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Il Manchester City prima degli sceicchi
22 mar 2018
22 mar 2018
Racconto della surreale stagione 2007-08 del Manchester City, quando venne acquistato dal politico thailandese Thaksin Shinawatra.
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C'era una volta, nel 2007, in un campionato molto lontano, il Manchester City. Era a tutti gli effetti una squadra di mezza tacca, schiacciata dalla supremazia cittadina dello United, che nei precedenti quindici anni aveva ammonticchiato nove titoli nazionali, quattro Coppe d'Inghilterra, una Champions League e altra varia bigiotteria. Nonostante il tifo sincero e appassionato dei fratelli Gallagher, il City si era affacciato in coppa UEFA solamente nella stagione 2003-2004, facendo di tutto per farsi eliminare al secondo turno dai non irresistibili polacchi del Groclin Dyskobolia Grodzisk. Aveva addirittura conosciuto l'onta di una stagione in Second Division nel 1998-99, proprio mentre i cuginastri si spingevano a raggiungere quello che all'epoca nessuno chiamava ancora “triplete” per un malinteso senso di esterofilia.

In quel 2007 il Manchester City usciva da una stagione, al solito, profondamente deprimente. Si era classificato quattordicesimo, infilando da Capodanno una striscia mozzafiato di otto partite casalinghe consecutive senza mai segnare, al punto che il sempre sardonico sir Alex aveva ribattezzato il City of Manchester Stadium - lo stadio-bomboniera di recente costruzione - "The Temple Of Doom", cioè il Tempio Maledetto, come il film di Indiana Jones. Ma il 21 giugno 2007, primo giorno di quell'estate, di punto in bianco, la Cenerentola di celeste vestita si ritrovò di proprietà di un uomo molto ricco e potente, desideroso di fama e benessere, con grandi progetti, proveniente dall'Asia. Egli era...

“... uno sceicco!”, risponderanno i nostri piccoli lettori.

E invece no. Il proverbiale “sceicco del Manchester City” sarebbe entrato in scena solo un anno più tardi, nel 2008. Nel 2007, il ricchissimo zio d'Oriente aveva cittadinanza thailandese. Si chiamava Thaksin Shinawatra. Per chi non lo ricordasse, alleghiamo materiale fotografico.

Foto AFP / Stringer

Dopo un paio di tentativi andati a vuoto con Fulham e Liverpool, il 23 aprile 2007 l'ex primo ministro thailandese Thaksin Shinawatra, 58 anni, fa la sua prima offerta per acquistare il Manchester City. A differenza degli avventurieri passati e futuri che si sono cimentati con il giuoco del pallone, Shinawatra mette involontariamente le cose in chiaro fin dall'inizio: ci sono buone probabilità che sia un malfattore. Eletto presidente della Thailandia nel 2001, ha fondato un partito smaccatamente populista di nome “Thai Rak Thai” (più o meno, “I thailandesi si vogliono bene”). La circostanza che lo vede proprietario, direttamente o indirettamente, dell'intero sistema televisivo thailandese autorizza paragoni con un importante uomo politico italiano tuttora in voga. Anche i suoi sostenitori più accesi lo chiamano ambiguamente “Ai Na Liam”, Mister Faccia Quadrata, che nella lingua thai è un modo di indicare un truffatore.

Nel 2003, nell'ambito di una presunta lotta senza quartiere alla droga e agli spacciatori, il suo governo ha deciso l'esecuzione di circa duemila persone (tra loro, anche donne e bambini). Disgraziatamente, nel 2006 viene deposto da un colpo di stato; il nuovo governo militare lo accusa di corruzione e violazione dei diritti umani, costringendolo all'esilio prima a New York e poi a Londra. La trattativa con il City procede bene, al punto che il 15 maggio il board presieduto da John Wardle gli concede un tour dello stadio e di tutte le strutture di proprietà del club, nelle stesse ore in cui viene esonerato l'allenatore Stuart Pearce. Il 21 giugno, come detto, è il giorno delle firme: Shinawatra compra il club per 81.6 milioni di sterline.

Passano cinque giorni e Shinawatra dimostra subito una certa predisposizione a esibire il libretto degli assegni, mettendo a segno il primo colpo della sua gestione: Sven Goran Eriksson. Ex CT della Nazionale inglese fino al Mondiale 2006, dov'era incappato nella solita eliminazione ai rigori contro il Portogallo, il vecchio Svennie era stato liquidato dalla Federazione ancora prima, dopo che era cascato con tutte le scarpe in un trappolone ordito da un reporter del News Of The World che, travestito da sceicco, gli aveva estorto scomode verità sulla dirittura morale di molti manager della Premier League («Ci sono un sacco di allenatori che si mettono i soldi in tasca»).

Ma dopotutto la sua allure da flemmatico uomo british è ancora intatta, e i tifosi del City vanno subito in sollucchero. Eriksson viene gratificato da un contratto triennale da tre milioni di sterline all'anno e riceve piena autonomia in sede di mercato, anche se da alcuni comportamenti trapela una certa qual paranoia verso i tremendi tabloid locali: temendo nuovi inganni e nuove beffe, pretende e ottiene di stabilirsi in una suite del Radisson Edwardian Hotel: 2.400 sterline a notte. Pagherà quasi solo in contanti, comprerà una Volvo che userà rarissimamente, passerà giornate intere seduto al tavolo del ristorante San Carlo, immerso in un clima di ottundente solitudine. Si sa, Manchester non è propriamente Disneyland.

Dalla sua mesta plancia di comando, ottenuta quasi carta bianca dal munifico Thaksin, Eriksson quasi si diverte ad abiurare il suo passato da CT comprando solo giocatori stranieri, per un totale di 40 milioni di sterline (l'estate precedente, l'intera somma destinata al mercato in entrata del City non superava i due milioni). Tutte le otto operazioni sono curiosamente curate dallo stesso agente internazionale, Jerome Anderson, che col passare dei mesi introdurrà in società personaggi come Kia Joorabchian e l'israeliano Pini Zahavi. Ma non divaghiamo, ecco i nomi dei Magnifici Otto: i brasiliani Elano (dallo Shakhtar, 12 milioni) e Geovanni (dal Cruzeiro, parametro zero), il bulgaro Martin Petrov (7 milioni dall'Atletico Madrid), il croato Vedran Corluka (13 milioni dalla Dinamo Zagabria, accanito fumatore), poi lo spagnolo Javier Garrido (Real Sociedad, 2,25 milioni di euro), lo svizzero Gelson Fernandes (dal Sion, 5,5 milioni) e il bulgaro Valeri Bojinov, precocemente imbolsito (8 milioni dalla Fiorentina).

Se avete fatto attenzione, avrete notato che i nomi qui sopra sono solo sette perché, come ogni campagna acquisti da sogno che si rispetti, Shinawatra si è riservato il botto finale, un centravanti da doppia cifra in scioltezza, che faccia sognare e autorizzi manie di grandezza. Sì, quel giocatore è realtà, ha un prezzo accessibile di 13 milioni, e ha un nome e cognome.

Rolando Bianchi.

Foto di Ian Walton / Getty Images

The summer of Rolando Bianchi

È giovane, è un centravanti di peso, ha fatto sfracelli nella Reggina di Mazzarri, ritirata su dalle secche di un -11 di penalizzazione (a seguito delle inchieste di "Calciopoli) a suon di reti, e ha la totale fiducia di un allenatore che conosce bene la Serie A. Why not? Il buffo legame con la cultura italiana è d'altra parte rinforzato dal presidente che, scherzando sulla complessità del suo cognome, dice di non avere problemi se lo chiameranno “Sinatra”. È la star di quella festa con buffet gratuito a tema thailandese, l'alba di una nuova era.

I nuovi acquisti vengono presentati tutti insieme a inizio agosto, già pronti per scendere in campo per la prima giornata, il 12 agosto, in casa del West Ham. Non potrebbe andare meglio: 0-2 firmato da Geovanni e soprattutto da Bianchi, in gol dopo soli diciotto minuti di Premier League, negli stessi istanti in cui un altro centravanti italiano, Luca Toni, sblocca il risultato all'esordio in Bundesliga con il Bayern Monaco. In quell'indimenticabile agosto il City brilla soprattutto per solidità difensiva: arrivano un 1-0 al Derby con la maiuscola, firmato dal giovane Michael Johnson, e soprattutto un 1-0 nel derby con la minuscola, ovvero il match contro lo United, castigato ancora da Geovanni. Eriksson è eletto Manager del mese; a dispetto della campagna acquisti, il Giocatore del mese è un ragazzone di 20 anni prodotto del settore giovanile, Micah Richards, che interpreta il ruolo di terzino destro con fisicità impressionante, anche per gli standard britannici. Il clima nello spogliatoio è sereno, il savoir faire di Eriksson con i nuovi padroni fa ottenere alla squadra un trattamento migliore a livello di trasferte e di benefit.

Quando la vita era più facile, e si potevano mangiare anche le fragole. Chi di voi ricorda la successiva carriera di Geovanni – Hull City, San José Earthquakes, Vitoria, America, Bragantino - senza andare su Wikipedia?

Mentre il City veleggia tranquillo nell'alta classifica, il misterioso Shinawatra entra ogni tanto in collisione con gli usi e costumi occidentali. Quella che segue è una macedonia di aneddoti e situazioni ora strambe, ora inquietanti, tratta da uno splendido articolo di Ian Ladyman, pubblicato sul Daily Mail lo scorso 7 dicembre. In uno dei suoi primi staff meeting, il presidente mostra una slide con l'enigmatica foto di un quadrupede, che gli serve per l'assist per qualcosa che deve assomigliare a un proverbio locale: «Se un cane può abbaiare, bene. Se un cane non può abbaiare, sparategli», dice nello sconcerto generale. Shinawatra fa coppia fissa con un losco figuro che indossa una grossa cintura nera nella quale, secondo molti, si nasconde una pistola.

Nel nuovo CDA del club compaiono altri quattro thailandesi, tutti strettamente legati al patron: sua figlia Pinthongta, suo figlio Panthongtae, sua sorella Yingluck e una certa Sasin Monvoisin, apparente socia in affari del boss. Due elefantini di terracotta e alcuni oggetti di cristallo vengono sepolti sotto l'erba del City of Manchester Stadium. Fortemente scaramantico, Shinawatra mette al bando il colore viola dalle maglie da trasferta e caldeggia l'assunzione di massaggiatori thailandesi. Per qualche motivo la richiesta non viene accolta, ma poco dopo si uniscono alla squadra tre giocatori thailandesi di nessuna speranza, a parametro zero, presumibilmente per far guadagnare a Shinawatra qualche articolo sulla stampa locale. Costoro vengono addirittura accolti dal Presidente nella sua Suite Presidenziale all'Hilton, dove Shinawatra gli regala come benvenuto migliaia di sterline cash. I loro nomi sono Kiatprawut Saiwaeo, Teerasil Dangda e Suree Sukha, subito prestati in Belgio e Svizzera. Nel dettaglio: Saiwaeo va al Bruges (zero presenze), Dangda alla seconda squadra del Grasshoppers (sei presenze), Sukha alla prima squadra del Grasshoppers (zero presenze). Per i più curiosi, il più forte dei tre era Dangda, punta centrale, accreditato di 91 presenze in Nazionale e 42 gol.

Foto di Pornchai Kittiwongsakul / Getty Images

C'è un periodo di prova anche per il saudita Nashat Akram, a quanto pare amico della signora Monvoisin, che – dice la leggenda – durante un allenamento un giorno affianca Tord Grip, lo storico assistente di Eriksson, e gli suggerisce a bassa voce di dare una chance al ragazzo. Non durerà più di una settimana.

Blue Moon

Nonostante questi fuori programma, il City è una squadra vera. Con grande praticità Eriksson bada soprattutto a prenderne il meno possibile, impostando la fase offensiva sulla verticalità e la velocità degli esterni: oltre al brasiliano Elano, certamente il più dotato della squadra, brilla soprattutto Petrov, tecnico e intelligente, che riesce a guadagnare la linea di fondo spesso e volentieri. La prima sconfitta, piuttosto accettabile, arriva in casa dell'Arsenal, con Kasper Schmeichel – il figlio del grande Peter - che para un rigore a Van Persie prima di arrendersi a un gran gol di Fabregas. Alla sosta di ottobre il City è terzo in classifica, a -4 dall'Arsenal capolista: è a pari punti con il Liverpool di Benitez e un punto sotto lo United. Il Chelsea è partito molto male, Mourinho è stato esonerato e sembrano esserci margini per inserirsi nella corsa al titolo, o quantomeno per la Champions League. Ma guai a sottovalutare i "Blues", che a fine stagione arriveranno a una scivolata di John Terry dalla loro prima Champions League: lo scontro diretto a Stamford Bridge si rivela un massacro per i Citizen, affettati sei volte su azione, quasi sempre in verticale. Alla fine segna persino Andriy Shevchenko, regredito a Londra allo stato ectoplasmatico.

Al minuto 3:00 di questi highlights contro il Newcastle, uno straordinario gol su punizione di Elano.

Eppure la striscia positiva continua, anche se le vittorie si fanno più affannose (ma per questo più preziose, direbbero gli ottimisti). Il Reading viene piegato solo al 90' da un gol straordinario del bizzarro e talentuoso Stephen Ireland, il protagonista dell'autunno. In ottobre abbandona il ritiro della Nazionale irlandese a causa della morte della nonna materna; quando dopo qualche giorno gli fanno notare che la vecchietta è ancora viva, dice che si è confuso e che la povera defunta è la nonna paterna. Quando, a una seconda analisi, si viene a sapere che neanche la nonna paterna ha ancora tirato le cuoia, lui ammette di aver mentito perché voleva stare un po' insieme alla fidanzata Jessica, impermeabile alle battute di chi gli fa notare una sospetta ricrescita del cuoio capelluto, piuttosto rado fino a qualche settimana fa e ora nuovamente foltissimo. Il 5 novembre festeggia il gol decisivo al Sunderland tirandosi giù i calzoncini, e mostrando delle mutande con il logo di Superman. La FA decide per un semplice richiamo; ma due settimane dopo viene espulso per un brutto fallo a palla lontana contro il Tottenham e si becca tre giornate di squalifica. A White Hart Lane, il City si arrende 2-1 nonostante il bel gol di Rolando Bianchi, e perde un altro scontro diretto.

Ad ogni modo, alla 17esima giornata, dopo il 4-2 al Bolton, il City è ancora in linea di galleggiamento con le migliori: quarto insieme al Liverpool a -6 dall'Arsenal, mentre il Chelsea è risalito impetuosamente sotto la guida dell'israeliano Avraham Grant. Bianchi segna all'Aston Villa il suo quinto gol stagionale e tutto il settore ospite canta il classico coro “Bi-an-chi! Bi-an-chi!” sull'aria di Volare. Sì, il City trascorre un gran bel Natale: Eriksson abbandona l'abituale understatement e al party di Natale all'Arora Hotel offre da bere ai cento invitati. È su di giri: «Il Presidente mi ha promesso di spendere altri 50 milioni di sterline nel mercato invernale». L'obiettivo, non più nascosto, si chiama Champions League.

Purtroppo Bianchi non ricambia granché lo smisurato affetto dei suoi tifosi. In un'intervista a fine dicembre alla Gazzetta dello Sport usa accenti sarcastici: «Credo di essere l'unico astemio in tutta la Premier League: quando ho rifiutato un boccale di birra, i miei compagni di squadra mi guardavano come un extraterrestre. Sul cibo poi, ho alzato bandiera bianca: proprio non mi piace. Il mio sogno è indossare la maglia della Nazionale, ma giocare all'estero non mi aiuta». Così, il mese dopo, la saudade porta Rolando a fare le valigie e tornarsene in Italia, alla Lazio, seguito da Ousmane Dabo. A proposito di laziali passati e futuri, arriva dal Basilea l'ecuadoriano Felipe Caicedo (7 milioni), seguito dallo zimbabwese Benjani Mwaruwari (5,2 milioni, dal Portsmouth) e dal messicano Nery Castillo, in prestito dallo Shakhtar Donetsk. Considerando anche gli acquisti di cui sopra, Shinawatra ha comprato giocatori provenienti da cinque continenti diversi.

Nuovi arrivi propedeutici a quello che è il momento più alto della stagione del City, e di conseguenza dell'ultimo trentennio: la vittoria a Old Trafford del 10 febbraio 2008. I Citizen non vincono in casa dello United dal 1974 e non fanno sei punti su sei contro gli odiati vicini di casa addirittura dal 1970. È un derby storico perché arriva quattro giorni dopo il cinquantesimo anniversario della sciagura aerea di Monaco di Baviera 1958, in cui il grande United di Matt Busby era stato decimato: motivo per cui i Red Devils giocano con le splendide divise dell'epoca, dall'1 all'11, e il City fa la propria parte con eleganza, indossando magliette senza sponsor. È un successo d'immagine e di organizzazione a cui contribuiscono anche Eriksson e il capitano Dunne, il cui appello ai tifosi a comportarsi bene viene accolto in pieno. Sul campo il City gioca una grande partita difensiva e capitalizza al massimo, con le reti di Vassell e Mwaruwari, gli errori difensivi dei padroni di casa. Al resto ci pensa il portierino Joe Hart, alla prima stagione da titolare in Premier, atteso secondo molti da un luminoso futuro. A fine partita, rimasti soli nello stadio vuoto, i tifosi ospiti cantano a squarciagola: “There's only one Frank Sinatra!”.

Gli highlights della partita presi da Match Of The Day, storico programma del sabato sera della BBC.

Ma purtroppo le proprietà calcistiche nebulose hanno bisogno dei risultati per essere credibili, soprattutto all'inizio, e le recenti vicende del calcio italiano sono lì a dimostrarlo. L'eclissi della "Blue Moon" fa venire al pettine tutti i nodi della gestione Shinawatra, che in tutti questi mesi non è ancora riuscito a sbloccare gli 800 milioni di sterline congelati su un conto in Thailandia. Contava sulle nuove elezioni politiche vinte dal PPP, un partito a lui vicino, ma non è bastato. Alla fine, per pagare gli stipendi e tenere in piedi la baracca, sarà costretto a chiedere soldi in prestito in gran segreto all'ex presidente Wardle: succede tre volte, una volta prima di Natale e due dopo. I momenti di farsa si susseguono a intervalli sempre più serrati: quando a febbraio viene a mancare la sorella del Re di Thailandia, Shinawatra è costretto a tornare in patria per la prima volta dopo l'esilio, e lo fa portandosi dietro Kasper Schmeichel e il giovane Etuhu, usati impunemente come testimonial per scuole calcio. Schmeichel racconterà off the records di aver assistito a una memorabile esibizione al karaoke di Shinawatra, con tanto di “cantante ombra” per nascondere le stecche.

Così anche la manifesta incompetenza calcistica del presidente, prima tollerata e giustificata, diventa ora motivo di scherno a tutti i livelli. Alcuni membri dello staff iniziano pubblicamente a prendersi gioco di lui, come il magazziniere Les Chapman, che un giorno si presenta al campo d'allenamento travestito da Shinawatra, con le manette ai polsi, e imitandolo dichiara: «Un giorno questo club sarà più grande del Mansfield!».«Una volta», ricorderà Chapman al Daily Mail, «Shinawatra cercò di motivare Eriksson dicendogli: devi pensare che la prossima partita sia importante come una finale di Coppa del Mondo. Appena lasciò la stanza, Eriksson mi guardò e disse: Les, penso che la tua imitazione capisca di calcio più dell'originale».

Ma Eriksson ha poco da fare lo spiritoso: qualcosa si è inceppato anche sul campo. Troppi pareggi, sempre più deludenti, fanno lentamente scivolare il City lontano dall'Europa che conta. Arriva per esempio un brutto 1-1 in casa del Derby ultimissimo, quando la sconfitta viene evitata solo grazie al primo gol in Premier del diciottenne Daniel Sturridge, ennesimo prodotto di un settore giovanile niente male. In trasferta le sconfitte si fanno regolari anche contro squadre non certo di primo piano, come il Reading o il Birmingham in cui brilla la fuggevole stella (almeno in Inghilterra) di un Mauro Zarate, nell'insolita versione con capelli lunghi. Non aiuta avere il peggior attacco delle prime nove in classifica. Arrivano due stanche vittorie contro Sunderland e Portsmouth, prima della goccia che fa traboccare il vaso: la rimonta da 2-0 a 2-3 subita in casa dal Fulham di Roy Hodgson, impegnato allo spasimo in una delle più clamorose Grandi Fughe (come gli inglesi chiamano le rimonte-salvezza “impossibili”) mai celebrate dalla storia del calcio inglese.

L'hombre del partido è l'ex attaccante modenese Diomansy Kamara che, per qualche motivo che dieci anni dopo ci sfugge, esulta come Luca Toni.

Mancano due giornate alla fine di una stagione ormai compromessa, in cui anche in Coppa di Lega e FA Cup non sono arrivati risultati degni di nota. Shinawatra ha ormai tolto il saluto a Eriksson, rifiutandosi di parlargli. Sempre secondo la puntuale cronaca del Daily Mail, Shinawatra è rimasto particolarmente disgustato da un dettaglio che gli hanno raccontato alla fine della partita: quando era sotto 2-0, la vittoria del Fulham era pagata 400 a 1. Eriksson insegue il suo datore di lavoro per tutto l'hotel, bussando violentemente alla porta della sua stanza e poi sfogandosi al telefono con un membro del suo staff: «Quel pezzo di merda non vuole più parlarmi».

Vista la mala parata, Shinawatra progetta la fuga da Manchester e sposta i suoi uomini in un nuovo quartier generale molto costoso, a Londra in zona Park Lane, e accusa l'amministratore delegato Alistair Mackintosh di sobillare i tifosi contro di lui. Penultima giornata: l'eminenza grigia Pini Zahavi comunica a Eriksson l'imminente esonero a poche ore dalla trasferta in casa del Liverpool. Ad Anfield i tifosi del City riempiono il settore ospiti e rispondono cantando, sull'aria di "Another Brick In The Wall" dei Pink Floyd: “Hey, Thaksin, leave our Sven alone!”.

Ultima giornata: trasferta a Middlesbrough affrontata con l'entusiasmo della fantozziana settimana bianca aziendale a San Martino di Castrozza. Indignati per il trattamento ricevuto dal loro allenatore, i giocatori comunicano a Eriksson di non voler scendere in campo. Lo svedese riesce a convincere il capitano Dunne a cambiare idea, ma forse non del tutto: Dunne si fa espellere dopo 15 minuti («È stato il peggior momento della mia carriera») e la partita finisce 8-1 per il Boro.

Stagione finita? Ancora no: c'è ancora da espiare un penoso tour di post-season in Asia, in calendario da mesi, costellato di momenti da operetta: su tutti l'istante memorabile in cui, durante un'amichevole, i giornalisti scoprono Bojinov – certamente l'acquisto più disastroso tra gli otto estivi – mentre mangia alette di pollo fritto seduto in panchina. Il tedesco Didi Hamann, da parecchi mesi alle prese con una perniciosa dipendenza dal gioco d'azzardo, viene trovato addormentato a bordo piscina, presumibilmente dopo una notte in bianco. Ha raccontato lui stesso l'episodio nella sua autobiografia, “The Didi Man”: è Eriksson in persona a svegliarlo alle 10 del mattino, reggendo due bicchieri di champagne.

«Hey boss, cosa festeggiamo?»

«La vita, Kaiser, il ritorno alla vita. Sai Kaiser, mi piace questo posto. Penso che tornerò qui a vivere con due donne. Sì, credo di aver bisogno di almeno due belle donne».

L'umiliante 8-1 di Middlesbrough che chiude l'era Shinawatra. C'è spazio anche per un gol pazzesco – il sesto – dell'ex Barcellona Fabio Rochemback, su punizione.

Anche il lettore meno attento intuirà che a Eriksson è stato già notificato l'esonero. Il lavoro sporco è stato fatto da Alistair Mackintosh, mentre Shinawatra non vuole più vederlo neanche dipinto. Ha già iniziato a far circolare ad arte nomi altisonanti per la panchina del City 2008-2009: si parla di Mourinho (che andrà all'Inter) o Luiz Felipe Scolari, mentre tra i giocatori in arrivo si fa insistentemente il nome di Ronaldinho, appena scaricato dal Barcellona. Tutte chiacchiere: il nuovo allenatore sarà, più modestamente, Mark Hughes dal Blackburn, mentre il mercato porterà solo il brasiliano Jo e l'israeliano Ben Haim.

La verità è che Shinawatra è un uomo in fuga: non può rientrare in Thailandia dove lo arresterebbero, divorzia dalla moglie Khunying Pojaman, sua complice in anni di evasioni e frodi fiscali. Ma uno dei suoi collaboratori più stretti, Mr. Pairoj Piempongsant, sta lavorando silenziosamente nell'ombra da settimane per mettere a punto l'operazione che cambierà la storia del club e dell'intero calcio europeo.

È lui a portare da Shinawatra lo sceicco Mansour bin Zayed Al Nahyan della famiglia regnante di Abu Dhabi, un tipo un po' annoiato che possiede il 10% delle risorse petrolifere mondiali. È uno dei cinque figli dello sceicco scomparso nel 2004, da cui hanno ereditato la fortuna di Abu Dhabi: «Se il prezzo del barile di greggio aumenta di un dollaro, in un giorno Abu Dhabi incassa 500 milioni di dollari (350 milioni di euro) in più».

La cifra dell'operazione gira intorno ai 250 milioni, debiti compresi, e si concretizza il 1° settembre 2008, ultimo giorno di mercato: la prima operazione-lampo è comprare Robinho per 32 milioni e mezzo di sterline dal Real Madrid, soffiandolo platealmente al Chelsea. Incredibilmente, lo scombiccherato Manchester City 2007-2008 ottiene per il rotto della cuffia un posto nella Coppa UEFA dell'anno successivo: sesto nel ranking del fair-play che mette in fila le squadre più corrette in ordine di cartellini, ha la fortuna che le prime cinque sono tutte già qualificate nelle coppe. Il primo City made in Abu Dhabi un po' di strada la farà, arenandosi solo ai quarti di finale contro l'Amburgo.

L'ex presidente John Wardle recupererà i sei milioni prestati all'improvvido thailandese e, considerato un benefattore, è tuttora ospite fisso nei palchi presidenziali dell'East Stand all'Etihad Stadium. E Shinawatra? Guadagnati 50 milioni di sterline dall'insperata vendita, ritroverà serenità dal punto di vista giudiziario grazie a un salvifico passaporto concessogli dal Montenegro, che gli consentirà di girare il mondo. Nel 2009 gli verrà tolto il titolo di presidente onorario e il suo nome scomparirà dall'organigramma del club. Ma il 30 aprile 2012 tornerà allo stadio, nel frattempo ribattezzato Etihad dalla nuova munifica proprietà, per assistere alla partita con l'unico avversario contro cui era stato davvero felice, il Manchester United. Come galvanizzata da quell'inaspettata presenza, umilmente seduta in uno spicchio delle tribune piuttosto economico, la squadra nel frattempo allenata da Roberto Mancini troverà una vittoria decisiva per il primo sospirato titolo dopo 48 anni, prevalendo 1-0 con un gol di Kompany.

Rewind. Nato da circa due anni e mezzo, nell'agosto 2007 YouTube ospitava già centinaia di migliaia di video di qualsiasi natura, perciò dava soddisfazione anche a chi digitava un po' puerilmente nome e cognome del nuovo riccone della Premier League. Il secondo risultato che compariva era una manifestazione di protesta per le strade di Bangkok, risalente a quanto pare a qualche giorno prima del golpe del 2006. Ma il primo risultato - perbacco! - era il momento clou del party di inizio stagione organizzato davanti alla torre del municipio di Manchester, nella centralissima Albert Square, il 4 agosto 2007.

Anche se riprese con un rudimentale videofonino, le immagini non mentono: quel tizio improbabile che davanti a 9 mila tifosi impazziti canta “Blue Moon”, lo storico inno del City, leggendo le parole da un fogliettino, era proprio Thaksin Shinawatra.

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