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Fabio Severo
Il tennis che verrà
06 nov 2017
06 nov 2017
Le Next Gen ATP Finals saranno un laboratorio per il tennis del futuro.
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Fabio Severo
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Il 2017 verrà ricordato come l'anno in cui il tennis ha cominciato a chiedersi come sarà il proprio futuro, il momento in cui sono partite le grandi manovre per dare un volto nuovo alla disciplina. Succede proprio in un anno in cui la stagione maschile è stata dominata da Rafael Nadal e Roger Federer, i due senatori che negli ultimi 15 anni hanno vinto la maggior parte dei titoli che contano e che alla fine di questo 2017 sono ancora rispettivamente al primo e al secondo posto della classifica mondiale. Succede adesso proprio perché sono 15 anni che i due continuano a vincere, 15 anni che riempiono stadi e fanno ascolti televisivi, e i poteri costituiti sanno di avere ormai le ore contate per prevenire l'emorragia di interesse che potrebbe seguire al loro ritiro.

 



Proprio per questo a Milano questa settimana si gioca un torneo dal nome lievemente cacofonico, le Next Gen ATP Finals. Dove Next Gen sta per nuova generazione, ovvero i migliori tennisti dai ventuno anni in giù del circuito professionistico. Giocheranno in due gironi da quattro seguiti da semifinali e finale, lo stesso formato delle finali ATP dei grandi che si giocheranno la settimana prossima a Londra, il tradizionale torneo di fine stagione disputato dai primi otto giocatori del mondo. Ma le similitudini tra i due eventi finiscono qui: le ATP Finals dei big sono un torneo con tanti punti e tanti soldi in ballo dove si gioca al meglio dei tre set come durante la maggior parte dell'anno, mentre le Next Gen sono un'esibizione senza punti in palio (ma con un discreto montepremi) e con una lunga lista di regole nuove. Un'esibizione che è anche un laboratorio dunque, il laboratorio in cui le giovani promesse faranno da cavie ben remunerate per aiutare a capire come adeguare il gioco del tennis ai tempi che corrono.

 

In realtà dei migliori giovani del mondo ce ne saranno solo sette,

è così più forte dei suoi coetanei da essersi qualificato direttamente per le vere ATP Finals (o Masters, come si chiamavano un tempo). Zverev è volato fino alla terza posizione mondiale e ha rinunciato all'esibizione milanese, per arrivare fresco a Londra. Probabilmente con sommo dispiacere degli organizzatori delle Next Gen, che sul suo volto angelico avevano basato l'intera campagna promozionale, ragion per cui gli fanno giocare comunque una partitella nel giorno di apertura. L'ultimo posto non è stato assegnato al migliore ottavo giovane in assoluto ma al più meritevole tra gli italiani, scelto attraverso un torneino preliminare. Ieri si è svolto il sorteggio in

, un po' da bagaglino, con i giocatori visibilmente a disagio.

 



 

Che cosa si prova a cambiare in questo torneo milanese, e perché? Si cambia più o meno tutto, con l'obiettivo di eliminare le proverbiali lungaggini di un incontro di tennis: sin da prima dell'incontro verrà accorciato il riscaldamento dei giocatori, ridotto a cinque minuti invece dei dieci-quindici consueti; si giocherà al meglio dei cinque set ma ogni set lo vincerà il primo che arriva a quattro giochi, con un tiebreak sul tre pari. Ogni game sarà conquistato dal giocatore che per primo fa quattro punti, eliminando i vantaggi che obbligavano a vincere il gioco con due punti di scarto; sul quaranta pari verrà giocato il punto decisivo, vinto il quale finisce il game. Nella semifinale dell'US Open del 2013 Stanislas Wawrinka e Novak Djokovic hanno giocato all'inizio del quinto set un game dove si sono trovati sul vantaggio pari per 12 volte, impiegando ventuno minuti per concludere quel singolo game: più o meno la durata che avrà un intero set con questo nuovo punteggio.

 

In realtà non si tratta di una formula del tutto inedita: nel doppio i vantaggi sono stati aboliti da anni in quasi tutti i tornei, proprio per ridurre al minimo necessario l'ingombro di una disciplina che ha perso lo smalto e la popolarità di un tempo, e il terzo set è stato sostituito dal cosiddetto super tiebreak, dove vince chi per primo arriva a dieci punti (invece dei sette tradizionali), con minimo due di scarto. A Milano la velocizzazione del gioco ha portato ulteriori cambiamenti: abolizione della ripetizione del servizio quando la palla tocca il nastro prima di cadere nel rettangolo di gioco, cronometro in campo per contare i 25 secondi concessi ai giocatori tra un punto e l'altro, un solo time out medico utilizzabile durante l'incontro.

 



Oltre ai cambiamenti di regolamento per sveltire il gioco, ci saranno novità anche sul piano della fruizione, l'aggiunta di alcuni ingredienti pensati per rendere il gioco più sexy, moderno: i giocatori potranno parlare con gli allenatori tramite auricolari alla fine dei set, con la conversazione trasmessa in diretta televisiva (è stato comunicato ai tennisti che l'inglese è preferibile alle lingue native), i giudici di linea sono stati eliminati e sostituiti dal solo controllo elettronico, che comparirà su degli schermi in occasione di palle dubbie. Sul sito dell'evento, sotto lo slogan Tennis re-imagined viene anche menzionato l'utilizzo del campo privo delle linee di corridoio, dimenticando che è stato già ampiamente utilizzato negli anni '90. Dulcis in fundo verrà introdotta la libertà di movimento degli spettatori sugli spalti, che finalmente potranno entrare e uscire quando vogliono senza dover aspettare i cambi campo, potendo andare in bagno o comprare un panino senza l'ansia di pensare che gli costerà venti minuti persi ad aspettare che l'usciere riapra la cordicella del loro settore, come a teatro. Ma l'anarchia del pubblico sarà ridotta solo alle tribune laterali, mentre in quelle alle spalle dei giocatori resteranno valide le rigide regole di comportamento. Tutto si può cambiare, ma almeno la sacralità del campo visivo del tennista resta inviolata.

 

Le Next Gen Finals cercano di fare tre cose contemporaneamente: familiarizzare il pubblico con i probabili campioni del futuro prima che si ritirino quelli di oggi, dinamizzare la visione del tennis sia dal vivo che in televisione e velocizzare il gioco. La velocizzazione non è soltanto indirizzata a ridurre la durata di un incontro, ma anche a renderla prevedibile. Come la maggior parte degli sport si svolgono in un arco di tempo relativamente preciso, così si sta cercando di addomesticare le dinamiche di gioco e di punteggio per rendere il tennis una quantità definita nelle programmazioni televisive, e nelle teste degli spettatori. Per decenni ha occupato le televisioni con le sue partite dalle durate imprevedibili, laddove adesso si teme che la cultura dell'on demand rifiuti un evento sportivo che possa durare sia un'ora che cinque. Se c'è stata un'epoca in cui era la natura dello sport a dettare le regole della sua diffusione televisiva, oggi il pensiero comune è che sia lo sport a doversi adattare al broadcaster che lo trasmette.

 

Un tempo l'intensità dell'agone era nelle mani dei tennisti che la creavano con le loro imprese, adesso si cerca di averla garantita, accorciando e frammentando le partite per favorire il succedersi di colpi di scena. "Vogliamo creare un maggior numero di momenti significativi nel corso di un incontro", si legge nella presentazione del torneo. “Uno a uno diventerà l'equivalente di tre pari nel corso di un set. Due pari sarà come quattro pari, perché sarai a due giochi dal set." Per ovviare al rischio di incontri noiosi si cerca di forzare la dinamica di gioco per portarla subito al punto di tensione, perché sia la partita stessa a generare il dramma sportivo in modo quasi automatico. Un po' come il wrestling, ma senza decidere chi vince alla fine.

 



 

Sicuramente il tennis televisivo mostra i segni dell'età: troppi tempi morti, troppi giocatori che chiedono l'asciugamano o mangiano una banana, fidanzate inquadrate negli spalti, fan conciati in modo buffo. Roba priva di interesse che è necessaria a riempire il tempo di uno sport dove in media ogni trenta secondi l'azione si ferma e dove ogni quattro-cinque minuti i contendenti si siedono. Non basta la Spidercam che segue passo a passo i giocatori che passeggiano per il campo, non bastano i replay 3D che girano attorno al campo come in Matrix. Forse andrebbero aggiunti video presi da altre partite per fare analisi comparative durante la diretta, aggiungere altre telecamere in punti insoliti, come dall'alto, di lato, sulla rete.

 



 



Sport di spettatori e non di tifosi, il tennis ha bisogno di qualità e di grandi imprese per far parlare di sé, ma è comunque giusto chiedersi quale sia il modo migliore di presentarlo. La formula dei cinque set abbreviati sembra togliere qualcosa di fondamentale allo spirito del gioco, cioè l'espressione della tenacia che porta alla conquista di un set, e poi di un altro e così via. Il tennis è fatto di punti spettacolari ma non è uno sport che vive di soli colpi, è fatto di strategie, di resistenza, cambiamenti di equilibri. Per certe cose ci vuole tempo, toglierlo forse non aiuta. Una soluzione alternativa l'ha proposta l'altro nuovo evento tennistico del 2017, la Laver Cup inventata dall'agente di Federer Tony Godsick che nell'arco di un weekend ha messo di fronte due squadre di tennisti, Europa contro Resto del Mondo. Due singolari e un doppio al giorno, super campioni e nuove promesse fianco e fianco, Federer e Nadal che giocano il doppio insieme per la prima volta in assoluto, Bjorn Borg e John McEnroe che fanno i capitani, i compagni di squadra che fanno il tifo tutti insieme, un elegante campo di colore nero come teatro della competizione (e più telecamere). Il formato degli incontri è al meglio dei tre set con il punteggio tradizionale, ma invece del terzo set si gioca un super tiebreak a 10 punti. Il risultato è una miscela efficace di tradizione e innovazione, tra la lentezza dei set tradizionali e lo showdown del terzo set in stile calci di rigore, arricchita dalle star che giocano a fare gli amici per un weekend e il pathos del gioco di squadra che la moribonda Coppa Davis, schiacciata dal calendario saturo, non riesce più a esprimere.

 

La Laver Cup ha mandato un messaggio chiaro ai vertici del tennis: il settore privato, coadiuvato dalle leggende che fanno l'appeal internazionale dello sport, può ripensare in chiave millenial lo sport preservando il flavour della tradizione. Le Next Gen Finals a confronto si presentano come un Piccolo Chimico dove si tirano dentro tutte le polverine per vedere l'effetto che fa. Da una parte tennisti VIP fanno gli imprenditori del loro stesso sport e si cuciono addosso un abito che cade a pennello, dall'altra i vertici internazionali fanno esperimenti sulle nuove leve nella speranza di trovare la quadratura del cerchio, prima che quegli stessi tennisti VIP appendano la racchetta al chiodo. Chi ha ragione, e che tennis ne verrà fuori, lo scorpriremo tra non molto tempo.

 

 

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