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Il tennis è lo sport più crudele
09 giu 2025
Il tennis è il mito delle occasioni perse, Sinner e Alcaraz ce lo hanno ricordato.
(articolo)
13 min
(copertina)
IMAGO / Paul Zimmer
(copertina) IMAGO / Paul Zimmer
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Quando T. S Eliot nella sua Terra desolata scrisse il celebre incipit “Aprile è il mese più crudele”, il Roland Garros del 1922 l’aveva vinto Henri Cochet, uno dei quattro moschettieri. Era il suo primo Slam, aveva ventuno anni. A lui e gli altri tre, Jean Borotra, René Lacoste e Jacques Brugnon, intitoleranno il trofeo del Roland Garros, non lo Slam più iconico ma quello che spesso, per tantissimi campioni di epoche diverse, si è rivelato più difficile da raggiungere, tra l’arida terra “desolata” rossa su cui le partite sembrano tutte più lunghe, ogni scambio sempre più doloroso, il sudore sempre più fitto e il duro adattamento alle rigide condizioni che richiede. Eliot usava la sua ironia antifrastica per associare il mese della rinascita al vuoto interiore provato dall’uomo. Non essendone però un appassionato, lo scrittore americano non poteva sapere che la cosa più crudele in realtà non era aprile, ma il tennis.

In fin dei conti cos’è il tennis se non la mitologia delle occasioni perse? E di mitopoiesi ne abbiamo avuta parecchia nell’interminabile pomeriggio che abbiamo vissuto domenica. Il mito si è ripetuto ancora una volta sotto forma di profezia. 22 anni, un mese e tre giorni. Cinque Slam, quinto set. Il campo era diverso, con Rafael Nadal che alla stessa età di Alcaraz si era imposto sui verdi prati di Wimbledon dopo quattro ore e quarantotto di battaglia contro il rivale di sempre, Roger Federer, prendendosi il primo Wimbledon della carriera in una finale leggendaria. Non è andata troppo diversamente con Alcaraz, che si è imposto sulla terra del Roland Garros sul rivale di ora, forse di sempre, Jannik Sinner. All'epoca, però, Rafael Nadal sprecò tre match point e rischiò di stare lui dal lato sbagliato di quel pomeriggio, tramutato quasi in sera, di Londra. Sullo Chatrier la storia si è scritta su pochissimi punti che non hanno fatto che ricordarci come di fatto, questo sport, sia quello più crudele che abbia modo di essere praticato sul pianeta Terra.

Se chi tifava Roger Federer è passato a tifare Jannik Sinner di materiale ne aveva già e la partita gliene ha fornito altro. Dal break di vantaggio in avvio di terzo set fino ai tre championship point non sfruttati sul servizio di Alcaraz sul 5-3 del quarto set. Il 15-30 dell’ultimo game del quinto set o il servizio di Alcaraz uscito in maniera netta ma non chiamato dall’arbitro. Materiale da sogno per chi tifa Alcaraz, sostanza dell’incubo per i sinneristi. A testimoniarlo la costante, e anche un po’ sadica, inquadratura fissa della regia francese sulla madre di Jannik Sinner, Siglinde. A Roma aveva lasciato il Centrale dopo il primo set perso dal figlio nella semifinale con Tommy Paul per farsi una passeggiata per il Foro Italico, non ce la faceva più. La regia continuava a inquadrarla mentre si scioglieva fisicamente sulla sedia dello Chatrier in un modo che ricordava quello del giudice Morton nel finale di Chi ha incastrato Roger Rabbit. Una pornografia del dolore che abbiamo visto anche in occasione dell’ultima finale di Champions.

La partita è stata introdotta da una cerimonia elegante del Roland Garros. Un coro di violini che ha abbandonato il tradizionale sciovinismo francese, tornato solo per Harder, Better, Faster, Stronger dei Daft Punk, e passando per successi recenti di The Weeknd ed Harry Styles, con il tocco di classe di Boys Don’t Cry dei Cure (!). E forse è stata l’ultima nota a favore nel pomeriggio di chi non è stato impegnato per sei ore tra le righe del campo da tennis. La gazzarra prodotta dal pubblico francese era schierata completamente a favore di Alcaraz, tanto da andare a disturbare Sinner tra i servizi. Addirittura Spike Lee, per tutta la partita ultras dello spagnolo, si è prodigato in un gesto di scherno all’uscita di Sinner. E forse possiamo annoverarla tra le grandi vittorie di Alcaraz anche per questo: è riuscito a far vincere un atleta tifato da Spike Lee. Parliamoci chiaro, la preferenza del pubblico verso Alcaraz è normale e probabilmente al di fuori di Roma (dove comunque giustamente lo spagnolo è tifatissimo) ce l’avrà tutta la carriera, quindi a Sinner toccherà abituarsi. Oltre ad essere sfociata in disturbo, però, è stata anche curiosamente sbilanciata, probabilmente neanche una partita di Fils contro un carneade australiano avrebbe avuto una disparità di tifo del genere. Che c’entri la vicenda Clostebol è da pensarci su ma non è scontato.

Parlare di quello che è successo in campo sembra quasi un insulto dopo cinque ore e mezza di partita, dove, per usare un termine calcistico, gli schemi sono completamente saltati a un certo punto ed è diventata “solo” una questione di talento. Il primo game del primo set è stato un microcosmo di quello che sarebbe accaduto per tutto il resto della partita. Mazzate incredibili tra entrambi i lati, Sinner che cerca il rovescio di Alcaraz e la percentuale ballerina di prime del tennista italiano. Un problema che Sinner ha avuto fino alla sua esplosione del 2023, e che sembrava aver risolto con un buon 61% di prime nelle ultime due stagioni. Probabilmente è colpa dello stop che ha un po’ spezzato il ritmo dell’italiano, ma dal rientro in campo Sinner non ha più una percentuale di prime affidabile. L’ottima seconda in suo possesso gli permette di tenere altissima la barra, ma già in semifinale contro Djokovic Sinner aveva chiuso con il 51% di prime. Mascherato un po’ dal servizio che gli ha dato una mano quando contava, ma il tennis è uno sport in cui non ci si può nascondere in nessun modo: i nodi vengono sempre al pettine.

Tornando alle strategie in campo, però, Sinner è riuscito a domare Alcaraz, nonostante sia stato lo spagnolo a trovare il break per primo. Jannik ha espresso la sua migliore versione su terra battuta, è stato in grado di togliere il tempo ad Alcaraz come se giocassero su cemento. Un tennis solido ma sempre aggressivo; a fine terzo set la sua percentuale di partita giocata in attacco era l’abnorme 39% contro il 16% del suo avversario. Da un lato ha stupito Alcaraz, come sempre molto ballerino nelle sue scelte in campo e che a differenza degli ultimi matchup non ha messo in mostra tutta la varietà a disposizione. La prestazione di Sinner ha influito, tenendolo sempre in posizioni o situazioni di poca sicurezza che non gli hanno permesso troppo di trovare la palla corta (utilizzata principalmente nel quinto set, con Sinner esausto) o nelle variazioni di altezza palla che avevano destabilizzato Sinner a Roma. Rispetto alla partita di Roma, Alcaraz non è riuscito quasi mai a trovare il cambio lungolinea con il rovescio se non in brevi tratti del quarto set, giocando una partita molto più legata al rendimento del suo dritto, specialmente nei terzi colpi, che delle incredibili variazioni di cui è in possesso.

Tutto questo ha avuto un suo senso compiuto fino alla fine del quarto set, dove il tennis ha lasciato spazio all’epica. Sopra 0-40 sul servizio di Alcaraz, Sinner ha la possibilità di chiudere per il suo primo Roland Garros, in una partita che fino a quel momento, si può dire, aveva controllato. Sul primo match point Alcaraz trova una riga miracolosa; sul secondo forse c’è il rimpianto più grosso per Sinner, che attacca col rovescio una seconda morbida dello spagnolo, con la palla che esce di centimetri. Giusto? Sbagliato? Dopo quasi quattro ore di partita in quel momento non credo esistesse un colpo sbagliato, specialmente impattato in quel modo, da parte di Jannik Sinner. Sta di fatto che Alcaraz poi si scatena nei vantaggi e nel game successivo breakka un Sinner evidentemente condizionato dall’occasione mancata, tra la prima assente e un tennis che improvvisamente si riscopre fragile e falloso. Persino un robot come Sinner può avere il braccino, anche se la profezia di Mats Wilander a inizio terzo set pendeva sulla testa di chi lo tifava come una spada di Damocle: «Sinner vincerà, Alcaraz non ha mai rimontato da due set sotto». C’è un motivo se negli anni gli è stato affibbiato, da chi segue Eurosport, l’appellativo di Gufander.

Il break offre energie ad Alcaraz che vive sempre di strappi e assoli immersi in momenti in cui si sente solo il rumore di fondo. Da quel momento in poi ritorna la sua versione migliore e vince anche il tiebreak. Spuntano le grafiche sui dati impietosi quando la partita va sopra le quattro ore. Impietosi in direzioni diverse: Sinner 0-6, Alcaraz 9-1. Tutto sembra portare a quello, Sinner sembra provato mentalmente e fisicamente, si lancia a sfoghi nervosi che ricordano quelli dell’anno prima nel quinto set del Roland Garros proprio contro Alcaraz e prende un break che sembra mortale. L’italiano però reagisce, trova il controbreak con Alcaraz che serve per il torneo e si porta anche 15-30 sull’ultimo servizio dello spagnolo. Alcaraz, che in cinque ore e mezza non ha praticamente mai ravvisato cali fisici, sale nella stratosfera del suo tennis e trascina l’inerzia al super tiebreak del quinto set. Sinner è in teoria in una condizione molto competitiva, ma da romanista il super tie-break ha avuto il sapore dell’amarezza e rassegnazione dei rigori di Roma-Siviglia dal primo punto: sapevi in partenza che non c'erano i mezzi affinché potesse diversamente, e già dai primi quattro punti, con Alcaraz che trova un passante di dritto al volo allucinante per il 4-0, è chiaro che il tie-break ha preso la direzione della Spagna. Alcaraz cresce di forza su ogni colpo riuscito e prende il largo con Sinner che si trova sotto 7-0 in un battito di ciglia. Un tiebreak molto simile a quello vinto da Alcaraz nella sfida di Pechino tra di loro nel 2024 - in quel caso si passò dallo 0-3 al 7-3 con una sequenza di vincenti incontrastabili di Carlitos.

Alcaraz chiude l’opera con un passante in corsa di altissimo livello e si getta a terra tra i boati del pubblico che lo ha acclamato ad ogni punto della sua partita. Sorride con la coppa in mano mentre Sinner ha la faccia di chi vorrebbe essere ovunque, magari in una baita dell’Alta Pusteria, piuttosto che su questo campo. Cosa ci resta? A noi spettatori sicuramente cinque ore di overdose tennistica tale da sconsigliarne la visione almeno fino a Wimbledon.

Sinner ha giocato una partita complessivamente superiore a quella di Alcaraz e se nel tennis al posto del super tiebreak si usassero i punti come nella boxe forse una giuria indipendente gli avrebbe dato la vittoria. Ci resterà invece l’immagine dello 0-40 del quarto set, e fortunatamente nessun tifoso (anche per chiari motivi di tifo) si è esibito nel gesto dello one more che ancora disturba le notte dei federeriani. Proprio per questo non troverà posto nella memoria collettiva di questa partita come nel terzo set Sinner si sia fatto sfuggire troppo presto il break a favore arrivato in avvio, con Alcaraz che pareva sempre più falloso, meno brillante e sostanzialmente alle corde.

Cosa resta a Sinner? Tre ore di gioco in cui è stato superiore ad Alcaraz sulla terra battuta, la sua superficie peggiore e forse la migliore del suo avversario. Una grande dimostrazione di forza, se consideriamo il rodaggio limitato e l'ottima prestazione dello spagnolo. La coppa dei Moschettieri però è nelle mani dell’altro, e non è semplice capire cosa sia peggio, se il rimorso per essere stato migliore dell'altro, o quello di sentire di essergli stato così vicino.

Il tennis è crudele, però è meritocratico. Il servizio ha tradito Sinner e Alcaraz si è dimostrato semplicemente superiore quando la palla ha pesato in maniera decisiva. La freddezza ha deciso l’esito della partita: nel tennis non si scappa. Si gioca un’enormità di punti nell’arco di una partita, ma quelli che contano sono pochi e tendi a ricordarli tutti quando poi stringi la mano all’avversario. In questo Alcaraz ha dimostrato una capacità superiore a Sinner, che gli ha permesso di meritare a pieno titolo la vittoria.

E ora?

Più di qualcuno si è già lanciato a determinare come queste cinque ore e mezza di epica tennistica abbiano sostanzialmente determinato il prossimo futuro del tennis. In una cosa sicuramente l’hanno determinato: se il livello di Sinner e Alcaraz è sempre questo gli altri, Djokovic incluso, possono sperare solo in briciole o infortuni. In attesa che tra gli under-20 più chiacchierati esca qualcuno in grado di poter quantomeno avvicinarsi a questo livello, che ora sembra abissale proprio come il primo periodo di Federer e Nadal; per quanto sia stata bella questa finale il tennis ne beneficerebbe sicuramente. Magari suona lunare dirlo ora, ma una finale del genere - per quanto bella - se ripetuta all’infinito sarebbe una pessima prospettiva per il futuro. Davvero vogliamo vedere questa cosa in stile Michael Jordan che in Space Jam viene incatenato (in caso di sconfitta) dentro un parco divertimenti a performare all’infinito per gli spettatori paganti? La bellezza del tennis sta sempre nell'equilibrio, tra novità e ripetizione.

I numeri degli ultimi confronti tra Sinner e Alcaraz sembrano impietosi, con una striscia aperta di cinque vittorie da parte dello spagnolo e un’imbattibilità che dura dal 2023. E sicuramente la sconfitta di oggi ha dei significati particolari, con Alcaraz in grado di rimontare sotto di due set e infliggere a Sinner la prima sconfitta in una finale Slam. In questo modo Alcaraz è diventato il primo tennista della storia a vincere tutte e cinque le sue prime finali Slam: un dato in cui non c’è nulla di casuale. Un trauma doppio: se non è riuscito a batterlo con una grande prestazione e in un contesto di partita favorevole, come potrà credere di farlo in futuro?

Per fortuna atleti di questo livello non vengono nemmeno sfiorati da discorsi simili, e anche l’esito degli ultimi cinque confronti, apparentemente netto, è stato deciso da dettagli. Tra lo US Open e le ultime due sfide al Roland Garros, tanto per citare le più pesanti, sarebbe bastato un niente per trasformare lo 0-5 in un 3-2. Il tennis però è uno sport in cui le parole si scrivono sulla pietra e non sull’acqua e quindi la realtà dei fatti, manovrata dalla capacità di Alcaraz sotto pressione, si è espressa così.

I discorsi sono comunque prematuri e anche un po’ sciocchi. Il tennis vive di stati di forma in generale e i confronti diretti sono ancora più influenzati dal momento di quanto lo siano i tornei in sé. Per citare la finale di Wimbledon 2019, Djokovic nelle sue prime 19 sfide con Roger Federer aveva un bilancio negativo di 6-13, chiudendo poi la carriera con un 27-23 che include vittorie sanguinose inferte allo svizzero. Contro Nadal addirittura il serbo si trovava con un impietoso 7-16 per poi chiudere con un 31-28, con il campione spagnolo in grado di batterlo solo due volte al di fuori della terra rossa dopo il 2010. Possiamo dire di aver visto e saputo, e soprattutto deciso, tutto di questa rivalità? La strada è lunga e ora è difficile immaginare che non si arrivi verso i 30 (o addirittura 40) scontri diretti.

La sfida tra Alcaraz e Sinner richiama quella del Fedal, per la quasi totale imbattibilità di Sinner contro gli altri che non siano lo spagnolo. Eppure, in certe cose, esprime somiglianze con quella tra Djokovic e Nadal. Il serbo per anni ha inseguito Nadal su terra battuta senza però riuscire mai a scalfirne l’aura sullo Chatrier. Non era una finale, ma l’andamento e l’esito di questa partita hanno ricordato molto la sfida del 2013 al Roland Garros tra i due, con Djokovic che sbagliò uno smash comodissimo avanti 4-3 e 40-40 al quinto sul proprio servizio facendo invasione, e perdendo poi la partita. Sarebbero dovuti passare altri due anni per la prima affermazione sul rosso. Anche tornando al Fedal, Sinner si è avvicinato a togliere lo scettro sulla superficie dell’altro come rischiò di fare Nadal nel 2007, con Federer che difese al quinto set la sua corona per poi abdicare l’anno successivo.

Se però quei tre match point lasceranno o no un trauma su Sinner sarà solo il tempo a dircelo. Tra un mese ci sarà Wimbledon, torneo di cui, tanto per cambiare, Alcaraz è campione in carica. Sinner in teoria ha un gioco su erba con dei margini tali da poter battere Alcaraz (come ha già fatto), ma quanto il loro prossimo confronto sarà influenzato da queste cinque ore e mezza dell’8 giugno 2025? Alcaraz avrà sempre una bella memoria a cui affidarsi e ripartire quando Sinner lo metterà alle strette, e l’opposto varrà per Sinner. Chi segue il numero uno del mondo, però, sa bene come si è già rialzato da sconfitte pesantissime, di cui alcune subite proprio per mano di Alcaraz, e ha dimostrato la capacità di farne un serbatoio necessario per una crescita ulteriore.

Il tennis è uno sport crudele, ma lo è ancora di più credere che uno dei suoi migliori atleti non sia capace di rialzarsi.

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