Cominciamo dalla fine: Alessio Cerci torna in Italia e proprio al Milan che tanto lo aveva cercato la scorsa estate. La sua avventura all’Atletico Madrid è durata solo 4 mesi e in questo brevissimo periodo è stato poco più di una comparsa per i colchoneros.
I numeri ci illustrano bene l’esperienza di Cerci in Spagna: in campionato il nuovo giocatore del Milan è stato in campo per 114 minuti, distribuiti in 6 spezzoni di partita giocati da subentrante, con un massimo di 24 minuti consecutivi, giocati fuori casa contro il Valencia (quando riesce pure a beccare due cartellini gialli e a farsi espellere) e in casa contro il Getafe.
In Champions League è subentrato al 66° minuto ad Atene contro l’Olympiakos e ha partecipato alla festa casalinga contro gli svedesi del Malmö entrando a 13 minuti dalla fine sul risultato di 3-0 e mettendo a segno la sua unica rete con la maglia biancorossa, all’ultimo minuto di gioco, per il definitivo 5-0.
Adesso riavvolgiamo il nastro e cerchiamo di capire perché la squadra campione di Spagna e vice campione d’Europa abbia prelevato nella scorsa sessione di calciomercato Alessio Cerci dal Torino.
Sembra che i difensori del Malmö fossero già negli spogliatoi.
La fantastica stagione al Toro
Quella passata è stata di certo la migliore stagione della carriera di Cerci. In particolare il girone di andata era stato eccezionale, un giocatore capace di mettere a segno 9 gol e produrre 7 assist nelle prime 19 partite del campionato. Il ritmo è poi calato nel girone di ritorno, in cui Cerci ha segnato 4 volte e realizzato 3 assist.
Ed è interessante confrontare la stagione 2013/14 con quella precedente, la prima con la maglia del Toro alle dipendenze di mister Ventura: i dati normalizzati su un periodo standard di 90 minuti vedono anzitutto un aumento dei gol realizzati (13 gol di cui 5 su rigore nel 2013/14; 8 di cui uno su rigore nel 2012/13), ma le differenze maggiori emergono nel numero di tiri totali (3.62 in 90 minuti nel 2013/14, 2.67 nel 2012/13) e nelle statistiche più descrittive delle caratteristiche difensive (intercetti e tackle) che sono in decremento rispetto alla stagione precedente.
Al di là dei numeri, negli occhi rimaneva l’immagine di un giocatore capace come pochi in Serie A di incidere sulle partite e di essere decisivo, in confronto alla precedente sensazione di un calciatore capace sì di grandi giocate, ma classificabile in generale come “fumoso”. Come spiegare il cambiamento avvenuto da una stagione all’altra nel rendimento di Alessio Cerci?
Il gol al 48° del secondo tempo contro il Genoa è semplicemente fantastico.
Una prima spiegazione potrebbe poggiarsi sulla fisiologica maturazione di un calciatore che a 26 anni riesce finalmente a sfruttare al meglio il proprio talento, anche per merito di una crescita atletica, tecnico-tattica e psicologica. Ma c'è anche dell’altro.
Una seconda spiegazione dovrebbe tenere conto del fatto che la passata stagione Cerci ha cambiato ruolo in campo. Fino ad allora era stato quasi sempre impiegato come esterno offensivo in sistemi di gioco quali il 4-3-3 e il 4-4-2 (o 4-2-4 che dir si voglia...), preferibilmente sulla fascia destra per sfruttare i tagli interni palla al piede con l’amato piede sinistro. Con la linea laterale a semplificare il gioco rispetto ai pericolosi spazi a 360° da controllare al centro del campo, Cerci riceveva il pallone sull’esterno del campo e doveva fare, faceva, solamente una cosa: puntare l’avversario e, partendo da lì, scegliere se dribblare ed eventualmente da che lato farlo, e poi successivamente decidere la giocata in uscita dal dribbling.
La linea laterale era quindi, al contempo, coperta di Linus che proteggeva il giocatore da scelte maggiormente complesse, e limite alla piena espressione del talento, anche realizzativo, del giocatore.
Nel 2013/14 Giampiero Ventura decide di abbandonare il 4-2-4 e schiera il suo Torino con il 3-5-2. Nel nuovo contesto tattico, Alessio Cerci viene impiegato come seconda punta al fianco del centravanti Ciro Immobile, e i due insieme fanno meraviglie, scomodando facili paragoni con la leggendaria coppia Graziani-Pulici.
Immobile è il centravanti sgobbone, che copre tutto il fronte d’attacco, contende palloni anche impossibili ai difensori e si occupa di buttarla dentro. Cerci, pur continuando a prediligere in maniera marcata ricezioni e partenze della fascia destra, amplia il proprio campo d’azione, trovandosi maggiormente a giocare in zone più centrali e mediamente più avanzate. I vantaggi tattici della nuova posizione sono chiari: maggiore possibilità di andare alla conclusione (e l’incremento nel numero dei tiri certifica questo), possibilità di essere più imprevedibile nelle giocate e minori obblighi nella fase difensiva della squadra (anche questo fotografato dai dati statistici). Una posizione in campo probabilmente meno “comoda” per il giocatore, assestato nella sua mattonella alla destra del fronte offensivo, ma, a giudicare dal rendimento, maggiormente redditizia.
Non c’è il lieto fine nella stagione di Cerci: all’ultimo minuto sbaglia il rigore che avrebbe portato il Torino in Europa League. Non poteva sapere che i granata avrebbero giocato comunque in Europa.
Cosa voleva Simeone da Alessio Cerci
Ma quando il 31 agosto dello scorso anno l’Atletico Madrid ha acquistato Cerci dal Torino, quale Cerci aveva preso? O, meglio ancora, nella mente del Cholo Simeone quale ruolo tattico poteva avere Cerci nel suo Atletico?
Troppo pochi i minuti giocati nei quattro mesi passati a Madrid per avere delle risposte definitive a queste domande. Ci sono però degli indizi riscontrabili analizzando le tre partite che hanno visto impegnato Cerci con un minutaggio maggiore e in una situazione di punteggio chiaramente in bilico.
Durante la prima giornata della fase a gironi di Champions League l’Atletico Madrid è sotto per 2-1 ad Atene contro l’Olympiakos. Per recuperare Simeone sostituisce prima Gabi con Griezmann e poi Raul Garcia con Cerci, disponendo la squadra con 3 mezze punte alle spalle di Mandzukic: Antoine Griezmann a sinistra, Arda Turan in mezzo e, appunto, Alessio Cerci a destra.
Circa 20 giorni dopo l’Atletico Madrid è sotto 3-1 al Mestalla contro il Valencia. Fuori Arda Turan e Griezmann, dentro Cerci e Jimenez: è 4-4-2 col messicano a far coppia davanti con Mandzukic e l’ex Torino nuovamente sulla fascia destra.
Infine due giornate dopo, a Getafe, sul punteggio di 1-0 per i colchoneros, fuori Griezmann - impiegato fino a quel momento alle spalle di Mandzukic - e dentro Cerci, ancora una volta confinato nella fascia destra dello schieramento.
Al di là della semplice considerazione che Cerci non è mai stato impiegato come titolare, tranne che nella partita di Copa del Rey contro il CE L’Hospitalet (squadra di Segunda Division B), quello che salta all’occhio è un impiego del giocatore molto più simile a quello di due o più stagioni fa e non a quello più recente come seconda punta.
L’idea è che probabilmente Simeone volesse utilizzare Cerci come una sorta di “arma tattica” da sfoderare in particolari contesti o situazioni di partita. Il sistema di gioco del tecnico dell’Atletico prevede che i due esterni offensivi del 4-4-2 (o 4-4-1-1) giochino, in fase di possesso palla, in maniera piuttosto libera, privilegiando posizioni centrali, secondo una consolidata tradizione tattica sudamericana (il 4-2-2-2 e il quadrato di centrocampo), non disdegnando contemporanee occupazioni della medesima zona del campo. Un’interpretazione del ruolo piuttosto fluida, che richiede letture complesse, e piuttosto diversa da quella che Cerci è abituato a dare nelle vesti di esterno offensivo.
Una questione che tira in ballo prima di tutto la capacità di Cerci di leggere il gioco, quindi. Koke e Arda Turan leggono e interpretano le esigenze della manovra cercando gli spazi utili alla ricezione, aiutando così i compagni di squadra, in altre parole quando la squadra è in possesso della palla lavorano per rendere scorrevole il gioco. Sono prima di tutto dei “facilitatori” di gioco.
Cerci è proprio un altro tipo di calciatore: è il punto finale di una manovra, non un nodo fondamentale per il suo avanzamento. La prima idea di Cerci è quella di effettuare una giocata decisiva: puntare l’uomo, se possibile dribblarlo, e da lì giungere alla conclusione o all’assist. Il tutto giocando da esterno offensivo, con ricezioni statiche sulla fascia destra del campo. In questo senso, Cerci è l’antitesi dell’esterno dell’Atletico Madrid di Simeone.
Ecco perché probabilmente il suo acquisto è interpretabile come un tentativo del Cholo di avere un’arma tattica in più e caratteristiche e interpretazioni diverse da quelle già presenti in rosa, da impiegare magari con finalità tattiche specifiche.
Sembra però si sia abbandonato l’Alessio Cerci seconda punta della stagione dell’esplosione per tornare al giocatore offensivo di fascia delle stagioni precedenti. Nonostante la favolosa stagione passata, c’erano già grossi dubbi sul peso specifico che avrebbe potuto avere in una squadra di livello superiore a quello del Torino, e i dubbi erano ancora maggiori riportando il giocatore a un ruolo in cui non si era mai espresso oltre il livello di “promessa mai del tutto mantenuta”.
Il prematuro epilogo dell’esperienza all’Atletico Madrid ha probabilmente confermato il realismo di tali dubbi.
Le prospettive al rientro in Italia
Quasi certamente Alessio Cerci verrà impiegato come esterno destro nel 4-3-3 disegnato di Filippo Inzaghi. In questo ruolo ha giocato gli 83 minuti di esordio in Coppa Italia contro il Sassuolo e i 45 minuti in cui è stato in campo (partendo come titolare) in campionato nella sconfitta casalinga contro l’Atalanta. Entrando dalla panchina contro il Sassuolo in campionato e nella sconcertante partita contro la Lazio di sabato scorso, è stato impiegato sempre sull’out di destra nel 4-2-3-1 con cui Inzaghi provava a rimettere il piedi le due partite. Sostanzialmente si è tornato, per adesso, al “vecchio” Cerci. E già questa non è una buona notizia.
http://www.dailymotion.com/video/x2e56wc_alessio-cerci-vs-sassuolo-debut-match-2015_sport
Il debutto di Cerci: ingresso in campo a 25 minuti dalla fine contro il Sassuolo.
In aggiunta, il 4-3-3 del Milan si è assestato in una configurazione che prevede la presenza nel ruolo di centravanti di Jeremy Menez che, occupando nominalmente il ruolo di numero 9, si allontana con costanza dal centro dell’attacco per occupare zone più arretrate. Di sicuro non è il francese il centravanti ideale per un giocatore come Cerci. In generale, il nuovo acquisto del Milan ha la necessità di trovare davanti a sé una punta in grado di muoversi efficacemente per ricevere i suoi assist e che garantisca sufficiente presenza nel cuore della difesa per impegnare i centrali avversari liberando spazi per le sue iniziative individuali. Immobile, in quest’ottica, era l’ideale complemento tattico per il numero 22 del Milan. Inoltre Menez e Cerci sono entrambi degli accentratori di gioco e finalizzatori della manovra, avendo nelle proprie corde la tendenza a cercare la giocata decisiva e conclusiva. La convivenza proficua tra i due, a priori, sembra piuttosto complessa sia per il rendimento dei giocatori che per quello di tutta la squadra.
A complicare il quadro tattico descritto, la richiesta di Inzaghi ai propri esterni offensivi di un costante contributo in fase di non possesso palla, cosa che Cerci non ama e non gioca bene.
Fino ad oggi il ruolo di esterno offensivo è stato occupato prevalentemente da Keisuke Honda, che rispetto a Cerci è un giocatore che meglio si adatta a far coppia con Menez per la sua interpretazione più fluida e meno statica del ruolo, rispetto a quella da sempre fornita dal giocatore di Velletri. Oltretutto il giapponese ha maggiore abilità (e forse disposizione mentale) nel giocare fasi di gioco puramente difensive.
Meglio con un centravanti
Se la scelta di Inzaghi sarà quella di continuare a giocare il suo 4-3-3 senza un vero centravanti di ruolo, con Menez libero di occupare posizioni arretrate e catalizzare palloni partendo da dietro, le prospettive di successo in maglia rossonera di Cerci saranno probabilmente limitate. Le difficoltà odierne del Milan ridimensionano i presunti vantaggi del particolare impiego tattico di Menez (che lo scambio con Fernando Torres sembravano inizialmente promettere) e non sembra improbabile un coinvolgimento maggiore di Pazzini nelle rotazioni dell’allenatore rossonero. Sempre che dal mercato non arrivi addirittura un altro centravanti (Destro sembra sia davvero vicino). Di certo questo creerebbe un contesto tattico più consono alle caratteristiche dell’ex Atletico Madrid.
Meno probabile appare un cambio radicale di sistema di gioco e l’impiego da seconda punta, nel ruolo dove era esploso la scorsa stagione e che tutti sembrano avere dimenticato. La maggiore libertà sull’intero fronte offensivo e i minori compiti in fase difensiva che il ruolo ritagliato da Ventura durante il passato campionato aveva regalato a Cerci, sembravano le premesse per il definitivo salto di qualità del giocatore. L’ abbandono dei presunti agi e delle consolidate abitudini sull’esterno destro, avevano prodotto la migliore annata per il talento di Velletri.
In conclusione, il passaggio all’Atletico Madrid è stato probabilmente il classico passo più lungo della gamba, ma anche in un contesto di livello inferiore, quale è il Milan odierno, il ritorno al ruolo di esterno puro non sembra affatto la maniera migliore per continuare il percorso di crescita intrapreso con la maglia del Torino.