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Ayan Meer
Il migliore sport che ancora non conoscete
15 nov 2017
15 nov 2017
Il Kabaddi è uno degli sport più popolari in India.
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Ayan Meer
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Anche se la maggior parte dei lettori non saprà neanche cos’è il

, lo scorso 28 ottobre 8000 spettatori hanno riempito il Jawaharlal Nehru Indoor Stadium di Chennai, in India, per la finale della Pro Kabaddi League, tra i Gujarat Fortunegiants e i Patna Pirates. In aggiunta al pubblico presente allo stadio sono stati milioni a guardare la partita in televisione sul canale sportivo più importante del paese, Star Sports (26.2 milioni di persone, secondo

).

 

Il kabaddi in origine era un gioco rurale, arcaico, praticato nei cortili di scuola, diventato in epoca recente un fenomeno culturale e commerciale in India. Oggi, il kabaddi è il secondo sport dopo l’insuperabile cricket.

 

Il kabaddi è un mix tra rubabandiera, rugby e wrestling, può apparire semplice ma in realtà richiede forza fisica e riflessi straordinari. Principalmente funziona così: due squadre si affrontano mandando uno dei loro attaccanti (il

) nel campo avversario, dove quello ha trenta secondi per toccare uno o più difensori e tornare nella propria metà campo con i propri compagni di squadra. A seconda di quanti avversari tocca e di altre variabili meno intuitive e facili da capire all’inizio (per esempio: se l’attaccante mette un piede oltre l’ultima linea di fondo campo della difesa, segna un punto bonus; la difesa segna due punti se ferma l’attaccante quando i difensori sono solo in tre o meno), avrà segnato uno o più punti. I difensori, tenendosi per mano, devono provare a trattenerlo nella loro metà campo nel caso li toccasse e provasse a tornare indietro.

trovate una spiegazione delle regole che vi lascerà ancora più confusi di prima.

 

C’è qualcosa anche della “palla prigioniera”, perché un difensore viene eliminato se viene toccato e un attaccante se viene bloccato, e possono tornare in campo solo se la propria squadra segna un punto. Esistono diversi modi di giocare e varie regole in più, ma l’essenza del gioco è questa.

 

La danza ipnotizzante di un uomo solo lasciato in balia a una squadra intera.

 


Gli highlights della prima stagione della Pro Kabaddi League. Se aguzzate l’orecchio al minuto 1’09 si sente campionata la voce di Zlatan Ibrahimovic.


 

Una regola fondamentale, che ci permette di capire maggiormente in profondità l’essenza del

, è quella secondo cui, durante i trenta secondi dell’azione offensiva, l’attaccante deve ripetere come un mantra, la parola “kabaddi”. L’azione deve durare il tempo di un respiro. Se viene voglia a un attaccante di mormorare un’altra parola, la difesa segna un punto. Se comincia a ripetere il mantra dopo aver attraversato la linea di metà campo, l’arbitro ferma l’attacco e la difesa segna un punto. Potete anche ridere di questa eccessiva fiscalità, ma all’interno del mondo del kabaddi non si scherza su queste cose.

 

In questa apnea agonistica la tensione è quindi altissima, perché l’attaccante non può respirare mentre schiva e scatta verso gli avversari. Provate a ripetere “kabaddi” per trenta secondi, e poi riprovateci correndo e saltando. È una regola che restituisce l’essenza più strettamente indiana di questo sport, che sta proprio nel rapporto con il respiro. Lo yoga, la pratica fisica indiana più famosa al mondo, fa del respiro la base di qualsiasi movimento, il modo di controllare il proprio corpo con il fiato.

 



Le radici storiche del kabaddi non sono molto precise. Il confine tra storia e mitologia in India è molto difficile da individuare, per questo anche se la convenzione lo vede nascere nella regione meridionale del Tamil Nadu 4000 anni fa, è impossibile esserne sicuri. Gli iraniani sono i soli altri a rivendicarne la paternità e la radice indo-iraniana è la più probabile: il kabaddi sembra essere nato in Tamil Nadu come allenamento al “jalikattu”, una forma di tauromachia vernacolare di quella regione del Sudest Indiano.

 

L’apparato simbolico della dominazione del toro è legato al culto mitraico, presente sia in Persia che in India nell’antichità. In questo senso, l’attaccante nel kabaddi rappresenta il toro nel jalikattu, e la sua forza deve essere bloccata e controllata dal gruppo.

 


Questo invece è il jalikattu, la tauromachia indiana. Esistono bassi rilievi dell’Antichità che ne raffigurano scene. È addirittura stata trovata una pittura rupestre di 2500 anni fa nei pressi di Madurai (Tamil Nadu) raffigurante un uomo che prova a fermare un toro.


 

L’anno scorso, il jalikattu è stato vietato dalla Corte Suprema Indiana in nome della difesa degli animali, in un contesto nel quale il nazionalismo induista al potere usa la difesa della mucca (sacra nell’Induismo) come strumento politico. Ci furono grandissime manifestazioni e violenze in Tamil Nadu contro questa decisione, e i manifestanti vinsero in nome della loro specificità culturale. Questo conflitto aggravò i rapporti tra un Nord dell’India sempre più in mano al fondamentalismo induista, contro un Sud sempre più attaccato alle proprie peculiarità etniche.

 

Guardando alla popolarità del kabaddi e alla sua relazione con il

, si comincia a intravedere la linea di frattura che attraversa la società Indiana contemporanea, e che lo sport,—come ovunque, può sia inasprire che risolvere.

 

Possiamo guardare al kabaddi come ad un vero e proprio progetto nazional-popolare. Il cricket è lo sport preferito degli indiani, ma rimane comunque uno sport inglese, malgrado la sua

da parte dei popoli colonizzati. Il cricket e le sue convenzioni persistono nell’inconscio collettivo della Nazione continuano ad essere collegate all’umiliazione coloniale. Nel 2002 è uscito il film

poi nominato agli Oscar, che racconta proprio la storia di un villaggio che si gioca la vita in una partita di cricket contro l’esercito inglese.

 


L’India unita si prepara a sconfiggere gli inglesi nel loro stesso gioco.


 

Peraltro, le superstar del cricket vengono proiettate in un firmamento completamente sconnesso dalle vite della maggioranza degli indiani (un po’ come in occidente succede ai calciatori). Viaggiano nel mondo intero, vivono in ville smisurate, sono idoli che non possono essere avvicinati dal popolo.

 

Al contrario, le star della Pro Kabaddi League sono “persone normali”, parlano hindi piuttosto che inglese, sono umili, provengono per la stragrande maggioranza dall’India contadina. Quell’India dimenticata dalle narrazioni sullo sviluppo del Paese ma che ne costituisce pur sempre più del 70%.

 


Anup Kumar, il capitano della nazionale Indiana di kabaddi e uno dei giocatori più famosi della Pro Kabaddi League.


 



Sanjay Gupta, il direttore di Star India, la rete televisiva proprietaria dei diritti della Pro Kabaddi League, qualche mese fa

: «Questo è il primo anno importante per gli sport al di fuori del cricket. La crescita spettacolare degli ascolti per il kabaddi ne sono una dimostrazione. È rincuorante vedere l’effetto che ha la Pro Kabaddi League su milioni di fan in tutto il Paese, dovunque siano».

 

Nel dopo-cricket in India c’è anche il calcio, ma quello è veramente lo sport delle élite urbane anglofone (a meno che si vada in Bengala o in Kerala), quelle che guardano la Premier League inglese e quindi non sono attratte dalla qualità pessima della Indian Super League, il campionato fasullo nel quale giocarono Del Piero e Riise nei Delhi Dynamos, e Helder Postiga nell’Atletico de Kolkata.

 

Con l’espansione della Pro Kabaddi League verso il sud dell’India quest’anno, nella regione che l’ha visto nascere, il kabaddi è diventato un progetto di unità nazionale, uno sport “veramente” indiano che possa dimostrare la tenacia di un popolo antico.

 

Nella sua famosa analisi dei combattimenti di galli a Bali, l’antropologo

vedeva in questo gioco una storia che i Balinesi raccontavano di loro stessi. Il kabaddi nell’India di oggi svolge la stessa funzione: è la storia che l’India vorrebbe raccontare di se stessa.

 

Per questo le franchigie della Pro Kabaddi League sono proprietà di star di Bollywood, o di capitani d’industria indiani: è come se partecipando a questo progetto nazional-popolare potessero riallacciare il filo che li unisce a un popolo che ai loro occhi appartiene a un’India del passato.

 


In questo video promozionale, le star indiane provano a ripetere “kabaddi”.


 

L’ambizione del kabaddi è quella di diventare anche uno sport internazionale. Nel 2016 è stata organizzato in India il terzo mondiale di kabaddi, che l’India ha vinto per la terza volta, battendo l’Iran in finale. I palasport erano pieni durante la competizione (ovviamente anche grazie alla popolarità della Pro Kabaddi League).

 


Un servizio sulla nazionale Argentina di kabaddi—con tanto di tango e allenatore loco.


 

L’India che vince una competizione internazionale è diventato qualcosa di molto raro, in contrasto con l’esigenza di esistere sulla scena internazionale anche sportiva presente nell’immaginario di un’India potente, che guarda al futuro. Per questo le sole due medaglie dei Giochi Olimpici di Rio de Janeiro sono state vissute come una vergogna, con i soliti ritornelli increduli e spiegazioni fisionomiche

, mentre le vere risposte forse andavano cercate nella totale inadeguatezza delle istituzioni sportive nazionali e regionali.

 

Aspettando di vedere un giorno, chissà, gli eroi nazional-popolari contadini del kabaddi alzare una medaglia olimpica per l’India, questo sport è diventato per molti indiani un motivo d’orgoglio, uno spettacolo sportivo di alta qualità che non proviene dall’estero.

 

, poi, hanno trionfato i Patna Pirates per il terzo anno di seguito, battendo i Gujarat Fortunegiants 55-38. Pardeep Narwal, classe 1997 e MVP della lega, ha segnato 19 punti in 24 attacchi (record di punti per un giocatore in una finale). Pardeep Narwal lo aggiungerà agli atri record che ha battuto questa stagione, tra cui maggior numero di punti segnati in una stagione (369) e in una partita (34), maggior numero di difensori eliminati in un solo attacco (6).

 

«Siamo all’alba di un’era nuova per lo sport in India», ha dichiarato Anupam Goswami, il presidente della lega. «La Pro Kabaddi League ha rilanciato e rinnovato il kabaddi, trasformandolo in uno spettacolo stimolante e di classe mondiale».

 

Un futuro in HD ancorato nella tradizione, l’aspirazione al successo più plateale e ricca di simboli dell’India odierna. L’importante, è insistere fino all’ultimo respiro.

 

 

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