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Foto di MARCO BERTORELLO/AFP/Getty Images
Calcio Alfredo Giacobbe 2 marzo 2019 4'

Un chiarimento sull’indice di progressione

Marco ci ha sottoposto una problematica riguardo al funzionamento dell’indice di progressione. Risponde Alfredo Giacobbe.

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Caro Ultimo Uomo,

Io e te abbiamo di sicuro una cosa in comune: entrambi pensiamo che la raccolta di dati, la scelta del criterio di aggregazione e la costruzione di nuovi indici che possano descrivere gli svariati aspetti del gioco del calcio in modo più approfondito rispetto a quanto facciano le sterili statistiche tradizionali, costituiscano un tema estremamente affascinante.

 

In merito all’indice di avanzamento, del quale hai parlato in un recente articolo, avrei una considerazione da fare. Come hai scritto nell’articolo, “l’obiettivo di una squadra è generare spazi da attaccare allo scopo di muovere il pallone avvicinandosi alla porta avversaria”. Quindi l’indice di avanzamento mette in luce quanto una squadra riesca ad avvicinarsi all’obiettivo, o in altri termini quanto sia efficace lo spostamento del pallone, giusto? Il calcolo tiene conto quindi della verticalità della manovra, considerando solo i passaggi in avanti. Tuttavia quante volte abbiamo visto manovre con la palla in cui dei passaggi all’indietro sono funzionali alla successiva e immediata generazione di uno spazio avanti?

 

Mi viene in mente la ricerca del terzo uomo sugli esterni che il Napoli di Sarri riproponeva sistematicamente. Palla avanti-palla indietro-palla avanti. Tre passaggi strettamente collegati e tutti e tre funzionali ad “avanzare” verso la porta avversaria. In questo caso l’indice di avanzamento terrebbe conto solo del primo e dell’ultimo, misurando sì correttamente i metri percorsi in avanti dal pallone, ma sottovalutando l’efficacia dell’avanzamento. Il passaggio all’indietro è infatti funzionale all’avanzamento, nonostante l’indice “non se ne accorga”!

 

Ciò che voglio far notare è che una squadra abituata a generare spazi in questo modo avrebbe un indice di avanzamento basso rispetto a quella che è la sua reale tendenza a “cercare” di portare il pallone in avanti. Forse la semplice somma dei metri guadagnati tramite passaggi non è il modo più chiaro per mettere a fuoco la capacità di una squadra di avanzare con la palla. Magari si potrebbe pensare di aggregare i passaggi in manovre, ma a quel punto risulterebbe necessario e particolarmente arduo definire cos’è una manovra.

 

Probabilmente lo stesso discorso si può estendere ad un’analisi per giocatore (colui che effettua il passaggio all’indietro compie una giocata fondamentale per far avanzare la propria squadra, ma per l’indice di avanzamento Brozovic sarà “più fondamentale” di lui). Come si può ovviare a questo problema?

 

Marco

 

Risponde Alfredo Giacobbe

 

Caro Marco,

 

la domanda che poni è pertinente, ma credo che tu abbia sfiorato appena il punto nodale della questione. Che non è la statistica sulla progressione in avanti in sé per sé, secondo me, ma è ben più ampio.

 

Il primo grosso problema, per chi ha voglia di lavorare con le statistiche, è la disponibilità del dato grezzo. Dati di un certo tipo non sono pubblici, altri addirittura non sono neanche registrati. Il calcio, in particolare, è uno sport complesso dal punto di vista della raccolta: alcuni eventi non sono chiarissimi (quanto dev’essere lungo un lancio lungo?), o non c’è accordo tra i provider che raccolgono i dati professionalmente (ho visto che, in alcuni report, al terzino che salta l’uomo alla maniera dei terzini, buttando palla nello spazio e superando l’avversario sulla corsa, non viene assegnato un dribbling vincente; in altri report sì).

 

Se volessimo fare un parallelo appoggiandoci alla linguistica, prendiamo spesso i numeri come significati quando invece dovremmo trattarli come significanti, forme che solo una volta aggregate tra loro ci restituiscono un contenuto. E l’aggregazione deve poggiare saldamente sull’osservazione del gioco e sulla conoscenza dei suoi principi.

 

È per questo motivo che gran parte della raccolta dei dati grezzi è manuale. Perché c’è ancora bisogno di una persona fisica che riconosca il significato di ciascun evento che accade su un campo da calcio. Già oggi le tecnologie di tracking e di riconoscimento delle immagini stanno già semplificando o velocizzando la raccolta. E in futuro le intelligenze artificiali renderanno l’intervento manuale sempre più limitato. Ma ancora non siamo arrivati a quel punto.

 

Opta raccoglie un dato chiamato Big Chances, che in italiano potremmo tradurre come Chiara Occasione da Gol. Nel suo glossario, che cito, Opta lo definisce come: “Una situazione nella quale un giocatore dovrebbe ragionevolmente segnare”. Su quel “ragionevolmente” casca il nostro asino. Ragionevolmente per chi? Che esperienza ha l’operatore che sta valutando quell’azione? Quante partite ha visto in vita sua? Che comprensione ha del gioco? Non sarà mica americano? In tal caso, di chi lo chiama “soccer” personalmente diffido a prescindere.

 

Non è solo il caso di Opta, e non riguarda solo il calcio. Pensa alla statistica degli errori non forzati nel tennis, che è utilizzata comunemente non so da quanti anni, io la ricordo da sempre. La valutazione per la quale un giocatore regala un punto “gratuito” all’avversario è di chi registra la statistica di quella particolare partita. Un suo collega, che sta lavorando ad un’altra partita su un altro campo, può fare una valutazione diversa in base alla propria esperienza.

 

La persona che fa la valutazione degli errori non forzati avrà anche guardato tante partite dal vivo o in TV, ma sicuramente non avrà mai giocato a certi livelli. Che ne sa lui, o che ne sappiamo noi tutti, quanto sia o non sia facile rispondere a un servizio da 196 km/h? Jeff Sackmann propone la sua ricetta in questo articolo: se la maggior parte dei giocatori nella Top 100 mondiale nella medesima situazione commette un errore, allora dovremmo smettere di considerare quello come un errore non forzato.

 

Perché allora utilizziamo ancora i “non forzati”? Perché pretendiamo di aggregare dati che sono ontologicamente disomogenei? Semplicemente perché non abbiamo un’alternativa. Allo stesso modo, la statistica sulla progressione in avanti è il modello che oggi abbiamo a disposizione. I modelli approssimano la realtà, ma non riescono a imitarla in tutto e per tutto. La utilizzeremo per valutare un aspetto importante del gioco, mentre io e qualcun altro staremo pensando a come renderla meglio di così.

 

 

Tags : indice di progressioneposta del cuorestatistiche

Alfredo Giacobbe è nato a Napoli, dove vive e lavora. Ingegnere come Manuel Pellegrini, ha dipinto l’area tecnica attorno al suo divano.

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