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Marco D'Ottavi
In difesa di Dusan Vlahovic
07 ago 2023
07 ago 2023
6 azioni per ricordarci il talento del centravanti serbo.
(di)
Marco D'Ottavi
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IMAGO / NurPhoto
(foto) IMAGO / NurPhoto
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Il calcio è ingrato: quello che hai fatto ieri, oggi non vale. È insito nella sua natura di gioco per le masse e chi ci sta dentro tende ad accettarlo, ma certe volte sa essere spietato. Prendiamo il caso di Dusan Vlahovic, passato nel giro di una manciata di mesi da fenomeno a brocco. Al di là di quello che sarà il calciomercato, delle idee di Allegri su chi sia il centravanti ideale per il suo calcio, la percezione del talento del centravanti serbo è rapidamente scemata nel giudizio generale come fosse una criptovaluta.Certo, Vlahovic è reduce da una stagione abbastanza anonima per rendimento e anche lui, in parte, è responsabile delle difficoltà offensive messe in mostra dalla Juventus 2022/23. È però un calciatore di appena 23 anni, che ha già segnato quasi 100 gol in carriera, che ha mostrato un talento fisico e tecnico abbastanza eccezionale e che mettere in discussione è ai limiti del ridicolo. Una volta lo paragonavamo a Mbappé e Haaland, ora sembra abbia i piedi montati al contrario. Per ricordarne il talento non bisogna neanche scavare troppo indietro, a quando con la Fiorentina faceva i buchi sull’erba. Basta guardare alle sue 63 partite con la Juventus spalmate su 18 mesi per trovare abbastanza materiale per ricordarci che il talento di Vlahovic è ancora qui, pronto a riaffermarsi.

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Gol da centravanti

Pronti, via, Dusan Vlahovic segna al primo pallone toccato in Champions League. Era sembrato uno scherzo, un segno del destino fin troppo evidente da aggiungersi al gol all'esordio dopo pochi minuti col Verona. Quel doppio confronto con il Villarreal poi prenderà una piega negativa per la Juventus, ma dopo quei 33 secondi i tifosi avevano toccato il cielo con un dito: il salvatore era arrivato. Prima della partita si era parlato molto di come Pau Torres e Raul Albiol potevano rendere un inferno la vita di Vlahovic, non abituato a difensori di quel livello e la risposta del serbo era stata forte e chiara. Non il suo gol più bello, ma forse uno di quelli che racconta meglio il suo talento da “centravanti”. Dentro infatti c’è quella capacità innata nell’élite del ruolo di trasformare il niente in gol. Non sono tanto i due tocchi che fa, lo stop di petto in corsa e il tiro a incrociare (che fa col destro, che non è il suo piede e che in generale non usa poi così bene), quanto piuttosto il lavoro di preparazione e tempismo tra l’uno e l’altro, come muove il corpo nella corsa in diagonale, i due passettini per adattarsi al rimbalzo del pallone e come riesce a rimanere coordinato mentre si gira su sé stesso per calciare prima dell’intervento di Albiol e prendere l'unico angolo di porta buono. Al ritorno ancora sul punteggio di 0 a 0 prenderà una traversa con con un tiro in corsa di sinistro, su cross di De Sciglio da sinistra, in cui prende il tempo alla difesa, che è una giocata forse ancora più difficile e indicativa di come abbia qualcosa dentro da grande centravanti (ma, ovviamente, un gol vale più di una traversa). Il controllo al velcro

Quattro giorni dopo, il picco della luna di miele tra Vlahovic e la Juventus, quando sembrava che si fosse bevuto il cambio di maglia come un bicchier d’acqua. Questo è un gol di una difficoltà tecnica spaventosa. Il passaggio di Morata è almeno un metro dietro la traccia ideale, un errore che dovrebbe far perdere tutto l’abbrivio dello scatto con cui Vlahovic è riuscito a infilarsi alle spalle di Luperto, ma invece non succede. Come per magia Vlahovic riesce a portarsi il pallone davanti e battere Vicario con un delicato tocco sotto. Serve il replay per apprezzare il controllo a seguire che fa con l’esterno sinistro, un tocco al velcro con cui arpiona e si porta avanti il pallone per non permettere al difensore alle spalle di intervenire. Si è discusso molto della tecnica di Vlahovic, che non è - e non sarà mai - quella di centravanti come Ibrahimovic e Benzema, ma non è neanche quella approssimativa che si è vista ogni tanto lontano dalla porta. Il serbo, almeno a oggi, sembra diventare un giocatore più sicuro con il pallone più si avvicina alla porta, come se negli ultimi metri di campo acuisse i sensi e la tecnica, ma soprattutto sembra più a suo agio quando può ricevere in corsa. La rifinitura

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È strano a dirsi ma Vlahovic sembra essersi trovato meglio a giocare accanto a un mini-clone come Morata che non con Di Maria o Chiesa, come sarebbe stato lecito aspettarsi. Lo spagnolo, partendo da sinistra, lo sgravava a tratti di alcuni dei compiti più pesanti del suo ruolo: giocare spalle alla porta come riferimento per i compagni e attaccare continuamente l’area di rigore. Era un’intesa che funzionava anche a livello umano. Con l’aggiunta di Dybala sembravano avere una bella connessione: giovani, carini, forti. In quella mezza stagione la Juventus non era stato certo il miglior attacco d’Europa, ma qualcosa di interessante si era visto.Qui il serbo va addirittura a ricevere a destra per entrare dentro al campo col sinistro e cercare la rifinitura, un tipo di azione totalmente scomparsa la stagione successiva. Per un centravanti umorale come lui, la ripetizione può diventare motivo di stanchezza mentale, mentre questa libertà sembrava fargli bene. Il suo mancino, poi, è indubbiamente di alto livello, non solo quando deve calciare in porta e forse le possibilità di Vlahovic come rifinitore sono quelle che abbiamo visto meno, ma che sarebbe interessante se fossero esplorate meglio. Qui ad esempio, con la maglia della Serbia, fa un assist con un filtrante abbastanza stupefacente sempre partendo da destra. Il calcio da fermo

A proposito del mancino di Vlahovic. Il modo in cui calcia non è particolarmente ortodosso, sembra mutuare qualcosa dal primo Cristiano Ronaldo, ma più accentuato, irrigidendosi al momento dell'impatto e scavando quasi sotto al pallone con l'interno del piede. Lo si nota meglio, ovviamente, quando calcia da fermo e questo gol su punizione contro la Roma è abbastanza indicativo. La distanza è notevole, ma Vlahovic lascia fermo Rui Patricio, per dire quanto con la sua tecnica riesca a tirare forte e teso, come scavalca la barriera quasi ignorandola. È un gol davvero bello, che replicherà quasi uguale pochi giorni dopo contro lo Spezia, dando l'idea che potrebbe segnare da quella mattonella con una media quasi immacolata. Questo modo di tirare non è facilmente replicabile per tanti motivi, ma se ha tempo e modo Vlahovic cerca di tirare con la stessa tecnica anche in partita. Ne ha segnati diversi con la maglia della Fiorentina e anche l'ultimo gol segnato fin qui, quello con l'Atalanta dopo che la curva avversaria lo aveva offeso con cori di stampo razzista, ha delle similitudini. La qualità del suo tiro è visibile anche nei video/sfide che la Juventus pubblica abbastanza spesso, ma anche quando era ancora alla Fiorentina. Insomma, Vlahovic sembra poter diventare una minaccia anche da fermo e coi tiri da fuori, per quanto non siano proprio il pane dei centravanti. Il suo modo di tirare, però, richiede una preparazione un po' meccanica che a volte finisce per limitarlo quando ha poco spazio o tempo. Il numero

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Ok, magari è una giocata estemporanea, Vlahovic non è Ronaldinho che poteva saltare con un tunnel anche un uomo con le gambe chiuse, ma ci vuole un qualche tipo di talento per fare questa cosa qui, no? Un tacco geniale e smaliziato con cui ha fatto fare brutta figura a Troost-Ekong, non certo l’ultimo arrivato. Lo aspetta proprio, ne assimila il contatto col corpo e poi tac, chi si è visto si è visto. Una giocata così spettacolare che in diretta si sente anche Allegri urlare «Bravoooo», un allenatore che non è proprio il primo fan di questo tipo di guizzi. Nella stessa giocata, però, ci sono anche i difetti della Juventus e di Vlahovic. Dopo aver vinto il duello con l’avversario il serbo punta la porta ed è solo. Con un compagno più vicino, magari, questa azione sarebbe potuta continuare con un rapido scambio per portare fuori gli altri difensori della Salernitana. Ci sarebbe Di Maria, non vicinissimo, e la scelta giusta sarebbe comunque quella di servirlo. L’ambizione di Vlahovic, però, ogni tanto lo divora. Dopo aver alzato la testa una prima volta, tutto quello a cui pensa è il tiro, che arriva da una zona di campo velleitaria. È vero, il suo sinistro può stupire e gli attaccanti devono essere egoisti, ma Vlahovic deve migliorare in questo tipo di situazioni.Il gioco spalle alla porta

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Arriviamo a quella che è la spada di Damocle, almeno apparente, del suo gioco. Di queste azioni non se ne sono viste tante e le colpe possono essere divise tra lui e la squadra. Vlahovic deve migliorare nel modo in cui usa il corpo quando riceve spalle alla porta con il difensore che lo pressa alle spalle. È un tipo di situazione che nella Juventus si ripete in continuità e anche qui, l'idea che debba ricevere nella propria metà campo non è del tutto intuitiva. Il serbo sembra farlo malvolentieri, come costretto dagli eventi più che partecipe al sacrificio per un bene più grande. Eppure questa azione ci ricorda che, nonostante sia pressato con veemenza, ai limiti del fallo, da Schuurs, non il più leggero dei centrali, la sua tecnica è piuttosto raffinata. Vlahovic non solo tiene botta, controlla bene, difende il pallone col corpo, ma riesce a fare anche il lavoro extra e lo fa con un filtrante perfetto per tempismo e misura. È un po' un'azione ideale del gioco di Allegri: il centravanti lancia nello spazio l'esterno con Rabiot che punta l'area di rigore. I problemi, per Vlahovic e per la Juventus, rimangono però scolpiti nella stessa azione. Come fa poi il serbo a fare gol se è 30 metri dietro al pallone? Nelle ultime amichevoli la Juventus è apparsa una squadra più propositiva, ma ovviamente andranno aspettate le prime partite della stagione prima di parlare di cambiamento. Vlahovic, dopo aver segnato al Real Madrid ha mostrato il nome sulla maglia, come fece Dybala nel 2019 quando uno scambio con Lukaku sembrava questione di dettagli. Nulla lascia indicare che il serbo voglia lasciare la Juventus, ma si sa il calciomercato è una partita a scacchi. Dovesse rimanere o partire, l'importante è ricordarsi che siamo davanti a uno dei talenti più luminosi visti nel nostro campionato da molti anni a questa parte.

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