Deloitte, la più importante azienda di servizi di consulenza e revisione al mondo, ha pubblicato la scorsa settimana il “Deloitte Football Money League”, un rapporto che analizza i ricavi delle principali società calcistiche per stilare una top 20 delle squadre più ricche, provando a prevedere, attraverso alcuni indicatori, l’andamento economico futuro del calcio.
Il rapporto di quest’anno, relativo ai ricavi della stagione 2015/16, fornisce interessanti indicazioni non solo sull’andamento del calcio europeo e dei principali club, ma anche sullo stato di salute del calcio italiano. Diciamolo subito: se non riusciremo a uscire da un immobilismo, affrontato per ora solo a parole, rischiamo di perdere in poco tempo altre posizioni rispetto alle altre principali leghe europee.
Le tre squadre di un altro pianeta
Prima di entrare nel dettaglio, vale la pena soffermarci sul cambio al vertice della Money League dopo undici anni di dominio del Real Madrid. Nonostante il successo in Champions League, infatti, le “merengues” sono scese addirittura al terzo posto, superate in un sol colpo dal Manchester United, tornato in testa dopo dodici anni, e dagli eterni rivali del Barcellona. Queste tre squadre rappresentano oggi l’élite del calcio mondiale: le uniche che per la prima volta nella storia di questo sport hanno superato i 600 milioni di euro di ricavi annuali (valore calcolato al netto delle plusvalenze generate dalla cessione di giocatori della rosa che, essendo legate alla sola annualità nella quale vengono realizzate, sono state escluse dall’analisi). Gli inglesi guidano la classifica con 689 milioni, mentre Barcellona e Real Madrid sono praticamente appaiate (i “blaugrana” sono avanti di appena 100 mila euro, 620,2 milioni a 620,1). Andando a confrontare i ricavi delle tre squadre nelle tre voci calcolate da Deloitte (ricavi da stadio, da diritti tv e commerciali), la ricchezza di tutte e tre arriva dai ricavi da stadio per circa un quinto del totale. La differenza gli inglesi la fanno nel commerciale, campo dove sbaragliano la concorrenza con 363,8 milioni di ricavi annui (dei quali quasi 100 arrivano dallo sponsor tecnico Adidas e 80 dal “main sponsor” Chevrolet). Lo scatto in avanti delle squadre più ricche fa concludere agli analisti di Deloitte che il divario fra le big e le altre tenderà ad aumentare anche nei prossimi anni. Conclusione elaborata anche dall’Uefa, che recentemente si è detta preoccupata e pronta a valutare alcuni correttivi (non ancora resi noti) per mettere in qualche modo un freno a questa situazione. L’impressione è che non sarà un’impresa facile, anche se l’approdo in finale di Champions League negli ultimi anni di squadre un po’ meno ricche quali Borussia Dortmund, Juventus e soprattutto Atletico Madrid lascia per il momento una speranza a tutti quelli che vorrebbero continuare a vedere sul campo l’importanza dell’aspetto agonistico rispetto al puro e solo impegno economico dei club.
Nel frattempo, però, i dirigenti del Barcellona hanno dichiarato che il loro obiettivo è di arrivare nel giro di pochi anni al miliardo di euro di ricavi annui.
E le italiane?
L’unica nella top 10 rimane la Juventus, che occupa proprio il decimo posto. Ben poca cosa rispetto per esempio al 2000/01, quando l’Italia presentava cinque squadre nelle prime dieci ma soprattutto due nelle prime cinque (Juventus e Milan). Nelle posizioni di rincalzo troviamo la Roma quindicesima, il Milan sedicesimo e l’Inter diciannovesima. Il Napoli, prima italiana fuori classifica, è in trentesima posizione, dietro a club come il Newcastle United (21° e partecipante quest’anno alla Championship e non alla Premier League inglese), il Lione, il Fenerbahce, il Borussia Moenchengladbach e il Sunderland. Dati da tenere ben presenti per capire a cosa si riferisce Sarri quando parla di limiti oggettivi nella crescita dei partenopei causati dal fatturato e dal relativo budget a disposizione per il mercato.
Il rapporto Deloitte ci permette di confrontare i punti di forza e di debolezza delle italiane, anche per capire in quali settori il nostro calcio sta perdendo posizioni e cosa dovrebbe fare per non perdere altro terreno rispetto alle grandi squadre europee.
Guardando numeri e grafici, il dato più lampante è l’enorme importanza che hanno i ricavi da diritti tv per le italiane rispetto alle rivali europee. Sui ricavi della Roma 2015/16 questa voce, che ha permesso per la prima volta ai giallorossi di superare il Milan crescendo negli introiti totali del 22% rispetto al 2014/15, pesa addirittura il 71% del totale. Una percentuale inferiore solo a quella del Leicester City, catapultato nella top 20 al ventesimo posto proprio grazie ai soldi incamerati dai diritti tv di Premier League a seguito della vittoria del campionato. Anche la Juventus ha una percentuale abbastanza elevata, il 57%, che sarebbe potuta essere ancora maggiore se il cammino dei bianconeri non si fosse fermato agli ottavi di Champions League. Il 55% dell’Inter nonostante la mancata partecipazione alle coppe mette in evidenza che almeno alla voce “diritti tv nazionali” la Serie A si difende ancora bene, permettendo ai nerazzurri di incassare quasi 100 dei 179,2 milioni di ricavi messi a bilancio.
Delle tre voci che compongono i ricavi totali, questa è però l’unica dove le italiane, a patto di qualificarsi per la Champions League, risultano competitive ad alti livelli (il Real Madrid è la squadra che ha incassato di più dai diritti tv nel 2015/16 con 227,7 milioni pari al 37% dei suoi ricavi, seguita dal Manchester City con 215,8 pari al 41% del totale, dal Barcellona con 202,7 pari al 33% degli introiti e proprio dalla Juventus con 195,7) e purtroppo non è così scontato che ciò capiti anche nell’immediato futuro. Nella Money League dell’anno prossimo impatteranno non poco i rinnovi a cifre superiori dei diritti tv di Liga e soprattutto Premier League. Grazie a questa voce le inglesi, al netto di eventuali cali della Sterlina a seguito della Brexit, rischiano di piazzare ancora più squadre nella top 20.