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Il Sorpasso
13 apr 2015
13 apr 2015
La Lazio di Pioli non mostra cali di tensione e si prende un meritato secondo posto.
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Nonostante il risultato interessasse a una sola delle squadre in campo, sia Pioli che Sarri arrivavano a questa sfida con qualcosa da dimostrare. Il primo era obbligato dalla classifica a continuare a vincere e stupire, e doveva farlo contro una delle squadre più organizzate del campionato, con una pesante trasferta di Coppa Italia alle spalle e senza alcuni dei suoi uomini migliori (Basta, Marchetti e Mauricio, solo per elencare gli squalificati e gli infortunati recenti). Il secondo, raggiunta da tempo la salvezza, doveva convincere chi lo sta analizzando in prospettiva futura.

 

La questione psicologica è sembrata subito determinante, con i giocatori di Pioli che dovevano trovare le giuste motivazioni per allungare la striscia di sette vittorie consecutive, e quelli di Sarri che per evitare brutte figure dovevano dimenticare la quasi matematica certezza di rimanere in Serie A. Già dal risultato è evidente che il lavoro psicologico è riuscito meglio a una squadra rispetto all'altra.

 



Sulla carta Lazio ed Empoli si presentavano con le loro impostazioni tattiche abituali, la Lazio avrebbe dovuto schierarsi con il collaudato 4-2-3-1, con Mauri a sostegno di Klose, Candreva e Felipe Anderson sugli esterni. Basta e Mauricio venivano sostituiti rispettivamente da Cavanda e Cana. Sarri aveva a disposizione tutti i propri titolari e il modulo era il solito 4-3-1-2 a rombo, con Saponara dietro Maccarone e Pucciarelli.

 

L’Empoli ha seguito il solito approccio tattico fin dal primo minuto, senza farsi intimorire dall’Olimpico, pressando la Lazio per costringerla al rilancio e recuperare il pallone più in alto possibile. I tre minuti antecedenti al primo goal di Mauri sono una sorta di manifesto di tutto quello di buono che l’Empoli ha fatto vedere quest’anno. Dopo 15 secondi Croce scambia veloce con Maccarone e prova a entrare in area. Dopo nemmeno un minuto Maccarone taglia sull’esterno su invito di Saponara, permettendo l’inserimento dello stesso Croce. Al secondo minuto l’Empoli crea un pericolo su calcio d’angolo.

 


Non è passato nemmeno un minuto e l'Empoli ha già costretto la Lazio al rilancio lungo dalla difesa.



 

E però, nonostante l’inizio sprint della squadra di Sarri, alla prima vera azione manovrata la Lazio va in gol. Cavanda combina sulla trequarti con Felipe Anderson, libero tra le linee stranamente troppo lontane dell’Empoli, e viene servito in profondità. Il terzino angolano supera in velocità Mario Rui mettendo davanti il corpo e il suo cross teso viene trasformato in gol da Mauri, con uno di quegli inserimenti da dietro che negli anni lo hanno reso un giocatore eccezionale, uno dei migliori tra gli italiani nei movimenti senza palla, e forse tra quei pochi è anche il più sottovalutato. E per ogni inserimento di Mauri, o quasi, c'è un difensore svagato, in questo caso Rugani e Tonelli.

 

Il primo goal della Lazio svela due limiti dell’Empoli che permetteranno alla squadra di Pioli di vincere così agilmente: l’inusuale disattenzione della linea difensiva, che di fatto regala agli avversari anche il secondo e il quarto goal; e la scarsa fisicità (la squadra di Sarri è ultima in Serie A per percentuali di tackle vinti ed è quella che commette meno falli in assoluto, con l’Udinese). I dati SICS confermano questa impressione: la Lazio ha commesso il doppio dei falli, 24 contro 12, e ha vinto quasi il doppio dei duelli aerei, 16 contro 9.

 

In questo senso, l’importanza della concentrazione di cui si parlava all’inizio può aver avuto un peso determinante. È raro vedere la difesa dell’Empoli commettere errori gravi come quelli di ieri all’Olimpico, o dimenticare di accorciare sul centrocampo. La mancanza di attenzione agonistica ha probabilmente influito anche sulla cattiveria nei contrasti, che ha permesso alla Lazio di primeggiare fisicamente in campo. Ma la differenza di concentrazione spiega solo una parte della sfida.

 



Lazio-Empoli è stata anche la vittoria di Pioli su Sarri. L’allenatore di Parma ha deciso di adattarsi alla squadra empolese, abbandonando temporaneamente il 4-2-3-1 per tornare al 4-3-3 con Mauri e Parolo a fare le mezzali, mentre Candreva e Felipe Anderson ripiegavano ai loro lati in fase di non possesso in modo da formare un centrocampo a 5.

 

La mossa di Pioli aveva un doppio scopo: evitare la superiorità numerica dell’Empoli a centrocampo che si sarebbe altrimenti generata con due soli centrocampisti, e sfruttare la debolezza strutturale dell’Empoli a difendere il lato debole, con due giocatori temibili negli spazi come Candreva e Felipe Anderson.

 


Il centrocampo a cinque della Lazio in fase di non possesso. Il pressing della squadra biancoceleste scatta solo a partire dalla trequarti avversaria.



 

Il secondo accorgimento tattico di Pioli, sempre pensato su misura dell’Empoli, è stato quello di non andare a pressare eccessivamente alti gli avversari: Pioli conosceva l’abilità dell’Empoli ad uscire palla al piede dal pressing avversario e quindi ha preferito aspettarlo fino alla trequarti, in modo da non allungare la squadra (e infatti la Lazio ha recuperato palla in media a 36 metri di altezza, più o meno sulla propria trequarti).

 

La Lazio, quindi, addensava gli spazi nella propria metà campo impedendo all’Empoli di avere fluidità di fraseggio proprio nella zona dove poteva creare pericoli. Prima dell’espulsione di Novaretti, l’Indice di Pericolosità Offensiva delle due squadre era praticamente lo stesso, solo successivamente la squadra di Sarri è riuscita ad aumentare la sua pericolosità.

 

L’attenzione e il rispetto di Pioli per il proprio avversario si sono notati anche nell’utilizzo sistematico del lancio lungo e del cambio di gioco. Conoscendo l’intensità e la precisione del pressing empolese, la squadra biancoceleste ha provato molte volte a saltare il centrocampo lanciando dalla difesa o verso le ali, per dare profondità a Candreva e Felipe Anderson, o verso Klose, in modo da sfruttare le seconde palle.

 

L’Empoli è riuscito a disinnescare spesso questa strategia grazie alla sua tipica difesa alta, mandando in fuorigioco i giocatori della Lazio per ben 11 volte. Nonostante ciò, i cambi di gioco hanno mostrato per l’ennesima volta la debolezza strutturale della squadra di Sarri a difendere il lato scoperto: è l’altro lato della medaglia della compattezza dell’Empoli. Il secondo goal della Lazio nasce proprio da un cambio di gioco su Felipe Anderson, che è libero di servire Klose al limite dell’area dell’Empoli.

 


L'azione da cui nasce il secondo goal della Lazio: Lulic, entrato in possesso del pallone dopo un fallito rinvio di Berisha su Candreva, attrae su di sé 3/4 del centrocampo empolese e poi scarica su Felipe Anderson, che è totalmente libero sulla destra.



 



In definitiva, entrambi gli allenatori hanno dimostrato la preparazione delle loro squadre. Sarri ha ribadito per l’ennesima volta che l’Empoli ha una sua identità al di là della lotta per la salvezza, anche se i giocatori sono esseri umani e possono avere cali di tensione.

 

Anche se il risultato potrebbe far pensare diversamente, l’Empoli infatti non è uscito dalla partita fino al quarto gol della Lazio. Ha concluso con un ottimo 52% di possesso palla e per tutto il primo tempo ha avuto il pallino del gioco. Questo si è riflesso anche sull’Indice di Pericolosità, che è sempre stato superiore a quello della Lazio (se si escludono brevi tratti del secondo tempo). A fine partita il dato segna 39 contro 27 della squadra di Pioli.

 

Il dato preoccupante per Sarri è proprio questo: l’Empoli ha fatto esattamente la partita che voleva fare e che tutti si aspettavano. Ha controllato il gioco, ha portato avanti il pressing e ha alzato la difesa. Nonostante ciò, l’Empoli è arrivato pericolosamente in porta solo quando la partita era già compromessa (a fine primo tempo l’Indice di Pericolosità segnava 16, un dato superiore a quello della Lazio, ma comunque modesto): rimane l’impressione che lo sfiancante lavoro delle punte privi la squadra di lucidità e di riferimenti in area.

 



Pioli, dal canto suo, ha continuato a vincere e a far giocare bene la sua squadra. In questo caso non ha fatto altro che riservare all’Empoli il rispetto che merita, adattando la Lazio ad alcune caratteristiche dell’avversario. In questo modo ha trasformato i punti di forza dell’Empoli in opportunità per la propria squadra. A quel punto gli è bastato davvero poco per concretizzare le azioni in goal (l’Indice di Pericolosità finale è incredibilmente basso se si pensa ai quattro goal realizzati). Anche il fatto che la Lazio non abbia avuto bisogno di forzare le giocate per arrivare al gol, ma abbia semplicemente sfruttato dei cali di tensione dell’Empoli, sembra indicativo della qualità della squadra.

 

Quello che stupisce della Lazio attuale, più della brillantezza delle trame offensive, è la varietà delle armi a disposizione per fare male all’avversario (la Lazio è solo quarta in Serie A per tiri verso la porta eppure da ieri ha il primo attacco del campionato). In questo senso Felipe Anderson (ieri non in giornata di grazia nonostante il goal) non è un’ancora a cui aggrapparsi, ma più una ciliegina su una torta già ricchissima.

 

In definitiva, la differenza tra i due allenatori alla fine l’ha fatta la diversa consapevolezza che il calcio non si esaurisce all’identità di gioco e, anzi, diventa un limite quando la sua immutabilità impedisce di trovare soluzioni al di fuori di essa (soprattutto quando non si hanno uomini fisicamente e tecnicamente adatti ad imporre le proprie idee contro chiunque). Pioli questa lezione l’ha imparata, forse Sarri non ancora.

 
 



 
 

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