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Il Classificone 2/4: Gli acquisti top
12 feb 2015
Dieci acquisti del mercato di gennaio. Ritorna il Classificone, la rubrica più amata de l'Ultimo Uomo. Sempre più incisiva, commestibile e scoppiettante.
(articolo)
7 min
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I dieci migliori acquisti di gennaio

di Francesco Lisanti (@effelisanti)

In principio fu il collo in pelliccia del giaccone con cui Cassano atterrò a Madrid, da allora fu definitivamente chiaro a tutti che con il colpo di gennaio non ci svolti la stagione, ma le prime pagine sì. Ripercorriamo in sequenza i grandi arrivi dell’ultimo mese, dai quali si attendono punti, o quantomeno un trending topic.

10. Davide Santon (Newcastle → Inter)

«È venuta fuori un po' di confusione nelle ultime ore dicendo che ho rifiutato la prima offerta dell'Inter». Appunti per una relazione serena, se lei ti mette in imbarazzo, confondili con una sintassi incerta (le forme impersonali tornano molto utili). La convulsa storia del ritorno di Santon è lastricata di etichette (Nuovo Maldini, Mourinho; Predestinato, Lippi), di infortuni (2009, 2011, 2014, tre operazioni al ginocchio), di dichiarazioni sbagliate (2012: “Non penso proprio di tornare mai all'Inter”). Adesso l’Inter ha assoluto bisogno di un terzino che sappia giocare velocemente il pallone in uscita e sostenere il pressing alto. Indosserà la 21, è un nuovo inizio, vale la pena credergli.

9. Paul-Jose M’Poku (Standard Liegi → Cagliari)

Sul cappello che indossa al momento della firma, Iχθύς è acrostico per “Gesù Cristo”. Quando va via dallo Standard Liegi dice: “Toute la gloire soit pour Dieu”, che la gloria sia del Signore. Agirà dietro la punta nel 4-3-2-1 di Zola, su YouTube sembra forte con entrambi i piedi, non avere preferenze di fascia, gran tiratore di punizioni. Sulla lista per il Fantacalcio, Gazzetta lo inserisce tra i centrocampisti. Dai, #TeamPMK40.

8. Ivan Strinić (Dnipro → Napoli)

Nel 2012 chiunque poteva permettersi di definirlo il miglior terzino sinistro d’Europa con la certezza che difficilmente si sarebbe misurato con la prova dei fatti. Poi a Dnipropetrovsk è arrivata la guerra («Non c’era spazio né tempo per pensare al calcio») e il suo contratto è scaduto («Volevo qualcosa di più, sentivo che era il momento per il mio salto di qualità»). Iscritto al movimento croato non-sorridere-mai (vedi alla voce Brozović), già impressionante contro la Lazio, decisivo contro il Chievo, impeccabile contro l’Inter.

7. Luca Antonelli (Genoa → Milan)

L’eterno dilemma, un buon mercato invernale implica un pessimo mercato estivo? Nel Milan che ha cambiato tanto ci finisce anche lui, che con il Milan aveva esordito, poi costretto alla diaspora come Darmian, mentre Galliani cercava il terzino tra Grimi, Didac Vilà, Taiwo e Armero. A sinistra porta l’aggressività necessaria a mascherare i problemi di circolazione per le vie centrali. Il fu capitano del Genoa dosa maluccio le prime parole («Ora sono veramente ritornato a casa») e rilancia il #TroppiStranieri («È un Milan italiano, questo è importante»). Gli hanno dato del traditore, del mercenario.

6. Mohamed Salah (Chelsea → Fiorentina)

Al momento in cui scrivo in Italia non ha messo piede, ma in lista Uefa c’è (mentre Diamanti e Gilardino no). Nel 2013 è scappato con la sua scusa preferita (“Un attimo, devo mettermi le scarpe”) per non stringere la mano agli israeliani del Maccabi, adesso ha preteso la stesura del contratto in arabo prima di firmarlo. Ala destra che corre, corre, corre. È letale negli inserimenti alle spalle della difesa, ha un gran senso del gol, e quando Mourinho gli schiera contro Cole finisce male. Esaltato dal gioco ultra aggressivo del Basilea, a Montella toccherà dargli un senso nella manovra cerebrale della Fiorentina. Negli States utilizzano fill the shoes a significare “prendere il posto”. A lui toccano gli scarpini di Cuadrado.

5. Seydou Doumbia (CSKA Mosca → Roma)

Doumbia ha scelto la Roma «per il suo calcio offensivo», anche se non limpidissimo al momento, «e per giocare con un mostro come Totti». Il tasto da toccare subito: sulla loro potenziale compatibilità si poggia il futuro di una squadra con poche soluzioni offensive e molti infortuni. A suo agio fuori dall’area (bene), geniale nel muoversi senza palla (benissimo), deve dimostrarsi all’altezza di una piazza che storce il naso. Prima di rovinare davanti a De Sanctis nell'ultima Champions League, quando sembrava uno scherzo metterla dentro, aveva già segnato a due squadre italiane, Palermo e Inter. Adesso può aumentare la collezione.

4. Manolo Gabbiadini (Sampdoria → Napoli)

L’uomo del: «Ci dà maggiori soluzioni». Sequestrato sulla pista d’atterraggio di Capodichino e caricato in macchina, ché in Sala Arrivi ce n’erano forse 600, o forse 1000, e mancavano le condizioni di sicurezza perché riuscisse a passare lì in mezzo. Decisamente più facile infilarsi tra Cesar e Zukanović, raccogliere un passaggio irreale di Higuaín e provocare il gol del vantaggio a Verona. L’alchimia si ripete contro l’Udinese, quando il Pipitainsegna danza classica e gli libera lo spazio verso la porta. Quarta vittoria consecutiva. Difficile contenere l’entusiasmo, non per lui che pensa solo al lavoro: «So che devo migliorare tanto soprattutto nei movimenti difensivi». Tradotto, più rapidamente assorbirà l’attitudine al sacrificio che Benitez aveva pazientemente iniettato in Insigne, più ne attutirà il rimpianto.

3. Xherdan Shaqiri (Bayern di Monaco → Inter)

L’8 Gennaio è un giovedì, arriva dopo la sbornia delle feste natalizie e la mezza sbornia del pareggio allo Juventus Stadium, nell’aria c’è quell’entusiasmo lì. Amore, ti porto a salutare Shaqiri. Tra i tifosi che occupano Malpensa in tarda serata, coppiette felici, padri e figli, la Cislago bene, due ragazzi dai tratti mediorientali e un ottimo inglese. Shaqiri non è soltanto funzionale al 4-3-3, serve ai tifosi per tornare allo stadio con il 91 sulla schiena; serve ai giornali per decontestualizzare Rummenigge e fare il botto sui social, risvegliando l’orgoglio identitario; serve soprattutto ad Erick Thohir, per giocarsi la carta del futuro luminoso e per valorizzare il suo più grande investimento ad oggi: il nuovo allenatore. Rileggendo un Mancini di fine dicembre lo si capisce subito, è un mercato costruito su Indovina Chi?: «Cerchiamo un esterno offensivo. Deve essere fortissimo tecnicamente, velocissimo, di personalità, un giocatore completo. A volte si può trovare qualcuno che non sta giocando in altre squadre, ma che all'Inter potrebbe dare una grossa mano». È svizzero? È alto 1,69? È Xherdan Shaqiri?

2. Mattia Destro (Roma → Milan)

Galliani in cappotto scuro e valigetta in pelle al seguito, curvo su un citofono dell’EUR, e c’era già tutta la letteratura di cui avevamo bisogno, tutto «il web si scatena» per riempirci le fotogallery. Destro dice sì e il giorno dopo sale sul Frecciarossa delle 14, con l’incoscienza necessaria ad ignorare che questo Milan potrebbe inibire definitivamente tutto il potenziale di un vero nueve, chiamato a dare un senso alla manovra di una squadra cortissima nei primi venti metri del campo, con ottanta da coprirne davanti a sé. L’annosa equazione “dare a Destro quel che è di Destro”, Galliani la risolve con 2,5 milioni annui più bonus sui gol segnati. Difficile dire di no, se poi si aggiunge anche la cabala. Dalla 22 alla 9 è un bel salto, «Una maglia che ha fatto la storia del Milan... Darò tutto per essere all’altezza della sua magia!». Prima di salire sul treno per Milano, Destro fa in tempo a salutare Roma. Conclude il post con #prontoapartire, che suona istantaneamente Mengoni. Chissà che playlist carica Mattia per i Frecciarossa del giovedì pomeriggio, chissà se si riconosce nella più mirabile sintesi composta per definire il suo talento. L’essenziale.

1. Samuel Eto’o (Everton → Sampdoria)

L’acquisto più anninovànta, nella squadra più anninovànta, con il presidente più anninovànta. Per questa classifica, ‘na botta de vita. Le cifre paiono altrettanto anninovànta: Eto’o, trentatreenne, percepirà un milione e 350mila euro annui con bonus per tre anni e mezzo – la dirigenza doriana si è mossa per imprinting, sul calco della personalità del proprio presidente: istinto, passione e una gran noia per il medio-lungo termine. Ottimismo e calore, selfie e contrattoni, grandi progetti. Ferrero trova la formula giusta e sottoscrive questo scenario alla voce Etoina, non si capisce bene cosa intenda, ma nell’aria di Genova in questi giorni deve potersene rintracciare molta.

Il 21 gennaio un gruppo di tifosi doriani si ritrova all’aeroporto di Genova in attesa di un volo in arrivo da Londra. Il giorno successivo c’è chi giura di averlo visto a Como. Tre eroi passano la notte sotto la residenza milanese di Eto’o, che in Italia ci arriverà poi solo il 24, direttamente a Roma per le visite mediche.

L’inserimento tattico, le condizioni atletiche e la tenuta mentale (sua e dell'allenatore) restano da verificare, ma sono discorsi marginali, del resto, perché a Genova arrivano tre Champions League, arriva il top player, arriva il Re Leone, perché non si esce mai davvero dagli anninovànta.

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