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Illustrazione di Andrea Chronopoulos
Ultimo Uomo Awards Emanuele Atturo 1 giugno 2017 4'

Il giocatore più umile: Daniele Croce

Gli Ultimo Uomo Awards continuano con il premio meno glamour di tutti.

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Il Premio del giocatore più umile è stato il meno votato degli Ultimo Uomo awards: segno che la categoria morale dell’umiltà non è tra le più sensuali del nostro calcio. Ci piace elogiare i gregari e la cultura del lavoro, purché portino a delle storie di successo. Dietro però all’umiltà vincente dei Rino Gattuso e dei Damiano Tommasi si nasconde la VERA classe operaia del calcio italiano. Quella che non conoscerà mai la vera gloria neanche di riflesso, fatta di gente annegata negli album panini e che tra qualche anno nessuno ricorderà.

 

Se amassimo sul serio questo tipo di umiltà dovremmo erigere un monumento a Daniele Croce: 35 anni, in Serie A da tre stagioni in cui ha segnato 2 gol. Milioni di cross tentati, miliardi di corse sulla fascia e dribbling e contrasti utili alla causa. Nessun momento memorabile, nessuna soddisfazione individuale: solo austera militanza. Croce ha battuto nelle votazioni Laxalt, Lapadula e Petagna, che incarnano tipi di umiltà molto diversi da quella di Croce.

 

L’umiltà di Laxalt è una semplice equazione dei chilometri che gli tocca percorrere ogni partita, infliggendosi un’intensità fisica che tra qualche anno lo farà sparire dal campo per consunzione. Petagna e Lapadula rappresentano eroi minori che sono riusciti ad arrivare a un livello che il loro talento forse non gli avrebbe consentito, sperimentando la lotta di sopravvivenza con i difensori di categoria. L’umiltà di Croce è di un altro livello: non arriva da nessuna parte, non ha una risoluzione di qualche tipo, non verrà ripagata da una ricompensa finale. È un’umiltà che consiste nello sparire nel lavoro di centrocampo al servizio di una squadra minore, fino a diventare trasparenti.

 

Quello di giocatore più umile del campionato negli UU Awards non è l’unico riconoscimento individuale vinto da Croce in questa stagione. Pochi giorni fa ha vinto il “Premio Del Rosso”, intitolato a un ultrà storico dell’Empoli e assegnato dai tifosi al giocatore che ha dimostrato maggiore attaccamento alla maglia durante l’anno. Il 3 maggio invece gli era stato assegnato il Premio Leone d’Argento che, come si legge dal sito, «dal 2003 che premia un calciatore dell’Empoli FC che si è particolarmente distinto nell’arco della stagione». Alla cerimonia Croce si è detto sollevato: era la quarta volta che arrivava alla finale del premio, ma solo la prima che lo vinceva.

 

 

Croce è stato portato ad Empoli da Maurizio Sarri, suo mentore assoluto prima che le due strade si dividessero, una indirizzata alla gloria e l’altra ferma all’operaismo provinciale: «Diciamo che le carriere possono essere parallele, ora lui è diventato uno degli allenatori più forti che c’è in circolazione». Croce era stato con Sarri a Pescara, Arezzo, Alessandria, Sorrento e infine Empoli, con cui ha trovato la Serie A. Sotto al tunnel che porta agli spogliatoi, prima della sua partita d’esordio, racconta che Sarri lo ha guardato negli occhi e gli ha detto: «Tutto avrei pensato tranne che di vederti in Serie A».

 

Croce in effetti non ha l’aria di un calciatore. Ha un fisico atletico ma normale, asciutto, da mezzofondista della domenica. Il naso lungo e i capelli fuori moda lo fanno sembrare a metà tra un ritratto rinascimentale e un personaggio di Pieraccioni. Ma a guardarlo giocare, però, Croce ci sta benissimo in Serie A: ha un bel controllo palla, usa bene entrambi i piedi e corre tantissimo. Correre è proprio la cosa che gli riesce meglio, l’unica in cui eccelle. Per il resto tocca la palla bene, ma non così bene. Calcia bene in porta, ma non così bene. Crossa bene verso l’area, ma non così bene. I fondamentali tecnici di Croce sono proprio fondamentali, non si elevano da una mediocrità perfetta che può funzionare da metro di paragone per il resto dei calciatori.

 

Nonostante niente in Daniele Croce rubi davvero l’occhio, qualcuno quest’anno ha voluto onorarlo con un tributo YouTube che possiamo gustarci, riporlo nel nostro reader e tramandarlo ai posteri.

 

Insegna ai bambini come si fa la mezzala-umile-di-qualità.

 

La mia cosa preferita del video è la quantità di contrasti e recuperi di Croce, che sono una vera certificazione della sua umiltà. Poi ci sono varie gemme sparse che ti fanno pensare “Oh, però Croce…”: il passaggio no-look verso Maccarone, il tiro al volo di sinistro a San Siro contro l’Inter, il recupero in scivolata alla Nainggolan con successivo dribbling su Pedro Pereira. Forse pochi di voi lo sanno, ma ad Empoli Croce è soprannominato “Il prestigiatore”.

 

Croce ha anche delle statistiche notevoli, queste a dire il vero non troppo umili, ma che danno l’idea di un giocatore che nell’aridità offensiva generale (l’Empoli ha chiuso col peggior attacco d’Europa 🙁 ) ha provato a prendersi delle responsabilità persino eccessive. Croce prova 3.7 dribbling ogni 90 minuti, più di giocatori come Cuadrado, Schick o Insigne: la prova di uno che ha provato a trascinare fisicamente l’Empoli alla salvezza, senza riuscirci.

 

Il prossimo anno Croce, molto probabilmente, sgommerà tra i difensori di Serie B. Qualche mese fa Sarri ha dichiarato a Sky che arrivato a Napoli aveva fatto il nome di Croce, ma che non è riuscito a portarselo dietro per ragioni anagrafiche. Croce ha glissato con profonda umiltà: «Me l’ha detto anche personalmente tante volte ma penso che alla fine va bene così. Forse lui ha troppa stima di me, non penso di essere da quelle squadre». Noi abbiamo un sogno…

 

 

Tags : empoli

Emanuele Atturo è nato a Roma (1988). Laureato in Semiotica, è caporedattore de l'Ultimo Uomo. Ha scritto "Roger Federer è esistito davvero" (66thand2nd, 2021).

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