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Foto di Franck Fife/Getty Images
Fondamentali Dario Saltari 14 settembre 2016 6'

Incompiute a confronto

Chi ne esce meglio tra PSG e Arsenal?

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PSG e Arsenal sono in due momenti opposti della propria storia: con l’arrivo di Emery quest’estate la squadra parigina è all’inizio di una nuova era tattica, con la società e i tifosi che vedono nell’allenatore spagnolo la luce in fondo al tunnel del frustrante ciclo Blanc; i londinesi, invece, sono arrivati, forse un po’ stancamente, al 20esimo anno di Wenger e si portano dietro le incognite di sempre, soprattutto legate alla reale competitività della squadra, sia in Champions League che in campionato.

 

In tutti e due i casi la Champions League rappresenta una sorta di redenzione: vincerla, o comunque fare molto bene, significa cancellare gli errori e le delusioni del passato, e tornare (o arrivare finalmente) ad affermarsi in Europa. La partita di ieri era il primo passo verso questa redenzione: nel gruppo A deve praticamente solo decidersi il primo e il secondo posto, e gli scontri diretti saranno ovviamente fondamentali.

 

Tutte e due le formazioni presentavano diverse sorprese. Nel 4-3-3 del PSG tornava, per la prima volta in questa stagione, Thiago Silva, mentre erano assenti sia Kurzawa (infortunatosi nell’ultima giornata di campionato contro il Saint-Etienne) sia Ben Arfa, che sembra ormai essere stato escluso dalle rotazioni di Emery per la sua indolenza in allenamento. A sinistra nel tridente d’attacco giocava addirittura Matuidi (e non Jesé, forse escluso per la scenata alla sostituzione nell’ultima di campionato). Nel 4-2-3-1 dell’Arsenal, invece, le più grosse novità venivano dall’attacco, con l’esclusione di Giroud e l’utilizzo di Alexis come falso nove, con Iwobi che andava a prendere il suo posto sull’esterno sinistro. In porta, anche in questo caso a sorpresa, Ospina sostituiva Cech.

 

La partita è iniziata subito con un’intensità altissima, con l’Arsenal che ha provato fin dalle prime battute a contendere il pallone alla squadra francese nella trequarti avversaria. Alla prima occasione utile, dopo appena 42 secondi, però, il PSG è riuscito subito a cambiare il corso della partita, con un’azione già tipica del nuovo corso Emery.

 

I pericoli della pressione alta

Sulla pressione alta degli uomini di Wenger, Areola ha girato il pallone verso Aurier, che al volo ha servito il movimento incontro nell’half space di Di Maria, che a sua volta ha scaricato il pallone indietro verso la mezzala di riferimento, Verratti. In contemporanea al movimento del “Fideo”, Aurier ha continuato la corsa attaccando la profondità alle spalle di Monreal ma soprattutto Koscielny, che aveva seguito l’ala argentina fino alla linea di centrocampo. Il terzino ivoriano, servito quindi da Verratti sulla corsa, ha messo un cross perfetto sulla testa di Cavani (liberato proprio dall’assenza di Koscielny) che ha segnato il gol dell’1-0 con un delizioso colpo di testa.

 

Il velocissimo e bellissimo gol del PSG ha subito messo in guardia l’Arsenal sui pericoli di attaccare la squadra francese salendo con tutti i giocatori di movimento, piano che era nelle intenzioni iniziali di Wenger, come ammesso dallo stesso allenatore francese (e confermato dai dati: a fine gara l’Arsenal recupererà palla molto in alto, in media a 43,5 metri dalla porta, e provocherà quattro fuorigioco, in media a ben 34 metri dalla porta).

 

Con i movimenti incontro tra le linee delle due ali, che stringono in mezzo al campo, e in profondità di terzini e punta centrale, infatti, la squadra francese vuole demolire le certezze della difesa avversaria. Se accorcia sui trequartisti concede la profondità alle avanzate e ai tagli di giocatori come Aurier, Cavani e Maxwell, se invece aspetta dà la possibilità a Di Maria e Matuidi di prendere palla tra le linee e puntare la porta.

 

Nei minuti successivi al gol, quindi, il PSG ha tentato di chiudere la partita sfruttando lo sbandamento dell’Arsenal, indeciso su quali contromisure prendere. Senza palla, infatti, la squadra di Wenger ha in qualche modo contribuito a complicarsi la vita da sola, con un recupero palla che era sì intenso nelle intenzioni ma il più delle volte disorganizzato.

 

Il triangolo di centrocampo della squadra di Emery, composto da Rabiot e Krychowiak oltre a Verratti, era molto mobile e con la sua rotazione continua riusciva ad eludere abbastanza facilmente le marcature di quello speculare dell’Arsenal, formato da Cazorla, Coquelin e Özil. A facilitare ulteriormente le cose al PSG in fase di costruzione bassa, inoltre, ci si è messa la disastrosa prestazione di Iwobi senza il pallone: l’ala sinistra dell’Arsenal, infatti, non seguiva mai il movimento a salire di Aurier (uno dei migliori dei suoi in fase offensiva: otto cross, tre lanci positivi e due occasioni create), lasciando costantemente il povero Monreal in due contro uno.

 

D’altra parte, l’azione del PSG si sviluppava maggiormente sulla destra anche per questioni strutturali: come già detto, infatti, a sinistra mancava Kurzawa, sostituito dal più timido Maxwell, mentre Matuidi si è trovato molto a disagio nella per lui insolita posizione di ala sinistra, finendo molte volte a giocare da mezzala aggiunta e togliendo invece di liberare spazio a Rabiot.

 

Cavani

L’Arsenal è riuscito comunque ad eludere l’affondo del PSG nel primo tempo, da una parte grazie alla serata non certo di grazia in termini realizzativi di Cavani, che ha fallito a porta vuota il colpo del 2-0, dall’altra dimostrando di saper gestire con discreta tranquillità il pressing alto avversario, soprattutto grazie al solito lavoro magistrale di Cazorla (il migliore dei suoi per passaggi positivi, 73, e occasioni create, 3).

 

Il PSG, dall’ultimo quarto di primo tempo in poi, ha quindi deciso di tenere in campo un atteggiamento molto più speculativo, che si basava sul compattamento delle linee nella propria metà campo, nell’attesa dell’errore in impostazione dei due centrali, lasciati liberi di impostare e avanzare, e quindi nella transizione veloce. Un atteggiamento che avrebbe pagato nel secondo tempo, quando praticamente tutte le azioni più pericolose del PSG sono nate da errori in impostazione dell’Arsenal, se non fosse per la mancanza di freddezza sotto porta degli attaccanti del PSG e per la grande serata di Ospina.

 

L’Arsenal, dal canto suo, non è mai riuscito a rendersi pericoloso con continuità, nonostante il vantaggio territoriale concessogli dal PSG. Le mosse di Wenger in attacco si sono rivelate controproducenti e da falsa punta Alexis non ha funzionato. Il cileno si abbassava fino alla mediana per giocare il pallone, non avendo la capacità di associarsi con i compagni tra le linee e togliendo qualsiasi riferimento offensivo alla squadra londinese (il 9 dell’Arsenal è stato anche il peggiore per palle perse: ben 21). Per via della mancanza della punta centrale avversaria, la difesa del PSG poteva accorciare sul centrocampo senza patemi, impedendo a Chamberlain ed Iwobi di ricevere palla tra le linee, nello spazio sempre pericoloso tra mezzala, centrale e terzino.

 

Gli spazi creati dai suoi movimenti incontro, inoltre, venivano sfruttati dal solo Chamberlain, mentre Özil, in serata opacissima, ha finito per essere escluso dal gioco. I tre trequartisti, più in generale, finivano per ingolfare il centro, e l’Arsenal riusciva ad avere ampiezza solo grazie alle salite ad intermittenza di Bellerìn (comunque molto più propositivo di Monreal, probabilmente spaventato dalla superiorità fisica imbarazzante di Di Maria e Aurier). L’Arsenal non ha mai dato l’idea di avere le idee chiarissime su come attaccare la porta avversaria.

 

Giroud

Le cose in attacco sono migliorate proprio con la fine dell’esperimento Alexis e l’inserimento di Giroud, che nei pochi minuti avuti a disposizione prima dell’espulsione finale ha almeno avuto il merito di abbassare la linea del PSG liberando spazio per i tre trequartisti tra le linee. Sul gol del pareggio, ad esempio, Iwobi è libero di prendere palla in mezzo all’area proprio grazie al lavoro di Giroud, che tiene Thiago Silva quasi sulla linea di porta.

 

Il PSG ha finito per pagare in maniera salatissima le sue incertezze davanti alla porta e soprattutto il suo atteggiamento fin troppo speculativo nel secondo tempo (il baricentro medio della squadra alla fine sarà molto basso, solo 44,8 metri dalla propria porta, così come il recupero palla, effettuato in media a soli 31 metri dalla propria porta).

 

Emery ha cercato di invertire la rotta troppo tardi, all’80esimo, quando ha sostituito Krychowiak con Pastore e riportando Matuidi al suo ruolo naturale, quello di mezzala sinistra. Proprio l’argentino ha messo in porta Cavani per l’ennesima volta, per l’azione che doveva finalmente chiudere la partita. E invece il PSG ha addirittura rischiato di perderla, con Iwobi che avrebbe potuto segnare da posizione privilegiata su una palla sanguinosissima persa da Thiago Motta nei minuti finali.

 

Il pareggio finale è sicuramente una bocciatura troppo dura per il PSG, che per quantità e qualità delle occasioni avute avrebbe meritato di vincere, anche in maniera larga (gli xG finali non lasciano adito a molte interpretazioni: 2,5 contro 0,6). Emery avrà forse imparato, però, che sedersi eccessivamente sulle debolezze degli avversari (in questo caso le difficoltà in transizione negativa) può essere un difetto, soprattutto in Champions League, se la strategia non porta ai risultati sperati in termini di gol.

 

Nel big match, entrambe arrivano in area con continuità. #PSG, rispetto ad #ARS, lo fa con più qualità. #UCL pic.twitter.com/WXHwlvogxf

— Alfredo Giacobbe (@la_maledetta) 13 settembre 2016

 

Wenger, invece, è riuscito a capire prima i suoi errori, prendendo l’ultimo treno utile per correggerli. Nonostante ciò, l’Arsenal continua a sembrare troppo confuso sia con il pallone che senza per considerare davvero questo pareggio un successo. Tra le due squadre è il PSG, nonostante alcuni aggiustamenti strutturali ancora in fieri, ad essere più vicino a raggiungere la redenzione europea.

 

 

Tags : arsenalchampions league 2016/17olivier giroudpsg

Dario Saltari nasce a Frascati nel 1989. Laureato in Relazioni Internazionali, scrive storie di finzione su eventi realmente accaduti per passione e storie vere su eventi di finzione per lavoro. Ha fondato l’Amsterdam Roma Club mentre era in Erasmus.

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