contro le super favorite del Paris, la vittoria in rimonta contro lo Sparta Praga e, di nuovo, la rimonta in venti minuti ai danni del St. Pölten. Questi tre momenti hanno messo in luce una nuova solidità mentale da parte della Roma, una squadra che prima di questo cammino aveva dimostrato diverse difficoltà ad essere continua e sembrava sempre in preda alla propria emotività.

Contro il Paris la squadra partiva sfavorita, la palla non entrava e più il cronometro scorreva veloce verso gli ultimi minuti di gioco più i nervi si facevano tesi. Poi una traversa, un salvataggio, il triplice fischio e le squadre disposte in fila a metà campo per i rigori.

Camelia Ceasar non guarda mai i rigori delle compagne. Lei sta lì, a pochi metri dal palo destro, voltata di schiena in attesa di sentire o meno il boato d’esultanza delle compagne, conscia che queste sono circostanze dove molto dipende anche da lei. E così, dopo aver infranto il rito e sbirciato il rigore perfetto di Giugliano, si posiziona tra i pali e regala la qualificazione alla fase a gironi alla Roma. Vincere questa partita entro i primi 90 minuti di gioco non avrebbe regalato la stessa iniezione di autostima a queste giocatrici che per la prima volta abbracciavano i lati più ruvidi del calcio, che molto hanno a che vedere con il saper svoltare le cose giocando sul filo del rasoio.

Sebbene questo match sia stato il momento in cui abbiamo potuto spuntare la voce “lavora bene sotto pressione” su LinkedIn, la partita contro lo Sparta prima, e quella con il St. Pölten poi, hanno invece rivelato un lato della Roma che pensavamo non gli appartenesse. In entrambe la partite le giallorosse sono state in svantaggio per buona parte del tempo, riuscendo a ribaltare completamente la partita negli ultimi venti minuti di gioco, come se qualcuno avesse riacceso un interruttore spento per i tre quarti del match. Ma mentre con le ceche è sembrato davvero solo questione di fiducia, contro il St. Pölten c'è voluto qualcosa di più perché la qualificazione ai quarti sembrava davvero compromessa.

La Roma sembrava cosciente che si ritrovasse di fronte alla storia, e questo potrebbe aver contribuito ai due errori fatali che hanno fatto tornare negli spogliatoi le squadre con la Roma sotto di due. A quindici minuti dalla fine sembra già tutto deciso ma al 75’ Linari ha suonato la carica, ha acceso ancora una volta illuminato il gioco e ha decretato l’inizio dello show con il pareggio di Giacinti al 77’, il sorpasso di Giugliano all’80’, e il ko di Lázaro all’87’. Due minuti per svoltarne settantacinque, un epilogo epico che racchiude l’essenza del percorso europeo della Roma in un controverso connubio di forza e fragilità. La squadra di Spugna in questo modo è arrivata ai quarti di finale di Champions League alla sua prima partecipazione in assoluto.

Le giocatrici chiave

Spostandoci dal piano collettivo a quello individuale è arrivato il momento di celebrare come si deve due giocatrici senza le quali non staremmo parlando di Roma tra le migliori otto d'Europa: Manuela Giugliano e Emilie Haavi. Giugliano e Haavi sono due giocatrici con caratteristiche fisiche e tecniche agli antipodi e vederle giocare insieme in un contesto corale come quello della Roma è un piacere tra quelli rari.

Giugliano gioca attorno ai dischetti di centrocampo di Serie A da quando aveva 15 anni, fisico minuto, sguardo costantemente proiettato in spazi che altri non vedono e una tecnica in grado di supportare perfettamente ciò che la fantasia suggerisce. Per ragioni di stazza e di contesto negli anni ha sempre sofferto un po’ il campo internazionale non riuscendo a esprimersi come accaduto tra i confini nazionali, ma il contributo dato fin qui alla Roma tra campionato e Champions sembra aver dimostrato che Giugliano è in grado di superare i propri limiti raggiungendo la maturità calcistica definitiva.

Tra tutte le giocatrici nella fase a gironi, Giugliano è stata quella in grado di creare più occasioni da gol, un totale di 27 in tutta la fase a gironi. Dietro di lei Reiten del Chelsea (20) e due giocatrici del Barcellona, Caldentey e Rolfo (entrambe a 17). Qualcuno l'ha definita una giocatrice sottovalutata, e chi l’ha vista imbucare qualsiasi pallone a disposizione nell’arco di queste dieci partite, sa quanto questo sia vero.

Se per una giocatrice del calibro di Giugliano sono accostabili aggettivi che hanno perlopiù a che fare con ideali di eleganza e raffinatezza, per Emilie Haavi è più calzante parlare della sua forza e della sua potenza. La calciatrice norvegese in un anno si è presa la Roma. Non c’è stato un momento particolare che ha consacrato questa certezza, l’unica cosa che sappiamo è che quando la Roma segna c’è quasi sempre il suo zampino. Non sarà un assist, non sarà un gol, ma quando Haavi spinge sulla fascia qualcosa accade nella maggior parte dei casi.

La strapotenza fisica sfoggiata ogni volta che riceve palla e punta l’avversario o ogni qualvolta si presenta l’occasione di stringere e mirare la porta è rara da vedere, persino in Champions League. Era il valore aggiunto di cui Alessandro Spugna aveva bisogno e la pedina in grado di regalare, sul piano del gioco, quell’imprevedibilità che mancava fino al suo arrivo. Nel calcio non sempre veloce è sinonimo di imprevedibile, ma riuscire a trovare in un’unica giocatrice la perfetta combo di entrambi fattori è una fortuna che va custodita gelosamente.

Giugliano e Haavi rappresentano le due facce della stessa medaglia di questa Roma, una squadra riuscita a raggiungere un ambizioso obiettivo coniugando il difficile compito di conoscersi e migliorarsi lungo il cammino senza smarrire quanto costruito. Per affrontare una competizione come la Champions League, soprattutto la prima volta, c'è bisogno di sfacciata spavalderia, e nessuna squadra come la Roma ha dimostrato di averla.

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