Vi è mai capitato di perdere la testa per una ragazzina che alle scuole medie era la più carina della classe al punto di ignorare completamente un’altra, che magari vi strizzava l’occhiolino già da un po’? E che poi, sempre ipoteticamente, alla ragazza carina la crescita l’abbia fatta diventare una “così così” mentre l’altra che non vi interessava è diventata una delle donne più belle che abbiate mai visto?
Una sensazione di déjà vù dovrebbe affiorare dando un’occhiata ai Toronto Raptors di quest’anno, che nel silenzio e nell’indifferenza di tutti sono in linea per diventare non solo il miglior attacco della stagione – davanti a primedonne come Warriors, Clippers, Cavaliers, Spurs e i Rockets da 61 triple tentate in una sera – ma, se il trend dovesse continuare, sarebbe il miglior attacco della storia della NBA.
Non è un errore di battitura e non è un dato sballato di inizio stagione: le partite ormai sono quasi 30 e il calendario dei Raptors non è stato affatto facile, affrontando tra le altre cose un back-to-back contro Golden State e Cleveland e un tour de force di 5 partite in 8 giorni.
I Raptors al momento sono più produttivi di attacchi leggendari come i Suns di D’Antoni, i Bulls delle 72 vittorie, i Celtics di Bird, i Magic di Shaq+Penny, i Jazz di Stockton-to-Malone, i Sonics di Payton & Kemp e perfino degli Warriors delle 73 vittorie dell’anno scorso. (Ad onor di cronaca Golden State di quest’anno è seconda in questa classifica, distaccata di un solo punto dai Raptors. Ma visto il talento a disposizione dei Warriors quella è una notizia molto minore rispetto a Toronto).
La cosa che risalta maggiormente è che mentre il trend di lega per costruire migliori attacchi è spingere il ritmo a livelli elevati e spostare il limite dello small ball oltre lo sperimentale, con selezioni di tiro analytics-friendly e alte percentuali di canestri assistiti, i Raptors fanno esattamente l’opposto. Il loro è un gioco sistematico ed estremamente lento, che spreme il cronometro fino all’ultima goccia e, grazie all’energia a rimbalzo offensivo, prolunga i possessi anche oltre il primo tiro, che una volta su quattro arriva dalla media distanza e una volta su due non è assistito da un compagno (solo i Suns hanno percentuali peggiori negli assist). Nei primi dieci attacchi della storia solo i Bulls del ‘91-‘92 e del ‘95-‘96 hanno un pace inferiore a quello di Toronto, e quei Bulls potevano fare affidamento su un tale di nome Michael Jordan.
Toronto dovrebbe avere tutte le carte in regola per essere considerata una serissima candidata per il titolo: ha due All-Star all’apice della carriera, una delle migliori panchine della lega, un gruppo coeso che gioca insieme ormai da molti anni, un GM fenomenale come Masai Ujiri e tonnellate di energy guys in ogni ruolo. Ma questa è la stessa squadra che negli ultimi tre anni ha perso due volte al primo turno (tra cui uno sweep subito dagli Wizards che è costato quasi un cambio allenatore) e l’anno scorso sono andati avanti in post-season più per la povertà della classe media dell’Est che per meriti propri.
I Raptors della stagione 2016-17 però hanno migliorato così tante sfaccettature del proprio gioco su così tanti giocatori che sembra improbabile che la loro mongolfiera si sgonfi ai playoff come fatto nelle stagioni precedenti.
DeMar DeRozan: playmaker
L’attacco dei Raptors funziona da un paio di anni con Lowry e DeRozan che si dividono il ruolo e i compiti da portatori di palla. DeRozan sta giocando la pallacanestro più altruista della sua vita, mostrando una visione di gioco e una gestione dei tempi d’attacco impensabili per uno come lui. Nel 2012 Colangelo fu sbertucciato per aver addirittura allungato un contratto da 9 milioni di dollari all’anno per DeMar, che all’epoca era un giocatore senza tiro e con un IQ cestistico semi-comico. Nel 2011-2012 DeRozan aveva segnato 32 tiri su 91 tentati da Pick & Roll, registrando più palle perse che assist da portatore di palla. Oggi DDR porta palla nei P&R quasi quattro volte ogni 10 possessi, risultando nel 90esimo percentile della lega con 1.025 punti prodotti per possesso.
Sebbene sia ancora un mistero il motivo per cui la maggior parte degli avversari passa sopra ai blocchi che i compagni gli portano, DeRozan è fenomenale nello sbilanciare la difesa verso un lato del campo per poi fulminare tutti con un passaggio dall’altro lato.
Ancora più sottovalutata è la sua capacità di non fermare mai il palleggio, continuando ad attaccare quando il difensore in aiuto è convinto che il suo compito sia terminato.
Fino a pochi anni fa questo attacco a testa bassa avrebbe portato ad una stoppata, DeRozan però ha ormai abbastanza conoscenza del sistema per sapere che Lowry sarà dietro la linea da 3 a ricevere lo scarico. La capacità di mantenere equilibrio, ruotare il corpo e scagliare una fucilata a due mani esattamente dove deve è un gesto tecnico che non si dovrebbe sottovalutare.
La sua selezione tiri non è cambiata radicalmente: si prende sempre una quantità abnorme di tiri dal palleggio dalla media fortemente contestati, ma al momento il suo tasso di conversione è ampiamente sopportabile ed è un giocatore fenomenale nel correre in transizione. Inoltre la sua tendenza ad attaccare senza sosta il canestro trascina di peso Toronto verso la vetta della lega per liberi tentati per possesso, con oltre un fallo su tiro subito ogni 4 possessi: a coronare il tutto vi è il fatto che Toronto è la seconda squadra per percentuale di conversione di liberi con 82.1%, cedendo il primato solo agli Spurs con 82.4.
Anche il fatto che DeMar non abbia praticamente un tiro da 3 punti al momento sembra sostenibile dal fatto che tutti gli altri giocatori di Toronto – esclusi i lunghi Valanciunas, Nogueira e Siakam – sono dei tiratori dall’arco quantomeno affidabili. Inoltre l’ultima cosa che si può criticare a DeRozan è l’impegno profuso e le energie che spende in campo essendo sempre impegnato a correre dietro ai blocchi: ciò è perfettamente complementare al gioco di Lowry, che adora apparire dal nulla per tirare piedi per terra quando il partner-in-crime monopolizza le attenzioni difensive. Insomma: un attaccante di lusso perfettamente inserito in un attacco di eccellenza.