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Il Milan deve passare alla difesa a tre?
14 set 2017
14 set 2017
In molti pensano sia la soluzione migliore per la rosa a disposizione di Montella, che però ha bisogno di tempo per cambiare sistema di gioco.
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Foto di Marco Luzzani / Stringer
(foto) Foto di Marco Luzzani / Stringer
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È opinione comune che l’acquisto di Leonardo Bonucci avrebbe portato il Milan a giocare prima o poi con la difesa a tre. Nelle 7 partite ufficiali di questa stagione, però, Vincenzo Montella ha preferito continuare sulla strada tracciata lo scorso anno scegliendo sempre il 4-3-3, con l’unica eccezione della gara di ritorno del playoff di Europa League contro lo Shkendija, quando il 6-0 maturato all’andata aveva messo al sicuro la qualificazione e permesso al tecnico rossonero di sperimentare il 3-5-2. Non proprio un test probante, quindi, se si mettono in conto il valore dell’avversario e il risultato, che metteva al riparo da qualunque rischio. La sconfitta contro la Lazio ha però evidenziato in maniera brutale i limiti del 4-3-3 del Milan e reso necessario un intervento, forse prima di quanto era inizialmente previsto. Dopo la partita Montella ha sottolineato le difficoltà di effettuare un cambio così profondo in così poco tempo con una squadra quasi del tutto nuova: «È vero che abbiamo preso Bonucci per fare la difesa a tre, ma è difficile applicare questa idea senza poter lavorare insieme. Probabilmente in futuro cambierò, mentre altre volte utilizzerò strade diverse: abbiamo la possibilità di scegliere tra tante soluzioni». Quali problemi risolve la difesa a tre Tutto fa pensare che la prima partita del girone di Europa League contro l’Austria Vienna possa essere l’occasione giusta per tornare a sperimentare la difesa a tre, che potrebbe essere non solo uno strumento tattico utile a raggiungere quella flessibilità auspicata da Montella, ma anche una risposta ai problemi messi in evidenza dalla Lazio. Il primo riguarda le difficoltà nelle transizioni difensive, che la Lazio ha sfruttato per vincere la partita. La difesa a tre, con la presenza di un difensore in più, permette di coprire meglio gli spazi se la prima pressione viene saltata e gli avversari attaccano in campo aperto, come capitato proprio contro la squadra di Inzaghi. Ma dà anche la possibilità di accorciare in avanti con decisione nei momenti immediatamente successivi alla perdita della palla: la presenza di due compagni in copertura dà al difensore centrale più vicino al pallone un buon margine di sicurezza per uscire aggressivamente in marcatura sul diretto avversario e cercare l’anticipo. La linea a 5 garantirebbe ancora una maggiore solidità nelle fasi di difesa posizionale e potrebbe risolvere i problemi di marcatura dei giocatori nei mezzi spazi mostrati nelle prime giornate di campionato. Contro la Lazio, ad esempio, l’uscita di Montolivo sul mediano avversario (Lucas Leiva) e gli scambi tra Milinkovic-Savic e Luis Alberto sul centro-sinistra, che tenevano impegnati Biglia e Kessié, lasciavano Parolo libero di ricevere alle spalle del centrocampo rossonero. Con la difesa a tre, sui giocatori che si muovono nei mezzi spazi tra le linee (come Parolo, appunto) potrebbe uscire con decisione un difensore centrale, coperto alle spalle dalla scalata dei suoi compagni di reparto, senza compromettere la stabilità della linea difensiva. Le incognite Non è semplice, invece, valutare l’impatto della difesa a tre sulla fase di possesso. La prima costruzione, in realtà, non dovrebbe cambiare molto. Uno degli stratagemmi utilizzati finora da Montella per adattarsi alle linee di pressing avversarie e avere la superiorità numerica a inizio azione prevede già una linea a 3 di fatto, con la posizione bloccata di un terzino. L’anno scorso era soprattutto a De Sciglio a rimanere accanto ai due centrali, quest’anno tocca invece a Rodríguez. Se dovesse coinvolgere due centrocampisti oltre ai tre difensori, lo schieramento a inizio azione sarebbe praticamente identico a quello visto nelle prime partite di questa stagione, e l’unico cambio sarebbe rappresentato dall’ingresso di Romagnoli al posto di Rodríguez come centrale difensivo sinistro in fase di prima impostazione. Il Milan avrebbe forse meno soluzioni di passaggio, perché lo svizzero è più preciso nel gioco lungo e sa utilizzare molto bene anche il destro, ma la qualità della prima impostazione resterebbe comunque a un livello molto alto.

Dalla partita contro lo Shkendija: lo schieramento a inizio azione non è molto diverso da quello che si disegna in campo a partire dal 4-3-3. Mauri si abbassa per entrare in possesso o disordinare lo schieramento avversario e liberare Locatelli alle sue spalle. Antonelli si alza da subito. L’altra mezzala, Zanellato, crea spazi per i compagni.

Lo sviluppo della manovra dal centrocampo in su sarà influenzata dalle combinazioni scelte da Montella. Lo spazio tra le linee avversarie di centrocampo e difesa potrebbe essere attaccato da una delle due mezzali, magari Bonaventura o Calhanoglu, e da Suso, probabilmente seconda punta in un 3-5-2, abbassandosi per favorire la circolazione. E questo senza dimenticare Kessié, che con i suoi inserimenti potrebbe compensare i movimenti dei compagni. In questo modo, il centrocampo rossonero sarebbe molto fluido, con frequenti scambi di posizione che tolgono riferimenti agli avversari e la possibilità di ruotare a seconda delle fasi. Avvicinare due tra Suso, Bonaventura e Calhanoglu favorirebbe inoltre una manovra più elaborata nella trequarti offensiva, meno dipendente dalle iniziative individuali dei giocatori più tecnici. Se invece Montella dovesse scegliere due punte “vere” (cioè due tra Kalinic, André Silva e Cutrone), il modo di attaccare del Milan cambierebbe sensibilmente. Lo sviluppo della manovra sarebbe più diretto e legato a combinazioni schematiche, sullo stile dell’Italia di Conte, in modo da compensare l’abbassamento della creatività nella trequarti avversaria. La partita giocata col 3-5-2 contro lo Shkendija, nonostante le due punte titolari in quel caso fossero Cutrone e André Silva, ha comunque mostrato una differenza sostanziale rispetto alla Nazionale di Conte. I due attaccanti, infatti, non giocavano vicini per eseguire i classici movimenti alternati ad attaccare la linea difensiva (uno incontro, l’altro in profondità), ma si sono divisi gli spazi sul centro-destra e sul centro-sinistra, coordinandosi per garantire profondità e appoggio alla manovra, ma con anche la possibilità di associarsi con l’esterno e la mezzala dal proprio lato. Un modo per rendere più elaborata e meno meccanica la manovra, non limitandosi solo alla ricerca veloce della profondità. Che comunque è stata una soluzione molto ricercata, come nell'azione del gol decisivo di Cutrone. Non bisogna arrivare, però, alla conclusione che il passaggio alla difesa a tre possa risolvere da solo i problemi attuali del Milan perché, come ogni strumento tattico, ha pregi e difetti. Ad esempio, per mantenere alto il livello di aggressività sul primo possesso avversario i meccanismi del pressing dovranno essere più precisi di quanto non lo siano al momento. Pressare a partire da una linea a 3 (o a 5) può essere complicato e ha bisogno di rotazioni perfette a centrocampo e in difesa per avere successo. Insomma, ci vorrebbe comunque tempo per dare vita a un sistema equilibrato e funzionante. Adattarsi ai giocatori In un momento delicato come questo, però, la difesa a tre può però contribuire a dare ai giocatori del Milan (soprattutto i nuovi) le certezze di cui sembrano avere bisogno. Restituire Bonucci, cui si è affidata la guida tecnica e carismatica della squadra, al sistema in cui si è esaltato è, ad esempio, un’idea saggia. Anche Romagnoli, che ha caratteristiche perfette per il ruolo di centrale difensivo a sinistra, potrebbe esaltare i suoi pregi in una difesa a tre, mantenendo la qualità della prima costruzione intatta. Conti e Rodríguez, due terzini molto offensivi e creativi, potrebbero alzarsi fin dalle prime fasi dell’azione, costringendo la squadra avversaria a una scelta: difendere l’ampiezza, ma concedendo spazi al centro, oppure stringersi al centro, ma lasciando liberi di spingere i due esterni. Un eventuale centrocampo a due con Biglia e Kessié, infine, potrebbe rappresentare una perfetta combinazione tra l’esigenza di controllare il possesso di Montella e la necessità di coprire ampie porzioni di campo in transizione. Il modulo resta sempre una rappresentazione teorica con pochi appigli su quanto succede realmente in campo, dove contano più che altro i princìpi di gioco, i movimenti e le connessioni che si creano tra i calciatori. Prima di tutto, appunto, vengono i giocatori: Montella deve ancora trovare il giusto equilibrio tra le sue idee e una struttura che permetta di moltiplicare le qualità della rosa a disposizione. Il tempo che impiegherà a vincere questa sfida chiarirà le reali possibilità del Milan di raggiungere gli ambiziosi obiettivi stagionali.

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