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Fulvio Paglialunga
Il Classificone 2/4: I migliori cambioverso
06 feb 2015
06 feb 2015
I 5 migliori cambioverso del secondo quarto di campionato: ritorna il Classificone, la rubrica più amata de l'Ultimo Uomo. Sempre più simpatica, arguta e malleabile.
(di)
Fulvio Paglialunga
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È il bisogno di esprimere un giudizio ogni giorno, in contrasto con il vantaggio di guardare tutto dopo. Ma è anche la conseguenza di un calcio sgonfio che ogni tanto si sente il bisogno di elevare, sperando che nascano fenomeni o che si prestino sponde al racconto bello, dunque epico.
Poi, però, il calcio si gioca anche e tutta la poesia di cui si vuol caricare si spegne a volte di fronte ai risultati. Così si cambiano pareri, gli eroi diventano brocchi e ogni tanto anche il contrario. Sono i #cambioverso del pallone, dopo venti giornate di campionato.

 



Nulla dice che Inzaghi non diventerà un grande allenatore, ma nulla poteva darlo per certo a giugno, quando ha preso il posto di Seedorf e sembrava tutta una svolta, tutta una sequenza di gesti alternativi: sembrava rivoluzionario anche che un allenatore facesse allenare la sua squadra, nella furia di chi cerca un Guardiola di casa nostra e se lo costruisce con l'immaginazione, prima che col campo. Poi la vittoria con la Lazio alla prima e a Parma alla seconda (con tre e cinque gol segnati) e il nuovo mago è servito.
E Diavolo d'un Pippo, come da titolo.

 



 

Il titolo è di ottobre, quando il Milan era per tutti favorito per il terzo posto mentre adesso è all'ottavo e la difesa che nel titolo era “più sicura” ora è in grado di regalare gol così agli avversari.

 

https://www.youtube.com/watch?v=11Lt9TZBehk

 

Certo non è colpa di Inzaghi se in un Lazio-Milan di otto anni fa (per restare al post Calciopoli) giocavano Dida, Stam, Nesta, Kaladze, Serginho, Seedorf, Pirlo, Gattuso, Kakà, Shevchenko e Gilardino e adesso giocano Diego Lopez, Mexes, Abate, Armero, Alex, Poli, Montolivo, van Ginkel, Menez, Bonaventura ed El Shaarawy.

 

E però andavano spese parole più caute prima, perché ora il tecnico che doveva cambiare il calcio italiano partendo da quello milanese è in discussione ogni ora. Poi Berlusconi deve

Galliani dopo l'ennesima sconfitta in Coppa Italia per dire di lasciarlo lì, e lui improvvisamente si sente Ferguson e lo

, per chiedere sette anni di pazienza (che uno li ha pure, soprattutto se non è milanista). E però potevano dirlo prima, senza che i giornali si lanciassero nell'agiografia anticipata del tecnico innovativo che faceva allenare i giocatori. (Piccolo inciso per i prossimi nuovi Guardiola in arrivo: Pep, prima di diventare l'allenatore del Barcellona, ha allenato la squadra B degli spagnoli. Servono anche a questo: ad allevare tecnici. E no: SuperPippo alla Primavera del Milan non vale: non sono la stessa cosa).

 



Su Fernando Torres va dato atto che l'esaltazione è stata contenuta. A parte Inzaghi (ops, di nuovo) che si lanciò in paroloni

: «Non scopro io il Torres giocatore, chi ha segnato quasi 300 gol non disimpara a farlo. Ma quando Mourinho mi detto che era il primo ad arrivare al campo e che si allenava con professionalità, ogni dubbio è scomparso», tutto il resto della critica e dei dintorni si è mantenuto cauto. Per l'idea che fosse bollito (ma a trent'anni forse è ancora presto?), per quel concetto ormai diffuso secondo cui un giocatore di nome viene in Italia ormai solo quando non ha più niente da dire e per un ragionamento semplice: se per Mou era questo esempio di professionalità perché avrebbe dovuto liberarsene. Quindi per Torres bastano un po' di partite senza gol (uno solo, contro l'Empoli) per caricare chi era cauto e aspettava soltanto il momento: è per tutti finalmente il bidone, con tanto di titolo e analisi

.

 



 

Bidone. Siamo tutti d'accordo? Oppure ha ragione Inzaghi e quindi uno che ha segnato quasi 300 gol non potrà dimenticarsi come si fanno? Aspettare, magari. Anzi, no: Torres va sacrificato, perché il Milan non funziona e con qualcuno bisogna prendersela e questo è ingombrante e guadagna troppo ed è meglio restituirlo, fagli fare un giro per tornare all'Atletico Madrid, con l'Italia che si fa furba e sotto sotto sghignazza e poi guarda Madrid che invece impazzisce. E sono 45mila in uno stadio solo per salutare il ritorno del Niño.

 



 

E uno si domanda perché tutto questo e la risposta è poco dopo, perché Torres fa una doppietta in Copa del Rey, nel ritorno contro il Real Madrid e poi lo ha fatto di nuovo, sempre in Coppa, contro il Barcellona. Cioè: in un trofeo che in Spagna vale davvero e contro le due squadre migliori. Dopo i 45mila applausi, i gol. E Torres costringe chi si era mantenuto cauto a mangiarsi le mani, perché forse era l'attaccante che serviva al Milan e invece è andato via come bidone (per Cerci che, a proposito di cambio di verso, era andato all'Atletico con la fidanzata che

“Saluti Serie A, noi ce ne andiamo nel calcio che conta” e adesso è in Serie A. Ci starebbe un altro capitolo, ma poi sarebbe accanimento contro il Milan).

 



Quarta giornata: la Lazio perde in casa contro l'Udinese ed è la terza volta che succede e l'unica vittoria è contro il Cesena che certo non si è presentato con lo sguardo temibile all'avvio del campionato. Quattro giornate, e Lotito ovunque alla ricerca di una dimensione nella Federcalcio in fase di allestimento e la somma diventa semplice: sta sparendo la Lazio e forse Pioli è troppo e chissà quanto dura ancora sulla panchina o comunque così non si può, anche se il gioco non è male, ma la media è da bassa classifica. Dunque, Lazio tra gli imputati e Pioli soprattutto, che se non sterza subito si mette a rischio.

 



 

Quindi Lotito pensava alla Figc, Pioli non era all’altezza e la Lazio era incompleta: quattro giornate e via ai processi, pure interni perché il presidente stesso andò nello spogliatoio a sfogarsi con la squadra dopo la sconfitta con l’Udinese. E invece quattro vittorie consecutive subito dopo e adesso la Lazio è da Champions, dicono, nel posto che era prima del Milan (prima di cambiare verso, ovvio) e che attualmente è occupato dal Napoli, un’altra squadra sotto processo dopo quattro giornate (aveva perso in casa contro il Chievo e a Udine e pareggiato al San Paolo con il Palermo) e Benitez a rischio esonero, secondo i giornali.

 



 



 

E adesso chi doveva mirare alla Champions sta chissà dove, chi doveva cambiare allenatore mira alla Champions. Così imparate, dopo quattro giornate appena. Nemmeno Zamparini.

 



Quando la Roma acquista Iturbe i romanisti vanno in estasi: perché è stato uno dei migliori della scorsa stagione, con il Verona, ma soprattutto perché soffiato ai rivali della Juve, dunque una prima vittoria nel duello che da lì a poco si riproporrà in campionato. Iturbe

e per la Roma è un esborso non da poco. La cifra totale,

il Corriere dello Sport, è seconda solo a quella spesa per Batistuta. E per tanti soldi e pochi anni (21) è un affare come pochi, un investimento per un bel po’ di futuro (contratto fino al 2019).
Comincia: gol e assist con il Cska. Si infortuna. Rientra: gol alla Juve. Ok, acquisto giusto. Ma si ferma di nuovo.
Rientra piano, Roma ha fretta, Iturbe ci mette molto a carburare, anzi gioca male, finisce nel frullatore e quindi via...

 



 



 

A un certo punto quasi per smarcarsi se lo dice da

: «Sono stato un po’ una “pippa”. Però non è facile quando si sta più dal fisioterapista che in campo ad allenarsi. Ho preso tante botte nella mia breve carriera, ultimamente ho pensato che è arrivato il momento di rispondere e dare qualche colpo anche io». Il giudizio di Roma è cambiato, il suo pure. E adesso sta cambiando di nuovo, perché il ragazzo è in ripresa, perché tutti lo vedono meglio e perché con quello che è costato non poteva non essere il promettente campione dell’anno scorso. Era meglio aspettare. Certo, ora

. Però, si cambia verso.

 
 

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