
A fine partita, con il sottile sarcasmo che contraddistingue molte sue dichiarazioni, Massimiliano Allegri ha attribuito buona parte dei meriti della vittoria per 1-0 contro il Lione all’arbitro Marciniak: «Ci ha pensato lui a darci una svegliata e a darci più campo e spazio per giocare meglio a calcio». Il riferimento è all’espulsione di Mario Lemina, che ha costretto la Juventus a giocare quasi tutto il secondo tempo in inferiorità numerica. Allegri è volutamente ambiguo, e non si capisce se ce l’abbia più con l’arbitro o con la sua squadra. Non conta più di tanto, perché il cuore del messaggio sta nella sottolineatura tattica: l’espulsione ha risolto alcuni dei problemi che stavano bloccando i bianconeri e la Juve si è così trovata a interpretare una partita più incline alle proprie caratteristiche. Paradossalmente, il rosso a Lemina ha contribuito a far rientrare la Juve nella propria comfort zone e, di conseguenza, a farla giocare meglio. O almeno, a mascherare con successo l’inferiorità numerica.
Cedere la prima mossa
La chiave di una partita fin lì bloccata, ma sempre in controllo della Juve, era l’incapacità di muovere il Lione, schierato da Bruno Génésio con un 5-3-2 passivo, ma molto corto, che impediva di sviluppare la manovra centralmente e ostacolava il gioco tra le linee grazie soprattutto a una difesa alta e a proprio agio nel difendere in avanti. La Juve non riusciva a sfruttare con continuità lo spazio ai lati del centrocampo e alle spalle della difesa concessi dall’OL: non a caso Allegri a fine partita si è lamentato della velocità di circolazione della palla e dell’assenza di movimenti in verticale, per sorprendere alle spalle la linea difensiva del Lione e costringerla a difendere correndo verso la propria porta.
L’espulsione di Lemina ha cambiato totalmente il contesto tattico, togliendo alla Juve il peso di dover trovare una soluzione a un problema fin lì irrisolto. Infatti, una volta in superiorità numerica l’onere della prima mossa è immediatamente passato al Lione e la Juve ha potuto giocare la partita che interpreta meglio, più difensiva e d’attesa, ma con la possibilità di sfruttare quegli spazi che prima non riusciva a creare. Allegri, inizialmente, non ha cambiato interpreti, sistemando la propria squadra in un 4-3-2 con Dani Alves ed Evra terzini, Alex Sandro mezzala sinistra e Pjanic vertice basso del centrocampo.

Una scelta coraggiosa, ma premiata dall’applicazione della propria squadra e dall’incapacità del Lione di adattarsi rapidamente al nuovo contesto tattico. Il nuovo schieramento rendeva la Juve vulnerabile soprattutto ai lati di Khedira e Alex Sandro: il Lione avrebbe potuto approfittare immediatamente di questa debolezza sovraccaricando una fascia per poi colpire tra le linee o sul lato debole, sfruttando lo spazio che i bianconeri erano obbligati a concedere una volta scivolati nella zona del pallone.
E invece, il nuovo scenario non ha cambiato di molto l’atteggiamento dei francesi: il rombo di costruzione, ridondante rispetto alla presenza dei soli Dybala e Higuaín, si schiacciava oltre la prima linea di pressing bianconera, senza aumentare quindi la presenza di giocatori sopra la linea della palla e permettendo così alla Juve di restare piuttosto alta e di giocare una fase di non possesso aggressiva, scalando con la solita precisione sul lato della pallone e mantenendo comunque un uomo in più in difesa nonostante l’espulsione subita e il passaggio a una linea a 4.
Qui sotto sono passati pochi secondi dal rosso a Lemina e la Juve mantiene il solito controllo difensivo che ha quando si schiera a 5: Khedira, Dani Alves, Pjanic e Barzagli scalano sul diretto avversario e Bonucci resta comunque libero, sfruttando l’assenza di giocatori del Lione tra le linee.

La Juve riusciva inoltre a gestire con una certa facilità il pallone, continuando a sfruttare lo spazio ai lati del centrocampo del Lione, soprattutto con Evra e Dani Alves: Rafael e Morel, i due esterni del 5-3-2 dell’OL, continuavano infatti a rimanere piatti sulla linea dei difensori nonostante la superiorità numerica e l’uscita sui terzini rappresentava così uno sbocco naturale e semplice da trovare per la manovra bianconera. La Juve non è diventata più pericolosa (il dato sugli xG dopo l’espulsione si ferma appena a 0,15), ma in questo modo poteva tenere il pallone lontano dalla propria area di rigore ed evitare di farsi schiacciare.
Scacco matto
I bianconeri hanno progressivamente abbassato il baricentro dopo l’ingresso di Ferri per Darder: il nuovo entrato riusciva a compensare i movimenti di Fekir ad abbassarsi a centrocampo per giocare il pallone meglio dello spagnolo, impegnando Bonucci ed Evra con i suoi inserimenti e spingendo la difesa della Juve più in basso. Allegri allora ha inserito Cuadrado, in una posizione ibrida sul centro-destra per non isolare Higuaín, ma che permetteva ai bianconeri di schierarsi su due linee di 4, col colombiano a scalare di fianco a Khedira (e poi Sturaro) e di occupare meglio il campo nelle fasi di possesso consolidato del Lione.
È stata la mossa decisiva, che ha messo ancora di più in evidenza la difficoltà della squadra di Génésio nell’adattarsi ai cambiamenti tattici della Juve e a trovare i punti di riferimento persi dopo l’espulsione di Lemina. È piuttosto significativo che il gol di Cuadrado sia arrivato sugli sviluppi di un fallo laterale, una situazione statica che il Lione avrebbe dovuto gestire agevolmente, vista l’accentuata superiorità numerica. Invece, il solo Cuadrado è bastato per tenere occupata la linea difensiva e spingerla nella propria area di rigore, mentre a Dani Alves veniva concessa una prateria per ricevere e portare palla.
Solo una volta passato in svantaggio Génésio ha provato a impensierire la collaudata fase difensiva della Juve, togliendo un difensore (Yanga-Mbiwa) per un attaccante esterno (Ghezzal), aumentando finalmente il numero di giocatori sopra la linea della palla e costringendo la squadra di Allegri a doversi occupare delle catene di fascia formate dopo il passaggio al 4-3-3. Una mossa tardiva e controllata in maniera efficace dalla Juve, aiutata dalle difficoltà negli smarcamenti dello stesso Ghezzal e di Fekir, spostato a centravanti.
I bianconeri, insomma, hanno confermato la loro superiorità sul Lione soprattutto quando sono rimasti in dieci, dimostrando una grande capacità di interpretare i vari momenti tattici che compongono una partita e legittimando quanto creato nel primo tempo e quanto conservato dalle parate di Buffon. È probabilmente la vittoria decisiva per il passaggio del turno: con 7 punti dopo 3 giornate, e un vantaggio di 4 punti proprio sul Lione, la Juve può ragionevolmente concentrare i propri sforzi sul testa a testa con il Siviglia per il primato nel girone.