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Emiliano Battazzi
Il tempo di Kroos
02 giu 2017
02 giu 2017
L'evoluzione tecnica e tattica di Toni Kroos, che ha saputo coniugare una classe antica ai ritmi del calcio contemporaneo.
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Emiliano Battazzi
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Il sogno implicito di Florentino Perez, la ricostruzione del Grande Real di Santiago Bernabeu, deve lottare contro un gigante imbattibile: il tempo. Da quelle cinque Coppe dei Campioni consecutive il mondo è cambiato, e il calcio lo ha seguito. Adesso la Casa Blanca è una grande holding multinazionale, e i giocatori sono delle società satellite: e nonostante i paragoni, ci sarà sempre un inevitabile distacco con quella squadra leggendaria.

 

A cercar bene, nell’attuale rosa del Real Madrid, c’è solo un giocatore in grado di rappresentare l’anello di congiunzione tra passato e presente, e il suo nome è Toni Kroos, tedesco di Greifswald, all’epoca ancora Germania Est anche se il Muro era già crollato.

 

Non è solo per il taglio di capelli retrò, ma per una questione di estetica calcistica: le movenze e le giocate di Kroos, modificate in bianco e nero, ci sembrerebbero credibilmente di fine anni ‘50.

 

Un dinamismo da giocatore normale (sebbene con grandi doti fisiche), la capacità di rendere facile le giocate, l’elegante esecuzione del colpo.

 

Toni Kroos potrebbe essere un campione di qualunque epoca per il modo in cui elabora il gioco, ma per fortuna degli amanti del calcio, e soprattutto di Zidane, è il cervello del Real Madrid che giocherà la seconda finale consecutiva di Champions League.

 

 



 

Parafrasando una famosa frase di Liedholm, ci sono squadre che cercano i giocatori, e giocatori che cercano le squadre. Il Real Madrid è nel secondo gruppo di pochissimi fortunati, e il caso di Kroos è emblematico: uomo chiave del nuovo Bayern di Guardiola, se ne va dopo essere diventato il riferimento del gioco di posizione bavarese. Ormai campione di tutto, anche del Mondiale con la sua Nazionale, sceglie di vestire la camiseta blanca, creando già una prima spaccatura nel rapporto tra un Guardiola sgomento e la dirigenza bavarese.

 

Come riportato da Martí Perarnau nel suo racconto privilegiato - Herr Pep - della prima stagione dell’allenatore catalano al Bayern, addirittura durante le fasi iniziali di trattative Pep aveva già espressamente chiesto la permanenza di Kroos. Dopo i primi allenamenti, Guardiola si accorse subito che Kroos sarebbe diventato un elemento chiave nell’ingranaggio, soprattutto per garantire fluidità all’inizio azione, per far salire il pallone ordinando la propria squadra. Così lo abbassa gradualmente nella propria metà campo, cercando di risolverne tutti i problemi di dinamismo sulla trequarti, dove Kroos giocava nel 4-2-3-1 di Heynckes. Guardiola lo trasforma in un interno di centrocampo, valorizzandone appieno la visione ed evitandogli le ricezioni spalle alla porta.

 

https://www.youtube.com/watch?v=VvseoF9eASw

Si può solo immaginare l’amarezza di Guardiola nel dover rinunciare a tutto ciò.


 

Ancelotti sfrutta appieno la trasformazione e usa Kroos, al suo primo anno al Real Madrid, da centrocampista centrale nel 4-3-3: un ruolo che richiede anche una grande abilità nel posizionamento difensivo. Il sistema di gioco del Real ha funzionato, e anche bene, per qualche mese ma poi è apparso evidente che il tedesco non era un vero pivote centrale, in grado di chiudere gli spazi tra le linee e all’occorrenza aiutare i centrali difensivi in chiusura. In primavera Ancelotti arriva infatti a schierare Sergio Ramos in quella posizione, proprio per liberare il potenziale creativo di Kroos.

 

Il periodo peggiore però deve ancora arrivare: Benitez lo riporta prima al centro, poi nel doble pivote, poi addirittura da trequartista.

 

sono talmente grandi da apparire adesso quasi ridicole: la dimostrazione empirica del fallimento di Benitez, non solo a livello umano, ma anche a livello tattico.

 

Di quell’esperienza, però, qualcosa di buono rimane, e cioè la centralità di Casemiro nel sistema difensivo: quando arriva Zidane, inizialmente prova a farne a meno, per sistemare di nuovo Kroos da pivote.

 

 



 

L’allenatore francese capisce quasi subito che bisogna usare Casemiro da abilitatore di Kroos e Modric: usarlo come pivote difensivo ma quasi escludendolo dalla circolazione bassa, anche a livello posizionale.

 

Zidane libera e potenzia Kroos a livello tattico, ma anche a livello emotivo, facendolo sentire davvero importante:

“vedono il gioco alla stessa maniera”.

 

In cambio, Kroos libera la squadra di alcuni problemi di gioco, ormai nascosti ma che scorrono come fiumi carsici sotto la superficie di brillantezza e di vittorie della Casa Blanca. Diversamente da quanto avviene per tutti gli altri, a cui il sistema di gioco propone opzioni per risolvere i problemi delle partite, Kroos abilita il sistema di gioco della sua squadra. Questa capacità è evidente soprattutto nella circolazione del pallone nella propria metà campo: Kroos risolve di volta in volta decine di enigmi posti dagli avversari.

 

È lui a decidere se far uscire il pallone con la salida lavolpiana, sistemandosi in mezzo ai due centrali, o se posizionarsi largo sulla sinistra per abilitare immediatamente i triangoli di gioco della catena forte del Real (Marcelo-Kroos-Cristiano). A volte Kroos crea intenzionalmente degli spazi liberi dietro agli avversari, tramite una serie di fitti passaggi ai compagni vicini, volti ad attirare la pressione degli avversari.

 

Il lato sinistro è la sua zona preferita perché lì può davvero decidere i tempi di gioco: sfrutta il sovraccarico del Real per servire la fascia destra con il suo colpo più conosciuto, il lancio lungo a cambiare campo per il compagno isolato. Nonostante il suo spazio di riferimento sia la propria metà campo, anche in fase di possesso consolidato sulla trequarti Kroos è in grado di aprire squarci nella difesa avversaria.

 


 

 

 

Con 12 assist nella Liga, è secondo solo a Luis Suarez. Ma è la varietà del suo gioco a renderlo davvero speciale: è il giocatore che nel Real Madrid ha effettuato più passaggi di tutti per 90 minuti, ben 74.5 (più di Busquets nel Barça). Di questi, in media ben 8.5 sono passaggi lunghi riusciti, permettendogli così di essere l’unico giocatore di movimento (insieme a Mascherano) tra i primi 20 in questo fondamentale: ovviamente gli altri sono tutti portieri. I passaggi chiave per 90 sono 2.9, il migliore della sua squadra e quinto nella Liga.

 

Questi dati ci permettono di contestualizzare la qualità di calcio e di visione del tedesco: nonostante il numero elevato di palloni giocati e i rischi che deve prendere (gioco lungo, ricerca costante dell’uomo dietro linea di pressione avversaria), è il miglior centrocampista della Liga per precisione, con il 92,2% di passaggi riusciti.

 

Kroos è quindi contemporaneamente un centrale aggiunto nella fase di inizio azione, un regista nella gestione dei tempi e delle zone di campo da servire, un interno per la capacità di servire passaggi dietro le linee avversarie, e un trequartista per il numero di volte che riesce a mandare in gol un compagno.

 

La vastità del suo repertorio è stata utile nella semifinale di andata di Champions contro l’Atletico, contro una squadra esemplare nel chiudere gli spazi aggredendo la zona del pallone. Anche grazie a Kroos, il sistema di Simeone è letteralmente saltato: passaggi taglialinee, i soliti cambi di campo, capacità di farsi trovare sempre per la prima ricezione dalla difesa, addirittura indicazioni a Casemiro su cosa fare (mentre lui ha il pallone).

 

https://www.youtube.com/watch?v=zezKGP93Ens

 

Per riuscire al meglio in tutti questi compiti, Kroos ha dovuto lavorare molto soprattutto sulla resistenza alla pressione avversaria, sin dai tempi di Guardiola. Ha elaborato così una capacità costante di subire la pressione senza cedere, sia scaricando facilmente al compagno vicino per farsi restituire il pallone e spostare avversari, sia addirittura in dribbling, con quella che è un’altra mossa tipica di Kroos, il controllo orientato.

 


 

 

 

Per saltare l’uomo, Kroos controlla la palla andando sempre in direzione opposta alla corsa dell’avversario. Con un solo controllo, Kroos resiste al pressing, salta l’uomo e cerca la superiorità alle spalle della linea avversaria. Un solo tocco.

 

Nella posizione di interno sinistro, inoltre, i suoi compiti difensivi sono diversi e più adatti alle sue caratteristiche: spesso si tratta di difendere in avanti con l’aggressione immediata al portatore sulla trequarti, o di attivare marcature preventive per chiudere immediatamente le transizioni offensive avversarie. La sua esperienza da centrocampista centrale gli ha anche garantito una notevole capacità di anticipare le linee di passaggio, per intercettare il pallone appena prima che arrivi all’avversario.

 


 

 

 

L’unico vero margine di miglioramento per Kroos è la presenza in zona gol: non un problema di qualità (nel Bayer Leverkusen, a 19 anni, segnò ben 9 gol in Bundesliga), bensì di opportunità. Con la presenza ormai fissa di Casemiro da equilibratore, Kroos è diventato più libero di inserirsi (come nelle ultime partite di Liga contro Celta e Siviglia) e di ricevere i passaggi arretrati da fondo campo, per poi colpire con un tiro la cui meccanicità, eleganza e precisione ricorda davvero un colpo da golf.

 

Quest’anno ha segnato 4 gol tra tutte le competizioni, rispetto all’unico gol della passata stagione: ma spesso Kroos calcia dal limite dell’area con lo stesso elegante colpo, che permette al pallone di accarezzare l’erba fino a sfiorare il palo.

 


 

 

 

D’altronde neppure Zidane, da giocatore del Real Madrid, è mai riuscito a raggiungere la doppia cifra: ci sono giocatori che ci fanno davvero capire l’importanza del gioco, di tutto quello che c’è prima del gol.

 

 



 

Kroos permette a Zidane di considerare risolto il problema della circolazione bassa senza dover stravolgere l’assetto della squadra. È lui, più di Modric, a rappresentare il primo bastione del possesso, l'uomo che indirizza tempi e modi della squadra, nella maniera in cui Guardiola al Bayern lo aveva riplasmato. La sua presenza è talmente importante per Zidane da avergli imposto un sacrificio ulteriore: è il giocatore più impiegato dalla Casa Blanca in tutte le competizioni, 4.081 minuti, più di Sergio Ramos, più di tutti.

 

Il tedesco permette di cambiare qualità e sistema di gioco in un momento: con Isco e il rombo si passa a una ricerca della superiorità posizionale; con Bale in fascia si cerca il sovraccarico sulla sinistra per cambiare campo verso il gallese.

 

È la sua saggezza a regalare un valore aggiunto a ogni pallone giocato, anche quando si tratta di passaggi normali, perché magari puntano a liberare spazio in un’altra zona di campo: un atteggiamento da scacchista che pensa già alle future mosse dell’avversario.

 

Kroos è il tentativo di coniugare l’eleganza di un calcio più statico del passato alla velocità impressionante delle decisioni da prendere con e senza pallone. Il calcio di Kroos è contemporaneo, è un interprete perfetto dell’evoluzione del gioco, ma con uno stile che lo fa sembrare fuori dal tempo, facile ed elegante come al parco, o come 60 anni fa. Le sue pennellate sul campo, però, sono come quelle di Robert Ryman sulla tela: noi vediamo solo una normale camiseta blanca, e un quadro bianco, ma dietro c’è tutta la complessità del reale, c’è tutto il calcio che cambia.

 

 

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