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Giacomo Detomaso
Il calciatore più veloce del mondo
20 set 2016
20 set 2016
In un ruolo senza fenomeni, Hector Bellerín si sta affermando come uno dei terzini destri più promettenti.
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Giacomo Detomaso
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Non v'è cosa al mondo per la quale non venga un momento decisivo, e il capolavoro della buona condotta è riconoscere e cogliere quel momento


Cardinale di Retz, Memorie


 

 

Ottobre 2015. All’Emirates Stadium l’Arsenal sta conducendo per 1-0 la sfida di Champions League contro il Bayern Monaco. Il tempo sta per scadere. Malgrado il vantaggio, i “Gunners” hanno trascorso buona parte dell’incontro nella propria metà campo, imbrigliati dalle trame di gioco dei bavaresi. Il settore di destra della difesa degli inglesi, quello presidiato da Héctor Bellerín, è stato trasformato in una stanza delle torture

da Douglas Costa, che non ha lasciato al catalano nemmeno un secondo per respirare, puntandolo ogni volta che era in possesso del pallone.

 

https://youtu.be/ws8_v0qR8hw?t=3m40s

 

Al 93’ di una partita del genere, col Bayern in contropiede, buona parte dei terzini del mondo, ormai in apnea, non avrebbero nemmeno pensato alla possibilità di salire per intercettare quel pigro passaggio a centrocampo; ancora meno sono quelli che avrebbero anche avuto la forza di bruciare Thiago Alcántara con uno sprint così prepotente e servire Özil anticipando la chiusura di Boateng.

 

Quel 2-0 al Bayern è stato uno dei pochi momenti da ricordare della scorsa, dimenticabilissima, stagione degli uomini di Wenger. Ma è stata anche una partita che ha contribuito a consacrare Bellerín tra i migliori interpreti del suo ruolo.

 

 





Bellerín è nato il 19 maggio 1995 a Calella, comune costiero della comarca del Maresme, una delle suddivisioni territoriali della provincia di Barcellona. A partire dagli anni ’70 le sue spiagge divennero una meta frequente del turismo centroeuropeo, tanto che alla città venne dato il soprannome di “Calella dels alemanys” (“Calella dei tedeschi”).

 

Il piccolo Héctor, però, alle nuotate ha sempre preferito il pallone. Malgrado le origini catalane, il nonno e lo zio tifavano per il Real Madrid e lui voleva segnare tanti gol come Raúl, il suo primo idolo. La famiglia ha sin dall’inizio assecondato la sua passione, come ha spiegato a

: «Non dimenticherò mai tutte le volte che io e mio padre abbiamo scavalcato le recinzioni per entrare nel campo da calcio della scuola dietro casa. Non avevamo il permesso per stare lì, ma io volevo solo giocare a calcio e lui mi dava la migliore opportunità per farlo. Quelle partite rimarranno con me per sempre».

 

A furia di giocare in quel campo proibito, a otto anni Bellerín viene notato dal Barcellona e ha così l’opportunità di crescere insieme agli altri ragazzi della promettentissima generazione del ’95, quella di Sergi Samper e Keita Baldé.

 

Al compimento dei 16 anni, Bellerín dovrebbe firmare il primo contratto professionistico col Barça, ma una nuova figura paterna si intromette per proporgli di scavalcare un'altra recinzione. Wenger lo invita per un weekend a visitare il centro allenamenti dell’Arsenal e ad assistere alla partita contro il Manchester United (1-0, gol di Ramsey).

 nella mente dello spagnolo: «Avere 16 anni, poter parlare con l’allenatore, venire rassicurato che mi volevano davvero, vedere le strutture del club e scoprire quello che avrebbero fatto per rendere facile il mio adattamento: tutto ciò fece sì che dicessi ai miei genitori che volevo venire qui».

 

Lasciare la Masia a 16 anni è un po' come essere ammessi ad Harvard e abbandonarla a pochi esami dalla laurea, preferendo un'altra università. «Ma c’era qualcosa dentro la testa che mi diceva che quella era la scelta giusta da fare». Di certo

: «Sono molto felice della mia decisione. È stata dura, ma dico sempre che il treno passa una volta sola. Potevo prenderlo o meno. Io l’ho preso». A un giornalista spagnolo

: «La vita non finisce nel Barça».

 

 



 

A Barcellona, dopo aver provato, come da tradizione, a giocare in ogni zona di campo, dai 12 anni iniziò ad occupare stabilmente la fascia destra, ma in attacco, con la maglia numero 7. Víctor Sánchez Lladó, attuale vice di Paulo Sousa alla Fiorentina, è stato l’allenatore blaugrana che più l’ha influenzato «non solo nella carriera, ma nella vita di tutti i giorni. Mi ha fatto comprendere che avere obiettivi chiari e il giusto assetto mentale può aiutarti a raggiungere qualsiasi cosa. Ci diceva anche di leggere». Un giorno gli ha consigliato un libro di auto-aiuto,

di Spencer Johnson.

 

Il saggio racconta la storia di due topi e due gnomi che vivono all’interno di un labirinto e ogni giorno vanno alla ricerca del formaggio. Un giorno gli gnomi non riescono a trovare il cibo nel solito posto e si disperano per la sorte avversa, che subiscono passivamente. Solo col tempo capiscono quanto sia inutile lamentarsi e si mettono a cercare il formaggio in nuove aree del labirinto, come i topi avevano fatto già da tempo.

 

Una serie di infortuni occorsi ai terzini della

del Barcellona costrinse per qualche partita Bellerín ad arretrare la sua posizione sulla fascia. A seguire uno di quegli incontri dagli spalti c’era anche un osservatore dell’Arsenal, Francis Cagigao, che comprese il potenziale del giocatore in quel ruolo. È un uomo che Héctor deve ringraziare: a vederlo oggi, la posizione di laterale basso sembra cucita su di lui in maniera perfetta, come la tutina aderente di un supereroe. Bellerín, infatti, pare sì dotato di discreta creatività, visione di gioco e tendenze associative, ma non nelle dosi richieste ad un’ala, figurarsi ad un’ala del Barcellona. Non è nemmeno un giocatore totale come Bale, che potrebbe incidere partendo da qualsiasi zona del campo. Il ruolo di terzino, al contrario, ne limita i difetti e valorizza i pregi, come le straordinarie doti propulsive sulle lunghe distanze.

 

In breve tempo, anche lui 

 il cambiamento: «Se sei un’ala e ti dicono di giocare in difesa, ti chiedi “Mmh, cosa sta succedendo?”, poi però inizi ad apprezzare gli aspetti positivi del ruolo, come la possibilità di aiutare la squadra a mantenere la porta inviolata».

 

Anche fuori dal campo il trasferimento a Londra viene vissuto senza difficoltà. Jon Toral, suo compagno sia al Barcellona che all’Arsenal, la cui madre è nata nel South Yorkshire, lo aiuta nell’apprendimento della lingua. Così oggi Bellerín, oltre ai suoi capelli

con riga laterale (su YouTube ci sono

 per averli come lui), può sfoggiare un inglese dal vocabolario ricco e dall’accento invidiabile.

 

Dopo il debutto in un match di Coppa di Lega, nel novembre 2013 viene mandato in prestito in Championship, al Watford allenato da Gianfranco Zola: «La sua presenza sulla panchina era uno dei motivi per cui ho accettato di andare lì, oltre alla possibilità di giocare in prima squadra». Nella rosa c’è anche Marco Cassetti: «è stato un grande con me. Vista la sua grande esperienza in Italia con la Roma, è stato magnifico allenarmi con lui ogni giorno, per imparare a comportarmi da professionista». Bellerín gioca subito quattro partite di seguito da titolare, ma già a dicembre Zola rassegna le dimissioni e con il suo sostituto, Giuseppe Sannino, lo spagnolo vede il campo con molta meno continuità.

 



 

Questa fuga sulla fascia sinistra contro il Leeds è uno degli highlights dell’esperienza al Watford.


 







Nel pacchetto riservato ai possessori di un abbonamento alle partite casalinghe dell’Arsenal è contenuto il cosiddetto

un libricino ricco di statistiche utili per affrontare la nuova stagione. Solitamente le prime pagine descrivono, uno ad uno, i membri della rosa, in ordine di numero di maglia. Nell’edizione 2014-2015, Hector Bellerín, rientrante dal prestito, viene presentato per penultimo. La maglia numero 39, che gli capita sulle spalle perché il suo status non può permettergli la scelta di un numero più basso e nobile, sembra il presagio di una stagione da trascorrere più aldilà che aldiquà della linea bianca. Se non proprio in tribuna.

 

A giugno Bakary Sagna, che da sette anni era il titolare nel ruolo di terzino destro, passa al Manchester City, ma a luglio arriva a sostituirlo un altro francese, Mathieu Debuchy del Newcastle. Poco dopo viene acquistato anche il promettente Calum Chambers del Southampton. Per qualche altro giorno davanti a Bellerín nelle gerarchie di Wenger c’è anche il più esperto ma mai convincente Carl Jenkinson, che però viene mandato in prestito al West Ham. Il 15 settembre Debuchy si rompe parzialmente il legamento collaterale laterale della caviglia, mentre Chambers non rende secondo le aspettative. Nella seconda parte di stagione la presunta quarta scelta Bellerín è titolare inamovibile, anche a Wembley, dove l’Arsenal conquista la FA Cup battendo 4-0 l’Aston Villa.

 

https://youtu.be/pOVzdcrVLYc

La stagione che ha messo Bellerín sulla mappa.


 

Non che sia stata un’ascesa vissuta senza sbandamenti. Come

, l’inizio non è stato così semplice, «perché realizzi di giocare con dei grandissimi calciatori e non vuoi deluderli. Abbiamo in squadra gente che ha vinto la Coppa del Mondo, la Champions League, gli Europei. Se da giovane ti vedi circondato da così tanta qualità, ti può capitare di pensare “Cosa succederebbe se facessi un errore e perdessimo la partita?”. Ma a furia di giocare e di farlo bene, ti rendi conto che è solo calcio. È lo stesso gioco che giochi sin da piccolo. Si arriva ad un punto, non so esattamente quando, in cui il tuo approccio mentale passa da non voler commettere errori a godersi semplicemente la partita».

 

Lo scorso gennaio, dopo la vittoria in FA Cup per 3-1 contro il Sunderland, anche Wenger

: «Negli ultimi 20 minuti ha creato un’occasione da rete ogni volta che avanzava. Guardate i suoi numeri difensivi ed offensivi. Ha solo vent’anni e quindi grandi margini di miglioramento. Sicuramente è già uno dei migliori in Inghilterra».

 





 

Di Bellerín la prima cosa che si nota è la rapidità. Se ne parla in ogni articolo, in ogni intervista, in ogni telecronaca. Ed è certamente una caratteristica fondamentale del suo gioco, senza la quale avrebbe fatto molta più fatica ad emergere. Sui 40 metri è più veloce di Walcott, che a sua volta aveva battuto il record storico di Henry. Si è scritto di come il suo 4.41 gli permetterebbe di tagliare il traguardo per primo anche in un’ipotetica sfida a Usain Bolt su tale distanza; una notizia che è clamorosa fino ad un certo punto, poiché l’uscita dai blocchi di partenza non è certamente il fondamentale che ha reso il giamaicano l’uomo più veloce del mondo. In ogni caso Bellerín è

rapido.

 

https://www.youtube.com/watch?v=wMgrnMJf8OA

Bellerín usa Snapchat per dimostrare di essere più veloce di Walcott.


 

Il rischio di concentrare così tanto l’attenzione su un singolo aspetto è quello di trascurare le altre abilità che, abbinate alla rapidità, rendono il catalano un prospetto tanto interessante.

 

Come suggerisce il suo allenatore, i numeri di Bellerín rendono difficile non inserirlo nell’élite del suo ruolo, almeno in Inghilterra, e ne suffragano soprattutto la capacità di creare scompiglio in attacco. A metà dello scorso ottobre lo spagnolo, nonostante sia un difensore, risultava essere addirittura il giocatore ad aver generato più chiare occasioni da rete di tutti, sia in Premier League che negli altri maggiori campionati europei. Col passare delle giornate il suo valore in tale categoria statistica si è normalizzato, ma ha comunque chiuso la stagione con 5 assist e 17 key-pass. È stato invece il primatista assoluto tra i difensori del massimo campionato inglese per dribbling effettuati a partita: 1,8.

 

Quando vuole saltare l’uomo, Bellerín sposta il pallone verso il centro del campo toccandolo con l’interno del destro; se è riuscito ad ottenere un vantaggio sull’avversario, percorre il binario che si è aperto di fronte a sé conducendo la sfera con l’esterno dello stesso piede.

 



 

 

Non sbilancia quasi mai il peso del corpo sulla gamba sinistra, poiché evidentemente non si fida del modo in cui protegge la palla col mancino: quando trova lo spazio a destra ostruito preferisce ritornare sui suoi passi continuando a toccare il pallone con l’interno del destro, nella speranza di “circumnavigare” l’avversario. Una tendenza che, oltre a impedirgli di approfittare di alcune situazioni di vantaggio che egli stesso è stato in grado di generare, a volte lo mette in trappola.

 



 

 

In alternativa, il numero 24 dell’Arsenal punta tutto sui suoi mezzi atletici,

: fa scorrere la palla alla destra dell’avversario e gli corre a sinistra, andando a riprenderne il possesso alle sue spalle.

 

Quando la sfera è gestita dai compagni, oltre a garantire dal primo al novantesimo minuto ampiezza alla squadra, con puntuali sovrapposizioni a calpestare la linea laterale, Bellerín offre delle interessanti tracce centrali, grazie alle quali può generare pericoli maggiori. Forte del suo passato da attaccante e dell’ottima tecnica, quando arriva nell’ultimo terzo di campo con la difesa avversaria schierata non appare in imbarazzo, ma anzi si mostra a suo agio nello scambiare palla e posizione con i suoi compagni.

 



 

 

Sarà che è cresciuto nella Masia, dove i cross non sono considerati la via prioritaria per trovare la rete, ma i traversoni non sono il piatto forte di Bellerín. Spesso imprecisi, troppo morbidi, tornano più utili se riciclati in

 del centravanti. Il giovane terzino preferisce servire degli assist puliti, con palloni rasoterra che seguono anche traiettorie tutt’altro che scontate.

 



 

Certo, giocare contro l’Aston Villa della scorsa stagione rende le cose un po’ più facili.


 

Se sulle sue doti offensive non ci sono mai stati dubbi, la sua capacità di adattarsi alle responsabilità difensive del nuovo ruolo rappresentava un punto interrogativo. «Se c’è una persona che mi ha aiutato più di tutti, quella è Steve Bould (vice-allenatore dei “Gunners” e suo difensore negli anni ’90). Sarò onesto, quando sono arrivato all’Arsenal non sapevo come difendere. Ero un’ala, ma dall’Under -18 in poi ricordo solo lui che mi spiegava le basi».

 

Nelle prime apparizioni con i grandi, Bellerín commetteva soprattutto errori di posizionamento. Si piazzava troppo largo, lontano dai suoi centrali, attirato dall’ala avversaria come un toro dal drappo rosso, e finiva ineluttabilmente infilzato.

 



 

Il debutto in Champions League, la sconfitta per 0-2 sul campo del Borussia Dortmund del settembre 2014. Bellerín sbaglia il posizionamento iniziale e finisce in mezzo alla rete di passaggi dei tedeschi, impotente.


 

Di partita in partita, gli svarioni si sono ridotti. Difende più vicino al centrale del suo lato, evitando che tra loro due si crei un pericoloso corridoio. Sa staccarsi con i tempi giusti per intercettare (anche di testa) i cambi di gioco verso il suo uomo e nell’uno contro uno non ha fretta di aggredire, ma se necessario arretra e presta attenzione a quello che accade alle sue spalle. Anche il bilanciamento tra le due fasi si avvicina sempre più al livello ideale, con un atteggiamento più prudente o più aggressivo a seconda dell’avversario e del momento della partita.

 


Una buona transizione difensiva di Bellerín in Arsenal-Liverpool della scorsa stagione.




Come è ovvio, la velocità lo aiuta anche nella sua metà campo. Sulle palle che non hanno un proprietario è difficile arrivare prima di Bellerín, che ha un buon tempismo nell’intervento in scivolata e può anche permettersi di rischiare l’anticipo un po’ più spesso degli altri.

, ha un margine di errore più ampio degli altri: anche se un contrasto va a vuoto (e succede), spesso ha la possibilità di porre rimedio.

 

https://www.youtube.com/watch?v=nerN5ks5PEw

E a volte salva la pelle all’intera squadra.


 

 





Quest’estate, oltre ad essere stato convocato per sostituire l’infortunato Carvajal nella rosa spagnola di Euro 2016 (senza mai giocare), il catalano con l’accento

è finito nel frullatore del calciomercato.

 

Prima si era ipotizzato un suggestivo ritorno in Catalogna

per raccogliere il testimone da Dani Alves; poi, come spesso successo negli ultimi anni ad alcuni dei migliori giocatori dell’Arsenal, è arrivata un’offerta del Manchester City, che ha stavolta suscitato

 dei “Gunners” nei confronti del direttore sportivo dei “Citizens” Txiki Begiristain. Dal canto suo, Bellerín, appena tornato dalle vacanze, ha spiegato come consideri i campi perfettamente rasati di London Colney il suo giardino di casa.

 




 

Nonostante l’inizio di stagione non brillantissimo dell’Arsenal, stupisce che Bellerín non figuri nelle prime convocazioni del nuovo ct spagnolo Lopetegui. Il terzino dei londinesi è stato “retrocesso” nella selezione under-21. Oltre a Carvajal, nella lista dei difensori convocati in nazionale maggiore figura, ironia della sorte, proprio quel Sergi Roberto che ha, almeno nelle prime giornate di Liga, raccolto l’eredità di Dani Alves al Barcellona. Chissà se questa coincidenza non abbia fatto pensare a Bellerín che, per una volta, non sia stato in grado di cogliere il momento del cambiamento e che tornare in blaugrana sarebbe stata la scelta migliore. In ogni caso la bocciatura sembra solo provvisoria. Qualcosa che magari lo spronerà a salire ulteriormente di livello e diventare definitivamente il padrone della maglia "roja" numero 2.

 

 

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